RIVISPTOAPORLE DI POLI~fICALETTERE E SCIENZE SOCIALI AnnoVII. - N. 18 Abbonamento postale Roma, 30 Settembre1901 LAMAFIANTICSAETTENTRIONALE ( A propo3itodel processoPa'izzolo ). l~ ricominciato a Bologna il mister:oso processo Palizzolo e si può vivere sicuri che ricominceranno nell'Italia settentrionale, ed un poco all'estero, tutte le sbagliate e incriuriose osservazioni contro la Sicilia. Gli antropologi-criminalisti, con quella Jecrcrerezza eh' é divenuta la loro caratteristica, e JI~ é pericolosa perché corredata di cifre - Dio sa come raccolte, ao-gruppate ed elaborate! - ed ammantata dallo smagliante paludamento che prende in prestito dal positivismo, fregandosi le mani ed ammiccando gli occhi, con sincero compiacimento ripeteranno per la centesima volta la solita canzone: i berberi, i numidici, gli ebrei, i saraceni ecc, ecc, che costituiscono il.fondo della popolazione siciliana non p?ssono dare che la Mafia con tutti i suoi episodi. Quelle razze o quella razza e sotto quel clima non possono dare cheqnel prodòtco criminoso ! . Con dati statistici e con notizie storiche innumerevoli i(l yarecchie pubblicazioni -:- La_ delinquenza della Stedta e le sue cause; La sociologia criminale ; Uscillations thermometriques et clelits conlre les personnes ; Per la ra-.za maledetta : L'omicidio in Ita - Zia ecc. - ho sfatato questi allegri romanzi antropo-climatici. Ma l'autorità di certi nomi, la malafede di qualche scienziato, l'ignoranza di molti, il desiderio vivissimo in tutti di trovare facili spiecrazioni ai fenc:::.sni sociali più complessi, danno anc~ra libero corso alle leggende, indegne del nome di teorie scientifiche. Alla il1afla in ispecie consacrai una monografia (Nel Regno della j]lfajla) nella quale dimostrai esaurientemente, ch'essa è un prodotto genuino dei fattori politici e sociali, sopratutto del continuato malgoverno; e non mancai di riavvicinare la sua parti- ~olare ~lelinquenza con quella di altre regioni d'Italia, e cli altri paesi che si erano trovati in condizioni analoghe a quelle della Sicilia. Ricordai la Romagna fiera e genorosa, il carattere dei cui abitanti si rassomiglia tanto a quello dei siciliani, e che per tanti secoli er~ stata vittima del malgoverno pontificio, fratello siamese del mal~overno borbonico : la Romagna, che aveva data la brachicefalia come carattere distintivo degli omicidi, quando l'odio politico dei moderati aveva richiamato l'attenzione pubblica s_ull~sua delinquen~a ~anguinaria, esagerandola artificiosamente. E dimostrai, senza che sorgessero contraddizioni e correzioni ai gravi fatti da me addotti, gli errori e i delitti commessi dal governo italiano che mancò al suo compito riparatore, e provai che la Mafia era esclusivamente un prodotto storico. Il miglioramento considerevole avvenuto nei costumi e nella rlelinquenza sanguinaria della Romagna, -'- del resto comune a tutta Italia, compresi il Mezzogiorno e la Sicilia - in questi ultimi venti anni sta a riprova lampante della esattezza della mia dimostrazione. Ma ce n' è una splendidamente documentata, che insegna come i reati, i costumi, i procedimenti della Mafia siciliana della fine del secolo scorso si siano presentati alcuni secoli fa in proporzioni maggiori, e con una evidenza incredibile, in 0 .bhotecaG no Banco quella colta e gentile città del Settentrione d' It~lia, in cui oggi si svolge il processo Palizzolo : a Bologna. In attesa del tentativo ameno degli antropologi-criminalisti che scaveranno i numidi, i berberi. i saraceni nella Bologna del 500 e riporteranno cifre per provare che il caldo e la qualita del suolo della Sicilia odi~rna gentilmente si erano prestati a dare una capatma nella Romagna di altri tempi, vediamo che cosa avveniva-come si ammazzava, e come si processava nella città di San Petronio cinque secoli or sono. • •• I ella scorsa avremo una guida sicura eleo-ante cd attraente: un libriccino edito dal Zanichcllr-' e eh? è dovuto l?er lo appunto ad un avvocato romagnolo, che oggi ha parte nella difesa del processo Palizzolo e che non ha avuto l'intenzione di denicrrare il loco natio (1). 0 Le intenzioni dichiarate nell'avviso al lettore dell'avvocato Tassari, che ci ha dato dei quadri storici in veste artistica, dei costumi di altri tempi, 1101~ potrebbero essere migliori per destare nerrli animi l'orrore contro la delinquenza violenta e 0 sancruinaria, e per mostrare quanto progresso si sia compiuto nell'adùolcimento ilei costumi. Infatti i qu::ulri, ch'egli presenta non potrebbero e~~ere più ·cupi; scmb:3:~o pallidi, al paragone, quelli p1u neri della j]fa/ia SJCihana odierna. Spigoliamo fatti e considerazioni nella raccolta del Tassari, c!tc, a dir Yero, dovrebbe essere tutta intera riprodotta, per essere apprezzata al o-iusto la moralità del temp0. 0 Un conte Pepali fa uccidere da un Nicola Asinelli un suo rivale in amore, e quando gli annunziano che deve essere strozzato per ordine di Sisto V se ne meraviglia e non sa pcrchè lo facciano morire. Al mastrp di giustizia, che sente reverenza verso il conda,_rnalo, co~siglia: fa tu e fa l'cifficio tuo. Badiamo: se 11 conte Pepali ricorre al sicario non è per ripugnanza personale al delitto: « solo l'op- « portunità ne suggerisc,! l'uso, mentre in ocrni cren- « tiluomo si nasconde un Nicola Asinelli ». 0 0 Un altro conte Pepoli tenta uccidere un :tvialvasia; scappa e ritorna impunito a Bologna colla grazia del papa dopo avere fatto la pace col nemico. E alla pace in casi simili si deve venire ; poiché « nella « facile impunità all'espediente della pace resta affi- « data la tranquillità privata. Transigendo con gli « avversari si ottiene che ad un delitto non ne secrua « imm~diatamente un altro ». A volte la pace° si « sancisce solennamente: a volte si sancisce con la « cauzio~e : ma le cerimonie e il denaro poco val- « gono d1 fronte alla tenacità <lei risentimenti e alla << impulsività degli animi. Il più piccolo motivo è « sufficiente a rompere la tregua: una torva oc- << chìata: una risposta poco compiacente: un ri- « fiuto ». Avviene un vero combattimento tra un cavaliere della Volta e parecchi altri nella Piazza di S. Petronio. Ci sono dei feriti e gravemente. Nessuno se (I) Avv. Vinc~mo Ta~sar~: Bologna nella c1·imincilità del 500. Bologna, Ditta N. Zamchelli, 1901.
