Unione generale dei lavoratori ebrei della Polonia - Il caso di Henryk Erlich e Victor Alter

IL CASO DI HENRYK ERLICH E VICTOR ALTER PREFAZIONE DI CAMILLE HUYSMANS

PREFAZIONE I rappresentanti del “Bund”, il sindacato Unione Generale dei Lavoratori Ebrei (affiliato all’Internazionale socialista) hanno pubblicato questo pamphlet per ragioni di moralità politica. Essi si sentono di difendere agli occhi di un mondo in guerra il ricordo di due compagni che sono stati giustiziati per un crimine che non hanno commesso. Lo fanno, con riluttanza e rimpianto, perché quest’atto crudele è stato commesso da una potenza alleata. Lo fanno nonostante siano ben consci che potrebbero essere accusati di aver tentato di arrecare disturbo alla lotta di un fronte unito in battaglia. Cionondimeno, essi non possono avere esitazioni, nemmeno per un momento. Di esitazioni non dovrebbero averne neppure se non fossero in possesso di prove dirette dell’innocenza dei loro compagni, perché sia loro, sia noi abbiamo conosciuto Erlich e Alter per molti anni come fedeli combattenti per la Democrazia. Ma in realtà essi sono in possesso di prove della loro innocenza; il lettore le troverà in questo pamphlet e sarà così capace di formare la propria opinione, basata su questi documenti. Le motivazioni date per la loro esecuzione sono indegne. Peggio ancora: sono stupide. Non proverò nemmeno a dedurre le reali ragioni di queste calunnie. Sono ovvi. Alter ed Elrich non sono le uniche vittime, ma nel loro caso l’intenzione a monte era di colpire la testa per decapitare un intero movimento. La risposta a queste calunnie è che dovremo proseguire la nostra lotta per il socialismo e la democrazia, seguendo la stessa rotta che per un tratto abbiamo condiviso anche con i loro assassini, e su cui anche loro dovranno proseguire, nel prossimo futuro, anche se le esecuzioni dei socialisti dovessero continuare. Camille Huysmans Londra, 5 aprile 1943

Appello… Un giorno, qualche tempo fa, tre persone sono morte per mano del boia in una prigione a Kuibishev. Due di loro sono Henryk Erlich e Victor Alter, due uomini che avevano dedicato le loro vite alla causa della libertà e al benessere dei loro compagni. RICHIESTA A M. MOLOTOV DEL RILASCIO DI ERLICH E ALTER Quello che segue è il testo di un cablogramma inviato al Ministro degli esteri sovietico, M. Molotov, il 27 gennaio 1943, da un gruppo di prominenti cittadini degli Stati Uniti, per richiedere ancora una volta il rilascio di H. Erlich e V. Alter: E’ ORMAI PIU’ DI UN ANNO CHE HENRYK ERLICH E VICTOR ALTER DUE PROMINENTI DIRIGENTI DELLE MASSE EBRAICHE POLACCHE SONO STATI RI-ARRESTATI A KOUIBYCHEV STOP GRANDI RAPPRESENTANTI DELLA LIBERTA’ PERSONE AFFEZIONATE IN TUTTO IL MONDO DI MOVIMENTI LABURISTI BRITANNICI E STATUNITENSI HANNO RIPETUTAMENTE RICHIESTO LA LORO LIBERAZIONE INVANO STOP OGGI CHE L’OPINIONE PUBBLICA UNIVERSALE SI UNISCE NELLA CONDANNA DI CRIMINALI NAZISTI CHE STANNO ASSASSINANDO A SANGUE FREDDO L’INTERA POPOLAZIONE EBRAICA DELLA POLONIA RINNOVIAMO NEL NOME DELLA GIUSTIZIA E DELL’UMANITA’ LA NOSTRA RICHIESTA PER IL RILASCIO DI QUESTI STRAORDINARI CORAGGIOSI COMBATTENTI CONTRO IL FASCISMO E IL NAZISMO HENRYK ERLICH E VICTOR ALTER WILLIAM GREEN presidente dell’American Federation of Labor professor ALBERT EINSTEIN rev. HENRY SMITH LEIPER, segretario esecutivo, Universal Christian Council DAVID DUBINSKY, presidente dell’International Ladies’ Garment Workers’ Union dr. ALVIN JOHNSON, direttore, New School for Social Research ADOLPH HELD, presidente, Jewish Labour Committee LEO KRZYCKI, presidente, American Slav Congress dr. FRANK KINGDON JOSEPH WEINBERG, presidente, Workmen’s Circle REINHOLD NIEBUHR, presidente, Union for Democratic Action CLINTON S. GOLDEN, assistente presidente, United Steelworkers of America dr. B. HOFFMAN, presidente, Jewish Writers’ Union RAYMOND GRAM SWING J. B. S. HARDMAN, Amalgamated Clothing Workers, Redattore dell’organo ufficiale PHILIP MURRAY, presidente, Congress of Industrial Organisation

...e risposta M. LITVINOV AMMETTE L’ESECUZIONE AMBASCIATA DELL’UNIONE SOVIETICA, WASHINGTON D.C. 23 febbraio 1943 Caro signor Green, sono stato informato dal signor Molotov, Commissario del Popolo degli Affari Esteri, del fatto di aver personalmente ricevuto un telegramma a vostra firma riguardante due cittadini sovietici, Alter ed Erlich. Ho ricevuto istruzioni dal signor Molotov di informarla dei seguenti fatti: per aver svolto attivamente operazioni sovversive contro l’Unione Sovietica e aver fornito assistenza agli organi dell’intelligence polacca in azioni armate, Elrich e Alter sono stati condannati alla pena capitale nell’agosto 1941. Su richiesta del governatore polacco, Elrich e Alter sono stati rilasciati nel settembre 1941. Ciononostante, dopo il loro rilascio, in un momento in cui si svolgevano le più disperate battaglie delle truppe sovietiche contro l’armata di Hitler in piena avanzata, essi hanno ripreso le proprie attività ostili, inclusi alcuni appelli alle truppe sovietiche perché si mettesse fine al bagno di sangue e si giungesse immediatamente alla pace con la Germania. Per questo motivo, sono stati nuovamente arrestati e, nel dicembre del 1942, sono stati condannati ancora una volta alla pena capitale da parte del collegio militare della Corte Suprema. Questa sentenza è stata poi eseguita per entrambi. Sinceramente vostro, Ambasciatore MAXIM LITVINOV

