Onofrio Minzoni - Poesie

. . P ·o ES I E DI \ ONOFRIO MINZONI FERRARESE PISA DALLA NOVA TIPOGRAFIA 1 799

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\ GLI EDITORI Collocando, e meritamente, nel nostro Parnaso le Rime -di questo Sovra.... no Poeta, che ha saputo forzare l' ammirazione dei più in docili, abbiamo il piacere di annunziare cl1' egli stesso vi ha fatto varie correzioni, e vi ha aggiunti sei nuovi Sonetti che non si trovano nell'edizione di Venezia . Non tocca a noi a parlare del metito di questo libretto . Se l' energia, se la chiarezza, se le grandi imagini accotn- /

, pagnate da uno stile fì"anco e robusto sono caratteristiche del bello in poe-- sia, niuno certamente pi1Ì del Sig. Minzoni può aspirare alla gloria di aver colto il più bel fiore . I pedanti, al solito, vi troveranno delle arditezze, e biasimeranno cento versi belli per quattro arditi ; noi ramrnenteremo loro il consiglio d'Orazio, e taceremo .. \

' SULLA MORTE DI CRISTO I Quando Gesù con l' uÙimo lamento Schiuse le tombe, e la montagna scosse, Adamo rabbuffato e sonnolento Levò la testa) e sovra i piè rizzasse. Le tol'bide pupille intorno mosse J>iene di meraviglia e di spavento, E palpitando addimandò, chi fosse Lui, che pendeva insanguinato e spento ~~ Come lo seppe, alla rugosa fronte, . Al crin canuto, ed alle guance smorte Colla pentita mar1 fè danni ed onte . Si volse lagrimando alla consorte , E gridò sì, che rimbombonne il monte; Io per te diedi al mio Signor la ~morte . Minz. I .. l

.2 SULLO STESSO ARGOMENTO Dolores inferni circumdederunt me . Psalm . Deus meus) ut quid dereliquisti me? Evang. ... . II Ahi! che mi attende un infernal tormento, L'eterno Figlio tra le nt1bi disse : E 'l Vate, cl1' era ad ascoltarlo intento, L ' alte parole sospirando scrisse. Al1i! che dal Padre abl1andonar mi sento, Sul duro tronco, ov' ha le membra affisse ., Or egli gr .ida, ed al feral lamento Imbruna il Sol per non usata ecclisse . Signor, t'intendo. La terribil ora, L' ora crudel si è questa , in cui ti strugge L~ i1nrnenso duol, che profetasti allora. Correr a Dio con instancabil voglia , E veder, che sdegnoso egli sen fugge, È dell' inferno l'infinita doglia.

• 3 SOPRA GLI STESSI DUE TESTI ME·DirrAZIONE III J1 giusto Iddio, quanto nel cupo inferno L~ empio ne va più sitibo·ndo in traccia) Tanto da se più disdegnoso il caccia, Ed hanne il pianto e gli ululati a scherno . Così fa del suo Figlio aspro governo , Il rigetta così dalla sua faccia , N è per chiamarlo, cl1e dolente ei faccia, Gli si volge in soave atto paterno . Ma tempo fu , che il N urne in traccia ccrrse Del Peccatore , e il Peccator fuggio : Gesù no dal s110 Padre u.nqua non torse . Or perchè viene anch' ei posto in obblio? Perchè dell'Em pio le sembianze ha forse ? Sì: ben or veggio, cl1e sia colpa, e Dio, ..

.. . .. 4 PENTIMENTO Qual fu l'orrendo, il tempesto~o, il fiero Giorno, ehe dal mio centro io torsi il piede? Deh ! chi fì,a l'ombre del passato il vede? Chi per pietà l'accenna al mio pensiero? Segnare .il voglio col color più nero , Ed al volger d'.ogni anno. , allor c.h' e i riede, , Faccian le ·rupi di. mia doglia fede ; , . ~ .. r. Si bagnl del mio pianto .ogni sentiero· ' Ma lasso! un vel ·, cl1e non si fende mai, A me sì giusta rimembranza toglie, E mi rimemhra sol , che un giorno errai . Dunque che resta, o core?- ogni dì mena In larghi pianti, ed in amare doglie : Sì dell' error d' un sol tutti fìen pena . l • t)

5 SULLA IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA Giù per le vie del ~nono e del baleno Scendeva di Maria T'alma innocente ; . Quando un mischio di fumo e di veneno Shruffolle incontra 1'-infernal serpente . Essa le ll1ci maestose e lente Agli Angeli piegò , che la segt1ièno: Ed ecco che brandisce arma .rovente Micl1el di procellosa ira rip leno , Al primo lampo del fulmineo b'ran.do Volgesi in fuga il rio ; cl1e tal sel mira , Qual dalle spere un dì cacciollo in bando .. Michel l'insegue con la spada bassa , L'afferra , appiè della gran Donna il tira : Ella sei guata, lo calpesta, e passa. -

6 SULLE FAMOSE PAROLE ( DI MARIA Fiat mihi secundum '1Jerbum tuum . Si faccia, all'aspettante Messaggero L'umile Verginella infin rispose : Ed il N urne de' Numi 1n lei s' ascose Più pronto d'un pro11tissimo pensiero . Si faccia J al Nulla orribilmente nero Disse ancora il gran Fabbro delle cose : E sbucò fuor dell'ombre spaventose Rapidamente il gemino emispero. O voci, a cui simile altra non v'ebbe, O Voci, ambe pietose, ambe possenti, L'umana stirpe a qu-al di voi più debhe? N o , se taceva Iddio , l' Uom non sarebbe : JV[a se tacea la ·Don:Qa, al1i! fra tormenti Per anni eterni disperato andrebbe .

7 SOPRA GLI OCCHI DI MARIA ., SI ALLUDE A DUE VERSI DEL PETRARCA SUGLI OCCHI DI LAURA Ma quante volte a me vi rivolgete) Conoscete in altrui quel che voi siete . lo noi dirò , luci amorose e liete , Ond' ha Maria tanta bellezza in volto , Che qt1and' è vostro guardo a me rivolto, Conosciate i11 altr11i quel che voi siete . Non perchè ravvisar quelle secrete Ineffabili cose vi sia tolto, Che pel vasto potere in voi raccoltò Soavemente in cor mi producete._ Ma per ciò sol , che quan.to entro il mio seno Di raro e di gentil per voi si deste , Di vostr' ampia virtù mai sémpre è meno. Quinci se quel che siete , unqua il poteste, Me sol mirando, ravvisare appieno, Quello ch'or siete pur, già non sareste .

8 1 SU MARIA DETTA DELLA CINTURA Dammi, o gran Donna, quel. tuo cingol bianco, Che fra le "man 'ti splende,. e m' ablJarbaglia; ' Ch'io non· di piastra , o d'incantata maglia , Ma di lui solo fascerommi il fianco. Allor dal destro· lato ·, o pur dal manco Co' temuti suoi ·dardi Amar m' assaglia Si, ch'egli tornerà dalla battaglia Voto, confuso, addolorato , stanco. Anzi non vo' , che dalla pttgna ei faccia N eppur ritorno: stringerogli io stesso Col tuo cingol possente ed ali e braccia . Così legato) innanzi a te trarrollo Portante in volto il suo timore impresso : E tu col piè gli rtlonterai sul collo. l lil

9 A MARIA TENENTE SULLE BRACCI A. ... IL BAM&INO ' CANZONE l\tlansueta V erginella , Più leggiadra dell" aurora, . Cb~ di. rose e gigli infiora Il dorato · e crespo crin , ... Più -leggiadra. della stella, Che fa scorta al novo giorno , A cui fuggono d'intorno L'altre stelle in sul mattin , V ergi nella mansueta , Più leggladra della luna , Che alla notte umida e brttna Porta guerra, e squarcia il vel ;