342 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI ne a·ccorge, nessuno accorre. « Nessuna meraviglia: « spettacoli simili si vedono ad ogni istante ». Quale sia la condizione generale della pubblica sicurezza, risulta da questa osservazione del Tassari, che riassume i fatti notati; « Chi esce di casa « non è certo cliritornarvi. Mentre si hanno in so- « spetto gli amici per un vecchio litigio, nessuno « regge l'incontro cli un avversario». E badiamo : non si fa male agli uomini soltanto ; ma anche aUQ cose. Quando non si ammazza o non si ferisce, si vendicano anche facendo sfregio alle opere d'arte; ccsì il pittore Beccari trova spezzato un suo quadro della Vergine, perchè aveva vinto ad un Rossi dieci scudi ! ' Si vuole un saggio eloquentissimo dell'omertà? La parola allora non c'era, ma c'era la cosa. Ecco : un Bottrigari, gentiluomo, é ferito da un suo avversario in seguito ad altre risse e ferimenti. Si va ad interrogare il ferito; ma questi risponde a simiglianza di un mafioso o cli un camorrista, e quasi accarnpando un diritto: « Signore, in quanto a me non intendo in al- « cun modo cliessere interrogato cliquesto fatto, nè di « darne querela, o notizia o denunzia alla Curia, « anzi faccio istanza di non essere esaminato ». E non aveva torto quell'egregio gentiluomo. Se ne giudichi da questo caso: ad una Zarnboccari, che aveva tentato çli assassinare il marito si fa grazia, e il breve apostolico, che la concede, muove da questa considerazione: « Essendo tu e Juo marito, « nati da nobilissime famiglie, ed a nobilissime 1a- « miglie congiunti per affinità e parentela, se non ti « si concedesse il perdono potrebbero nascere capi- « tali inimicizie ». Se il reo non dev'essere molestato perché <li nobile famiglia, con maggiore ragione si deve lasciare tranquilla la vittima, che penserà lei a punire l'offensore! Sinora ci siamo imbattuti in conti, cavalieri e gentiluomini delinquenti; così doveva essere. Alla violenza non si abbandonavano soltanto gli uomini rozzi ; ma i letterati, gli uomini coltissimi, che hanno scritto parecchie opere Uno studente omicida, Pomponio, é descritto nel processo come un modello di eleganza: piccioletto, hianco di viso, la barha nascente, rossiccia, l'abito e il berretto nero. le gioie alle orecchie, le lattuche al collo, le calze gialle, lo s:;arpetle cli velluto. Non bastano ; gentiluomini; ma anche le signore della migliore nobiltà, tra le quali una Mal vezzi, troYano regolare anelare in campagna por incontrarsi coi banditi e provvederli di ciho ... « Dove ognuno erede di doversi fare giustizia da « sè diviene viltà massima scordare le offese. >> Non é qui tutto il codice della 111afla e della Camor1'a? Naturalmente « la consuetudine del delinquere de- « turpa il carattere. Come nelle difficoltà della ven- « detta immediata e istantanea si fa ricorso a quella « repressa e differita, la simulazione diviene condi- « zione di successo. ::s/on vi é mostruosità che non « appaia. » . La delinquenza e i costumi son tali che il Tassari osserva: « come ogo-i nella concorrenza economica « sono ammirati mofti fatti sui quali peserà la ri- « provazione cli una civiltà più evoluta: cosi allora « né pure l'impiego della più efferata violenza faceva « orrore, solo che paresse derivare dalla necessità « del proprio prestigio. Ogni età giustifica le opere « conformi alle idee dominanti. » Il pervertimento é a tale che un Bolognetti assassina insieme ad altri la propria moglie. Processato addossa tutto su sè solo - altro tratto della Jlfafia - e scrive al vice delegato apostolico la seguente ediBi bYfof~bmà l~enb Bianco « Illmo e Revrno Signore, « Avendo io, in discarico dell'onor mio, fatto com- « mettere l'omicidio nella persona della Dorotea, già « mia moglie, cla un mio, quale se n'e andato « con Dio: però prego la S. V. a non dar molestia « ad alcuno, atteso che non é colpevole del fatto « altri che quello che lo ha fatto ed io. « E spero che V. S. non abbia ad usar gran ri- « gore in tal caso, perché so che Ella e cavaliere « d'onore a cui piaeciuno gli uomini onorali e con tal << fine supplicandola ad avermi nella sua buona grazia << le bacio le mani. » E il Bolognetti sborsa. una somma di denaro ed assicura a sé stesso l'impunità. E mi pare che basti a mostrare quello che fu la Mafia in una città del Settentrione non abitata da numidi, berberi e saraceni. .. " . Tutto ciò rimonta a cinquecento anni fa, e per l'onore di Boloana é cessato. Rivive in Sicilia. Ma il fatto che in tiicilia non esisteva la Mafia, mentre infieriva nelle Romagne, non costituisce la piµ eloquente documentazione della storicità, della origine esclusivamente sociale della forma cli criminalità dell'isola su cui tanto si discusse o si discute in Parlamento e fuori? Indubbiamente per chiunque non ha ottenebrata la mente dal pregiudizio della razza e dalla passione scientifica, che toglie o diminuisce la ragione come qualunque altra passione, il fatto insegna che in Sicili'a nel secolo scorso si riprodussero quelle condizioni politiche e sociali ch'erano vissute a Bologna nel '500, e vi dettero l'identica fenomenologia. Lentamente avrebbero dovuto scomparire dopo il 18G0; invece furono aggravate dal governo italico che alla Jv!afia privata uni la .Mafia ufficiale, di cui si hanno le gesta consacrate nei giornali, nei libri, nei processi, neg·i atti parlamentari, e in cui acquistarono fama sinistra il o-enerale Serpi, il generale Govone, il generale Medici, il generale Mirri. Dei minori non vale occuparsi. E il governo italiano ha avuto il merito di una novità: ha applicato la Jl1afia al regime rappresentativo ! . Auguriamoci che tutto ciò sia finito per sempre; auguriamoci che si mandino in Sicilia magistrati, che rendano giustizia e non rendano servizi ; soldati che abbiano la missione di provvedere alla difesa del paese; autorità, che pensino reUamenle ad amministrare; auguriamoci che si pensi a diffondervi il benessere e la coltura. E allora si vedrà che anche in Sicilia la Nlajia scomparirà, come scomparve da Bologna. D.R NAPOLEONCEoLAJANNI. Doput,ato al Parlamento L'UNIONELPARTITSOCIALISTA La decisio:·e della, Dire1,ione del partito socialista ha dato ragioue a Pilippo Turati pn quanto riguarda il caso di Milano. Con questa decisione si potrà ritenere ristabilita la pace e la concordia in seno del partito? Ci vuole una forte dose cli ottimismo o d'ingenuità per crederlo. L'unione italiana rassomiglierà come u1rn goccia di acqua all'altra alla famosa unità del vartito socialista francese: dopo compiuta ed annunzia,t,i, lascia gli a111mipì11 divisi di prima. #" Per credere alla sincerità o meglio nelln, durata della concordia, si dovrnbbe ammetteni che nel caso di Milano, ohe si è i-ipercosso in tutta Italia, 11011 fo~sern in ginoco ohe bizze, antipatie e rancori personali. Se così fosse stato rimarrebbe inesplicabile la ripercussione nel paese, cito non avrebbe potuto interessn,rsi vivamente alle qui- ·stioni locali. Nel caso La~zti1i, infatti, non si verificò l'allargamento della discussione. Avremmo potuto credere cl.te si sia. trattato cli una controversia locale e personale, se l'idee ohe il Turati