CHI ERANO ERLICH E ALTER? NOTE BIOGRAFICHE Henryk Erlich è nato a Lublino, Polonia, nel 1882. Da adolescente, studente delle scuole superiori, si era unito a un’organizzazione studentesca rivoluzionaria clandestina. Uno dei compiti principali di questa organizzazione era la liberazione della Polonia dal regime zarista. Nel 1902 fu eletto presidente di questa organizzazione studentesca clandestina e, poco dopo, i suoi talenti di oratore e letterato gli avevano assicurato un posto dirigenziale dell’intero movimento socialista della vecchia Russia. Dal 1902 fino al suo arresto da parte russa nel 1939, Erlich ha dedicato la sua intera esistenza e le sue grandi energie alla causa degli oppressi. Nel 1905 sarebbe divenuto guida teorica e redattore dell’organo di stampa polacco del sindacato generale dei lavoratori ebraici, il “Bund”, “Nasze Haslo” (“La nostra parola d’ordine”). In seguito a “Nasze Haslo”, dopo aver patito l’arresto e l’esilio, era andato nel 1912 a fare il redattore del grande quotidiano russo “Dien” (“Il giorno”), mentre allo stesso tempo aveva preso in carico l’ordine teorico del sindacato generale dei lavoratori ebrei “Bund”, il “Di Cajt” (“Tempo”). Allo scoppio della Guerra mondiale del 1914 è redattore del settimanale socialista “Yevreiskia Vesti” (“Notizie ebraiche”). Sarebbe stato arrestato per la prima volta nel 1902 e ancora nell’inverno del 1904. Arrestato un’altra volta nel 1904. Arrestato nuovamente HENRYK ERLICH

nel 1909, venne esiliato dalla Russia. Dopo il suo ritorno nel paese nel 1911, Erlich venne processato dal regime zarista per aver aderito al sindacato generale dei lavoratori ebraici “Bund”, considerato rivoluzionario e “sovversivo”. Né la prigione né la persecuzione zarista, riuscirono a spezzare lo spirito e il coraggio di Erlich. Dopo che il “Bund” si era affiliato al Partito democratico socialista russo, in riconoscimento al suo servizio e alla causa del Labour, venne eletto al Comitato centrale del partito e nominato dal “Bund” come membro di collegamento presso la fazione socialdemocratica nella “Duma” zarista. Durante la rivoluzione russa del 1917 Erlich divenne membro dello staff editoriale dell’organo centrale del partito socialdemocratico russo, “Rabochaya Gazeta” (“Gazzetta dei lavoratori”); nel mese di marzo dello stesso anno, dopo che lo zar aveva abdicato e la rivoluzione era uscita vittoriosa, venne eletto tra i leader del soviet di San Pietroburgo e indicato come membro del Comitato centrale esecutivo dei Soviet dei Lavoratori di Russia. Nominato dal consiglio dei Soviet dei lavoratori come membro di una delegazione che avrebbe viaggiato in tutta Europa per organizzare la famosa Conferenza dell’Internazionale socialista a Stoccolma (Svezia), Henryk Erlich avrebbe visitato Norvegia, Gran Bretagna, Francia, Italia, conquistando il rispetto dei movimenti laburisti e democratici in questi paesi. Alla fine dell’ultima guerra -verso la fine del 1918- Erlich tornò nel suo paese natìo, la Polonia. Molto presto, nei primissimi mesi del 1919, venne indicato come membro del Consiglio cittadino di Varsavia, carica che avrebbe mantenuto nei successivi vent’anni, fino al giorno della sua tragica fine. In Polonia era un leader riconosciuto e rispettato della classe operaia ebraica, il militante più fedele della lotta per la liberazione e la solidarietà delle masse operaie polacche. Per oltre vent’anni è stato capo-redattore nel quotidiano degli operai ebrei “Naje Folkscajtung” (“Il nuovo quotidiano del popolo”), organo ufficiale del “Bund”. È stato uno dei migliori oratori e giornalisti che la Polonia abbia mai avuto. Il suo nome era sinonimo di onestà in politica è lealtà agli ideali socialisti. Fin dal 1929, vale a dire, dal momento in cui il “Bund” si era unito al Labour e all’internazionale socialista, fu rappresentante del suo partito nel Comitato esecutivo dell’Internazionale. Spesso rappresentava in questo comitato punti di vista che non erano condivisi dalla maggio-

ranza dei soci. Eppure, anche in quei casi, restava intatta la stima riposta in lui da tutti i membri dell’Internazionale. Sin dal momento in cui la tenebra del fascismo e dell’hitlerismo aveva cominciato a calare sull’Europa, Erlich non perse mai occasione di lanciare allarmi sul pericolo sempre crescente, o di tentare di smontare il compiaciuto, poco lungimirante ottimismo condiviso da tanti, o di invocare l’impiego di nuovi metodi di lotta con cui ingaggiare questo nuovo, mortale nemico della libertà, della cultura umana e del progresso. Lo faceva non solo nel suo stesso paese, ma sulla scena internazionale. In Polonia fu uno dei più determinati e attivi oppositori del regime militare e poliziesco di uomini come Beck e Rydz-Smigly. Nell’Internazionale socialista rappresentava l’idea che il fascismo poteva essere distrutto solo con un’azione unitaria di tutta la classe operaia mondiale, consapevole delle proprie mire e dei propri metodi. Dall’anno 1937 -l’epoca in cui tutti i paesi fascisti avevano collaborato nella guerra di Spagna- Erlich apparteneva a una schiera di uomini che vedeva chiaramente la catastrofe che inevitabilmente sarebbe seguita se non si fosse riusciti a concertare un’intervento comune da parte delle forze unite per la libertà. Era un ardente sostenitore della difesa delle nazioni libere contro l’aggressione delle forze fasciste totalitarie. Nonostante la sua attitudine critica rispetto alla politica interna russa, aveva difeso, sugli organi di stampa, nelle occasioni pubbliche e negli incontri delle istituzioni politiche del suo paese e all’estero, l’idea secondo cui i paesi democratici dovevano necessariamente adottare una linea d’azione congiuntamente all’Unione sovietica per contrastare le forze fasciste che si stavano preparando all’attacco. Nei difficili mesi immediatamente successivi all’attacco tedesco sulla Germania, Erlich guidò un’animata campagna per preparare la classe operaia ebraica a fare la propria parte nella battaglia che si profilava all’orizzonte, una lotta che avrebbe condizionato le masse ebraiche più di qualsiasi altro evento avvenuto in precedenza. Nel primo giorno di guerra, Erlich lavorò dalla mattina alla sera a un manifesto per gli operai ebraici, firmato dal Comitato centrale del Partito e dall’Organizzazione giovanile, in cui invocava l’aiuto di tutti, in particolare dei giovani, perché sacrificassero tutto, nel caso anche le proprie vite, per impedire ai nazisti di passare attraverso il loro paese. Tre settimane più tardi sarebbero stati una cella e un secondino sovietico a separare Erlich da quel popolo che egli aveva servito così fedelmente per tutta la sua vita.