IO Più leggiadra del pjaneta, Cl1e di raggi il capo cinge , E feconda, e allegra , e . pinge E la terra, e il n1are , e il ciel; Deh quel caro Fanciullino, Il qt1al tieni stretto stretto Fra l e braccia sovra il petto , Come tien bell' erba u.n fior , Deh quel Bambolo d.ivino , Da cui baci talor prendi , A cui baci tal or rendi, E raccoglie i baci amor , Deh quel ttlO celeste Infante, Con cui ridi, e · staiti in gioco, Deh ver me lo stendi un poco, Tal -che n'abbia anch'io piacer: Stendil sì, che al suo sembiante Le mie labbia io metta appresso , E vi lasci u r1 bacio impresso Non bugiardo, e non l eggier. Sol un bacio? Ah ! ch'io far don0 Gli vorrei di tanti baci , Quante son l'eterne faci Use in cielo a scintillar,

I I Quante 1' erbe e i fiori sono, Onde aprll veste la terra, Quante son 1' acque , che serra N(i\1 s110 grembo il vasto mar. A te dunque deh non piaccia , Incorrotta Genitrice , Che 'l tuo Pargolo felice Solo stendasi ver me . Deh più presto alle mie braccia Ttt l'affida e 'l raccomanda, Se d'orgoglio la dimanda Forse rea non sem}:>ra a te. Ba~i e baci alla sua fronte , Alla destra ed alla manca Porporina gota bianca .Baci e baci io donerò . N è voi già, s11e luci pronte, Chiare sì , come due soli, N è voi , rosei labbricciuoli, Senza baci lascerò . Verrà forse ancora istante, Cl1e i miei baci nel s110 core Forza facciano, e d'amore Vi risveglino un pensier,

I 2 E che anch'egli al mio sembiante Le sue lab bia metta appresso , E ci lasci Utl bacio impresso N o:t;t bugiar do , e non leggier . Se ciò fìa , chi più beato Fu d i me n egli anni spenti ? Chi ne' secol i vegnenti Più beato mai sarà? Chi dal Ca11caso gelato Agli Etiopi più n eri ', Chi dagl' in.di a' lidi esperi Più · di me beato or v' ha? Me beato mille voci Già già c:hiamano, e mill' echi Dagli ombrosi loro spechi Ripetendo me lo van. Già già gli Angeli veloci In me fìsi tengon gli occhi , E da bella invidia tocchi · Sospirosi se ne stan . , Che poi fora, s' egli · dorto . Fesse a me di .tanti. baci ~ Quante son l'eterne faci Use in cielo a scintillar ,

Quante l'erbe e i fiori sono, Onde aprii veste la terra, Quante so n l'acque, che serra N el suo grembo il vasto mar? Ah! che questo pensier solo Già mi rende a me maggiore , Già mi tragge di me fuore , E mi guida, ov' io . non so .. Parrni ~ver le_ 'penne e il volo, Cor:r:er .p armi quella via , Sulla q.~ale· il forte Elia Già co' venti· gareggio . ' .. V enti, venti, .ch'io conosco, O conoscere mi sembra · · Alle mai non ferme membra , Al soffiare, ed al ronzar, Sostenete, cl1e ora vosco Ancor io gareggiar tenti, Seguitate , o venti, o venti, Il mio rapido volar . Se non che mi tarpa l' ale Un orposto ,agro pensiero, E dall'alto mio sentiero Me ritorna all' umil suoi .

I 4· Penso oimè ! Donna immortale, Come indegno io son pur molto, Che ' l tuo Figlio s 11l rnio volto Stampar voglia un bacio sol. Almen quando alla sua fronte, Alla destra ed alla manca ~ Porporina gota bianca , , _ Baci e baci io donerò , N è le sue dtte luci pronte, Chiare sì, come due soli , N è i suoi rosei labbricci uoli 1 Senza baci lascerò , Almen egli in grado rabbia , E ridendo ne dia segno: O s'io pur ne sono indegno, .. N è ciò torna in suo piacer, Soffra almen , che le mie labbia Al suo viso io metta appresso , E vi lasci un bacio impresso N on bugiardo, e non leggler . Sconsigliato ! che speranza Nutro mai den tro al cor mio ? E per anco non vegg' io, Che di tanto indegno so11?

Bella lVfadre , vera stanza D'ogni bella virtù vera, Deh non essel'mi severa, N ed a vara di perdo n . Quel tt1o caro Fanciullino Tientel pure stretto stretto Fra le hl'accia sovra il petto , Come tien bell'erba 11n fior. Da quel tuo Ba1nbol divino Baci p11r talora prendi, Talor baci a ltli pur rendi , E raccolga i baci ap1or . Ma se mai fuor de' vermigli Dolci labbri un bacio t'esca, Cl1e "n vigor sugli altri cresca, Deh lo porgi a lui per me . Questo bacio, così digli, Tel don' io, ma non io solo : · Un an1ante tuo figliuolo Ora meco il dona a te . Gentil bacio, cl1e dovrai Da tal bocca uscire il primo , E qual ape sovra il ti n1o Su tal viso riposar,

' Gentil bacio , escine oma. i , Ma del1 mira a farti onore : Esci , . e tenta nel vigore Gli altri baci soverchiar. .. ...

17 SOPRA .LA CONVERSIONE DI S. P A O L O - ·".,._._ De forti egressa est dulcedo. (li-J l Vieni, e m'ascolta, o nazareo Sansone, Ch' io dirò , come il dolce esca dal forte .: N o l seppi io gìà dalla tua rea consorte , Che miei N u1ni non son ella, e D agone ~ Tra le mascelle orribili un leone Accolse i favi olenti, e l'api accorte, Felice nel morir, che di sua morte La famosa tua man fu la cagione • Ma sa' tu poi , di c'h' egli fosse immago ? Di Sa11lo il fu : che mentre nulla il molce, E sol di pianto, e sol di stragi è vago, Ecco Voce, che in un lo atterra, e folce: Ed egli langue, e di languire è pago , Forte già qualleon, qual favo or dolce. Minz. ~ (*) Questo fu r enimma, che Sansone propo!e di sciorre a' Filistei. Spi~gollo alla moglie pur Filistea; ed ella tradendo il marito, il fece sapere a' suoi d1·udi..

\ SOPRA I DUE TESTI DI S. PAOLO Desiderium habeo. dissolvi, et esse cum Christo . Optabam anathema esse CIJ Christo pro Fratribus meis. Se d'amor n•Jn è figlia , onde mai nasce La brama, o Paolo, di che nutri il core , Brama d' uscir dalle corporee fasce , E di volar in grembo al tuo Signore? Ma quand'ella sia pur figlia d' amore , Ond' è l'altro desio, .che il cor ti pasce, Desio d'andar con un incerto errore L ungi da Dio fra le terrene ambasce P Eppur sono amorose ambe le voglie: Anzi quest~ in amar tanto è più forte , Quanto più cerca non piacer, ma doglie . Ama altrui, chi soffrir vuole per es·so Un travaglio, a cui fir1 neghi la morte : Ma chi vuole gioir, ama se stesso .

Battezzandosi solennemente dL~e fanciulli ebrei insierne coll'avo) rttentre il padre stava tuttavia pertinace . I Fra mille trombe di celesti squadre S11ll' elmo aventi per cimiero un giglio , F~a mille canti di virtù leggiadre, :Altre vestite a bianco, altre a verm.iglio J E cco vien l'avo , e qual pietosa madre, Va rivolgendo a' due nipoti il ciglio. Ma dove è mai de" fanciulletti il padre? Ove del vecchio si nasconde il figlio? Ah i! perfidia ]'imbriglia_, e dentro al seno Il ti e n d'una caligine infernale , C·ui talor fende in van rosso baleno . ll.ompi, misero , ornai, deh rompi il freno : Esci dal bujo al giorno . E non ti cale Almen del padre , no11 de' figli almeno?