RTVISTA POPOLA.RE Dl POLITICA. LET1 ERE E SCIENZE SOCIALI 343 ennnziò nell'opuscolo: Il partito socialista e l'attualemon~en!o P?litico, f?ss_ero ~tate una improvvisazione; invece m nusc1roblJe facile chmostrare che e8se furono o sono il_proclo~to cli una lenta e matura eia lJorazione, cui crodn.rno d1 potere assegnare lit, data dell'inizio llol 1894 o che a nostro av\"i o ebboro nna prima esplicazione no(Ja PI"ef'azione al Movimento Carlista del Vnlera Parve e p_ar? a n?i. f)uindi, che le dno temlenze nel partito socialista rn11augono, e che alla pace, di 1111periodo JJiÌI o meno lungo, seguirà la lotta. Lo duo tendenze sono sostanzialmente inconciliabili: l'nna ei,senzia,lmento evolutiva e l'alt,ra rh·oluzionaria; la prima mira al presente o all'avYonire proi::silllo; ]·altra all'avvenire remoto ed alla mèta icleale. Noi ci compiacciamo del fatto che ]!I, pirezi_on~ d_el parti,to Rocialisti~ aubia dato rngione a rurati; 11.l tondo l accordo nostro è maggiore con lui che ~on gli altri. Dissentiamo pri11cipalmc11te snll.11ne~ gnidt,;iale; e su f)uesta, la sua risposta 11i contradditori aggrava il dissidio. Infatti egli pone ogni cura nella risposta a Kicola Barbato, 11elgirare la qnistiono ~ino ad llll certo punto. Le par<1lecortesi ed affettuose Yerso il nostro caro amico di Pinna doi Greci, non riescono ad attenuare il sno pensiero prececlentemeuto palesato. La compiacenzn che pone uel riprodurre in nota le parole del 'J'redsonno o la r.iprodm:ione di un altro brano ~ Jettorn dell'Eno-els dirnenticato da Arturn Lnbriola e cl1'era stato ghì ricor~ dato da un giornaletto socialistn. fiorentino, prova elio Turati co11ti1rnaa ritenere una metafisicheria. la11regi1'- dùii<tle repubblicana. L'Engals seri veva nel 1894: « Evidentemente non è a a noi cho spetta di preparare dirottameu te 1111movi- <I m~nto che non è precisamente quello della clas e, che < noi rappresentiamo. Se i ropubblicn11i e i radicali ere· « dono scoccata l'ora di muoversi, di1tno essi libero sfo"O « alla loro impetuosità. Quanto a noi, fummo troppo « spesso ingannati dalle grandi promesso di qnosti si- <! gnori per lasciarcivisi prendere 11naltra l"Olta. Yè le a loro proclaniaci<>ni, nè le loro cospirazioni dovranno ,r nic11omamente toccarci. Se noi siamo tenuti a sostenere « ogni movimento J)opolare i·ecile, siamo tenuti egual- « monte a non sacrific1ue iulla,rno il nnclco appe11a for- « mato del nost,ro partito proletario, e a non lasciar do- " cimare il proletariato in istori li sommosso locali D. Qnoste parole dell'Engels in realt.:\ fanno a calci con le altre da noi nel numero precedente riportate e in C?nclns_ioue riescono a questo : consigliano al proletanato di staro alla finestra uolla, lott,t tra monarchici o repubblicani, coll'n tensione poi proletariato non ci puc) es ere dubbio sull'esito della lotta: i re1rnbulicani rimar1·ebhero scbiacciati. Aggiungiamo cl1e essi sarebbero folli se, dato lo sviluppo del partito socialista, la tentassero, sarebbero degli imbecilli se togliessern la castagna dal fuoco per farla mangiare ni socialisti, che noi la repubblica democratica riconoscono il mezzo lJiù a1latto per arrivare al collettivismo. I socialisti secondo quest'altro Yflngelo di 11110dei <lne loro Santi P,tdri, 11011 dovrebbero muoversi se non quando si tratterà cli proclamare il regime collettivista! qne,s,te di_ch!arazioni o controdichiarazioni <lell'Engel;; - 11 I urati tiene sopratutto alle secon<le - riesco110 '.1lle seguenti illusioni: il proletariato deve rima11ere ·morte nella lotta tra repubblicani e monarchici; ma un~ lotta nella, quale non prcudereubo parte il proleta,:wt? _condurrob_b~ n.ll'inutile massacro clei primi; ~urn<l1, 1_ 1~onarch1?1 possono a.spettare con tranquillità 11 r~motiss1mo_ ~ITH"O dell'ora del combattimento pel regime collett1v1sta. D'altra parte un loico potrebbe o~servare, che essendo la repubblica democratica il mezzo più adatto per anivare al collettivismo -- altra dicliiarazi~ne cli Engels - rinunziare ad ogni sforzo per consegmre la prima, equivale alla rium17,ia u al ritardo nel consegnimento del secondo. Non_comro_entia1110,.ne svolgiamo ulteriormente per non npetero1. Avvortrnrno soltanto che i SOPialisti tedeschi, i socialisti belgi o i socialisti francesi sono essenzialmeut~ repubbl(cani e fanno anche - specialmente quell I del Belgio - propaganda atti va in favore della repubblica. Non abbiamo nominato i sociali;;ti inglesi: essi si adat~an_o~o.che_ all_'imperialismo colla guerra scellerata! I socHù1st1 1taliam, preyalendo l'indirizzo cli 'l'urat!, _di ~i;;s?lat! e_d~ Ferri, _sono rimangono ... ainonarclnci, c10è 1 nughon alleati della monarchia. LA RIVISTA, BibliotecaGinoBianco La propagandaper la pace . R!assurniamo largamente la bellissima ed opportumss1rna lettera che E. T. Moneta, Presidente della Soefetà inlernaziona~eper la P~ee, (Unione Lombarda) e direttore della Vda Internazionale, ha diretto al Presidente del X Congresso Universale della Pace di Glascow. La via additata dall'amico carissimo Moneta è la via additata altra volta da Mazzini, da Garibaldi, seguita sempre dalla Democrazia Italiana. Nell'Online del giorno dei temi da discutere la parte clic, a mio avviso, più interessa è quella che non vi si trova: la guerra, cioè, che dopo due anni continua a dc olare una va ta contrada dell'Africa del Sud. Se ne pal"lerà come d'un fatto deplorevole, ma senv.a accennare l?r?bauilment1; nè al_le cause, nè ai modi di porvi fio~, ligi alla 11rnss1ma glisse::, n'apzmye,; 11as. ], u sempre cosl, sempre la nostra concordia fu ottenuta coll'obbligarci ,·icendovolmont-e a non toccare le questioni_ pit'1 ~-itali _e piÌI ardenti. ì\[a, anche senza parlarne, voi tutti sentite quale graye colpo Jrn portato quella guerra alla nostra causa. La nostra afflizione è maggiore, perchò quella guerra è Yt 1nnt,1\ a privarci dell'argomento più efficace che noi solo_v11.1uo_a?durr~. nella ~ostra opera cli propagauda. Agh scett101, agh mcreduli, a quanti fra noi dicevano essere il nostro, idealo di_pac~ _una_chimera, la guerrn conuat.urale ali uomo, o 11 nuhtansmo uon causa ma conseguenza cli cose che l'nomo non può mutare noi potovamo rispondere tl'ioufalmonto additando l~ potente Inghilterra. Ora tutto è mutato. Come uno stato militarista del coutinonte, anche l'foO'hiltena - nelle suo classi dirigenti o uel suo popolo .'