Table of Contents Table of Contents
Previous Page  49 / 52 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 49 / 52 Next Page
Page Background

R I N A S C I T A

3 9 9

« Fai ìl male senza rendertene conto. Tu bruci tut to

e non t i accorgi di dar fuoco a te stesso. E ' i l tuo fa–

scismo, c r edo» , dice all'eroe la fanciulla che lo in–

contra verso la fine. I l suo fascismo (che è i l fascismo

d i più d i una generazione, per quella specie di co–

scienza a metà in cui mol t i souo stati coinvolti), i l suo

fascismo è appunto questa perduta misura delle cose,

una giovinezza buttata a un giuoco facile e seducente,

ma def ini t ivo: «eg l i era una forza di natura che tro–

vava nella violenza i l suo equi l ibr io» . Violenza giu–

stificata da nomi macabri e grotteschi : tibie

e

teschi

come insegne, a impero » e « insurrezione » come mete.

Contrapposto a tale squi l ibrio (perpetrato e ambito da

quella classe appunto che, con pari cinismo e man–

canza d i intelligenza e di consistenza morale, si è ora

gettata nelle braccia dei gesuiti) è un altro mondo

:

quello di un partigiano e di sua moglie, comunisti,

e

della ragazza che l'eroe incontra come uno spiraglio

di liberazione da tale follia. Un mondo pensoso e com–

prensivo, ma anche r igido. Esattamente l'opposto di

quello borghese : fatto di consapevolezza, di sinceri tà

e di vero, cosciente coraggio.

L'accusa, dunque, porta con sè l'indicazione di una

nuova via, liberatrice e morale.

Ma qui sorge una perplessi tà. Dinnanzi a quell'abbru–

timento, tanto più mostruoso quanto più adorno della

bellezza e della giovinezza, sta altrettanto vivo e chiaro

i l mondo libero e cosciente che i l partigiano e la

ra–

gazza impersonano? E cioè, è uscito Pratolini dal–

l'alone romantico, di estetica ammirazione per i l per–

sonaggio « negativo » ? Questo romanzo vuole essere,

credo, l 'uscita di Pratolini da quel terreno letterario

del quale finora si è compiaciuto :

e

certo bisogna dar–

g l i credito dello sforzo di penetrare nella carne della

società italiana. Ma è riuscito? E ' facile (scorre sugli

schemi di tut ta la narrativa romantica) la narrazione del

personaggio «negat ivo ». I nipot i di Werter e di Ortis

non muoiono, non sì « negano

*

più per giustificazione

sentimentale : l ' i d i l l i o è finito, caduti sono i vel i del

misticismo romantico. I l loro condizionamento

è

evi–

dente e crudo, senza ornamenti e salvezze per la morale

romantica, che è la morale della classe borghese. Oggi ,

la narrazione del personaggio « nega t i vo» , per non es–

sere un compiacimento (e facile, si disse), deve con–

durre alla affermazione perentoria della morale e della

concezione del mondo della classe opposta, nuova, crea–

trice. Così appunto i l romanzo è realistico, è vi ta della

società. Questo realismo non è appunto completo, in

Pratol ini . I personaggi che qui hanno veramente corpo

sono

Veroe

e la sua amante. ( ì l i a l t r i (non importa se

veduti appena o per cento pagine) si riducono quasi

sempre a enunciazioni, spesso lontane dalla ver i tà :

un mondo che Pratolini ha intui to, o anche intellet–

tualmente compreso. Ma tut to i l suo gusto, quello che

davvero ]o seduce liricamente, è ancora i n quel perso–

naggio. Questa è mancanza di vigore e di ver i tà nar–

rativa : tanto più che nel corpo del racconto (in quel

brano d i vi t a che ci racconta) non esiste quasi nul -

.

l ' al t ro. Si ha conoscenza di essere i n una ci t tà italiana,

e i n I tal ia, per qualche accenno di cronaca, ma l 'aria,

la vi ta, la real tà, i l luogo, le case, la storia degli a l t r i :

questo, anche se ne parla, svanisce, non si concretizza

quasi mai . E a l t r i r i l i evi si potrebbero fare, proprio

per l'intenzione profondamente realistica di Pratolini,

per la sua volontà di narrare direttamente anche

la

vi ta

e la morale della parte nuova della nazione, che egli

ha intravisto. Ma solo se questa real tà intravista di –

venta coscienza dello scrittore, è possibile che nuovi

schemi e metodi letterari narrino un mondo riposato

e

consapevole : non

fascista

appunto, e anche non cle–

ricale, dato che quest 'ultimo porta la medesima par–

zialità nella coscienza e nella intelligenza. Pratolini

sa bene che per la borghesia non basta affatto la de–

nuncia : non solo non legge, ma non vuole responsabi–

l i t à ; occorre raccontare e dire quello che è nuovo,

sconfiggerla anche cou questo. Credo che tale sia la

strada per uscire dal letterario e dall'evasivo, da cui

Pratol ini solo in parte è uscito : tralasciando anche,

ora, quel fascino (quella specie di risucchio della fan–

tasia) per ciò che è morbido e negativo, e che alla classe

a cui si rivolge, sia pure come atto di accusa, non offre

nul la, marcita e felice com'è della inconsistenza morale

e storica i n cui si trova.

r.

d.

s.

