

illuso: Alma lo ferisce con un gancio quando sta per « liberarla » dai suoi
armi alla mano, ed egli è lasciato allibito nel fango della strada tra le dolci
colline, pronto alla vita pietrificata della vecchiaia e della morte. La « vita »
che si è meritato. Tutto questo è narrato con un minimo di violenza, ma
nel clima
della violenza, e con una lenta e talora lirica partecipazione. I l
sogno americano è abbattuto dopo che si è vista e compresa la sua fatuità:
ed è chiaro che solo distruggendo le strutture della società americana può
esserci « nuova frontiera », e non dall'interno di quelle. L'impossibilità della
fuga, della « nuova vita », è condanna per l'inadempienza passata, per aver
accettato il sistema, essersene fatti complici e servi, non essere « fuggiti » al
momento giusto e nella direzione giusta. Così, davvero non c'è scampo per
il borghese adulto, e i l mondo che ha accettato e alla cui consolidazione ha
collaborato gli si chiude addosso feroce. Gl i outsiders, gl i amorali conta-
dini-operai-moonshiners hanno almeno dalla loro la legge della solidarietà di
gruppo e di clan, una morale degli oppressi.
La descrizione di questo mondo e di questa vicenda, degna delle migliori
pagine della letteratura della provinda americana, è straordinariamente
riuscita, semplice, tesa a indicare più che a dire, e tuttavia a guidarci sulla
giusta linea d'interpretazione; partecipe della meschina e totale tragedia
esistenziale dell'uomo medio, sin quasi a far credere in una sorta di cecoviana
emalinconica connivenza, i l film di Frankenheimer si riscatta e precisa nel
personaggio di Alma e nel suo gesto, conclusivo e definitivo per lo spetta-
tore e il protagonista, e che apre al suo gruppo nuove strade. Su quelle strade
di fuga non c'è la speranza e la spinta a un futuro diverso, ma c'è, almeno,
la certezza della non conciliazione con i pigs, per quanto sofferti, per quanto
tragici nella loro miserabile miseria di servi.
« Il piccolo grande uomo » (Little Big Man) di Arthur Penn
Il western degli ultimi anni sembra essersi consolidato su tre tematiche
e tre stili « nuovi » (anche se gli antenati non sarebbero difficili da trovare
nelle opere dei vecchi registi, almeno parzialmente): 1 ) l'ironia venata di
nostalgia (e talvolta solo uno dei due momenti) per un mondo scomparso;
2) l a revisione del problema indiano; 3 ) i l rapporto (più metaforico che
sostanziale) con la rivoluzione messicana. Tre modi di reinterpretare oggi
la storia e il mito americani. Contemporaneamente, c'è stato un generale avvi-
cinamento dell'epoca analizzata: non più gli anni attorno alla guerra di seces-
sione, ma di preferenza quelli della fine del secolo, o addirittura i primi
del nuovo, con un west già popolato di automobili e biciclette. E contempo-
raneamente in tutti e tre hanno assunto "peso sempre maggiore i personaggi
di negri, ma questo è vero in generale di tutto i l cinema americano, e non
sempre avviene per Motivi puliti.
Delle tre distinzioni, che ovviamente riguardano le opere più impegnative
e toccano solo in parte le opere dei registi minori — nonostante a volte una
loro possibile dignità — ricorderemo i titoli più importanti:
1) due Peckinpah, i l vecchio
Sfida nell'Alta Sierra
e i l recente
Cable
Hogue, Butch Cassidy, Monte Walsh, Joe Bass, Costretto a uccidere...;
2)
Ucciderò Willie Kid
di Polonsky, i l più autentico capolavoro del
western contemporaneo,
Un uomo chiamato cavallo
di Silverstein,
Soldato
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