

contabile ha potuto celare; così come è vero che l'intera industria statunitense ha
riacquistato competitività rispetto all'industria europea, che è afflitta dall'aumento
dei costi e non compensata in nessun settore da guadagni così lauti e improvvisi.
Anche la versione amplificata di questo modo di spiegare la crisi del petrolio (gli
Stati Uniti ricercano un nuovo assetto del mondo occidentale) non è priva di attratti-
ve. Non è il caso qui di rifare la storia delle difficoltà che l'economia degli Stati Uniti
ha incontrato negli anni più recenti; basteranno poche osservazioni sintetiche. In
sostanza, gl i Stati Uni t i sono andati perdendo la posizione di supremazia di cui
godevano nell'intero mondo occidentale. La hanno perduta perchè non rappresen-
tano più l'unico complesso industriale agguerrito, come accadeva nell'immediato
dopoguerra, perchè non sono più gli unici detentori di tecnologie d'avanguardia,
come accadeva negli anni cinquanta, perchè non sono più l'unica potenza industriale
ad avere una presenza multinazionale, come si era verificato subito dopo la deca-
denza della Gran Bretagna dal ruolo di potenza economica internazionale. Gradual-
mente due nuove situazioni sono venute emergendo, l'una in Europa, l'altra nel Paci-
fico. Nel Pacifico, l'evoluzione è stata più netta e veloce, con la crescita dell'econo-
mia giapponese, che per capacità di produzione e tecnologie avanzate domina
l'intero estremo oriente, e negli ultimi dieci anni ha portato la propria concorrenza
fin sui mercati interni degli Stati Uniti. In Europa, l'evoluzione è stata meno netta,
perchè la Francia può aver cercato di sbarrare la strada alla supremazia tedesca; ma
alla fine i l risultato è stato i l medesimo, con l'emergete definitivo della Germania
occidentale come economia guida, come riserva di tecnologia, come dominatrice nei
mercati periferici, come finanziatrice di paesi bisognosi e decaduti. I l sintomo più
appariscente di questo passaggio dalla monarchia alla triarchia, è l'ingresso nei mer-
cati valutari di almeno altre due valute internazionali, il marco tedesco e lo yen giap-
ponese; ingresso che l'opinione pubblica ha percepito come crisi del dollaro, e che è
soprattutto crisi della posizione di monopolio del dollaro, con i l passaggio da un
sistema basato su una sola valuta internazionale ad un sistema basato su tre valute
distinte. Quando il dollaro era l'unica valuta di riserva che contava, non vi era e non
vi poteva essere speculazione nel mercato delle valute. La nascita della speculazione
significa la nascita di più valute internazionali, con la possibilità di spostarsi dal-
l'una all'altra a seconda delle previsioni di svalutazioile, di rivalutazione (o nel tenta-
tivo di provocare l'una o l'altra), o a seconda dei rendimenti che i singoli mercati
valutari offrono. Ma la speculazione è solo parte della storia; la vera contesa,
quando si instaura un sistema a più valute, sta nel come definire i confini delle rispet-
tive aree di influenza, e nel fissare i rapporti di cambio che reggeranno i mercati
finanziari. Questa è la controversia cui stiamo assistendo. Gl i Stati Uniti gradual-
mente restringono la propria area di influenza all'America Latina, con una presenza
moderata nel Mediterraneo, e nel Medio Oriente. Nel Pacifico, essi lasciano spazio
al Giappone; in Europa, alla Germania Occidentale. Ma per fare spazio a due nuove
economie dominanti è necessario stabilire nuove distanze; ed in questo, la crisi del
petrolio ha reso servigi non trascurabili. Questo aspetto merita di essere brevemente
esaminato.
L'aumento dei prezzi del greggio ha posto nelle mani dei paesi produttori di
petrolio quantità considerevoli di valuta pregiata. I paesi europei, che da più di dieci
anni stanno discutendo di una unione monetaria, non dispongono ancora (e, a quel
che si può capire, non disporranno nemmeno in futuro) di una valuta comune;
ognuno quindi salda i propri debiti come può. I paesi produttori di petrolio esigono
ovviamente valute forti, il che stabilisce subito un primo elemento di discriminazio-
né, fra paesi che possono pagare i conti del petrolio in valuta propria (praticamente
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