

politiche, per non rompere le regole del « gioco politico democratico)) con la
Fiat, deve sì cercar sempre di far partire le lotte, ma deve anche fermarle
presto prima che queste lotte possano veramente ristabilire un rapporto
effettivo, organizzato, tra operai e sindacato in fabbrica.
Questa lotta non ha avuto per parecchio tempo un seguito importante;
la situazione operaia all'interno della fabbrica peggiorava rapidamente nel
senso che lo sviluppo produttivo Fiat, soprattutto verso le esportazioni, impo-
neva un'ulteriore intensificazione dei ritmi — e questo tra l'altro costituiva
di fatto lo sputtanamento più grosso del sindacato, perchè sì i tempi erano
scritti sui cartellini e sui tabelloni, ma questo non serviva affatto agli operai;
anche perchè molto spesso, sul tabellone o sul cartellino, c'era scritto un
tempo già più stretto di quello che stavano facendo, e se loro reclamavano,
chiedendo di vedere i l cartellino, i l capo gli faceva notare che avevano solo
da star zitti, perchè se lui avesse dovuto rispettare i l cartellino, avrebbero
dovuto fare dieci-venti-cinquanta macchine in più. Quindi era proprio questa
la forma tangibile della funzione del sindacato alla Fiat in questo womento.
Così la lotta ha finito per lasciare anzichè una ripresa di fiducia nell'organiz-
zazione sindacale, in ultima analisi profonde tracce di sfiducia. Anche se, a
livello di elezioni di commissione interna, naturalmente la FIOM va avanti,
perchè a quel livello non esistono altre soluzioni. Nel frattempo altre cose
cambiavano alla Fiat, cioè non solo si verificavano questi peggioramenti della
situazione interna che esisteva già anche prima, ma questi, venendo dopo
un'esperienza di lotta in cui tutto sommato la classe operaia aveva acquistato
una certa fiducia nelle proprie capacità di lotta, si trovavano ad avere una
funzione stimolante e non solo frustrante.
L'altro grosso fenomeno, oltre allo sviluppo della produttività all'interno
e alle tensioni che questo portava, era l'afflusso d i manodopera nuova e
quindi soprattutto di un gran numero di immigrati dal Sud. E questo era un
fatto particolarmente importante, poichè credo che questa ondata di afflusso
di immigrati può essere paragonata a quella degli anni '60-'62 che anche
allora ha avuto degli effetti decisivi nel determinare l'esplosione d i lotta
del '62, fatt i come Piazza Statuto, eccetera. Cioè, per certi aspetti si ripe-
teva per queste persone l'esperienza di allora, l'arrivo in una situazione di
fabbrica dove il lavoro è duro al di là di quello che uno poteva aspettarsi, in
una situazione urbana dove la loro condizione è pesantissima sia sul piano
sociale che su quello economico, per cui l'affitto, ammesso che uno trovi da
dormire, finisce per portarsi via, per esempio, una buona parte del salario.
In questo senso appunto la loro condizione sociale ripeteva l'esperienza del-
l'ondata precedente di immigrati. Con una grossa differenza, però, e cioè con
condizioni politiche, sia delle situazioni da cui loro provenivano, sia della
situazione d'arrivo, estremamente più avanzate. I nuovi immigrati hanno
dietro le spalle una serie di lotte recenti nel Sud che hanno espresso una
carica politica eversiva molto grossa e a Torino hanno tróvato non una situa-
zione di atomizzazione organizzativa che poi poteva esplodere come nel '62
in grosse lotte (ma per ritornare più o meno rapidamente ad essere una
situazione atomizzata), bensì una situazione di fermento estremamente mag-
giore nella fabbrica stessa.
Allo sviluppo delle lotte d i quest'anno ha anche contribuito, sia pure
probabilmente in modo generico, i l contatto con le lotte studentesche, come
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