La vita di Victor Alter proseguì per molti versi in modo parallela quella di Henryk Erlich. Nato a Mlawa, Polonia, nel 1890, anche lui si era unito giovane -nel 1905- al movimento giovanile clandestino. A causa del suo coinvolgimento in uno sciopero della gioventù studentesca contro la politica di “russificazione” operata dallo Zar sul suolo polacco, venne espulso dalla sua scuola a Varsavia. Alter sarebbe poi andato in Belgio, dove avrebbe studiato ingegneria al Politecnico. Dopo la laurea si sarebbe unito al “Bund”, dove presto sarebbe stato eletto membro del Comitato esecutivo centrale. Victor Alter era un dotato giornalista e scrittore socialista. I suoi numerosi contributi al pensiero socialista in lingua polacca, francese ed ebraica includono opere molto note, come “La cooperazione nel Labour”, “Il socialismo militante”, “L’uomo nella comunità” e altre ancora. Apparteneva al gruppo dei più talentuosi economisti del Movimento laburista internazionale e avrebbe contribuito fortemente allo sviluppo delle idee socialiste sull’economia pianificata. Nel 1919 venne eletto col voto delle masse operaie presso il consiglio comunale di Varsavia. Nel 1927 divenne assessore della capitale polacca, dove godeva della reputazione di esperto di governo locale. Nel dicembre 1938, nel corso delle elezioni per il consiglio comunale di Varsavia, guidò la campagna elettorale nel quartiere operaio e riuscì a far conquistare al “Bund” tutti i cinque seggi di quel distretto. Come dirigente degli operai ebrei, Alter aveva caro l’ideale del “conquistare il cuore del paese per il suo popolo e i cuori del popolo per il VICTOR ALTER

paese”. Attraverso le sue molteplici attività, riuscì a permettere il superamento di molti degli ostacoli che ancora dividevano il popolo polacco dai popoli del resto del mondo. Non conosceva limitazioni nazionalistiche, non solo nella vita privata ma anche in quella pubblica. Alter era un sincero cittadino del mondo. Credeva profondamente nell’istinto di libertà insito in ogni essere umano. Per tutta la vita avrebbe educato gli operai ebrei a essere uomini e in ciò egli stesso fungeva da esempio. Il suo motto era: “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”. Non tentennò mai, nonostante i gravi attacchi da parte dei reazionari diretti contro il movimento o la sua stessa persona, così come non si sarebbe mai piegato nemmeno quando venne rinchiuso in una cella sovietica. Era oratore e scrittore, politico, organizzatore del sindacato e del mondo cooperativo. Aveva fatto parte delle istituzioni più importanti, tanto in Polonia quanto all’estero. Aveva sviluppato proprie idee nel campo della sociologia, dell’economia politica, della fisica e dell’estetica. Sia Elrich sia Alter sono sempre stati testimoni di verità e progresso; solo coloro che li hanno impiccati, i loro assassini, hanno osato gettare fango sulle loro tombe indifese. - - - ARRESTI DI MASSA NELLA POLONIA OCCUPATA DAI SOVIETICI Erlich e Alter furono arrestati dalle autorità sovietiche nel tardo settembre del 1939, solo pochi giorni dopo che l’Armata rossa era entrata nella Polonia orientale; Erlich fu arrestato presso la stazione ferroviaria di Brzesc (Brest Litovsk), Alter a Kowel. La lettera del signor Litvinov indirizzata a Green, qui sopra riportata, era stata scritta per dare l’impressione che entrambi fossero stati arrestati in conseguenza di accuse ben precise. In realtà erano stati catturati insieme ad altre migliaia di cittadini polacchi, in particolare socialisti e sindacalisti. Poco dopo che la morsa dell’esercito sovietico si era chiusa sul territorio polacco, nel settembre 1939 arrivarono nel paese molti distaccamenti della Nkwd, la polizia politica della Russia sovietica (un tempo nota come “Gpu”). Immediatamente cominciarono gli arresti di massa rivolti a differenti classi sociali della popolazione polacca. Molti arresti furono compiuti tra le fila dei dirigenti del Labour polacco, che appartenevano al Partito socialista polacco o al “Bund” ebraico. Gli arresti

cominciarono il 20 settembre, tre giorni dopo l’ingresso dell’armata sovietica in Polonia. Vennero arrestati anche i consiglieri comunali e i membri dei comitati dei partiti socialisti locali, gli esponenti dei direttivi dei sindacati, gli organizzatori della classe operaia e i giovani contadini. Tra tutti questi vi erano anche Erlich e Alter. Il fatto che fossero stati inviati pochi giorni dopo nella prigione centrale della Nkwd, denominata “Butirki”, a Mosca, suggerisce che il loro arresto fosse stato pianificato sin dal principio su ordine delle autorità centrali e che facesse parte di un “piano operativo” dei sovietici ancor prima che quella porzione di Polonia venisse occupata. Il modo in cui questi arresti furono condotti seguì perfettamente la procedura. Nelle case in cui la polizia aveva fatto irruzione, la polizia non aveva trattenuto solo gli uomini che intendevano arrestare ma tutti coloro che si trovavano con loro. A Wilno, per esempio, la polizia era entrata nella casa di un vecchio leader ancora attivo del “Bund”, Zeleznikov, già esiliato in Siberia al tempo dello Zar, per arrestarlo. In maniera del tutto accidentale, lì vi trovarono anche un uomo di nome Rosenstein che lavorava nel sanatorio per i bambini della classe operaia intitolato a Wladyslaw Medem. Imprigionarono anche lui, che era fuggito da Varsavia e dai tedeschi. Venne condannato ai campi di lavoro, dove poi sarebbe morto. Sempre a Wilno, la polizia segreta sovietica era andata ad arrestare un noto dirigente socialista, un avvocato di nome Tajtell, ma nella stessa casa trovò anche un rifugiato di Varsavia, un conosciutissimo sindacalista e socialista che aveva già trascorso anni in una prigione zarista, H. Himelfarb. Lo presero con loro e in seguito venne condannato a otto anni nei campi di lavoro. Si rivelò quasi impossibile intervenire presso il giudice istruttore o il pubblico ministero. Fatte alcune eccezioni, non fu possibile inviare agli arrestati nessun pacco contenente indumenti o generi alimentari. La moglie di uno degli arrestati, la signora G., si sentì dire così dal giudice istruttore: “Voi donne polacche siete strane. Nel nostro paese, la Russia, quando il marito viene arrestato la moglie chiede il divorzio e se ne cerca un altro. Voi qui invece venite a chiedere clemenza, a implorare, cosa che, peraltro, può solo far sì che veniate arrestate pure voi”. Non venne data alcuna informazioni circa il destino delle persone arrestate, nondimeno fu possibile per alcuno incontrare i detenuti, spedire loro lettere o riceverne dalla prigionia.