M&ntre si faceva la detta sol~nne funz ione) la n ipote del vecchio) e .sorella de' fancÌT.tlli nella età ,di otto anni , dopo non breve malat t ia jollecitamente battezzata spirò. nel suo letto . II \ . Stava il buon vecchio dal canuto pel o Del sacl'O tempio sull'augusta soglia , E già la Fede a lui scendea dal cielo ' Fra la Speme e l' l\.more in bianca spoglia ; Quando stanca del suo logoro velo La fanciulla di sciorsen·e s'invoglia: Sviene, suda , ed alfin p·resa da gelo Muore, nè del morir sente la doglia. La Fede s'incontrò nella bell'alma , Ed in passando a lei la destra stese, E dolce offrille un ramuscel di paln1a ~ Essa baciò la tnano , e 'l dono prese : All'avo ed a' german fermezza e calma , Poi lume al padre con sospir le _chiese .

21 A' SUDDETTI NEOFITI PARLA SEMPLlC!SSI~IAMENTJi: IL CA ~ECHIST A III N o , :figli , io non m' in:fingo , e ~o n v'inganno ; Voi mi destate un doppio affetto in core , Altri per voi sol allegrezza avranno; Io sto fra l" allegrezza ed il dolore . D alla speranza mia , dal mio timore N asce q:uinci il piacer, quirtdi 1' affanno : N è ciò v' incresca, che dal solo amore E la speme e la tema origin hanno. Io v'amo, o figli , ed in amando io temo, Cl1e forse la vostr' alma oggi sì monda, 'fale n011 resti fin al giorno estremo. Al1 f giammai non s' insozzi, o morte io chiamo , Che nel pit\ cupo avei tosto v' asconda: N è ciò v' incresca , che temendo io v'amo .

.22 SULLE PAROLE CHE SOLEVA DIRE 8. M. MA D DAL E N A D E' PAZZI P ati) et non mori. lv! orte sol cruda e spaventosa a' rei , Che loro in voli ogni più cara spoglia, Alle bell'alme no, ch' anzi Ior sei Prlncjpio del piacer, fin della doglia, I l negro p iè s111la tartarea soglia Ferma, nè t'appressar unqua a costei :J Che qual la spinge sovrumana voglia , In traccia è sol di lacrime e d' o1nei . Questi le invia; che impazienti stanno Intorno a te là nelr oscuro inferno Insien1e col sing·ulto e coli; affanno o Ella di se lor cede ampio il governo: • CI1e se te fugge, sol paventa i.l danno, Che non 1·iman_ga il suo dolore eterno . /

I N ·L O D E DI S . LUIGI GONZAGA . SCIOLTI O Fanciulletto, che d'un colle all' ombra Tra fresche orezze e gorgheggianti augelli In b el giardino solazzando vai , Ed or p~rsegui i timidi conigli , Or la pace di limpida peschiera Con pietruzzole turbi, or ti raggiri Per le fallaci vie d' un labirinto , Or d' ajuola in ajtlola trasvolando, Fiori spicchi , erbe cogli, e poi ten fregi Il molle seno, o il ricciutello cri~1e; Del1 ! se teneri baci io mai t'impressi Sulle b ianchette vermigliuzze guance , - Il

Se dono di nocciuole, Q di cirege , O di p unica mela unqua ti feci:, Deh ! per briev' ora al tuo piacer t' invola , E presso a nte, dove marmoreo pesce l Lunghi zampilli di scherzevol onda Dall'ampie nari mormorando schizza, ~ Il non mai stanco piè docile arresta. Una sacra gentile Immaginetta Con esso meco io porto, a cui fa cerchio l Ebano terso , e lucido cristallo Dal profano scortese aer fa schermo . Oh quante volte ed Anselmuccio e Cecco Chiesta me l'hanno ! Ma l'han chiesta indarno, Che proprio a te , non ad altrui la serbo. Mirala : già non più sotto alcun velo Alle bra1nose luci io te l' asco·ndo: La riconosci ? Essa è la cara ·effigie Di quell'avventuroso giovincello, Che la tua genitrice a te rammenta, Quando fra le ginocchia essa t'accoglie, E presoti per mano, entro il tuo coTe _ Divini affetti dolcemente inspira, E tu frattanto i maternali accenti Senza punto alitar) senz' occhio movere

l Ingordissimo bevi , e ti satolli . Brami saperne il nome? Egli è L11igi . l Luigi egli è : di ravvisarlo impara Alla serena fronte, a' vivi l11mi, l Alle virginee gote, al roseo labbro, Ove il celeste Amor tiene il suo nido . Scorgi le due misteriose Donne~ Che l' inge~noso artier pinsegli a tergo. Una di .gigli e d" 'incarnate rose Cigne le trecce d'or; l'altra di spine E d'irte ortiche il nero ciuffo avvolge. Quella di b.ianca ed ingemrnata gonna Le n1embra veste, qual novella sposa; Questa d'incolta e lacera gramag1ia , Qual vedova dolente, è ricoperta: Ambe però tranquille , ambe leggiadre V an insiem~ alternando ~mplessi e baci . Penitenza è costei , d' orridi boschi , E d'alpestri spelonche abitatrice; L'altra Innocenza, a spaziare avvezza Sul margo di purissimi rigagnoli Fra g~ietti arhoscelli in paradis.o : Alme virtlÌ, che 1or natio soggiorno Laiciaro, e giunte in amichevol nodo . . l

Mirabilmente in l11i poser lor seggio. ·vedi tu poi quell'agile drappello Di bambolini onestamente ignudi , Che 1' ali , ond' hanno le spallucce ar1nate, Scuotongli intorno, e par, facciangli vento? Angeli son, che .S11lle aurate punte De' più veloci rai spesso rnontati A lui scendea11 dalle rotanti spere; Ve' ve"', come sul capo altri gli pende, · E dalla nube , ov' è 1nezzo 11ascoso, Una pioggia di fior sovra gli sparge • Altri contempla le uncinate sferze, O n d'lei far s·uole di se crudo scempio , E q11asi che stltpor n'abbia, o ribrezzo, Con dubbia man le pisviluppa, e crolla .. : Altri gli porge q ·uel funereo legno, Su cui pesto, squarciato, sanguinante Il suo Fattor boccheggia. Altri con bisso In terra no, ma suso in ciel tessuto Le preziose lacrime raccoglie, Onde non so , se le rossicce gote L' a1nor oso Garzon bagni , od imperli l . I\1irane ancora là fra d11e colonne U11 paffutello dallè ricce piume , •

27 Che percote col piè l'arido tescl11o, Su cui profon.damente taciturno, Fatto alla guancia di sua palrr1a letto, Q11egli suole arrestar l'occhio e il pensiero . Eccone qui sugli sprezzati avanzi Di regie insegne alteramente assiso, E cinto i lombi di cilestra fascia, Un bion detto , che te seg11e col guardo , E steso in ver Luigi il dito eburno, T el mostra , e sembra dir, pregia, ed ammira Q Ma tu fi·attanto, amabile Fancit1llg, Qual pensiero a tal vista _in sen ravvolgi? L' arnmiri tu? lo pregi tu? rispondi . Degg' io forse temer; ch" egli non d'altro Degno ti paja che del tuo rifiuto? Torna, se questo è ver, torna al sollazzo: So ben io , che farò . Cecco , Anseln1uccio, O di Luigi fervidi amatori, Venite, anzi correte : ecco alla fine Ecco io vel dono ., Ma . . . ne sei tu pago? Ah 1 no : ben me l'accenni alle pupille Alta1nente in ltli fitte, a., labbricciuoli N el l'ascoltarmi avidamente aperti, Agli atti impazienti, onde ml accusi,

Che a darlo in t ua balia troppo son lento o Te' dt1nque : io già tel cedo; abbilo in pace . Ma fa , ch' unqtla no] perda, o noi disveli A' compagnuzzi tuoi; che forse accesi N el picciol cor d'invidioso foco In"V"olat te l poria11 i cattivelli. Bacialo intant9, e se d ' un bacio solo Paga non sel, dagliene cento) e mille, Dagliene, quanti vuoi, dagliene tanti, Che solo amore annoverar gli sappia: E quando alfine di baciar sei stanco, Vanne a tua madre , e g1iel deponi in grembo o Certo avverrà , che prima essa il vagheggi, E poscia· a te lo torni. All or S11ll' ~ra, Che di tua man con lunga cura ergesti, Devotamente il posa : indi in un vetro Della pit\ cristallina onda ripien~ ' Mammolette viole pudibonde, Gaggie, dia cinti, gr~fani rauna, E l'avvenente fascio a lui consacra . Ma se vuoi dargli u~ fior, che lo somigli, Offrigli pur di gelsomini iberi Un qualche rigoglioso ramicelio, Pari a cotesto , che nel sen ti olez_za, .