.:_ fu iu yasa dalla febbre delle co11qnisto militari. Come fu ciò possibile 1 E come avvenne ohe le società inglesi della pace, non si son caccia 1 te in mezzo alle popolazioni per impedirlo e sventarlo 'I Se il Congresso trover.ì. in sè stesso la calma e il coraggio cli fare ()uest'C'same, io credo che dovrà venire a f)Liesta conclu ione: .Le s_oci~tàp_er la paco i 11 generale, e quelle britann 1cho rn 1spec1<',non l1anno esercitato la minima i11Jiuo11zanegli ultimi destini del proprio paese perchè sogliono teners_i i_n una sfera troppo elevata: perchè S0)10 troy~o m1st1cl1e o troppo accademicl1e, e perchò gli uo11;1m1c)1e le _co1!1yongo!1?,cr~dono basti far appello ai so11t1mout1prn gentili dell uomo, alla sua religio-ità e alla sua ragionevolezza, per far trionfare lo lorr idealità di giustizia e cli fratellanza 1mi\70rsn.lesni bassi istinti dello folle. Invece bisogna toccar terra e mostrarsi nomini t"lol proprio tempo: non perdere mai il contatto cogli altri nomini, se si yuole guidarli. J~'opera. (li m_ornle elernziono fin qui compiuta dalle soCiotà bntaou1cl1e della paco, non sarà stata certamente inutile, ma qua11tlo io guardo ai risultati e ]i confronto coi progressi fatti in questi due anni dall'imperialismo, rinrnogu spa,·entuto, e dico che soo-uitando S\111f1: metlosima Yia ci vorraI?no parocclii secoli prima di gn111goi:e~Ila mèta da _noi vagheggiata. La pnnc1palo cansa d1 qnesta dolorosa sproporzione f1_-agli sforzi fatti e gli _effetti ottenuti, fu Ja predica• z1ono della pace ad ogni costo, e l'a,·ere compresa in una medesima esecrazione tulte le guerre, le giuste e le ingiuste, quelle> cli aggressione e qnolle di difesa. Con1lannando tutte le guerre si dà buon giuoco a coloro cl1e tutte le giustificano. Ora io S?no convintissimo che per arrivare più presto alla cessazione delle guone, bisogna diffondere e far a_cc~ttare dall'opinione pubblica il princiJ>io delb legit• trnutà e del dovere della difesa, e ohe a tnte!a del debole aggredito anche i più forti dovrebbero intervenire. Io ricordo di essermi tro\7ato quasi solo nel secondo Congresso in Londra, nel 1 90, a votare contro una proposta che condan?rn, 7a l'uso dogli esercizi 111ilitari nelle s~uole. Po,·ora Svizzera, quante volto sarebbe gi;\ stata distrutta da qualotmo degli stati militaristi cbo la circondano, se hì. il popolo non venisse acldestrato .fin dall'adolescem:a a quelle esercitazioni, che conti
344 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI nuate negli anni successivi possono renderlo invincibile nella; difesa! Se la forza adopera,t,a per opprimere dev'essere ésecrata, è invece provvida q1rnndo è usata a gna,rentigia della libertà e del diritto. Soltanto mostranclosi animati da uu vero od alto patriottismo si potnì, combattere efficacemente i traviamenti e le esorbitanze del falso patriottismo. Parlo per esperienza, perchè nuche noi in Italia, abbiamo passato giorni tristissimi col pericolo di grossa, guerra, per l'insana ambizione di antico demagogo fatto rni n.istro. Piccoli incidenti a bella posta ingrossati per trarne prntesto di cou tesa cliplomatic:t, armamenti esagerati che non avevano mai tregua, uu liugnaggio ingiurioso verso la, nostra vicina rl'occidente di giornali notoriRmeuto sussidiati cfal governo, o lli 'J.llm1do in quando parole provocatrici dello stesso capo del governo, tutto faceva credere che Jn, guerra alla l<'r:tncia fosse disegno l)restabilito dal governo di qnel tempo. E ad :i.ccresccre il pericolo si aggiungeva qualche volta la «caccia.» al lavoratore italiano fatta in Prancia da plebi inferocite, che provocarono iu Italia pubbliche 111a11ifestazio11ai11tifrancesi di straordinaria grr1vità. El>bene, a scongiurare tale pericolo uoi affrontrn,mo i11 quei <:asi la, folla esasperata, facendole sentire ch'orn insensatezza far risalire ad nn iutero paese la colpa lli pochi avvinazzati; e al capo del governo cl1e preparava armi cd armati per la guerra frntricitla, gettammo con Pelice Cavallotti la memoranda sfida: Non farete gnarra alla Francici, se non passanclo siii nostri corpi. E perch è la sfid:t 11011ora di spavaldi, ma di no111ini elio aveva110 t1ato prova, combattendo le battaglie dell'inllipendenza nnzio11ale, di s,tpor dar ln, vita per la libertà e per h patria, quel governo s'impaurì e 11011pensb piì1 alla gncrra maledetta. Scomparso il pcdcolo di una guerrn, oltre l'Alpi, sor3e qnello africano. · Governava il medesimo uomo, e il sogno <1'1111 grant1e i111pcrocoloniale infiammò dopo lli lui mo! te fan t:,sie anche in Italia. Anche qni s'era, crmlnto di l,icile f\llCcesso una gnern1 in Afric;1 contro masnade 11rnla111et1e1 armato e male organizzate, e t1ui pure, dopo le inatteRe sconfitte, si sarebbe voluto la guerra, a fondo, continn:ita :incho per anni lino alla totale sottomissione i'lell'ahissino, per venclicarc (sic) i nostri soldati uccisi, e per la rn:,ggior gloria e la maggiore estensione della italica potenza. E allorn ci gettammo un'altra volta iu mezzo al popolo eccitandolo a metter Jìne con un'azione vigorosa alla pazza e criminosa impresa, e il nostro appello fo a~coltato, dappertutto si fecero imponenti dimostrazioni co11tro l:i. contiouazioue clella g11e1-rna,fricana, tali, che le trnppe mandate dal f(overno contro .la folla fo1·0110impotenti a domare. In molti Jnoghi forono divelte le rotaie delle ferrovie per impedire la partenza tlei soldati per l'Africa; le donne medesime si opposero o quell'invio. La voce di così gagliarde proteste salì fino alla reggia; il nostro ministro guerrafondaio dovette abbandouarc il potere, e la guerra d'Africa fn cancellata, d:,l programma dei suoi succesAori. Ora io credo che tutto questo non sarebbe avvenuto, ~è ~ nostra voce sarebbe stata ascoltata, so il popolo italiano avesse veclnto in noi soltanto degli idealisti e doi sentimontal.i, nemici di tutte le g11erre per impulso di purissima ed altissima religiosit:\ cristiana, anzichè nomini che al culto della patria avevan dato i loro au n i migliori. C/Jsi abbiamo fatto e facciamo della 'friplice Alleanza. Dopo averne fatta la storia genuina, per dimostrare che, in origine, non oontraendola, l'Italia avrebbe meglio provvcclu~o agli iutoressi suoi e meglio contribuito alla tanto desiderata completa pacifìcazioue fra Germania e Prancia, abbiamo or ora promosso sn di essa 1111 rrfcrend1mi fra persone notevoli del nostro paese, colla speranza di ottenere cho essa sia sostituta da conven,,ioni, le quali facciano del ricorso alla Corte di Arbitrato dell'Aja, per la soluzioue dei conflitti internazion_ali, una condizione obbligatoria per gli