CINQUE SETTIMANE CON ERLICH E ALTER A KUIBISHEV Dichiarazione di Lucjan Blit, che aveva condiviso una stanza con loro presso l’Hotel Intourist a Kuibishev. (Il signor Blit è membro del Comitato centrale del “Bund” polacco, del Bureau dell’internazionale della gioventù socialista e del Consiglio comunale di Varsavia) D’accordo con il patto polacco-sovietico venni rilasciato dal “campo di lavoro” sovietico vicino ad Archangel, nel settembre 1941. Il primo ottobre arrivai a Buzuluk, un villaggio dove aveva sede il quartier generale dell’armata polacca dell’Unione sovietica, all’epoca ancora in via di costituzione. Il 29 ottobre arrivò lì da Kuibishev il signor Wladyslaw Broniewski, che mi portò un messaggio da Henryk Erlich e Victor Alter in cui essi stessi mi domandavano di recarmi quanto prima a Kuibishev, dove si trovavano entrambi sin da metà ottobre dopo essere stati evacuati da Mosca insieme all’ambasciatore polacco. L’indomani, il 30 ottobre 1941, sono arrivato al Grand Hotel, in via Kuibishevskaya 111, a Kuibishev dove, nella stanza n. 31 del secondo piano, Erlich e Alter avevano vissuto per tutto il tempo della loro permanenza in città. Dopo aver presentato un certificato all’ambasciata polacca in cui dichiaravo che erano stati loro a chiedermi di recarmi a Kuibishev per svolgere alcuni compiti riguardanti cittadini polacchi, ricevetti un permesso da “Intourist” -ente proprietario dell’hotel- per poter prendere residenza lì. Vissi con Erlich e Alter nella stessa stanza fino al 4 dicembre, giorno del loro ultimo arresto, e lì rimasi fino al 28 dicembre. Nelle cinque settimane in cui ho condiviso l’abitazione con loro, ho avuto modo di sentire da questi due compagni tutte le vicende dei loro ultimi due anni, ovvero dal momento del primo arresto fino al nostro incontro. Nella nostra breve convivenza ebbi anche il privilegio di godere della loro più ampia fiducia e per questo motivo ritengo di sapere tutto ciò che Erlich e Alter hanno fatto dal momento del loro rilascio a Mosca fino alla mezzanotte e mezza del 4 dicembre, quando se ne sarebbero andati per non fare mai più ritorno.

Erlich era stato arrestato dall’Nkwd nel tardo settembre del 1939 presso la stazione ferroviaria di Brzesc (Brest Litovsk). Dopo diverse settimane presso la prigione locale, venne trasferito nella nota prigione moscovita denominata “Butirki”. Lì venne interrogato svariate volte da vari giudici istruttori e una volta anche dal Commissario dell’Interno di tutte le Russie, Beria. Gli interrogatori vertevano sull’atteggiamento del “Bund” riguardo alle più svariate tipologie di questioni sociali e politiche. Naturalmente non mancavano tutte quelle domande di natura criminalpolitica più tipiche dei processi politici sovietici. Per esempio, gli fu chiesto di confessare che, come leader del “Bund”, aveva fornito assistenza alla polizia politica polacca, per poi organizzare atti di sabotaggi e terrorismo nel territorio sovietico. Erlich scelse appositamente di fornire risposte per iscritto a tutte le domande e alle accuse mosse contro di lui (parlava russo fluentemente). Come mi avrebbe poi detto, lo aveva fatto per lasciare nei registri ufficiali della Nkwd una ricostruzione fedele di tutte le attività e posizioni del “Bund” polacco. Quando i tedeschi attaccarono la Russia, Erlich fu trasferito da Mosca alla prigione di Saratov. Nel luglio dello stesso anno si ritrovò in una stanzetta con cinque o sei soldati. Gli venne detto che quello era il tribunale che lo avrebbe processato. I componenti di quel tribunale erano al tempo stesso giudice e carnefice. Non c’era nessun avvocato. Lì Erlich tenne un lungo discorso per difendersi dalle accuse avanzate dal procuratore -atti di terrorismo contro l’Urss, sostegno alla preparazione di una rivolta armata contro l’Unione sovietica, collaborazionismo con i fascisti, ecc. Dopo una brevissima deliberazione del tribunale venne emessa la condanna a morte. Erlich non si avvalse del diritto di implorare clemenza al Praesidium del Soviet supremo dell’Urss. Venne così trasferito alla cella dei condannati, dove rimase per due settimane fino al momento in cui gli fu chiesto di firmare la ricevuta dell’ordine con cui la sua sentenza di morte veniva commutata in dieci anni di lavori forzati presso i “campi di lavoro”. Nel settembre del 1941 venne così rilasciato. Alter venne arrestato dalla Nkwd a Kowel negli ultimi giorni del settembre 1939. Dopo poche settimane venne trasferito nello stesso carcere di Mosca in cui si trovava Erlich -anche se nessuno dei due sapeva che ci fosse anche l’altro. Il modo in cui Alter reagì alle accuse mossegli dal giudice istruttore della Nkwd fu differente da quello di Erlich. Dopo aver udito le incriminazioni relative alla natura mista politica-criminale per cui lui e il suo partito erano accusati, scelse di rispondere semplicemente così: “è una bugia”. In prigione avrebbe fatto ricorso nume-

rose volte allo sciopero della fame, digiunando in difesa della propria dignità e di quella dei compagni con cui condivideva la cella. In totale, trascorse in sciopero della fame circa trenta giorni. Tra le altre cose, si batté e ottenne il diritto di poter redigere un trattato di fisica. Nell’intento di piegarlo, nel 1941 fu trasferito per diverse settimane in una durissima prigione di Mosca, la “Lafortowsky”. A dispetto di tutto ciò, né Alter né Erlich firmarono mai le “confessioni” che gli venivano imposte. Nel luglio 1941 Alter fu processato e condannato a morte dalla corte marziale. Trascorse dodici giorni nella cella dei condannati a morte. Anche in quel periodo non fece alcun appello alla clemenza ma fu successivamente informato che la sua pena era stata commutata in dieci anni di lavoro forzato nei “campi di lavoro”. Nel settembre 1941 fu rilasciato. Il suo rilascio avvenne nello stesso modo di quello di Erlich. Gli alti ufficiali della Nkwd, per conto del governo sovietico, avevano espresso il loro rammarico per “l’errore commesso da quelle sezioni della Nkwd che hanno deciso il loro incarceramento e li hanno processati, ecc”. Un colonnello della Nkwd, Aron Volovisky -uno degli uomini più influenti dell’organizzazione (che più tardi sarebbe divenuto ufficiale di collegamento tra lo staff generale sovietico e il comando supremo dell’armata polacca nell’Urss)- li contattò immediatamente dopo il rilascio in qualità di rappresentante del governo sovietico per esprimere l’auspicio che entrambi dimenticassero i torti subiti. Venne offerta loro ospitalità in uno dei migliori hotel di Mosca e una somma di denaro venne loro corrisposta come compensazione (credo di trattasse di 3.000 rubli a testa). Alcuni dei miei conoscenti presso l’ambasciata polacca di Mosca mi avrebbero poi riferito di aver incontrato Erlich e Alter poche ore dopo il loro rilascio, ed entrambi erano stati così trasformati dall’esperienza che per loro era stato difficile riconoscerli per quanto invecchiati e indeboliti apparivano. Poco dopo che l’ordine del rilascio era stato comunicato a Erlich e Alter, il colonnello A. Volkovisky della Nkwd, già menzionato, li contattò per conto del suo governo per proporre loro di costituire un comitato di soli ebrei di stampo anti-hitleriano sulla falsariga del comitato slavo già creato a Mosca. Dopo essersi consultato con il professor Kot, ambasciatore polacco presso l’Unione sovietica, Erlich e Alter acconsentirono alla formazione del suddetto comitato. A quel punto si tennero alcuni incontri tra loro e i rappresentanti delle autorità sovietiche. Uno di questi venne tenuto su invito di Beria, commissario all’Interno, che

