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astrae dalla reale disuguaglianza degli uomini dovuta alla struttura di classe), i l

sistema di articolazione del rapporto libertà-rivoluzione nella fase di transizione (in

quanto appunto deve

negare

l'egualitarismo liberale che

riproduce intatta

la disu-

guaglianza sociale) deve perdere la sua compattezza formalistica a vantaggio di una

aderenza alle situazioni sostanziali. In sostanza è immanente al processo di libera-

zione della fase di transizione la compressione di alcune libertà tipiche della civiltà

liberale.

Il problema però è duplice:

a)

se alcune delle libertà classiche vengono negate

nella fase di transizione (dittatura del proletariato) esiste tuttavia uno

statuto di

autonomia

del soggetto anche in questa fase, operando una discriminazione tra

libertà metaborghesi e libertà condizionate a questa fase

dei rapporti di

classe? eh)

anche superando la dicotomia liberale tra potere e libertà, nella fase di transizione

chi

controlla

la qualità del tipo di autorità che viene emanata?

Il

problema si risolve

semplicemente nella identificazione tra potere (delle masse) e controllo del potere;

cioè l'autolimitazione dell'autorità è una conseguenza diretta del superamento del

quadro borghese di riferimento?

2) Su questo piano i l pensiero socialista ha operato una serie di riduzioni

troppo sbrigative. Ha dissolto il problema della libertà in quello del potere soste-

nendo che la libertà è l'autogoverno delle masse. Ma tale riduzione ha lasciato sco-

perto il fianco alle modificazioni che di tale rapporto si sono verificate nelle società

industrializzate in cui la autonomizzazione e formalizzazione delle categorie di

potere e autorità ha modificato i termini del rapporto. La dicotomia classica tra pen-

siero liberale e pensiero socialista, in cui il primo èuna teorica dei limiti del potere e il

secondo una teoria della generalizzazione del potere, è definitivamente superata dal-

l'originarsi, nel seno delle società avanzate, siano esse capitaliste o socialiste, di pro-

cessi di formalizzazione del potere che creano nuove forme, stabili ed autoperpe-

tuantesi, di separazione tra ciò che un tempo si chiamavano Stato e società civile; e

nelle società capitalistiche avanzate in cui il processo autoritario è immanente alla

stessa logica di sviluppo del sistema, l'esigenzaèancora acuita dalla necessità, per le

minoranze, di trovare spazi di azione e di difesa dalla repressione.

Si può dire, succintamente, che il problema del

dissenso

e della sua esistenza,

non si prospetta più al pensiero socialista come un residuo di forme di organizza-

zione politica ormai obsolete.

Abbiamo sottolineato questa esigenza teorica perchè secondo noi è un limite

strategico della Nuova Sinistra non avere posto con chiarezza il problema del nesso

tra libertà e prassi rivoluzionaria. Non si può combattere efficacemente contro i ten-

tativi autoritarii del potere borghese se non in.nome di un principio più alto e più

compiuto di organizzazione sociale e di articolazione delle sue libertà interne. Così

come stanno le cose, oggi ogni colpo inferto alla libertà individuale e collettiva delle

masse viene parato con le vecchie teoriche liberali che vengono rispolverate per

l'occasione. Ma è inerente a questo comportamento, oltre che una sensazione di

strumentabilità e di tatticismo, un atteggiamento subalterno verso formule di orga-

nizzazione sociale che non sono le nostre e di cui—sostanzialmente—la prassi auto-

ritaria della borghesia tardo-capitalistica è una prosecuzione in diverse forme.

Il problema è comprendere come l'espansione continua delle sfere di libertà è

una esigenza irrinunciabile per la sinistra di classee condizione

per il suoconsolida-

mento. Lo si vede anche oggi di fronte alle reazioni che provoca il problema dei

diritti civili sia nella borghesiachenelle posizioni revisioniste. Rispunta, come defi-

nizione spregiativa, la categoria del

radicalismo,

con cui si tenta di svalutare ogni

atteggiamento politico che non si colloca quietamente nella prospettiva di un

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