

Lo
sviluppo industriale del nostro paese
fu
ritardato e reso più laborioso
che altrove dall'ostilità assoluta, intransigente, delle
società operaie affigliate
all'Internazionale. Nella cappelleria questa opposizione ebbe
il
suo apogeo
dal 1870 al 1880. Da essa nacque il grande centro cappellaresco industriale
di Monza e la decadenza e sparizione totale della fabbricazione dei cappelli
di lana nel Piemonte. Chi soffrl maggiormente di questa lotta anti-mcccanica,
furono
i
centri più antichi della cappelleria, dove gli operai erano organizzati
in Società
di
Mutuo Soccorso e
di
resistenza e dove
i
fabbricanti stessi ave–
vano delle simpatie e dei pregiudizi, che impedivano loro di avere ricorso
al lavoro libero, sempre abbondantissimo in Italia [...] '·
Da queste righe risulta appunto che ciò che permise agli in–
dustriali del cappello monzesi di avviarsi decisamente nella struttu–
razione capitalistica dei loro opifici
fu
la maggior docilità e quindi
la maggior disponibilità allo sfruttamento della abbondante mano–
dopera locale cui mancava ancora, come vedremo, una salda or–
ganizzazione di classe.
Che l'introduzione della prima macchina utensile non abbia
avuto un effetto rivoluzionario immediato ci
è
confermato dai dati
sull'industria per
il
decennio 1870-80.
Nella relazione del cappellaio romano inviato a spese del muni–
cipio all'Esposi zione Univer sale di Vienna del 1873 , oltre alla si–
gnificativa affermazione che
«
nulla evvi alla Esposizione che ac–
cenni ad un reale progresso dell'arte nostra
»,
fra i pochi esposi–
tori italiani citati non risulta alcun monzese "· Ancor più convin–
cente è la circostanza che non compaiono monzesi fra i produttori
di cappelli di feltro interpellati per l'Inchiesta Industriale del
1874
11•
Dal quadro statistico nazionale sulla produzione di cappelli
di feltro dell'Ellen a, nelle sue
Notizie statist iche sopra alcune in–
dustrie
del 1878, ricaviamo dati più precisi: a Monza esistevano
I 9 stabilimenti, in cui erano impegnati 17 cavalli vapore e che
davano lavoro a 363 operai (271 uomini,
59
donne, 33 fanciulli),
mentre a Milano gli stabilimenti erano 16, la forza motrice as–
sommava a 4 cavalli vapore e 8 di forza idraulica, con un com–
plesso di soli 133 operai (85 uomini , 31 donne, 17 fanciulli).
Monza era però ancora al terzo posto in campo nazionale per nu–
mero di operai impiegati dopo Sagliano Micca e lntra, mentre
quanto a struttura di fabbrica modern a emergeva ancora sensibil–
mente Alessandria , dove esistevano solo 7 stabilimenti con forza
motrice pari a 8 cavalli vapore e 14 di forza idraulica, con un com–
plesso di 340 operai (205 uomini , 118 donne, 17 fanciulli) e
quin"di con una media, allora rilevante , di circa
50
operai per sta–
bilimento.
A livello regionale il Piemonte era sempre
al
primo posto con
110 stabilimenti,
50
cavalli vapore, 23 di forza idraulica e un to–
tale di 2.115 operai (1.573 uomini, 403 donne e 139 fanciulli) di
157
Biblioteca Gino Bianco