vi presenziò. Vennero concordate le linee-guida del comitato, così come i suoi membri provvisori e il praesidium: Erlich, presidente; Mochoels, vice-presidente (artista ebreo in Urss), Alter, segretario generale. Si discusse se inviare o meno un delegato negli Stati Uniti (che sarebbe dovuto essere Erlich). La Nkwd portò a Mosca quei compagni che avrebbero partecipato ai lavori del comitato, persone come il dottor Henryk Schreiber, che più tardi sarebbe morto in Russia. Per lo stesso scopo, la Nkwd stava ricercando anche chi vi scrive, anche se invano, perché all’epoca mi trovavo detenuto con un nome fittizio. Sarei dovuto essere inviato dall’altra parte del fronte -la Polonia occupata dai tedeschi. Alla fine gli stessi delegati sovietici non sollevarono obiezioni né contro i principi sociali, né contro quelli politici, né riguardo alle modalità procedurali del comitato, ma specificarono che comunque avrebbero dovuto incontrare l’approvazione delle autorità sovietiche. A seguito della conversazione con Beria, Alter ed Erlich inviarono una lettera a Stalin contenente una bozza del programma e delle modalità d’azione del Comitato. All’epoca Mosca si sentiva minacciata dalle orde hitleriane che si avvicinavano ai suoi confini. Il 15 ottobre, il governo ordinò l’evacuazione della capitale russa. Tra gli altri, vennero trasferiti anche tutti gli uffici diplomatici. Le autorità sovietiche fecero evacuare anche Alter ed Erlich, dicendo loro che la Nkwd di Kuibishev avrebbe ricevuto istruzione di prendersi cura di loro e che le successive decisioni sarebbero state loro comunicate in quella località. Inoltre, il colonnello Vokovisky chiese loro di predisporre alcuni testi, come per esempio un proclama da rivolgere alle masse ebraiche in Polonia e in America. Come si può evincere dalla discussione, le autorità sovietiche avevano a cuore in primo luogo la possibilità di sfruttare l’influenza che il “Bund” aveva presso le classi operaie statunitensi. Nel periodo in cui ho condiviso la stanza a Kuibishev con Erlich e Alter, sono stato testimone per diverse volte di visite a loro da parte di un uomo che lavorava per la Nkwd. Se non sbaglio il suo nome era Chasanovich. Ogni volta che li incontrava, diceva loro che non era ancora pervenuta la decisione ufficiale. Spiegava questo con la posizione particolarmente difficile sul piano militare in cui si trovava la Russia in quel tempo (novembre 1941), periodo in cui erano in atto combattimenti molto intensi per la conquista di Mosca. Il 3 dicembre, in assenza di Erlich e Alter, risposi io a una telefonata di Chasanovich che mi chiedeva quando li avrebbe potuti trovare a casa, poiché aveva importantissime notizie da riferire loro, notizie recate da

qualcuno che era venuto appositamente da Mosca. A mezzanotte e mezza della notte tra il 3 e il 4 dicembre erano seduti intorno a un tavolo nel ristorante dell’hotel Erlich, Alter, Natanson (ex lettore di matematica a Cambridge) e chi vi scrive. Una delle donne alla reception dell’hotel chiamò Alter al telefono. Dopo un po’, quello tornò dicendo: “Henryk, prendiamo i cappotti, dobbiamo andare”. Dopo poco, rientrarono per andarsene; quasi dimenticarono di salutarci, ma promisero che sarebbero tornati presto. DA ALLORA NON LI HO MAI PIU’ VISTI. Il giorno seguente, a mezzogiorno, preoccupato della loro assenza e del non aver più ricevuto loro notizie, mi sono recato con Leon Oler, altro eminente membro del “Bund” rilasciato poco tempo prima da un campo di lavoro, presso l’ambasciata polacca dove redigemmo un affidavit formale per testimoniare la loro scomparsa. L’ambasciata polacca iniziò le proprie indagini e infine venimmo informati che Erlich e Alter si trovavano in prigione. Il motivo della loro detenzione, per come ci veniva riferito, variava di volta in volta, ma tutte queste spiegazioni avevano in comune una cosa: non avevano alcun senso. Pochi giorni dopo l’arresto, il 12 dicembre 1941, la Nkwd accettò che venissero inviati piccoli pacchi contenenti biancheria intima per i prigionieri. Raccogliemmo questi pacchi insieme a un addetto dell’Ambasciata. Di fronte all’edificio della Nkwd trovammo Chasanovich ad attenderci. Là, per strada, ciondoloni davanti alla ringhiera, Chasanovich procedette a esaminare minuziosamente il contenuto dei pacchi e firmò a matita i moduli di ricevuta che erano stati preparati per noi. Non accettò nessuno dei pacchi di generi alimentari, dichiarando, cinicamente: “Là mangiano meglio di voi”. Il 28 dicembre 1941 venni convocato dalla Nkwd dove mi venne letto un comunicato dell’organizzazione che mi intimava di lasciare Kuibishev entro 24 ore, pena l’arresto immediato. Tra il 4 e il 29 dicembre, cioè tra il momento del secondo arresto di Erlich e Alter e il momento in cui lasciai la mia stanza al Grand Hotel, le autorità sovietiche non perquisirono mai la nostra stanza per ottenere i documenti e gli articoli che i miei compagni avevano lasciato dietro di sé. Dopo diversi giorni, tutti i loro oggetti personali vennero depositati presso l’ambasciata polacca. LUCJAN BLIT. Londra, marzo 1943