G U I D O DORSO,

Dittatura,

classe politica

t classe

diri–

gente.

Opere d i Guado Dorso a cura di Carlo Muscetta,

I L Editore Einaudi , Torino,

1 949 .

I l secondo volume delle Opere complete di Guido

Dorso, che, per i t i p i dell'editore Einaudi , Carlo Mu-

soetta cura con una tranqui l la competenza e una non

dissimulabile, inclinazione, è senza dubbio, con la

Rivoluzione

Meridionale

la cosa più importante che

ci è stato dato d i leggere dell'insigne meridionalista,

e, con ogni probabi l i tà, che ci sarà dato di leggere an–

che in seguito.

La

Rivoluzione

Meridionale

ci aveva abituati a

considerare i l Dorso

soltanto

come uno scrittore pol i–

tico-empirico legato cioè in modo immediato e attivo

a un presente istituzionale e di classe vivo e in mo–

vimento e che, dall ' interno stesso del processo, senza

mai distaccarsene per una più astratta e quindi più

scientifica meditazione, tende a identificarne le leggi

dei più prossimi svi luppi , con un'ambizione prepotente

di pratica direzione. I n tal senso, i l Dorso appariva

chiaramente come un gobettinno, e al gobettismo r i -

portabile sia per l'acutezza e la vivaci tà dell'interesse

politico, sia per l ' inel iminabi le confusionismo ideolo–

gico, che si rivelava e nel continuo scadimento nel mo–

ralismo e nella metodica accellerazione pratica, ove le

speramze divenivano fat t i , conducendo perciò all'estre–

mismo e alla sconfitta.

L'opera che segnaliamo, specie nei due u l t imi saggi

che rappresentano la novi tà e l'interesse fondamentale

del l ibro, ci rivela invece un Dorso diverso e scono–

sciuto, e contemporaneamente ci documenta sui mot ivi

profondi delle già accennate deficienze organiche del

Dorso, che si poteva essere propensi ad attribuire sol–

tanto alla prepotenza di una vocazione politica, non

abbastanza controllata e diretta. I n real tà, i n questo

volume, i l Dorso si fa soprattutto «soc iologo» , ossia

uno scìenzato della società, di formazione e cultura

pre marxista, o, meglio ancora, amarxistica, e che non

vede quindi la società in sviluppo.

I l meridionalismo, ossia la cocente constatazione delle

insufficienze del Risorgimento, della formazione dello

Stato unitario, e quindi anche delle istituzioni parla–

mentari italiane, doveva condurre i l Dorso necessaria–

mente o ad abbeverarsi alla critica marxista di un

Gramsci o dalle acque di quella corrente subalterna di

denuncia e di opposizione al gìol i t t i smo, in cui con–

fluivano, i n forme ancora confuse e contraddittorie, ma

prementi sempre in una direzione i n ul t ima istanza

conservatrice, le aspirazioni d i rinnovamento e di r i –

vincita degli strati intermedi oppressi della società

italiana.

Avvinto politicamente dalla forza e dalla radicale

energia innovatrice del movimento proletario, i l Dorso

culturalmente non seppe mai uscire da questa seconda

corrente: De V i t i , De Marco, Pareto e Gaetano Mosca

nella loro critica sociologica delle istituzioni parlamen–

tar i rimangono i suoi maestri. I due saggi u l t imi del

presente volume ce lo rivelano iu pieno. E ci rivelano

quindi anche come grave rimanga i l pericolo di poten–

ziale conservatorismo in tut ta l'opera e i n tut ta l'azione

del Dorso. Incapace di identificare, l'esatta dinamica,

la natura e i modi dì sviluppo delle classi, ossìa della

base materiale dello Stato, incapace quindi di reudersi

conto della strutturale impotenza della piccola-borghe-

sia a fondare lo Stato, egli non poteva non rimanere,

sul piano teorico, a una concezione meramente formale

e statica, e per di più di t ipo materialistico, dei rap-