29 Qual essi più .dell' aral)o alabastro E dell'avorio schiette hanno le foglie) Tal più del latte e delle nevi alpine Qtlel Verginetto avea candida l'alma·. E quale dalle ·morbide lor fibre lVIove sì grato odor , che a farne preda I susurl"anti zefiri gareggiano , Tale da sue virtudi egli spargea . Dolce fragranza , che all' empiro ascesa Gli eletti spirti innamorovvi e 'l Nume o Cari però del tU'O giardino i fiori Poco gli sono , se con essi a paro \ Non. gli consacri il fior degli anni tuoi. Ah! questo ei ti richiede : e senza indugio Con riverente cor ttl gliel concedi .. N è non contento, che il magna11im' atto Solo per te si compia, al tuo germano, Che all' etade, al sembiante, ed a' costumi Te stesso agguaglia, sì lo metti in grado , Cl1' ei se ne renda imitator non tardo . Quante fiate al plìeril trastullo Pronti siete amenduni! A lui talvolta Te ratto ascondi, e con infìnta ·voce, Che di profonda, o di lontana parte

3o Sembra venir già stanca , il noto segno Gli dai, percl1è di t~ pongasi in traccia ~· Se poi l' odi ed a manca ed a manr itta Ir frugolando, ti stai quatto quatto , N è d, un sospir percoti l'aria, e godi Che per lt1ng' ora sdegnosetto ei cerchi . Talvolta indoc~l canna armi di briglia,. E messoleti soprà a cavalcione , Invan la pungi , o la sc11dlsci invano. Quegli t'' imita; corresi ; la polve In torno s'alza, e i fragili destrieri Rigata dopo se lascian l., arena . . Cessi il ciel, che di tanto io vi condanni . Scherzate pur: che ad innocente etade Ben si accoppia lo scherzo : ancor Luigi, Di cui tu porti e le fattezze e 'l nome , ._ Tanto solea nella stagio11 s11a prima. Ben lo sapete voi, tende e bandiere, Che lo scorgeste di lorica e d' elmo Vestire un dì le pargolette membra , Ed or lo spadaccino , or l' asticciuola N e' fulminanti bronzi e ne' timballi Battere , e tutto rallegrare il campo . Ma che? S' ei diede unquanco opera al gioco l

/ 3I Nelle tenebre ancora e nel silenzio Orar più volte e lacrimar fu visto. Così, così sovente egli vi miri Frenar gl'irrequieti spirit~lli, Lasciar le usate baie) e con le fronti Appiè di lui modestamente inchine Sciorre a sua laude le ver<1ci lingue, Sospirar, lamentar , fargli scongiuri) Perchè degni sua mano esservi presta N eli' aspro della vita incerto calle. Oh! se da lui tanto fàvore impetri, Te cento volte avventurato_ e cento ! Pavido no, ma sulle brune teste De' fieri serpi, onde la strada è sparsa, Ardito correrai , fin che alla meta L" intatto piè trionfalmente arrivi. Meta , felice meta , ove fi·ondeg·giano Altri mirti , altri timi , altri narcissi, Che non frondeggian qui nel tuo giardino . Altr" ombre, altri augelletti, altri zampilli D'acque i11 gradevol suon ·mormoreggianti Vi sono ancor, che ne., più ricchi prati Qui mai non furo, e ne' più Ile t! colli . I vi l ungi dal pianto e dalla noia •

• ) Andrai vagando: e l' allegrezza e 'l riso Coll'arpe in man, co' l1orzacchini al piede. Ti danzeranno intorno: ·anzi avvolgendo Te nell'immensa luce, or1d' esso è cinto- ,. Luigi ti verrà mai sempre al fianca, E lassù per quegli orti e q ·ue' bosch.etti , E per quelle pendici e quelle valli Egli stesso ti fìa compagno e duce. Che se piacer sì novo in mezzo il petto Or ti si desta nel veder· sua faccia Solo adombrata lievemente in terra, ,, Ah! che :fia dttnque a rivederla in cielo ! \

33 '\. SULLA PENA CHE PROVO S. L U I G I G O N Z A G A QUANDO GLI FU VIETATO DI FERMARSI NELL' ORAZIONE Fuge, Dilecte mi . - Veni, Dilecte mi . Cant . Fuggimi , cedi, il tuo desir s' infreni , Dlsse a L11igi il suo divino Amante: E tosto in attl d' a·marezza pieni Il Garzon per fuggir mosse le piante . Ma che? Dovunq11e il suo dolor lo meni , Il caro obbietto a lui si para innante, E vieni , sembra dirgli , a me ten vieni , E sazia gli occhi tuoi del mio $embiante o I..Juigi sta fra due contràrj venti :- Venir non debbe , per venir ch' ei brami , Fuggir non puote, per fu.ggir cl1' ei tenti • Ch' ei venga , o fugga, Amor, tu 11on consenti, E pur tu stesso all'uno e all'altro il chiami : Così gli strazj il sen con due tormenti. Minz. 3

34 ENTRANDO 1N RELICIONE LA NIPOTE D'UN REGNANTE IJ-f elior est qui dominatur animo suo expugn(~torc urbium ~ • l Dove sono gli Scipj fulminanti, Terror degl' irnplacabili Anniballi , Che di smagliati usl)erghi e d'elmi infranti Sparser un giorno le affricane valli ? Vengano a Slton di trombe e di timballi Sotto gli alti cimieri tremolanti , E traggano fra gl' itali cavalli Incatenati i punici elefanti ~ Ma giunti innanzi a te , Vergin guerriera, Spoglin del trionfai serto la chioma , E pieghin ogni lancia , ogni bandiera . L'esser ttt stessa e domatrice e doma, Ben maggior vanto egli è, che prigioniera Trar la superbia di Cartago a Roma. \

35 ) PER MONACA Stolti stolti, fuggite : è giunta ormai La saggia Vergine1la all'ara innante : Entro un mischio di nuvole e di rai Per man la tiene il suo celeste Amante. Stuol d' Angeletti intorno a quel sembiante E guizza , e vola, nè riposo ha mai. 9hi l' umil fronte, chi le luci sante , Chi gli atti ammir.a onestamente gai . Già sovra l'ali un se ne scrisse il nome, Un di fiori l'ha sparsa, ed un le ha tolti I ricchi panni , e le increspate. chiome • " Qual di ben.de la cQpre in cielo orditè, , Qua1 arpeggia, qual canta, e dice : stolti , Qui sol regna virtù, stolti, fuggite .

