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in modo che ciascuno divent i un propr i et ar i o . La
piccola industria genera sempre la volontà d i con–
servare o acquistare la proprietà pr ivata dei mezzi
di produzione, coi qual i si lavora, e non la volontà
di socializzare la proprietà, d i ist i tui re i l social ismo.
Tale volontà sorge nelle masse precisamente là,
dove la grande industria è già mol to svi luppata e
dove e fuor i d i questione la sua superiorità sulla
piccola industria, dove la decomposizione della gran–
de industria sarebbe un passo indietro, anzi una
cosa impossibi le, dove i l avorator i delle grandi
aziende possono' riuscire soltanto, in forma sociale,
ad appropr iarsi i mezzi di produzione, dove le pic–
cole aziende, l i n quando si conservano, intrist iscono
sempre più, cosicché i propr i etar i di queste non
ne t i rano più alcun benefìcio. Così cresce la volontà
del social ismo. Ma contemporaneamente cresce con
la grande industria anche la possibilità materiale
della realizzazione del social ismo.
Quanto è maggiore i l numero delle fabbriche
nel paese e quanto è maggiore l'indipendenza-delle
une dalle altre, tanto più è diffici le l 'organizzarle so–
cialmente. La difficoltà diminuisce nella misura in
cui i l numero delle fabbricche diminuisce e i rap–
por t i fra esse diventano sempre più regol ar i e sol idi .
Da ul t imo però, accanto alla volontà e alla base
materiale, cioè i n certo modo alla materia pr ima del
socialismo, deve esistere anche la forza che lo rea–
lizza. Coloro che vogl iono i l socialismo, devono d i –
ventare f or t i , più f or t i d i coloro che non lo vogl iono.
Anche questo fattore è creato dal lo svi luppo della
grande indust r ia. Cioè dal l 'aumento del numero dei
proletar i , d i coloro che hanno interesse al social i –
smo, e dalla diminuzione del numero dei capi tal ist i :
diminuzione relativa i n rappor to al numero dei pro–
l etar i . Invece, i n rapporto agl i strat i medi i non pro–
letar i , piccol i agr i col tor i e piccol i borghesi , i l mi-