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Stati Uniti e Germania Federale) e paesi che devono procurarsi la valuta necessaria

esportando merci, o riducendo le importazioni. La crisi del petrolio ha aperto dun-

que, presso tutti i paesi consumatori, la caccia alla valuta estera, che si è tradotta in

misure drastiche per ridurre le importazioni, e quindi deflazione e contrazione della

produzione interna. In questa situazione, la Francia tenta di cavarsela con scambi

bilaterali in natura; ma l'unica che ne esce privilegiata e consolidata è la Germania

che dispone di una valuta internazionale, e in questa occasione può riconfermare il

proprio ruolo di paese chiave nell'area europea. Se l'Europa avesse avuto una valuta

unica, la posizione di preminenza della Germania non sarebbe stata così esaltata, e

la posizione degli altri paesi non sarebbe stata altrettanto debole; la crisi del petrolio,

innestata su un regime di valute nazionali diseguali, ha così consacrato il predominio

economico della Germania, che era appunto quello che occorreva per avviarsi al

nuovo assetto internazionale. In queste condizioni, è chiaro che i progetti per creare

una valuta comune europea sono andati a gambe all'aria, con soddisfazione della

Germania (che ha sempre finto di sostenerli) e forse con soddisfazione minore della

Francia (che ha sempre finto di sabotarli). Tanto per dare un tocco finale alla nuova

gerarchia europea, e per far capire alla Francia chi è che comanda in Europa, la Ger-

mania, pur non avendone alcun bisogno, ha deciso anch'essa, nel corso del 1974, di

fare un po di deflazione; in tal modo, essa ha frenato le proprie importazioni dagli

altri paesi europei, aggravando così la loro posizione, mentre avrebbe potuto alle-

viarla se avesse dato impulso alla produzione interna, invece di rallentarne l'espan-

sione. Ma lo scopo era quello di stabilire le distanze, non quello di dare prova di fra-

tellanza comunitaria.

I dollari di cui i paesi produttori vengono in possesso tornano in circolo; parte

perchè vengono utilizzati per comprare merci, parte perché servono ad effettuare

investimenti finanziari nei paesi industrializzati, parte perché vengono depositati in

banche europee di buona rinomanza. Ma, e questo è un secondo aspetto del mede-

simo problema, il riciclaggio è estremamente diseguale. Esso è cospicuo per alcuni

paesi, minimo per altri. La Germania riesce a vendere merci, la Gran Bretagna riesce

a catturare un po' di depositi bancari, gli altri paesi devono accontentarsi delle bri-

ciole. Così anche i l riciclaggio riconferma le distanze e la nuova gerarchia. Per i

paesi in via di sviluppo, il riciclaggio è praticamente ntillo. I l piano Carli prevedeva

un meccanismo mirante a far affluire risorse a tali paesi; i paesi industriali avrebbero

al tempo stesso accresciuto le proprie esportazioni di manufatti, risolvendo così in

parte i l proprio disavanzo commerciale. Non sembra che questa proposta abbia

suscitato grandi entusiasmi; il che conferma l'idea ché il senso dell'operazione rialzo

del prezzo del petrolio, o per lo meno l'utilizzazione .che si è inteso farne, era di

accrescere, e non di ridurre, le distanze economiche•fra i paesi del mondo occidenta-

le.

Ecco quindi come, attraverso la crisi del petrolio, quello che si è andato prepa-

rando per lunghi anni diviene di colpo chiaro agli occhi di tutti, e accettato come ine-

vitabile. L' I tal ia esce dalla tutela degli Stati Uniti, tutela malamente mascherata

dalle strutture comunitarie della Cee, ed entra nell'area di influenza della Germania.

Non è storia nuova. Anche ai tempi di Crispi avvenne qualcosa del genere. Allora,

l'Italia proveniva dalla tutela della Francia. I nuovi padroni portarono una ventata

di novità, crearono nuove industrie, introdussero una nuova concezione dell'attività

bancaria, misero in moto la prima ondata seria di sviluppo industriale. In compenso,

furono inflessibili sul terreno politico e nella repressione del movimento operaio.

Ora

che ci ritroviamo ancora una volta sotto lo stesso ombrello, dobbiamo chiederci

come si prospetta questa seconda esperienza novant'anni dopo.

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