' 36 .. PER MO.NACA Apriti, o nube, che lambendo vai · 'Del sacro te~pio le superbe volte; Tu, che gran cose tieni in grembo accolte, Candidissima nube, apriti ornai. S'apre : e con atti m~estosi e gai N' escon due donne in ricchi manti avvolte: Ambe di rose in paradiso colte, Arnbe son cinte di celes.ti rai . Scende Onestade, ed a colei sen vola , Clte appiè dell'ara innamorata geme , E con forbice d'oro il crin le invola. Beltà le coglie in un purpureo velo : Indi si bacia l' una e 1' altra insieme , Torna alla n11he, e colla nube al cielo . \

' PER LA RICUPERATA SANITA DI P I O V I Vieni, diceva il Ciel , vieni , grand'alma Ben d'altro armata che di piastra o maglia o · Tu combattesti assai : cogli la palma Dovuta al vincitor dell3: battaglia. · Ferma, dicea la Terra: almen ti caglia Di me, se non ti cal della tua salma o Ten1o che un nembo al 'tuo partir m' assaglia, N on certa ben, s., or mi ritrovi in calma Cl Stette al1or infra due l' anhna forte, Pronta a lottar qui nel ~orporeo velo, Pronta a gioir là nell' empirea corte. Tremava il Mondo. Ma l'ingordo telo Nel turcasso ripose alfìn la Morte, Ch'ebbe pietate della Terra il Cielo . • l

38 FACENDO IL SUO SOLENNE INGRESSO DOPO ALCUNE VICENDE MONSIGNOR FEDERICO GIOVANNELLI PA"fRIARCA DI VENEZIA Dalla parte del ciel più rilucente . Una voce grid? : Vate , che vedi? Levai lo sgl1ardo : ed ecco un uomo avente • In mano un libro , ed un lione a' piedi .. Son J\~Iarco, e i disse : ecco il Vangel ch'io diedi A Pietro, e Pietro a te , Roma possente . Marco son io ; cl1e dall' empiree sedi Or vengo a consolar una innocente . Spoglia, Vergin dell'Adr ia , il negro velo : Godi alfin del tuo Padre , onde si mosse In terra sì; ma non mai lite in cielo. rracqu e : e la b elva t u tta si commosse' . Arse negli occh i, s'arruffò nel "pelo , Mise u n ruggito, ed il Tarpeo si scosse . . l

3g SOPRA LO STESSO ARGOMENTO Sì, che 'l divino Spirto entro al tuo core Da' più alti e pi1Ì belli astri discende : Sì, che le fibre ttttte egli ti accende Del più gentile e più cocente ardore . La fiamma è tanta, che del petto fu ore T' esce , e mal grado tuo nota si rende : Chi mira te, con un sol gt1ardo intende , Qual sia la forza del celeste Amore . Q uinci i suoi figli alla tua cura affida (-\') Colei, che la virtù, non l'l oro apprezza Misero dono di fortuna infida . E volta a te maternamente grida: Entra col tuo bel foco, agita, spezza , Struggi , dovunque il pazzo Amor s'annida. (*) A tutti è nota la ricchezza della Famiglia Giovannelli, n1a molto più l'insigne 'l? i età. di Mons. Patriarca di Venezia •

ESSENDO SCELTO A PROT ETTORB DEGLI ARGONAUTI DI FERRARA IL CARDINALE MARCELLO CRESCENZI , Non son , non sono io quel che paio in viso, Un cigno son , ed ho le penne al tergo . Volo, e sul dorso d'una nube assiso Infin al cerchio della luna io m'ergo. ' (~ ) Di p~lve soz1o e di sudore jntriso Già sbuca il Veglio dal fatale albergo . Ecco i nomi ; ecco Lete; io lo ravviso , · E me tre volte ne' suoi tlutti immergo. l Q11i batterò le generose piume.: E se perfì~a man il nome vostro, O gran Marcello, scaglierà nel fiume, lo r iverente il prenderò col rostro, E là trarrollo, ove d'eterno lume Cinto il vedranno e l'Aquilone e l' Ostro . (*) Si allude alla famosa favola dell'Ariosto .

SULLO STESSO ARGOMEN1,0 Pianta , che presso le tessalic' on de Spiegasti in prima le ramose braccia , E tratta poscia alle Romulee sponde L' aria segnasti di odorosa traccia ; S'egli avverrà, che dell'eterne fronde Onorato sudor degno mi faccia, Da quel t110 N urne, che le chiome ha bionde , N o , non le voglio , ed ei sei oda, e taccia. Sulla ripa real dell" Etidano {"") Siede Marcel, che le virtù divine Tutte dimostra nel sembiante umano . Egli la cetra mi sospende al collo, Egli di lauro fì.. egerammi il crine , Mio non bugiardo, e non profano Apollo : \ (*) Bellissimo era il Card. Crescenzi, ma d'una beltà capare di svegliare insieme e tutto l'amore, e tutta la venerazione u

4.2, SULLO STESSO ARGOMENTO ' A VE N D O GIA RICEVUTO L AUTORE DALLO STE SSO CARDINALE LA TONSURA E GLI ORDINI \ L a sacra man , che mi recise il crine , E trastullo dell' attre il crin divenne, Quella, . che poi sulle mie tempie i11éhine Con gran mistero aperta s' intertenne ; Dessa pur è , che la mia cetra alfine Arma di corde , e 'l dosso mio di penne Use a posarsi o sulle vette alpine, O sul la punta dell'eccelse anten11e. Or dove sei tu, che riprendi il suono, Cl1e dol ce io traggo dalle fila aurate , Ed al franco mio vol neghi perdono? / Deh ! cessa ormai dalle rampogne tlsate, E riconosci in fi n , corne non sor10 Con trarj n omi Sacerdote e Vate .

43 ESSENDO SCELTO A PRO.TETTORE DE' FLUTTUANTI D' .!}RGENTA IL CARDINALE CORSINI SI ALLUDE _.1\.LL' INSEGNA E ALLE VICE~ DE DELL' ACCAJJEMIA N ave , che fra l' orror di lampi e tuoni Finor dolente e sconosciuta andasti, Se pur non·ti conobbero i Tr~toni, Che spesso mezzo naufraga invocasti, \ Orsù restaura gli arbori e L timoni , Che teco porti"'inonorati e guasti., Insulta i minaccevoli aquiloni, " Da cui più volte invan tregua implorasti. Ecco apparisce , ecco le spume indora L'Astro benigno : gli sust1rra accanto Lél:. più tranquilla favorevol Ora. Lieti potranno i tuoi nocchieri .intanto Sulla poppa sdraiarsi o su1la prora , E l'Jinfe e Glauchi innamorar col canto . l

44 , PER NOVELLO SACERDOTE ]ustitia et Pax osculatm sunt " A destra del~' altar siede la Pace, E s11Ì piè ferma alla sinistra è l' Ira : Una l' oliva ti en, l'altra la face; J Questa fremendo va, quella sospira c. Ciascuna gli occhi all'avversaria gira, Ma quei due stelle son, questi d11e brace : Ciascuna il novo Sacerdote ammira , E pensierosa lo riguarda , e tace . lVIa scioglie ei già gli operatori accenti: Ed ecco il N urne sull'altar discende, E se lo recan sovra l'ali i venti . Or cangian Ira e Pace atti ed insegne; Che quella il ramo , questa il foco prende ; Ira sen fregia il crin , Pace lo spegne . ,...,-----,-! ..... Sr { / :" ' (t • ""',.. ... ,. ~ ./ ' l l

45 ESSENDO ELETTO DAL POPOLO IN VENEZIA UN NOVELLO PIOVANO CHE FUOR DELL'USATO NON EBBE VERUN COMPETITORE Greggia, che di custode orba sen resta , O ve sparger dovria lacrime amare, Bolle sovente , rotnoreggia, e desta Entro il bosco natio fervide gare. O sacra verga, o maestosa vesta , A troppi ingordi, oimè , siete voi care: Ed. a partirsi in d110 la turba è presta, Qual gonfio flutto in tempestoso mare. Ond' è pertanto, che te solo or chiede A suo duce, o Signor, la greggia intera, E che niun teco gareggiar si vede? ' Ah! troppo il tuo l'altrui valore eccede: Egli tutti innamora, o li dispera_, E lieto , o taciturno ognun gli cede .

