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comprensione dei suoi ver i e falsi valor i e del la l inea d i demarcazione t r a

di loro. I l salto da un mondo al l 'al tro, da quel lo cheyenne, « i l popolo degli

uomini »,a quello dei pionier i bianchi prevede via via anche un'al tra distin-

zione al l ' interno d i quest i u l t imi . quel la t r a pionier i e avventurieri da un

lato, e mi l i tar i (Custer a protot ipo) e pol i t icant i dal l 'altro. La lezione f ini rà

per scaturire abbastanza precisa dopo le mi l le disavventure, e Li t t le Big Man

sceglierà definitivamente i l suo mondo, che non è quell'o bianco, ma quel lo

dell'« altra parte » e del l 'al tra « razza »I

Ques'itinerario esemplare è , s i di rebbe, l o stesso d i una generazione

americana d i f i g l i d e l benessere, e d i una del le sue scelte fondamental i.

Rispetto a questa, Penn indica un «posi t ivo » attuale e coerente col resto

della sua opera ( e i n particolare

Alice's Restaurant):

i l movimento hippie,

che qui identifica del tut to con la morale e lo sti le d i vita, la tolleranza e la

saggezza del «popolo degl i uomini », con r ispetto solo relat ivo del la real tà

etnologica e sociologica (non a caso dileggiata nello « studioso » harvardiano

che intervista i l centenario L i t t l e B i g Man) . Gl i indiani sono così l ' imma-

gine d i un passato da riconquistare, e anzi a

portata d i mano oggi ! lei loro

continuatori ideal i.

Ma sono indiani — un popolo pressochè scomparso

che hanno abbastanza poco a che fare coi negri , i chicanos, i portoricani ,

i v i et del la real tà d i oggi. Penn s i ferma davant i al l 'ul t ima identificazione

gi necessaria (sul la quale p i ù pesantemente Brooks e Peckinpah hanno insi -

stito coi

Professionisti

e

I I Mucchio Selvaggio).

Accetta gl i hippies, è o vuol

essere con loro, ma arretra d i fronte all'insegnamento finale, quel lo d i t u t t i

i l più concreto: la rivol ta annata a fianco degli oppressi. Li t t le Big Man aiuta

Custer — i l sistema — a correre verso la sua rovina, ma non osa fare l 'ul t imo

passo e ucciderlo; s ta anzi per esserne ucciso. E delega al l ' indiano ( a l p i ù

violento — anzi al solo violento, e

fol le

— di loro) i l compito di salvarlo.

Ondeggiante i n mezzo a queste contraddizioni, i l linguaggio d i Penn è

incerto affascinante ma incerto. Questi sbalzi continui dal picaresco-nostalgico

(elegiaco per l a par te indiana, i ronico per quel la pionieristica) a l tragico-

grottesco (Custer) o tragico-tragico ( l o sterminio degli indiani) finiscono per

mettere a disagio l o spettatore sottoponendolo a una doccia scozzese che

impedisce al tragico di acquistare la sua vera dimensione, al la sua storia d i

farsi davvero storia. E' questa la contraddizione maggiore di Penn: quel la d i

una morale che non sa tener fronte al la storia, che non sa indicare l 'alter-

nativa reale, e contribuisce sì a demistificare e ricomporre, ma non a lottare

perchè l e dilacerazioni veramente finiscano. Come se — pu r sapendo bene

che questo è impossibile — bastasse passare dalla parte dei buoni

(disarmati)

perchè Custer (e Nixon) siano sconfitti.

Tre film « off-hollywood »

La scioltezza con cui ormai i l cinema americano riesce ad affrontare temi

e aspetti d i realtà immediata, con scarsa riflessione e poca o *nulla matur i tà

stilistica, ma con una immediatezza reale, avrebbe mol to da insegnare al le

bolse produzioni nazionali, o al le nostre cosiddette commedie d i costume.

Ma già i l paragone dice che di questi f i lm non è possibile pensare seriamente

in termini di alternativa alla produzione consumistica e condizionata di tradi-

zione hollywoodiana nè i n termini real i di « nuova sinistra ». Semplicemente,

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