FATTI E DOCUMENTI Il signor Blit, dopo aver ricevuto l’ordine di lasciare Kuibishev, si unì all’armata polacca di stanza in Urss e con loro lasciò la Russia. È arrivato nel nostro paese solo di recente. La sua storia trova riscontro negli incartamenti che sono pervenuti alla delegazione del “Bund” di Londra. Ma veniamo ai documenti. Erlich e Alter vennero arrestati dalle autorità sovietiche nel tardo settembre 1939. Nello stesso momento vennero arrestati centinaia di socialisti ebrei e polacchi. Elich e Alter furono condannati a morte sulla base di accuse successivamente ritirate dalle autorità sovietiche con tanto di scuse, nelle quali dichiaravano che si era trattato di un errore. Il signor Litvinov aveva incluso nella sua lettera un riferimento al fatto che dopo la liberazione di Erlich e Alter essi avevano ripreso le loro attività ostili contro l’Unione sovietica, inclusi appelli alle truppe sovietiche perché defezionassero e invocazioni per un’immediata pace con Hitler. Questo riferimento è al contempo ridicolo e sconvolgente. È assolutamente evidente che le autorità sovietiche non erano in grado di apportare prove a sostegno delle loro accuse. Noi, al contrario, siamo in possesso di documenti che dimostrano che le azioni di Erlich e Alter avessero tutt’altre intenzioni. Per dimostrare il vero atteggiamento di Erlich e Alter nei confronti della Germania di Hitler citiamo ora alcuni dei documenti da noi ottenuti. Questa è loro lettera indirizzata all’ambasciatore polacco in cui i due rivelavano le proprie idee e i progetti immediatamente successivi alla ritrovata libertà nel settembre 1941. Mosca, 24 settembre 1941 Vostra eccellenza, due anni or sono, mentre le porte delle celle si chiudevano alle nostre spalle, ci trovavamo nella posizione di rappresentare il partito politico più popolare tra gli ebrei polacchi. Potevamo contare sulla piena fiducia delle masse ebraiche. Ora che ci è possibile tornare attivamente alla vita sociale e politica, speriamo di poter godere ancora del diritto di parlare a nome di quelle masse. In questo inedito momento della storia riteniamo sia nostro dovere sottoporre a vostra eccellenza e, tramite voi, all’intera comunità polacca, il nostro punto di vista circa due dei più rilevanti problemi del momento: guerra e pace. La lotta contro i nazisti e il nazismo, condotta ricorrendo a ogni mezzo a nostra disposizione -e, per prima e più importante, la lotta armata- è dovere

di ogni uomo e donna che disprezzi la barbarie e la malvagità, nonché di ogni nazione cui sia cara la libertà. Da socialisti e da cittadini della Polonia -che al momento patisce in modo tanto crudele per mano di Hitler- ci uniamo alle fila di coloro che già stanno combattendo questo mostro che è la svastica. In quanto figli di ebrei, che più di ogni altro popolo sono stati maltrattati e torturati da Hitler, riteniamo sia nostro in particolare il dovere di prendere parte a questa lotta in difesa della dignità degli ebrei, fino all’estremo sacrificio. Oggi, che una nuova armata polacca viene costituita sul suolo sovietico per proseguire la lotta della Polonia contro Hitler, facciamo appello a tutti i cittadini polacchi ebrei presenti sul territorio sovietico abili alle armi. “All’arme! Unitevi alle fila dei soldati che ancora una volta offriranno la loro via in difesa del diritto polacco a esistere liberamente e che, insieme alle armate alleate, desiderano liberare la Polonia e il mondo intero dall’incubo della schiavitù hitleriana. Chi non è abile a combattere non si risparmi nell’assistere l’esercito nel suo compito di velocizzare la vittoria sui poteri dell’Asse”. Giocare un ruolo in questa guerra per la libertà è tanto un dovere quanto un privilegio onorevole. Nel nome delle masse e dell’intellighenzia ebraiche, che ripongono la loro fiducia in noi, ci dichiariamo pronti a svolgere questo compito e a richiedere che ci sia concessa l’opportunità di avvalerci di questo diritto. Una parte imprescindibile del problema della guerra è il problema della pace e il dilemma della nuova Polonia. Non auspichiamo di rinvangare gli errori delle politiche polacche antecedenti al conflitto, né i torti imposti agli ebrei di Polonia. Desideriamo esclusivamente stabilire le seguenti conclusioni cui è possibile giungere dopo le esperienze degli ultimi anni: 1. L’esistenza di una Polonia libera da uno stato di perdurante rischio per la propria libertà è possibile soltanto in un’Europa libera e democratica. 2. Un’Europa democratica e libera potrà sorgere, sopravvivere e svilupparsi solo in condizioni di pace, solo allorquando, dopo la vittoria militare finale, i paesi d’Europa si imbarcheranno in un ben pianificato e audace programma di riforma sociale che sradichi il nazionalismo, l’imperialismo e la minaccia di nuove guerre, minaccia radicata nel sistema capitalistico. 3. La nuova organizzazione sociale dell’Europa dovrà essere sostenuta da una nuova struttura politica in Europa, fondata non più nell’antagonismo e nelle lotte tra differenti nazioni, ma su un interesse comune e sulla disponibilità a difendersi congiuntamente innanzi a un pericolo comune. 4. La nuova Polonia dovrà divenire membro attivo di una comunità di nazioni che decideranno il destino dell’Europa futura nello spirito della libertà politica, della giustizia sociale e dell’eguaglianza nazionale. Dovrà derivarne che quei principi possano applicarsi alla politica interna della Polonia, così come alle sue relazioni con altri stati e popoli. 5. Se questi obiettivi potranno essere raggiunti o meno dipenderà dalla solidità e dall’energia creativa delle classi operaie dei villaggi e delle città della Polonia, e dalla loro capacità di realizzare il loro ideale di una Polonia che possa essere una vera madre per tutti i suoi popoli. Quella porzione di popolazione ebraica della Polonia che noi rappresentiamo e che è parte organica delle sue masse operaie non risparmierà al-

cuno sforzo per lavorare congiuntamente con le altre componenti nella costruzione di una nuova Polonia che sia fondata sulla prosperità dei suoi popoli e sulla libertà dello sviluppo spirituale dei suoi cittadini. H. Erlich W. Alter Questo atteggiamento di Erlich e Alter è evidente anche dal fatto che le autorità sovietiche, dopo averli rilasciati, li avevano rassicurati circa il fatto che la loro collaborazione con il Soviet nella lotta contro la Germania sarebbe stata necessaria nell’interesse comune di Unione sovietica, popolo ebraico e Polonia. Nel nome del Commissariato del popolo per gli affari interni, il colonnello A. Volkovisky, e in seguito anche il Commissario del Popolo dell’interno, Beria, nel corso di una riunione speciale, avevano proposto a Erlich e Alter di organizzare un comitato internazionale ebraico per sostenere l’Unione sovietica nella lotta contro Hitler e per fare appello agli ebrei perché dedicassero le loro energie e le loro conoscenze alla causa comune. Erlich e Alter avevano acconsentito. Si sarebbero dati immediatamente da fare per questo scopo. Quasi ogni giorno gli ufficiali del soviet gli facevano visita a Mosca, nonché quando vennero evacuati a Kuibishev, per discutere di questi problemi. Come risultato di queste discussioni vennero redatti il programma e i principi del comitato, poi inviati a Stalin perché li approvasse a seguito dell’indicazione del Commissario Beria. Nel giorno in cui inviarono la loro lettera a Stalin, Erlich e Alter scrissero quanto segue a Beria: Stimato Lavrenty Pavlovich, a seguito della nostra conversazione, abbiamo tenuto una serie di incontri per lavorare nel dettaglio al piano su cui ci siamo accordati nel corso di quella discussione. Come risultato di questi incontri, il Comitato ebraico anti-Hitler ha rivolto una lettera al Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo dell’Unione sovietica chiedendo il permesso di organizzare il suddetto Comitato in Unione sovietica. Alleghiamo copia di questa lettera. Allo stesso tempo, vorremmo chiedere a voi, stimato Lavrenty Pavlovich, di aiutarci a velocizzare la procedura per una soluzione che sia soddisfacente. Con saluti socialisti, H. Erlich, V. Alter, Mosca, ottobre 1941. Questa lettera non lascia alcun dubbio circa le intenzioni di Erlich e Alter e sulle attività verso le quali entrambi desideravano indirizzare le proprie energie. Va sottolineato che il programma delle attività era stato proget-