.46 AD UN SACRO ORATORE ' NON MEN INSIGNE PE S·UOI PANEGIRICJ CHE PER L-~ SUA PIET A l Lodi put altri del parlar la vena , Che dolcemente da' tuoi labbri rnove , Qt-tal dalle n11hi la rugiada piove Sull' erl)a verde , e l'infeconda arena . Quella pietade, ond' hai l'alma ripiena, E di ch.e desti 1e sì chiare prove , Sola dentro al mio cor l'estro commove, E gentilmente ad encomiarti il mena. Dell' onor vero al pià S11blirrie segno Ella t'innalza~ e parmi ancor, che renda Tuo favellar più di memoria degno. Cl1e meglio , io penso , la virtù commenda D'un culto labbro, e d'an facor1do ingegno Un , ch e per prova la v}rtude intenda.

47 AD UN B.ARBARO ORArrORE / CHE INTENDENDO DI LODARE SE STESSO PARAGONOSSI AD UN GONFIO TORRENTE S ì, torren te sei tu : rapide l' onde Hai sì , che 11on le segue occhio o pensiero , Gonfie, sonanti, assorda triei in vero -_, ~ 1da vortlcose ancor, torbide, immonde . Sì, torrente sei tu : rotte le sponde, Senza ~egge, ove vuoi, t'apri il sentiero . Ragione chiama invan ; passa l' altero Passa il villano flutto, e non risponde o Sì , torre n te sei tu : solo qui lassi Dopo tanto fragor sabbia, che nuoce, N on d'altro mista ch.e di bronchi e sassi ., Ah ! se pari torrente era il cedronne, Quando Cristo il passò, no , cl1e di croce Bisogno non avea l'empia Sionne.

GORRENDO VOCE CHE IL TURCO MOVEVA GUERRA CONTRA I CRISTIANI E SPECIALMENTE CONTRO LA SICILIA Io veggio Ù siciliano antro vetusto , La scabra incude , e il seminudo Bronte ~ Io sento i colpi del martel robusto, A cui risponde la caverna e il monte . ' Gil\ per le rughe della occhiuta fronte G-li gocciola il sudor sul muso adusto; E 11egro più che il flutto d'Acheronte Gli bagna il collo ed il peloso busto • Bronte) t' affretta a preparare i dardi , Che l' ottomano Encelado alla pugna Sfida il Ciel con la voce , e con gli sg·uardi . Cada, e nel sangue suo l'·empio s' attuffi , · lVIordasi invan le abbrustolate pugna, E sotto un' Etna immortalm~nte sbuffi .

A.NDA.NDO A GOVERNAR PROVINCIE UN NOBJ:bUOMO DISCENDENTE DA UN GUERRI.ERO Cij:E AVEVA RIPORTATE VITTORIE CONTRA I TURC.lll; J\!Lra colui : ve' come altier cavalchi Entro un bo$CO feral d'armi e di carra: V e' come spezzi l'inimica sbarra, E l unifere teste atterri e calchi . Eccolo tra festevoli oricalcl1i Tornar con la sanguigna scimitarra. Di Iui chi l' a-rte , e chi la forza narra , Chi dagli arbori il guata, e chi da' palch~ o Egli è un antichissimo tuo Padre : Or pre11di ad emular quella grand' Alma , Onde ult1lò p.iù d'un' odrisia madre·. Che dar leggi , e tener popoli in calma Minor opra non è ., ch'entro le squadre Rotar ii ferro ; e riportar la calma ~~ Minz. · 4 l

, 5o .A.NDANDO AI) ABITARE IN CAMPIDOGLIO ABONDIO· REZZONICO FATTO SENATORE ROM.A.NO N e' superbi palagi , ove ogni muro D'orientali arredi folgoreggia, Albergano talvolta alme, che f11ro Sol destinate a pascolar la greggia ; E chi nacque all' usbergo , od alla reggia, Talor mena sua vita in loco oscuro: · . Così, prode Signor, non si pareggia L' abitator sovente all'abituro. Ma tu per fermo un tanto errore emendi , Quando pie1~ di valor, voto d' orgoglio In sul Tarpeo, per farvi nido, ascendi. N o , che dal Gange al ma11ritano segno Fuori del trionfale Campidoglio . N on v' ha. soggiorno , che di te sia degno • .

51 .ADDOTTORANDOSI IN LEGGE DUE :NOBILI ED E~UDITI PERSONAGGI V iene sul cocchio Astrea : ~no alla pancia Nuotano nelle nuvole i destrieri. Viene, ed appoggia sulla man la guancia Stancata da gravissimi pensieri. Sono i vostri grand'avi i suoi forieri , E chi la penna tien J chi la bilancia : Altri portano mitre, altri cimieri, Quale un volume alfìn, quale una lancia o Già colle braccia t remule e rugose Vi stringono, glà bacianvi le gote L'Ombre soavemente lacrimose . A strea d' ~lloro intanto il crin vi fascia, Poi colla sferza i corridor percote, Da voi sen parte, e ' l suo saper vi l ascia .

Essendo con istraordinario dispiacere di Roma morta repentinamente di parto e seppellita insie.rne cQl figlia M. CATERINA GABRIELLI T ebro, qual fu , gr.an Tebro , ìl. tuo consiglio , Quando t'apparve il doloroso obbietto? Mettesti u.n urlo, ed aggrottasti il cigllo. ~· Ascondesti nell'urna e il capo e il petto a Qual da vomere tronchi in mesto aspetto Giaccion fra zolle a par la rosa e 'l giglio , \ Tal per empio di morte orrendo effetto , Sopra un rogo giacean la madre e 'l figlio .. Pietade intanto 11e sentian i venti , Ed al feretro intorno in sulle penne Stavan sospesi ·, attoniti, piagnenti o Fremero i Genj , ed ogni Ninfa svenne : Copri di nubi il Sol gli occhi lt1cen ti, Che sì tragica vista non sostenne o

53 Un Pittore ringrazia la M. Olimpia Fiaschi J l ..,._ ... '"' che pregata gli diede tosto un. bel quadro · 1 ": ' •• da copiare) fece così ) ch'egli nell' arte .. sua si ra,{finasse, e gli cercò finalmente ztn buon compratore. Dall' aci.dalia venturosa stanza ' Le tre figlie di Giove ergansi preste , Ed in gt1ise non men belle che oneste ., Olimpia, innanti a voi movansi in danza o Mentre Aglaia or s'arretra, ed or s'avanza, Rammenti 1' alto onor, che voi mi feste, Quando pronta al1nio prego orecchio deste , Tal che vinta pur fu la mia speranza . Grado a voi sappia Eufi·osine , e Talia , O se mai nt1lla d'arte indi in me crebbe, O se mi s'apre al guiderdon la via . No, che rendervi appien qt1el che vi debbe Per tre merti sì bei l'anima mia, N i uno , fuor che tre Dee, forse i1 potrebbe . .

\ .ANDANDO LUNGI DALLA PATRIA A VESTIIl L'ABITO RELIGIOSO UN GRANDE AMICO DELL' A UTOR:E I Tu m' abbandoni , amico ? Ed io pur deggio Rimaner se·nza te vedovo e solo ? Ahi lo spietato , al1i l' implacabil duolo , A cui pace , a .cui tregua indarno io chieggio ! Deh! chi mi dà, che clal natio mio seggio Or or mi levi impaziente a volo? Io vo' seguirti sino al freddo polo , Sino a quel più lontan , che mai non veggio o Sarà dolce ogni loco , ove tu sia : E senza te Samo_, Citera , Delo, L' Olimpo stesso ancor grave mi fia o Ma lasso ! viene a me chiusa ogni via , E tu pur fuggi , e mi ti copre un velo, E sol resta con me la doglia mia .

