

Federico Stame
DEMOCRAZIA AUTORITARIA
E MOVIMENTI DI LIBERTÀ
Hegel fu il primo a rappresentare in modo giusto il rappor-
to di libertà e necessità. Per lui la libertà è i l riconoscimento
della necessità.
«Cieca
è la necessità solo
nella misura in cui non
vienecompresa».
La libertà non consiste nel sognare l'indipen-
denza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste
leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agi-
resecondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferi-
mento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che
regolano l'esistenza fisica e spirituale dell'uomo stesso: due clas-
si di leggi che possiamo separare l'una dall'altra tutt'al più nel-
l'idea, ma non nella realtà. Libertà del volere non significa altro
perciò che la capacità di poter decidere con cognizione di causa.
Quindi quanto
più libero
è i l giudizio dell'uomo per quel che
concerne un determinato punto controverso, tanto maggiore sa-
rà la
necessità
con cui sarà determinato il contenuto di questo
giudizio; mentre l'incertezza poggiante nella mancanza di cono-
scenza, che tra molte possibilità di decidere, diverse e contrad-
dittorie, sceglie in modo apparentemente arbitrario, proprio per-
ciòmostra la suamancanza di libertà, il suoessere dominato da
quell'oggetto che precisamenteessadoveva dominare. La libertà
consistedunque nel dominio di noi stessi e della natura esterna
fondato sulla conoscenza delle necessità naturali: essa è perciò
necessariamente un prodotto dello sviluppo storico.
(F. Engels: Antidùhring)
L'indifferenza rispetto alla libertà, al suo concetto e alla
cosastessa, è prodotta dall'integrazione della società, che si pre-
sentacome irresistibile ai soggetti.
(T.W. Adorno: Dialettica negativa)
Le scelte strategiche compiute dai partiti comunisti occidentali, per quanto
da tempo precostituite nei loro elementi essenziali, solo oggi acquistano una im-
mediata e decisiva importanza politica. Nel momento in cui la vocazione — pe-
raltro antica — di «partiti di governo» può realizzarsi praticamente con l'ingres-
so, anche ufficiale, al potere e al governo, il fascio di problemi teorici costituito
dal rapporto tra la prassi e la teoria comunista e la tradizione politica liberale
dell'Occidente diviene automaticamente un nodo politico che supera la ristretta
cerchia di addetti ai lavori entro cui da tempo era confinato (basti pensare, negli
anni addietro, alle discussioni provocate sempre da interventi di Norberto Bob-
bio, alle elaborazioni di Della Volpe e della sua scuola in relazione al rapporto
tra tradizione democratico-rousseauiana, al problema della «legalità socialista»
ecd.); forse solo al tempo della crisi politico-teorica provocata dal XX Congresso
del PCUS e dall'intervento armato sovietico in Ungheria si era avuto un interesse