tato su iniziativa delle autorità del Soviet e con il loro pieno accordo. ottobre 1941 AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI COMMISSARI DEL POPOLO DELL’UNIONE SOVIETICA J. V. STALIN Stimato Josef Vissarionovitch, il genere umano civilizzato non ha mai dovuto affrontare pericoli tali a quelli cui ci troviamo di fronte nel presente: hitler e l’hitlerismo sono una minaccia mortale a tutte le conquiste della cultura, all’indipendenza delle nazioni e alla libertà di tutti i popoli. Il risultato dell’immane battaglia che combattiamo ora nelle vaste pianure dell’Unione sovietica deciderà per gli anni a venire il destino dei movimenti della classe operaia, il destino di tutta l’umanità. La lotta contro questi pericoli impone sforzi supremi a tutti coloro che sono determinati di salvare se stessi, la propria cultura, il proprio paese e il mondo intero dagli orrori della barbarie fascista guidata da Hitler. Hitler mira a soggiogare tutti i paesi e i popoli senza eccezione alcuna, ma è la sua persecuzione degli ebrei a essere particolarmente crudele. Egli trascina nel fango la dignità umana e nazionale del popolo ebraico, si pone al di fuori di ogni legge, persino al di fuori della sua legge fascista. Punta al totale sterminio degli ebrei. È per questo che le masse ebraiche devono combattere Hitler con un’energia speciale e con il massimo sacrificio di sé. Questo è vero per i cittadini ebrei di quei paesi in cui la minaccia del barbarico regime di Hitler è già diventata un’atroce realtà, ma è altrettanto vero per i cittadini ebrei di tutti gli altri paesi. Date le circostanze, gli scriventi, in quanto rappresentanti di popolazioni ebraiche di paesi già violati dall’hitlerismo, considerano essenziale la costituzione di un comitato ebraico speciale anti-Hitler. È come rappresentanti del gruppo di sostegno di questo comitato che ci rivolgiamo a voi, stimato Joseph Vissarionovitch, nel vostro ruolo di Presidente del Consiglio dei commissari del popolo dell’Unione sovietica, con la richiesta di concederci il permesso di costituire tale comitato in territorio sovietico. Il lavoro di questo comitato sarà fondato sui seguenti principi: A. PRINCIPI GENERALI. Tutto il lavoro del Comitato ebraico anti-Hitler e principalmente la sua propaganda verrà fondato nella convinzione che: a) la liberazione delle masse ebraiche dalla schiavitù, in particolare da quella di stampo hitleriano, è, in ogni paese, inestricabilmente legata alla liberazione di tutti i gruppi nazionali di quel paese; b) la vera emancipazione delle masse ebraiche è possibile solo laddove l’intera esistenza in quel paese sia fondata su principi di giustizia sociale; c) le masse ebraiche di ogni paese dovranno, pertanto, insieme al resto della popolazione, lottare per l’emancipazione sociale e nazionale. B. SCOPI. 1. Stimolare, organizzare e dirigere le energie delle masse ebraiche e, se possibile, di intere comunità ebraiche in tutti i paesi, nella lotta suprema

contro l’hitlerismo. 2. Organizzare il sostegno agli ebrei in quei paesi sotto il regime hitleriano (o generalmente fascista). In particolare, il Comitato ebraico anti-Hitler estenderà il suo aiuto ai profughi ebrei da quei paesi che ora si trovano nell’Unione sovietica. Il Comitato ebraico anti-Hitler si prefiggerà di conseguire questi scopi in costante collaborazione con i governi e i consolati dei paesi in lotta contro l’- hitlerismo e che posseggano una quota di popolazione ebraica più o meno considerevole. C. MEZZI. Il Comitato ebraico anti-Hitler dell’Unione sovietica cercherà di mantenere una costante comunicazione con gli ebrei in quei paesi che soggiaciono al regime di Hitler, con lo scopo di ottenere informazioni corrette sulla posizione delle masse ebraiche in quei luoghi, rafforzare lo spirito di quelle masse, e aiutarle con ogni mezzo a disposizione nella loro lotta contro l’- hitlerismo. 2. Il Comitato ebraico anti-Hitler istituirà collegamenti permanenti con i principali insediamenti di profughi ebrei da quei paesi che si trovino nell’Unione sovietica puntando a: a) promuovere l’arruolamento degli abili al combattimento nei rispettivi eserciti nazionali; b) organizzare gruppi ausiliari di lavoro che sostengano i bisogni di quegli eserciti e dell’industria bellica; c) aiutare a fornire lavoro per tutti gli altri profughi in quegli insediamenti. 3. Si istituiranno contatti con personalità e organizzazioni presenti negli Usa per sostenere la loro propaganda anti-Hitler e le loro campagne al fine di: a) massimizzare l’aiuto all’Unione sovietica da parte degli Usa sotto forma di materiali bellici e rifornimenti; b) massimizzare le linee di credito per l’Unione sovietica. 4. Alla popolazione ebraica negli Stati uniti verrà chiesto di sostenere parte delle spese (sia sotto forma di pagamenti monetari, sia di provviste) necessari per il sostentamento dei profughi ebrei provenienti da paesi occupati da Hitler e che ora risiedono nell’Urss 5. Il Comitato ebraico anti-Hitler, in collaborazione con i compagni statunitensi, svilupperà ulteriori piani per garantire una partecipazione maggiore da parte degli ebrei americani nella lotta contro l’hitlerismo, il cui peso principale è stato fin qui sostenuto dall’Unione sovietica 6. Simili attività a quelle descritte qui per gli Stati Uniti verranno intraprese anche in Gran Bretagna, prendendo in considerazione le condizioni di quel paese. 7. Il comitato ebraico anti-Hitler farà ricorso alla propaganda, tanto nel passaparola, quanto nella carta stampata, in ogni maniera possibile. D. STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL COMITATO EBRAICO ANTI-HITLER 1. La composizione prevista del comitato ebraico anti-Hitler in Unione sovietica: sette rappresentanti della popolazione ebraica di paesi sotto il re-