55 I I Solo qui resta la mia doglia meco, E mi parla alla mente aspre parole : lVfa tue belle virtù vengo110 teco Di rose incoronate, e di vi.ole . - Esse le stelle , e tu rassembri il sole , Al cui partire io mi rimango cieco , E più negra, e più trista, che non suole , Esce la notte d.al cimmerio speco . Felici colli, avventurate sponde , A cui tanto splendor fa di se grazia, Mentre che a me s' i11vola e si nasconde, .. Da l ungi adorerovvi, e l'alma intanto D' invid.larvi non sarà mai sazia, N è stanchi gli occhi di .versare il pianto .. l

, 56 III ' D eh! raffrenate il pianto, occhi miei laSsi , E tu gli agri sospiri , alma, raffrena : Che se l'amico fugge , e ria catena A me pur toglie seguitarne i passi, ; Là. magn~nimamente per lui vassi, Ove non altro che pietade il mena .. Ad un nobile cor troppo gran pena È stare in lochi bui, profani, e bassi. lvi farà del suo v?-lor ben mostra, E noi sovente dal paterno tetto Staremo ad ascoltar la gloria nostra • Quale per me sarà var1to, e diletto Dir) co' pi_ù saggi e più famosi or giostra , Chi fu dell'amor mio sempre l' ohbietto !

57 l Per le no zze di Giuseppe II con Madama Isabella di Parma dopo la lega fat ta tra la Germania e la Francia contra due Potenz e del Nord guerreggianti per terra e per mare. D ane gelate formidahil Orse Un rugghio minaccevole se11 venne: Tremar le torri; e s'incurvar le antenne, Quando la Terra e l .. Oceano ei corse. Ma poi cl1e la tedesca Aquila sorse> Ed il gran Fiordal~so la sostenne , Le prorompenti lacrime rattenne Il mondo .) ch' era di suo stato in forse b Ed or esulta, or che nell' u gna torta Prend' essa un ramo degli aurati gigli , .E sul Danubio ad innestarlo il porta o Ch e vedrà poi di Gallia e d' Austria i figli 'Fer ir la gemin' Orsa, infin che morta, O scema resti degli orrendi artigli .

58 . ' PER LE FAMOSE NOZZE CELEBRATE QUEST ANNO IN VENEZIA TRA LE LORO ECCELLENZE TOMMASO DEGLI OBIZZI . E BAitBARA QUIRINI l Sotto il gran peso degli armati legni Gema il g·allico mare, ed il britanno : \ Tra quell'orride prue f~eman gli sdegni J Il dolor si scapigli, ansi l" affanno .. Amor sull'Adria i . biancl1eggianti segni Spiega , e gli orezzi tremolar li fanno : Amor, cantan i Glauchi, amor qui regni, E i cavi scogli ripete11do il vanno. N ello schifo gentil due sposi ei mena, E per vanto li mostra : inarca i cigli, · Poi disperata fugge ogni Sirena . Galatea gl' ingl1irlanda di coralli, Proteo dall'antro ne predice i figli , Per vederli Nettun sforza i cavalli. l •

ANDANDO A VILLEGGI.ARE SUL PQ CON GRANDE STREPITO UN A SPOSA :NOVELLA Ogni Ninfa balzò fuori dell'onde, Quando apparve costei sull' Eridano, E saltellando corsero alle sponde Per vederla ogni Fattno, ogni Silvano. Dicean l' un l'altro: ve' le trecce bionde , La rosea guancia , la nevosa mano , Il piacid'occhio, dove Amor si asconde, Ma vi si asconde il cattivello in vano . Un bicornuto Satiro, che rossi I labbri aveva di recente mosto, Al cocchio nuzial dentro lanciossi • Diegli di un p11gno Imene in sulla testa, E fremendo esclamò : qui non ha posto, Chi porta, o fa portar sì. brutta cresta •

' 6o PER LA MORTE DEL PADRE DELL'AUTORE !ONETTI QUATTRO RECITATI IN UN'ACCADEMIA FA.TTA IN LODE DI MARIA. ., I J1 mio padre dov'è? Qui pur solea (~) Stare il buon vecchio ad ascoltarmi intento : Ed io brillar cogli occhi or Io vedea , Or collà mano sostenere il mento . ·Talvolta al mio pindarico ardimento Qualche spirto gentil plauso facea' Ed allor con modesto portamento Il caro genitor forse ridea . Ora in qual' erma parte egli si asconde, Che nel miro più qui, come il mirai ? Ditelo, o rupi, o sei ve , o valli, o sponde • Lasso! ognun tace: ma ben sento i lai Dell'agitato cor, che mi risponde : No, figlio, il padre tuo più non vedrai . (*) Soleva il defonto essere ogni anno presente alla detta Accademia o

61 II Più non vedrò mio padre? Oh ! visto almeno (-~') L' a ves si allora , ch' ei/giacea Sltll~tto , E fatto intorno a se l' aer sereno, Gli stava per uscir r alma dal petto. Io baciato l'arei tutto ripieno Di cordoglio , d'amore, di rispetto , E lacrime versandogli nel seno, Detto gli arei ... Ma che gli arei mai detto? . Egli, giunto il suo volto al volto mio , C.on uno sguardo dolcemente stanco Dato mi arebbe, il so , l' ultimo addio. Ma se fosse potuto venir manco Egli solo , noi so : che forse anch'io, Morendo lui, gli sarei morto al fianco .- (*) La morte del padre accadde , essendo lontanQ l' Autot·e . J

... l III Morto foss•io , ma placido , siccome Morì l'avventurato genitore . Maria tre volte egli chiamò per nome , Che glielo pose in S11lle labbra amore . Ud illo il gran N emico , e per furore Si lacerò le viperine chiome : Udillo, e tratto un gemito dal core, L' armi addentò disonorate e dome- • ]?ermo i1 guardava intanto, e lo scl1ernia Lo Spirto vincitor con un sorriso , Cb.e tigri e serpi innamorato avria . Quando sull'ali d' un" auretta assiso, Impaziente di veder l\iaria , Rapidissirno corse in paradiso .

\ 63 / IV In cielo corse , e già beato adora Lei , che Donna e Regina ivi risiede : Quegli occhi soavissimi già vede, Ond' essa il cielo allegra ed innamora . - Or sovra il len1ho della gortna , ed ora Baci le stampa sull'augusto piede : Da quel materno cor indi mercede Con preziose lacrime m, implora . Essa lo copre del ceruleo manto, E colla man più candida che giglio L'alza dal suolo) e gli rasciuga il pianto . Ma· di me come a lui risponde intanto? Ah! parla, o Madre , e dilli sol , che il Figlio Starà mai sempre al Genitore accanto , ~

64 E NTRANDO IN RELIGIONE LA SORELLA DELL'AUTORE POCO DOPO LA MORTE DEL P ~DRE ("' ) chi è colui' che solo' e ritto' e fiso· N on occhio , non pensier to.rce dall' ara, Ed ha sì pien di rnaestade il viso., Come la bocca di parole avara? Egli m'ode, mi guata ., e con un riso Del sembiante la sacra ombra rischiara: Ah! non più : finalmente io ti ravviso. , O del mio genitor anima cara. Se' qt1a tu sceso per mirar la figlia , Che dell' insano mondo i fregi sdegna, E col piede insultante gli scompiglia? Mirala pur , che de' tuoi sguardi è degna : Ma qualora ne avrai sazie le ciglia, o meco resta ' o fa che teco io vegna e (*) I colori, con che si dipinge il defonto in qnesto e ne' passati Sonetti ~ so n tutti conformi all'Originale •

65 Rodomonte ucciso da Ruggiero scende all' inferno) e s'incontra in M andricardo stato suo rivale in vita) e ucciso parimente da Ruggiero. I S t avasi colle man sotto le ascelle Mandricardo alla ripa d'Acheronte, Aspettando fra cento anime felle La barca affumicata di Caronte. Quando , deposta la scagliosa pelle , Bestemmiando vi giunse Rodomonte, Che spargea sovra il naso e le mascelle Il sangue ancor dalla squarciata fr.onte . N el volto si g11ardar l'Ombre superbe : E dietro il truce lampeggiar degli occhi Il tuon seguì delle parole acerbe ~~ Avean già stese per finir la guerra Agli scudi una man, l'altra agli stocchi : lV[a non manda allJ inferno armi la terra . Atinz. 5 ..

l ' l 6.6 Il Caro n , che dalla barca ferrugigna Vede frattanto l' im.placabil zuffa, Gli occhi d' 11na ferallt1ce sanguigna Tosto raccende, e i sopraccigli arruffa Cl Il cagnesco dentame ora digrigna , Or ne' mustacchi arroncigliati sbuffa : Amarissimamente alfin sogghigna, E le due combattenti Ombre rabbuffa . Seg11ite, anime forti, anime eccelse , L'ire degne di voi: ma vi rammenti, Cl1' ambe da' corpi un sol Ruggier vi svelse o Che bel vedere innabbissar lo sguardo, E smorti al st1ono di sì pochi accent.i Ammutir Rodomonte e Mandricardo!