Stati coutraent1. Anch'io penso, comC' il nostro Novicow elio l'opera clcllo Societ:'i 11er la pace diverrebbe più efacace s~ tutto facessero dell'il1ea della fccleracione intenwcio;iale BibliotecaGinoBianco . lo scopo principale della loro propaganda; anch'io credo che la federazione degli Stati, la quale metterà fine allo stato di guerra che ancora qua e là pervade, sia la leggo clell'avveuire. Se non che (lnasi sempre all'indomani cli avvenimenti che pareva spingessero gli Stati su quelhi. via, altri ne avvengono che tendono ad alloutanarveli distntggcnclo le liete speranze che por uu istante ernnsi concepite. Vi sono, pur troppo, uomini di Stato i quali non comprendono la grandezza del proprio paese che nell'abbassameuto elci vicini, e che studiano tutte le oc0asioni per provocarli a conflitto. Questi uomini e la loro politica provocatrice trova sempre dappertutto una-stampa compia:eut,e, capace cl'iuventare le cose più ingiuriose a danno d'altri paesi, pronta a solleticare tutte le malo passioni dell'amor proprio nazionale contro questo o quel popolo, creaudo così a poco a poco una situazione così. tesa, che anche qna.ndo non ne esce la guerra, i buoni rapporti inteniaziomtli ne rimangono per molti anni tnrl.Jati. Ora io qui ripeto ciò che da. nn pezzo vado dicendo, cioè che per giovare efficacemente alla causa, della pa,:e e della bnona armonia, fra le nazioni civili, bisog!.la studiare a una a una tutte le questioni, che servo110 agli altri a suscitare la malintesi e querele, per poter dire su ciftscuua una par,1la i11spirata a verità e giustizili.; che non bisogna ùa,r t1·eg11aai seminatori cli cliscordi,i, sicno essi nomini 11l Stn.to 6 giornalisti, ma denunciare in ciò che vi ha di pericoloso e di insano nei loro disegni, e flagellarli se11za misericordia, quando operano coutro verit:\ e giusti zia; dico che dobbiamo vi vere in continua comunica,,ione col popolo, mostrandogli colle pm·olc e coi fa,tti, che i veri patriotti siamo noi umanitari, e rh·olgondo cont1·0 i fomentatori cli discordie e di guorrn quegli istiuti tli combattività che fermentano dentro ,li lui. Co;.ì fac,mr1o, Voi ll.trete alb causa della, pace nna base i11crolhhilc e prossime Ricure vittorie. Seguendo invece la ~olit,i. via, tenendovi nelle sfere dell'ideale, atf.enrle11do il trio11fo della dottrina della pnce soltanto da nna nrnggir,re irdl 110nz1tlell'iùoa cristiana ~ulle anime popolai-i, \'oi ;1cq11istercte pochi nuovi. eletti, mentre i belligori c,,ntinneranno a suggestionare le n1as1e, sparg,n-ete semi che frutterauno noi .lontano avvenire, acquisterete forse per Voi il regno dei Cieli, ma non risp:irniierete 11 na sola delle gnerre che anche oggi minacciano la lHtce del moudo. Vostro alf. E T. MONETA. Pres. tiella Società lntemazio1wle per la Pace UNIONI,: LO~!BARD;\. Ll<:l'l'ERA. SECONDA, E,qrcgio clcputcitoccl cimico, Prendendo la penna per scrivere questa socond:t lettera, che è poi la terza mandatale in poco tempo, uon vorrei cs~er pa.ragonato a quei cantori berteggiati da Orazio, i qnali inter amicos ut numquam inducànt animum cantare rogati, iniussi numquam desistant. l\fa sar:ì proprio l'ultima e definitiva. E comincio osservando come 11011ho mai troval;a nelle pagine doi nostri abolir,ionisti del (fazio sul grano una soddisfacente risposta ad un'ovvia domanda. Se proprio il dazio nostro così elevato rappresenta in tutto o in gran parte un guadagno netto pei nostri produttori, come mai questi non si sforzano in tutti i modi di aumentare la pro,luzione, mentre pure la sua notoria deficienza, che dobbiamo coprire coll'importazioue, loro assicurerebbe anc<'ra lo spaccio di una cospicua 11uantità senza timore cli ribasso nei prezzi e qnindi con ;11to e certo !nero, Si ha nn bel dire che il protezio11 ismo li rende iuerti, che uon clà loro eccitamento a migliorare la coltm·;1,. llfa quando, come ne dimostra l'importazione dei primi otto mesi di quest'anno, si possono ancora produrre iu pit1 almeno 7 milioni cli q11i11-
RIVlSTA POPOLARE DI POLITICA LE1 TERE E SUENZE SOClALI 345 !ali senza 1)ericolo di deprimere il prezzo, como 111a1 produttori rinunziauo ad un guadagno netto del 25 0l0 circn, chò tale è il rapporto fra il prezzo von1tlo o il v1tlore del frumento secondo il costo di produzione elle si allog1t essere il nornH1,le nel nostro paese~ Non è Lastato un lucro molto minore per dar energico impulso alla produzione industrialo 1 E che proprio o l'inclifferonza o l'inerz'a o il dispregio dello arricchirsi si siano rifugiati nei produttori di frumento JI L11 vern spiegazione è che l'intensiftca,,ione della coltura del grano incontra fieri ostacoli, i quali parzialmente ueutralizzanu gli effetti del dazio e lo rendono un congegno, cho serve quasi più ad impedire la coltivftzione a perdita che non ad assicurare un lucro. 1 proprietari e gli affittavpli grauicnltori sono unmerosi (e chi è fantore della media e deli1t piccola proprietà 11011può, non deve lagnarsene\ ; 11011ò possibile chtJ tutti abbin,no uu alto grado di istrnzioue agraria tecnica o posseggano capitali por fare coltura intensiva, anche quaudo non siano, come pur troppo è fre((uente, iudebitat.i: non sempre quindi possouo giovarsi degli attrezzi perfezionati, dei concimi chimici, delle sementi selezionate, o via ùicen1lo: 11rnuc,i pnr troppo, in estesissime v.oue del uostro paese, nu!L1.moua distribnzioue della popolazione sedentaria alla campagùa per il lavoro solerte cli accurata 1n·eparazione cl e 1 suolo, di moudaturn do! grauo dalle male erbe, cli prouta mietitura, ecc.; di fottano ivi pure i buoni mev.r.i di trasporto pet· agevolare la vendita della merce: esistono ancorn tradiziouali formo ili contratti agrarii non troppo favorevoli al progresso della produzione, ma cho possono per le radicate abitudini o per ragioni sociali mutar,;i soltanto lentamente. tori, come se i pro<luttori fossero dei parassit.i e i consumatori non do,·essero fare qualche sacriftzio per rcnd,we pili vigorosa l'economia 1rn,zioualo. E da ((nale va1·ictiì, cli condizioui, compreso il dazio ·sul grano, clipenda la couscrvazione e il progredire della cerealicoltura nel nostro paese, si può illustrare con uu esempio veramente tipico, quello dell'Agro romm.10. Nella relaziono sull'andamento della bonificazione agrnria cli quella zona a tutto il 189:J (in esccu- ,1ioue della leggo 8 luglio 1883), che il l\[iuistro d'Agricoltura, Industria e Uommercio presentò alfa, Carnern dei deputati il 2 dicembre 1900, si leggo questo brano def!uO vernmeuto di essere citato e meditato: « La super- , ficie della zoua coltivata a coren,Ii invernali nel qua- « drienuio 1881-84, prima. dell'applicazione dolln logge, « desunto dalle assegno comunali, fu in media di circa « ettari 23-14. « P<:1·e_(Tettoclella crisi granaria clisccsc rapicfontentc « 11egli anni successivi fino a ridttrsi a vochc centinctia cli «. cttar·i nel 1890. Nel q ua!.lricnnio 1891-U4 riprese grncln.