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stia delle concezioni d i

villaggio,

non pochi elementi

che si sono appropr iato i l complesso dell'educazione

moderna, oggi in generale accessibile al proletar io;

e che sono compresi

n e l l o

stesso interesse teorico

che mezzo secolo fa Marx mise in mostra, elogian–

dolo, presso l 'operaio tedesco, e sono spint i da una

faine d' istruzione che troppo spesso i l piccolo lavoro

democratico spegne negl i operai del l 'Europa occi–

dentale.

Non si doveva già su tal i basi poter fondare

una forma socialistica d i produzione?

Si potrebbe pensare così, se i l socialismo consi–

stesse in ciò, che g l i operai delle singole fabbriche o

miniere se le appropriassero onde amministrare cia–

scuna di esse separatamente.

Propr i o mentre scrivo questo, si comunica da

Mosca un discorso di Lenin del 2 agosto, in cui egl i

deve aver detto :

« Gl i operai tengono fermamente nelle loro mani

le fabbriche e i contadini non renderanno più la

terra ai propr ietar i r u r a l i . »

La parola : « La fabbrica agl i operai , la terra

ai contadini » era finora una richiesta non socialde–

mocratica, ma anarchico-sindacalista. Le socialdemo–

crazia chiedeva : le fabbriche e Ta terra alla società.

I l singolo contadino può in caso di necessità,

amministrare i l suo fondo senza i l concorso d i al tre

aziende. Per contro, una fabbrica moderna sta in

mezzo a una rete di rappor t i social i e non si può

pensare come isolata. Non basta che gl i operai d i

una fabbrica se ne impossessino, anche se sono ab–

bastanza intel l igent i e discipl inat i , per amministrar la

bene. La fabbrica non può essere in esercizio nep–

pure un giorno senza venir approvvigionata da al tre

fabbriche, senza materie pr ime, senza carbone, senza

merci ausi l iarie d i ogni genere, senza smercio rego–

lare dei suoi prodot t i . Se mancano i produ t t or i di