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La

Società Muratori escludeva che fossero i

«

veri operai

»

a tra–

scurare

il

lavoro, cosa che invece ammetteva per

il

personale di ser–

vizio, manovali e garzoni;

la

causa di ciò sarebbe dipesa, innanzi

tutto, dalla maggiore considerazione della vita dei giovani da parte

dell'operaio muratore, che aveva cessato di usare direttamente modi

coercitivi e di padronanza come molti anni prima, in cui

il

garzone

era un vero schiavo. La Confederazione del Lavoro, a sua volta,

pur riconoscendo che la produzione quantitativa giornaliera fosse

diminuita, contestava che lo fosse di 2/ 3 come sostenevano alcuni

capimastri; faceva inoltre giustamente notare come

la

produzione

fosse qualitativamente migliorata e soprattutto non più ottenuta

con certi metodi .

Per i muratori la conseguenza più grave del lavoro a cottimo erano

gli infortuni; infatti erano frequenti gli incidenti in cui incorrevano

nella fretta di far molto lavoro in poco tempo, anche perché spesso

nel cantiere non erano rispettate le norme di sicurezza che avrebbero

dovuto proteggere l'incolumità dei lavoratori.

Nonostante ciò la situazione

di

Milano pur nella sua precarietà

poteva considerarsi persino buona rispetto al resto d'Italia. A

Milano infatti i capimastri erano obbligati a richiedere tutti

gli anni

il

rinnovo della licenza d'esercizio che, come si

è

visto, veniva concesso dal Comune solo se

il

richiedente,

nell' anno precedente, non era incorso in casi di inadempienza

nell' applicazione delle norme previste dal Regolamento edilizio

del 1889 per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Nel 1889

fu

anche nominata una Commissione edilizia, formata da consiglieri

co–

munali, con

il

compito di effettuare frequenti ispezioni ai fabbricati

in costruzione; tale Commissione, in effetti, non

fu

mai all'altezza del

compito per

cui

era stata istituita , ma incontrò ugualmente l'ostilità

dei capimastri che sul

«

Costruttore

»

non mancarono di contestarne

continuamente l'operato

131

In

materia di assistenza nel campo degli infortuni sul lavoro esi–

steva a Milano, dal 1882,

il

«

Patronato

»

della Fondazione G. B.

Ponti"', una istituzione filantropica privata a favore degli operai

della provincia di Milano. Il Patronato, costituitosi due anni prima

della Cassa Nazionale di Assicurazione per gli infortuni degli operai

sul lavoro, provvedeva all'assicurazione ed al soccorso, ponendosi gra–

tuitamente come intermediario fra l'operaio e

la

Società di assicura–

zione o la Cassa Nazionale, procurando facilitazioni nel premio

e

nelle

modalità. Il vero nocciolo del problema, comunque, non era nep–

pure affrontato, in quanto era pur sempre

il

lavoratore che do–

veva pagare per la propria assicurazione. L'intervento del Patronato

aveva luogo soltanto su richiesta dell'operaio che intendesse

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