- « tnmon te il sno movimento ascendente con una me!li,L « cli ettari 1570, fino a superare di uuovo i 2000 ettari «. nel 1894. E finalmente noi quadriennio 1895-DS h..L « raggiunto la media ·cli ettari 2848, a formare la quale " l'anno 1898 entra per ettari 4493, e uel 189!) è salita « ad ettari 5142, superficie « questa ·che uell' ultimo « venl;ennio non fu mai oc- « cupata dalla cerealicolt;u- « ra. 11 qtiesto risultato lmn. « no certamente contribilito «. emise molteplici,fra te qua- « l·i 1;rincipatnw11te t'obblir10 « di metter·e a colttira molti « terreni per lo inncinzi pa- « scolivi, la protc.donc cloya- " nate e il conseguente pre.~- « ::o più eleva.lo dei cereali, « ecl in parte anche l'intro- « clu::ione dei concimi chi- « miei per par te di cilctini « .fra i più intelligenti agri- « coltori. Ciò lw infinito ci « renclere piì, rimuiierativci « la coltiva::ionc c1ei cereali, E questi ostacoli di on'line economico-sociale aggiungendosi a quelli di ordine fisico rilevati nella precedente lettera, che non permettono la trasformazione delle colture, fauno sì che il dazio protettore non spieghi una iutensa azione; essonon seconda quindi, come si asserisce !!-llegramente dagli itboli:donisti, nè l'indifferenza, nè l'incuria, ruasal va dalla rovina molti e.ho altrimenti per la mancauza delle no- - Spero rimedio! che almeno adesso vorrete esperimentarlo il mio <<la qtrnle, col siste1nct estcn- « sinopiù coinune1nente in uso, « non corrispondo economica- « mente che 1~ei terreni di cc- « ce:;ionale feracità >). - - Tienlo per e infallibile ! te quello, ché noi abbiamo il no,tro, vecchio Considerato astrattamente, il dazio sul grano l1a tre gravissimi difetti: ( Uomo di Pietrct di l\Iilano ). lo Esso ha com uno co - tate condizioni economico-sociali sarebbero vitti mo della concotTenza. E la prova più bella della mia as-,erzioue l'abbiam9 noi fatto, che l'esistenza di buono condizioni economicosociali in maggior propon-ioue nell'Alta Italia e nella parte superiori! della i'lfodia Ititlin, che non nel resto clol continente e nelle isole, ha reso colà moli-Opii1 rapido il progresso della cerealicoltura, mentre puro il dazio ò uguale per tutte. Io non dirò certamente cl1e ai propriotarii, i quali perfezionftrono ht cultura dei loro beni, il dazio nou procuri un profitto supcrio.re a ((uello che avrnbbero se il dazio non esistesse. l\fa bisogna lmdare ai sacrifìr.ii non pochi, oltrechò di intelligenza, anche di cfonaro da essi sostenuti per rnggiungere quell'intento, il che riclucc di assai il lorJ lucro. E poi, questi proprietari sono ancorn una piccola minoraur.a; o quindi si può asserire che in media, generale ai proprietarii il dario non reca vero lucro. Quei 200 o 250 rnilioni elio Rccoodo gli aholizionisLi passano, per effetto del dazio, dallo ta!:!che dei consumatori a ((uclle dei produttori e che fanno grnu colpo sngli ingenui come se si tmtta~sc di un guadagno dei pro1l11ttori, restano in cifra ben e~igna uello mani dei 1JiÌ1intelligenti e operosi fra questi, come meritato premio della loro iniziativa: gli altri servono nulhi, pit1 cl1e a tener in piedi una produzione di interesse nazionale. E qui voglio osservare di passaggio cotue tutti i ragioniimenti degli abolizionisti siano sempre bacaf,i dalla solita unilateralità liberistica, di tenere cl'occhio soltanto gli interessi materiali dei consuma- Bib hOÌ9C8 Gino Banco gli altri dazii agrarii il difetto di couvortirsi uotori,tmeute, quando cagioni 11u vero ed effetti rn e duraturo aumento nei prezzi doi prodotti, non in un lucro temporaneo, ma in un aumento del valore ilei terreno: e così. equivale atl uu douo cli ca.pitahi fatto ai proprietarii; 2° Nei pacr;i ci vili di densa popolazione ht proll11zione interna del grano, anc;he molto intensificata, di regola non a,rri va rnai a p:trcggiaro il bisoguo, a bastare pel consumo, il che, <l.tto il dazio che escludo hi concorrenza i11terna1dona.le. :is~icnra un vero 111011opolio ai produttori. Ne'lo inclustrie protetto nasce taloni fra i produttori intcmi una g:mi. di produzione e di spaccio che cagiona vere ca1h1tc 11ei prezzi, cosicchò, pet· evitare la reciproca rovinosa concorrn11za, gl'i uclustriali dovettero raccogliersi in sind,tciiti l"nL i produttori cli grano invece, 11elle condizioni accennate, il sinda~ato osisLe per la natum stessa delht protlnzione e dello spaccio, })er la assicurata domau,la .dolb indispensabile derrata: essi dominano il mercato ed i111pongono i prczr.i, fino a,l limite oltre il ((trnlo J'i111po1·tnr.ione diverrebbe proficua: così il dazio i 111 petlisce l'azione della sola forz;t ,:he possa, rompere quella spo11ta11cacoalizione, la concorrenr.a internazionale; 3° Il terzo <lifet,to ò, non tanto di colpire la precipua donata alii,1entare delle classi lavoratrici (perchò come osservai, in Italia sono voraci consumatori "di pane e paste !li gnino 11011soltanto i 1Jrolet,u-ii, ma anche i boryhesi) quanto di colpirla con sperequazione: perchè le cla::;si l.t1·ur.1trici rnrali là dove ricoYono (cd è consuetudine ancom molto diffusa) in derrate, fra cui
346 RIVISTA POPOLARE Di POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI primi i cereali, cospicua parte del salario, ne risentono l'effetto meno che non le classi lavorntrici urbane, 0, in genere, industriali, pet le quali, compensate in moneta, il rincarito prezzo del pane rende maggiore la differenza fra il salario nominale e il reale, cosicchè ò balza fuori la tendenza nel loro tenor di vita a peggiorare o si costringe l'industria a pagare salarii più elevati. Questi difetti, chti devono renderci poco entusiasti pel dazio sul grano e spingerci ad affrettare il momento opportuno per la sua abolizione o riduzione a dazio fiscale, non hanno in Italia, nel !)l'esente momento, un'efficacia decisiva a favore di questi provvedimenti. Il primo difetto per poco non si converte in uu pregio. Pur troppo i titoli mobiliari, specialmente cli Stato, attirano sempre gagliardamente i capitali, già distolti dall'agricoltura pur la scarsa rirn unerazione. Noi dobbiamo invece tentare di risospingerli verso quesLa: la costosa opera delle bo.nifiche è tutt'altro che compiuta e vasti territori attendono la loro redenzio~e: se il cla-zio,cagionando aumento nel valore dei terreni, eccita a impiegarvi capitali, sia il benvenuto. D'altra. parte noi dobbiamo cercare in tutti i modi di spezzare i latifondi, una odiosa forma di proprietà im1uobiliare; ma non bisogna credere che la