gime di Hitler e un rappresentante ciascuno per le popolazioni ebraiche di Unione sovietica, Stati Uniti e Gran Bretagna. 2. Le attività del comitato ebraico anti-Hitler saranno dirette da un praesidium composto da tre persone, due dei quali saranno Erlich, presidente, e Alter, segretario. 3. Il comitato ebraico anti-Hitler in Unione sovietica propone di eleggere come suoi membri onorari (previo, naturalmente, il loro accordo) rappresentanti del governo sovietico, degli ambasciatori degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Polonia, nonché un numero di personalità rilevanti di vari campi della vita pubblica (scienza, arte, industria, ecc.) dell’Unione sovietica e di altri paesi. - - - Questi sono i principi e gli scopi del comitato proposto. Auspichiamo che il Consiglio dei commissari del popolo dell’Unione sovietica non avrà alcuna obiezione alla sua formazione. Con saluti socialisti, H. Erlich. V. Alter. Altra prova costituisce la lettera scritta da Erlich a Lucjan Blit, lettera che è in nostro possesso insieme a tre bozze degli appelli alla popolazione ebraica nella Polonia occupata dalla Germania così come vengono riprodotti in stralci qui di seguito. ESTRATTI DALLE BOZZE PER UN MANIFESTO RIVOLTO AI CITTADINI POLACCHI EBREI […] Non abbandonate la speranza! Il giorno della giustizia e della resa dei conti arriverà. Hitler e i suoi paesi satellite sono stati messi al bando dalla gran maggioranza dei popoli del mondo. Contro di loro si stagliano oggi tre potenti nazioni combattenti: la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Unione sovietica. La bestia tedesca verrà messa al tappeto […]. Vi chiamiamo alla lotta. Siate audaci in battaglia. Possa la vostra lotta di oggi essere il vostro orgoglio di domani. Nel terzo anniversario del giorno in cui Hitler diede inizio alla sua Guerra mondiale, il dittatore tedesco si vanta delle conquiste fatte, delle vittorie che ha conseguito contro chi era senza difesa. Ma non cita mai le città tedesche che hanno sofferto i bombardamenti di inglesi e americani, né parla mai del grande continente dell’Unione sovietica, che rende invincibile l’Armata rossa. Non dice mai che il suo “blitz” a Est è fallito, né che l’industria americana e britannica e le inesauribili risorse umane dell’Unione sovietica finiranno, insieme, per schiacciare la Germania di Hitler. […] e in Polonia, dove milioni stanno soffrendo in modo intollerabile, la popolazione ebraica deve unirsi sotto un unico pensiero, quello dei nostri

sforzi comuni per la lotta contro l’hitlerismo. Non risparmieremo le nostre energie né i nostri sacrifici finché il nostro nemico mortale non sarà distrutto. Il comitato ebraico anti-Hitler ha il compito di raccogliere a sé le masse ebraiche del mondo perché prendano parte alla lotta, per contribuire con tutti gli strumenti possibili per aiutare chi è impegnato nella battaglia col nemico dell’umanità, avversario mortale del popolo ebraico – la battaglia contro l’hitlerismo. Secondo l’accordo tra Erlich e Alter e le autorità sovietiche, queste ultime stavano facendo i preparativi per il lavoro del comitato fino al momento stesso in cui Erlich e Alter vennero arrestati. A questo scopo, avevano portato a Kuibishev un certo numero di persone richieste da Erlich e Alter perché svolgessero funzioni speciali come membri del comitato. Lucjan Blit, che ora si trova a Londra, per esempio, sarebbe dovuto essere paracadutato in Polonia come rappresentante del comitato per unirsi alla locale lotta anti-tedesca. Fino al momento del loro nuovo arresto, l’atmosfera che circondava Erlich e Alter era carica di fiducia nella sincerità del loro comportamento e delle loro intenzioni e nessuno avrebbe potuto sospettare che i loro sforzi sarebbero potuti finire così tragicamente. Quando vennero ri-arrestati, la notizia giunse come una sorpresa assoluta. Va anche sottolineato che fino al 26 gennaio 1942 il governo sovietico non aveva espresso alcun dubbio circa la nazionalità polacca di Erlich e Alter. Fu solo a quella data che il Narkomindel sorprese l’ambasciata polacca inviando loro il passaporto polacco di Erlich con un appunto che diceva che si trattava in realtà di un cittadino sovietico. Il 16 marzo 1942, il Narkomindel inviò nuovamente una nota all’ambasciata polacca in cui ribadivano che sia Erlich sia Alter erano cittadini sovietici. Tutte le proteste dell’ambasciata polacca rimasero vane. Quando la notizia dell’esecuzione di Erlich e Alter raggiunse Londra, l’8 marzo 1943 il governo polacco a Londra consegnò all’ambasciatore polacco una nota di protesta contro la loro esecuzione.

CONCLUSIONI Serviamo la causa della verità Quali sono dunque i fatti incontrovertibili sostanziati dai documenti e dalle prove sopra presentate: 1. Erlich e Alter erano indubbiamente cittadini polacchi; nati, di fatti, nel cuore stesso della Polonia. Durante l’intero periodo dell’esistenza indipendente della Polonia vivevano a Varsavia, la capitale, dove avevano dedicato tutte le loro energie e le loro attività alla lotta per una Polonia democratica, alla causa del movimento laburista e a quella delle masse proletarie ebraiche - masse di cui erano diretti rappresentanti e dirigenti. 2. Si trovavano entrambi in suolo polacco al momento dell’inizio della guerra. Erano stati arrestati dalle autorità sovietiche nella Polonia orientale (Erlich a Brzesc e Alter a Kowel) nel settembre 1939, subito dopo l’occupazione di quell’area da parte sovietica. Vennero arrestati nei giorni stessi in cui le masse proletarie ebraiche, fedeli agli insegnamenti e alle indicazioni di Erlich e Alter, stavano conducendo, spalla a spalla con le masse polacche, la famosa ed eroica difesa di Varsavia contro il soverchiante potere delle armate motorizzate di Hitler. Vennero trattenuti in prigioni sovietiche fino a metà settembre 1941. Sarebbero stati poi rilasciati su richiesta del governo della Polonia, cosa che dimostra che il governo sovietico all’epoca non metteva in discussione la loro cittadinanza polacca. Fino al 4 dicembre 1941, data in cui vennero nuovamente arrestati, erano trattenuti negli hotel Intourist per stranieri, prima a Mosca e poi, dopo l’evacuazione della capitale, a Kuibishev. È ben noto che le persone alloggiate in quegli hotel Intourist venissero costantemente controllate dagli agenti della polizia segreta sovietica. Sin dal principio era evidente che non fossero mai stati davvero liberi sul territorio della Russia sovietica e dunque che non avrebbero mai potuto condurre alcuna attività sovversiva contro il governo sovietico, perfino -se volessimo ipotizzare un sospetto che è meramente un’assurdità- se avessero improvvisamente cambiato idea e fossero divenuti sostenitori di Hitler nel momento in cui il loro paese era sotto il suo giogo e il loro popolo subiva il processo di sterminio a opera dei suoi sgherri. Né, per gli stessi motivi, avrebbero mai potuto avere l’opportu-

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