67 AD ERCOLE CHE FILA PRESSO A JOLE Ercole , ov' è quel tuo superbo vanto O del pesto ladron nella caverna, O della serpe al?hrustolata in Lerna, O del cinghial distrutto in Erlmanto? Ov' è la clava, ed il peloso-manto Temuti ancora nella valle inferna , (~) E l'arco, e i dardi per sentenza eterna Serbati a vendicar l ' onta del Xanto? M jsero! di maniglie, e di vii gonna I gran lacerti, ed i gran lombi hai cinti, E novelleggi, e fili appo una don11a. Sotto que' piedi adur~:que Ercol si prostri : Che s'egli pur armato i mostri ha vinti, V ins'ella inerme il V incitar de' mostri . (*) Solo cogli strali di Ercole potè Paride uccidere Achille , il qua] e aveva fatto strascina1·e tre vo l te intorno a T1·oia il cadavere di Ettore •

68 PER NOZZE L'IDEA. DEL RACCOGLITORE FU CHE OGNI POETA FACESSE UN REGALO ALLA SPOSA Candido ricciutello cagnuoletto , Che nato forse in Amatunta sei, V anne , e ti guidi Amor, vanne a colei , Il cui piè d'aureo laccio Imene ha stretto- .. E giunto là J dove il suo gaio aspetto I cespi 1ntorno fa più lieti e bei_, Corr i, danza, schiattisci innanti a lei, La coda scoti , è torci il dosso e ' l petto . Forse avverrà , ch'ella t'accolga in seno: E tu la man, che t'innalzò dal su.olo-, Vorrai lambir, vorrai baciare almeno .. Ma le tue voglie allor tempra, o profano~ E ti sovvenga, che al piacer d' un solo Riserbata da'Numi è quella mano.

LE DISGRAZIE DELL'AUTORE Una madre, che sempre è malaticcia , E non ha parte, che non sia malconcia, Pure si mangia un sacco di salsiccia , E si beve d'aceto una bigoncia , Un pajo di sorelle , a cui stropiccia ~ Amor le gote) ed i capegli acconcia, · Ma nella testa impolverata e riccia Loro non lascia di cervello un' oncia, Un picciolo fratello così gonzo , Che dalla micia non distingue il cuccio , L'acqua dal vino, dalla pappa il bronzo, Ecco ciò; di che spesso io n1i corruccio : Que' poi , che mi fan11' ire il capo a zonzo , Sono ur1 velo, una spada, ed un cappuccio .

10 1\.fisel'o Onofriuccio • Va, corri, cerca un dottorato bo.ia, Che ti faccia tirar presto le cuoia . Sarai fuor d'·ogni noia; Quando trarratti del piovan nell" orto Ad ingrassar le rape il beccamorto. Ma prima che sul morto Coverti, o Preti, di cenciose gonne Canticchiate tre volte Eleisonne, (~) La Donna delle donn~ Pregate, acciò che dentro all' occipizio l Mi resti un centellino di giudizio . - (*) Questo Sonetto si èloveva recitare in un'Accademia consacrata a Maria •

LE DISGRAZIE D'UN EROE L., Alma famosa, che l'Italia imbelle Qual rovinosa folgore percosse , La stordì, la prostrò, n'arse la pelle, Seccò le vene, e smidollò fin l' osse : Quella, che truce al PelAgo avventosse, E n'ebbero terror sin le procelle; Che sol con uno sgl1ardo Isole scosse , E la polve e "l fragor giunse alle stelle : Quella , per cui dell' affricano Marte Quasi restò la gran ferocia estinta, Ec~o che sbuca alfin ... rna da qt1al parte? O bella, o degna, b memorabil cosa! Di sangue no, ma sol di sterco tinta Sbuca fuori del c·ull' alma famosa .

.. .. AD UNA CAGNUOLIN A DELIZIA D'UN A ·DAMA · \ Cagnuolina, assai mi piaci ; Il monton men piacque ad Elle b Terso marmo è la tua pelle; G·li occhi tuoi son pure faci • Se tu mordi , se tu baci O le dita , o le gonnelle , Le tue 'collere son belle, Belle sono le tue paci . Quando corri , o q11ando stai~ Tu se.. grata, e grata ancora, Quando taci, o quando abbai . Qttel però, che più t' onora; È ,-che Fille di niun mai , Di te solo s' i~namora .

73 A D ·u N D O T T O R E FISICO E POETA CHE RICHIEDE ALL' AUTORE UN SONETTO J?ER NOZZE CAPITOLO Che diavolo fu quel, ch' entrommi in petto Allor cl1e rni dicesti , o Dottor mio , Per due sposi mi schicchera un sonetto ? Un d.iavol certo e' fu, n~.on mica un Dio, Anzi 11n diavol sì nero , che non so , S'unqua un più nero del nabisso uscio • Issofatto nel cor mi si cacciò N on l'estro, ma la smania, ma il rovello, Che proprio tuttoquanto mi sconciò . "

Sentimi brontolare ogni budello Dentro dell' epa, e dentro della nUèà Sentimi bulicar tutto il cervello . Da indi in qua non cibo si manuca , N è non sonno si dorme, o 11asca il sole., O morto cali nell'esperia buca. Sempre ho la fantasia piena di fol e, Quante ne di~ser mai suocere e madri _per fare spiritar nuore e figliuole . Dal capo a' piedi se talun n1i squadri, D irà, che sembro un passagger venuto All' improvvista nelle man de' ladr-i : Dirà, cl1e paio un uom , ch'abbia vedt1to J.J' orco mò mò : sì rabhuffato io sono, . Sì stordito, sì pallido, sì muto . Or sulle vie del fulmine e del tt1ono ' S'innalza il mio pensiero , ed or s' a])bassa , Laddove sta ser Belzebubbe i11 tro110 . Or vanne a Cuma, or alla Francia passa, .Della Sibilla la spelonca or vede, Or di Merlino la marmorea cassa. \

Corne viaggia ptli.? "falora ei slede Sovresso un carro , ed ha la sferza in mano~ Talor cavalca, ed ha lo sprone al piede. Spesso lo porta alcun mostro affricano , Ma spesso ancora portalo una grù, Una l1eccaccia, un'anitra, un fagiano • Anche una barca non veduta più , Barca tessuta con finissim' arte, Quando in su lo trasporta, e quando in ghì o ·Un ragno le filò gomene e sarte; Il corpo è spugna , ed il timone è sovero, E le vele non sono altro che carte . N è sì di forza o di consiglio è povero Il noccl1ier novo, che se frema il vento, N on la guicli a trovar qualcl1e ricovero . Cupole afferra, e ve la caccia drento, E fin che dura il paventato risico, Sta tutto t11tto a raccohciarla intento 6 Tal non ùi rado sta pensoso il Fisico Per dare ad un idropico rimedio , Che presto il faccia divenire un tisi co •

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