svah1tazionc della proprietà fondiaria possa agevolare quella divisione: il deprezzamento distoglie dagli acquisti, percl1è è segno di scarsi proventi, e la piccola e la media proprietà si formano e si mantengono e procurano l'intensificazione delle colture quando i prezzi sono alti pfo facilmente che non quando sono depressi : l' ho potuto osservare nel mio nativo Monferrato nell'ultimo quarantennio, ove la piccola e la media proprietà crebbero e fiorirono cogli alti prezzi e decaddero rovinosamente coi prezzi bassi. D'altra parte, mentre non sa,ppiamo provvedere energicamente, come è supremo bisogno, a disfare il latifondo, cerchiamo almeno che esso no11 rimanga incolto: e bisogna pur ammettere che la granicoltura è quella che su di esso può farsi piit faci-1mente e meglio Il secondo difetto non è a temersi, perchè il dazio è un provvedimento di Stato, che può temporaneamente togliersi quando diventi dannoso e pericoloso per la massa dei consumatori: lo si fece da noi nei dolorosi giorni del 1898 ed un governo prudente può sempre farlo anche prima che si arrivi a quegli estremi, così rompendo d'un colpo il monopolio. Il terzo difetto è innegabile: ma dal momento che la protezio11e cagiona forti e sicuri guadagni all'industria, è bene che essa sopporti l'onere di più alti salari: d'altra parte, anche dove i lucri loro sono scarsi, i lavoratori urbani e industriali staano in generale mc,glio che non i rurali, perchè, indipendentemente dai salari, godono per l'istruzione, per la beneficenza, per l'igiene, per l'assicurazione, così progredite nelle città e in genere nei centri industriali, molti vantaggi contesi, o conces~i in piccola misura, a questi ultimi. E dall'abolizione ùel dazio sul grano o dalla sua riduzione a dazio fiscale, se puossi sperare giovamento pei lavoratori industriali e in genere pegli urbani, è a temersi una deplorevole incidenza sui salari agricoli là dove, come pure in qualche parte avviene in Italia (e come i lavoratori rurali, forse per evitare di esser pagati con merce scadente o per altri moti vi, che non investigo, mostrano ora di preferire), sono pagati in moneta. E che i bassi prezzi del grano tendano a deprimere i salari agricoli là dove la produzione del grano è la prevalente, fu dimostrato dall'esperienza, iuglese. lu una larga indagine ufficiale sui salari agricoli, che Ella ricorda ma dichiarando di citarla di seconda mano c che io ho invece sottocchio, quella del vVilson Fox (Report on the wages and ·earnings of agricnltural L1bo1trers in the United Kingdoin - Lonllon 1900), a pagine 48-49 i salari sono studiati in relazione col prezzo del grano; or bene il gruppo delle contee dette orientali (E<istern Oonnties) dell'Inghilterra, le quali. come l'autore avverte, eono precipuamente cerealicole, cosiccbè il reddito degli affittavoli vi dipende pure precipuamente dal prezzo del grano, si è riconosciuto, specialmente dal 1885 in poi, che i salari restarono più bassi e che variarono assai piit considerevolmente Bil:fM~ ~~ · èfll3y~fflt';tie_e (Midtand Counties e Soi,thcrn and South- Western Counties) ove si allevano e iugrassano bestiame e pecore, e si ha la, produzione del latte e di altri generi oltre nl grnno. E vorremo noi infliggere questa nuova solfrreuza ai contaùini nostri, · Recentemente si è asserito che coll'impegnarci all'abolizione o ad una forte ridu1ione del dazio sul grano noi potremmo, nella rinnovazione dei trattati cli commercio, ottenere dagli altri contraenti cospicue riduzioni per altri nostri prodotti. Ma è un'illusione in doppio senso : I. perchè tre quarti della nostra esportazione sono assorbiti dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dall'Austria-Ungheria, dalla Gran Bretagna, clal Belgio <' da altri paesi dai quali non riceviamo (o al più in minime qua,ntità) grano, mentre la nostra importazione del grano viene per cinque sesti dalla Ruruenia e dalla Russia, paesi verso cui abbiamo esport~1zioni insignificanti: cosicchè è fantastico l'asserire, come pure fu fatto recentemente, che ogni quintale di frumento cli più importato sarà pagato cou altrettante nostre esportazioni di. altrn merci o con un aumento nel valore di queste nostre altre merci esportate: è la solita teoria dtigli sbocchi applicata crudamente e fantasticamente, come ha fatto anche il Loria in un lungo braao del suo articolo, scritto con una fede così oLtimistica nel 1ibero scambio, che _io trasecolai leggendolo e che mi fece dubitare se l'autore dell'articolo fosse proprio chi battezzò la costituzione economica odierna un ccliflcio cli infciinie ! :!. perchè la promessa di una riduzione o abolizione del dazio sul grano è l'arma più debole, più imbelle, che si possa adoperare nei negoziati : gli altri contraenti sanno che la nostra produzione interna è cli assai inì"eriorn al bisogno: sanno che siamo consumatori di grano soverchiamente !iVidi: sanno che dobbiamo importare a qualunque prezzo la quantità lleficiente: sanno che la abolizione o riduzione del dazio a,.1menterebbe in piccola proporzione il consumo: e quindi non saranno così ingenui da favorirci con riduzioni di dazì, che farebbero in modo sicuro crei;cere le loro importazioni di derrate nostre, in cambio di una concessione che cagionerebbe per l'importazione nostra di grano da loro proveniente un aumento che non li com penseretbe. Salva dunque un'imprevedibile mutazione nelle condizioni della concorrenza internazionale, la quale risospingi, in alto stabilmente i prezzi del frumento straniero, ed anche ammessa l'ipotesi che il nostro bilancio possa sopportare senza danno l'abolizione del dazio o la sua riduzione a dazio fiscale, l'ora di far o l'utm o l'altra cosa non è ancora suonata. Bisogna attendere: J.0 che l'opera delle bonificl10 sia in gran parte compiuta e si siano moltiplicate le fabbriche cli .macchine rurali e cli concimi chimici; imprese dalle quali non bisogna distogliere ora i capitali, i quali certamente o non vi accorrerebbero o \7 i si rivolgerebbero co11maggiore peritanza ed in minor copia, se si diffondesse il non infondato timore che l'abolizione del dazio o la sua riduzione a dazio fiscale scemerebbe il prezzo del precipuo prodotto dei terreni bonificati e quindi il reddito da essi, e renderebbe i coltivatori o meno volonterosi o meno economicamente capaci di comprare macchine e concimi; . 2.0 che colla cliffLtsinne dell'istruzione agraria, del credito agrario e dei mezzi tecnici perfezionati, si sia veramente trasformata la coltura, intensificando in ispecie quella del grano così da renderci per questa meao tributari dell'estero, al che dovrebbe accou1pagnarsi qualche vigoroso provvedimento per la cliYisione dei latifondi: 3.0 che la ben avviata trasformazione industriale colla più estesa e regolare occupazione e coi pitì alti salari aumenti la potenza consnmatrice delle masse industriali; ed all'i11cremento dei consumi loro e dei consumi urbani in genere contribuirebbe certamente anche la invocata riduzione dei dazi i di consumo: così l'agricoltura sarebbe dall'aun1eutato consumo spinta pi1't energicamente sulla vi11,del perfezionamento per tutti i prodotti alimentari : 4.0 che la perequazione alle vii il carico dell'imposta sulla proprietà fondiaria ; 5.0 che la trnsformaziono agricola cd industriale procedenti di conserva abbiano resa più robusta la no-
RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E ~CJENZE SOCIALI 347 stra costituzio11e ecouomica e ci permettano davvero di scambiare coll'estero prodotti contro prodotti e non si sia pii1 costretti, come per tanto tempo avvenne, a saldare i nostri debiti all'estero coll'a~censione cli altri delliti, o coll'esportazione di moneta. E non comprendo poi come a titolo di comJ)enso per il conservato dar.io sul grano non si possa fare la riduzione di qualche altro dazio doganale, la quale, senza danneggiare alcuna nostra, importante produzione, giovi veramente a tutta la classe lavoratrice e iilthlstriale ed agricola: cito ad esempio il dazio sul petrolio, derrata di consumo· veramente generale e popolare, prodotta all'interno in quarJtitìt esigua (se ne pl'oduce per mezzo milione, mentre se ne importa per più di sedici milioni}: e questa riduzione ci potrebbe anche eccellentemente servire proprio per quelle trattative commerciali colla Russia e cogli Stat,i Uniti d'America ii nostri due principalissimi fornitori di petrolio), per le quali si vorrebbe da taluni sacrificare il dazio sul grano. Così con una avveduta politica economica e fiuanziaria il momento opportuno per abolire il dazio sul grano o ridurlo a, dazio fiscale ani verà forse piì1 presto che ora non si pensi; ed intanto lasciamo in pace questa tribolata cerealicoltura e pensiamo ad altri provvedi menti ben più necessari. Una cosa però non dobbiamo, rispetto al grnno, trascurare: bisogna fare rilevazi<_mistatistiohe alquanto più esatte delle attuali snlla, estensione della coltnra di esso, sulla quantità che se ne produce, sui miglioramenti nei metodi di coltivazione, La censuraa Milano. - Ma il nostro procuratore del Re e diventato matto? Sequestra tutti i giorni un giornale.... /L'Italia del Popolo). - Non è matto, caro mio! Anzi è un perfetto liberale. Egli cerca di ricondurre la pace tra i partiti popolari facendo assaggiar loro un po' di vecchia reazione! che si introducano nelle varie località, e via dicendo, onde poter conoscere con precisione le reali condizioni di qnella, colturn e quindi arguirne gli effetti del <lazio. Ho così finito di tediare i lettori della, Stm ri vistii. Ed Ella voglia sempre bene al suo dev.mo CARLO P. FERRARIS. GIOIEFRANCORUSSE Prin1a tlell'a1•rlvo CRONACA PARIGINA PARIGI Sette1nbre. La. vita parigina di oggi è diventata un cinematografo ... russo. Quante istantanee, - e quante macchiette! Parigi si trasforma in Pietroburgo. I francesi diventano rusei, - e così di seguito. Ogni negozio espone alle sue vetrine uno, dieci, venti ritratti dello czar. I cainelots dei grandi boulevards banno cominciato la vendita delle bandierine e delle coccarde ruRse, - dei picc·ol i elmetti da cosacco - oh! carini! -- dei ritrattini della famiglia imperiale - di figure allegoriche di ccm-can ballati in famiglia tra l'orso russo e il gallo franoese. Da tutti i bazai·s sventolano le bandiere impe1·iali russe, gialle con tanto di uccellaccio nero, ad ali aperto, nel bel mezzo. Tutti i giornali pa.rlaJJo di roba rn&sa, tutti si slavizBibliotecaGjno Bianco zano, anche il berretto frigio, che diventa di colore smorto ... • •• La, corrente na,ziona,lista, - e la corrente repubblicana-socialista si delineano sempre più. Da un lato si grida Viva, - dall'altro si urfa: Dàgli, Dàgli. E tutti strillano con quanto fiato ha,nno in gola. Le signore degli nfficiali aprono una, sottoscrizione per offrire alla e.zarina uua corb6ille gigante cli fiori. Le mogli dei pescatori di Dun kerque aprono altra sottoscrizione per offrire alla medesima czarina un pesce d'argento, - che non sarà un pesce... d'aprile, per la semplice ragione che il pesc(I d'aprile se lo beocheranno i patriottardi francesi stessi, quando cessate le feste sborsr.ranno dalle loro tasche due miliardi, - dico miliardi due - pe1· imprestarli all'amico ed alleato carissimo, lo czar delle Russi e I - Passata la festa, gabbato lo santo! • • • i\fa non tutti i cittadini francesi la int!'nclono cosi. Il municipio socialista fli ~Iarsiglia ba stabilito che il palazzo municipale e i monumenti pubblici dipeudcnti dal 111u11icipion, on saranno nè illuminati nè imbandierati, durante il tempo delle feste franco-russe. L'ese1npio è stato seguito, e da ogni parte della Francia il telegrafo ci ann nncia che i municipi socialisti si .asten • go no dalle feste. - ·1forchettaioli. L'irleale del giornalista conservatore : - Rifar l'Italia con la forca, e rimangiarsela... con la fora chetta. • • • (Asino di Roma). Nè basta. Le sezioni socialiste e repubblicane disse-• miuate su tutta la Francia, fanno piovere ordini del giorno che non debbono troppo solleticare l'imperiale epidermide dello czar. Sentite, ad esempio, quest'ordine del giorno votnLo dalla Federazione Socialista cli Reims: cc I gruppi dr.Ila Federazione Socialista di Reims, aderenti al Partito Operaio Francese, riuniti in assemblea gen rrale, protestano con veemenza contro l'odiosa commedia che sta ora per svolgersi a proposito dell'arrivo dello czar in Francia - e si indignano al pensare che il governo e la Francia si gettano ai piedi dello staffilatore (Knouteu,r) di donne e dello impiccatore di ~ociaJisti, Nicolò II, le cni prigioni risuonano ancora delle imprecazioni delle sue ultime vittime. Protestano anche contro il consiglio comunale di Reims che ha votato un sussidio per festeggiare l'abbraccio moRtruoso tra l'autocrate russo e il capitalismo francese, rossi entrambi del saugue del proletariato, e mandano ai lavoratori rnssi il grido di: Viva la 1·iv0Eu.zione ! • • • Se non vi basta, eccovi un altro zuccherino dirntto al palato imperiale: « La sezione del partit,o Socialista di Besauçon protesta con tutta lz. sua energia contro '!a visita in Francia di Nicolò II, lo scroccone (tcipeur), l'impiccatore, e il carnefice degli esiliati siberiani. Protesta, anche contro le cosidette misure cli polizia che si sono prese a Parigi per proteggere la vita dell'assassino e leva la seduta al grido : Abbasso lo czar. Vi va la Rivoluzione ! »
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