Discorsi recitati da sua eccellenza il senatore di Bologna e da Vincenzo Gioberti ...

N n 'q l l DISCORSI RECITATI DA SUA ECCELLENZA IL SIG. SENATORE DI BOIJOG.NA E DA VINCENZO GIOBERTI IN OCCASIONE del solenne ncevimcnto fallo dal municipio al grande filosofo l Dt:LLA. DI Llif o\GGI\lCo\liOHE ALLA ClTTADUfANZA BOLOGNJ:SI&

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DISCORSO IL SIGNOR SENATORE DI BOLOGNA ~a Città di Bologna che onora in Voi il più grande propugnatore della libertà ed indipendenza d'Italia, vi esprime per mezzo del suo 1\'lunicipio la vivissima compiacenza di poteni personalmente otrerire uno di quei tanti tributi di onore onde veniste in ogni dove salutato. Il vostro nome è ormni così strellamente collegalo alle sorti d' Italia che Essa non ha gloria , la di cui luce non ri!lella specialmente su voi. Fu la grave ed eloquente vostra parola che indirizzando l'animo degli Italiani, i quali invano per rialzarsi consumavano le forze loro in disperale e funestissime gare, schiuse ad essi la via dell' Italico risorgimento, e che richiamando i cuori ai sacri affetti di Patria, diede eccitamento a quell'energico e generoso volere, contro al quale

,f verrà fiaccato I' orgoglio dci nemici della nostra nazionalil<Ì. Voi non usaste , onde incuorare la Patria nostra al ristauramcn~o della propria civill<Ì l'arte pericolosa di certi uomini i ,1uali senza alcun rispetto all'opera lenta dci secoli , sostituendo larve seduUrici alla realt<Ì, accendono fra le masse voglie smodate cd mopportunc , da cui non possono derivare che amarissimi frutti. l\1a invece grande pubblici- ~ta , c grande filosofo studiaste gli uomini del \·ostro Paese , del quale conosceste le tendenze, i bisogni, c le vere forze da cui poteva trarre la novella sua vita , e dalla storia del suo incivilimento c dalla politica condizione tic' tempi gli tracciaste il vero c solo cammino che addm· lo doveva a durevole c gloriosa prospcrit<Ì. Chi prima c più caldamente di Voi aveva raccomandato ai Principi cd ai popoli italiani quella fiducia scambievole , quella unità di sforzi , fJUOlla solidaricti1 d'interessi, da cui avemmo la libertà , c dalla quale avremo fra non molto ill.Jenc supremo di una Nazione, l' indipendenza ? N è la rara vostra modestia m'impedirà che rammcuti, Voi qui presente , la 111aggior gloria vostra , parlo dell'alleanza fra la Hcligione c la civillà da voi tanto sapientemcnte ed ardentemente proclamata. Gli animi era no IHJppo funestati dai [(•Illativi dcllt>

s selle e delle fazioni , perché i santi nomi di Libertà e di Patria venissero pronunziati senza il dolore c la ripugnanza che suscita nel cuore un'idea a cui solevasi associare la violenza , il disordine, e dirò pur l'ingiustizia. Voi molLi dubbj dissipaste , toglieste molte false prevenzioni , perchè mostrando che l'umano perfezionamento tutto riposa sulle leggi eterne dell' Evangelo , chi avrebbe potuto dichiararsi avverso ai progressi della civiltà? Non mancava che un -grande Pontefice , il quale colla autorità del suo nome, colla santità delle proprie intenzioni , colla generosità de' suoi atti rispondesse agli alti concepimenti vostri. La Provvidenza ci diede PIO NONO. Verrò io a Voi ragionando se questo sia l' uomo de' vostri voti, l' Angelo da voi desiderato onde rigenerare l' Italia ? Oh diteci piuttosto , Voi che più d' ogni altro potete comprenderlo , e che da Lui or ora vi partiste , essere Egli maggi ore della fama che nella dolorosa solitudine dell' esiglio ad annunciar vi veniva le sublimi sue · virtù. No, le fatiche cd i sacrifici gravissimi che tanto nobilmente dedicaste al bene della Patria e della Umanità esservi non potevano più degnamente compensati ; nè la Patria e l'Umanità potrebbero niegarvi la stima e l' amore che inspirano la vostra sapienza cd il vostro patriottismo.

6 Aggradite , o Illustre Gioberti , cOlla' bo n~ tà e genlilezza che tanto vi onorano, questo omaggio che i Bolognesi vollero oggi' per mio mezzo offerirvi; aggraditelo perchè sono degni della libertà a cui li chiamaste, sono degni d' Italia indipendente e felice, perché già non pochi dei loro fratelli diedero il loro sangue per la sua redenzione, sono degni infine dell'amore e della sapienza di PIO. In questo augusto recinto che accoglie tante glor-iose rimembranze , ed in cui il Genio italiano nell' universale barbarie sviluppava i primi germi di quell' incivilimento, onde Voi tanto sapientemente argomentaste in favore del morale -e civile Primato d'Italia; in questo luogo consacrato alla venerazione dell' Immortale Pontefice, accettate dai Bolognesi un saluto di riverenza e di affetto, e consentite loro l'altissimo onore di poter registrare il no- _me Yostro fra suoi p,iÌJ. insignì concilladini.

DISCORSO :VIRC:IIUUSO GIOBIIBWI ~e il contrarre priva,.ta dimestichezza con un generoso è tal beneficio di fortuna che non ha pago, qual non sarà l'essere ascritto a un'illustre cittadinanza, e il contare tanti fratelli, ed amici, quanli sono gli abitanti delle stesse mura? E niuna città vince in bontà, in sapienza, in cortesia Bologna niuna dee essere più cara a chi per amore di patria e tenerezza ben intesa di religione gode di vedere primeggiare il laicato nel maneggio delle cose pubbliche. Essa infatti rappresenta quest'ordine insigne, come noma è la sedia del sacerdozio; laonde degnandovi di aggregarmi al vostro numero, come il popolo ro-

8 mano tcstè mi fece dc' suoi , voi ponete il suggello :1d un titolo , di cui vo superbo , c compiete in me il. carattere della cittadinanza latina. 11 dono è tale, o Signori, che non ammette condcgni ringraziamenti. Vero è che voi lo rifioristc di lodi , c per la bocca eloquente dell' Eccellentissimo signor Senatore tcstè di mc parlaste como di un uomo che il meritasse. l\fa ciò in vece di scemare la gentilezza vostra , e la riconoscenza mia , la accresce ; poichè i tiloli di cui discorrete sono anch' essi un dono vostro. A guisa dei magnanimi voi tentate di dissimulare a voi medesisimi l' eccesso della vostra cortesia ; non accorgendovi che col recare a premio ciò che è prctta largizione , voi imitate la Provvidenza , che esaltando c beneficando gli uomini , cumula in essi le proprie grazie. Non posso però dissimulare che se mai gode l' animo di tanta onoranza, mi spaventa il carico che mc ne torna. Jmperciocchè il grado di citt-adino porta scco gravissimi obblighi ; dci quali vorrei sdcbitarmi almeno per qualche parte. Ora in due soli modi il cittadino può fare il suo debito ; cioè colle opere, o coi consigli. La prima via mi è preclusa per mille ragioni che sapete, c pcrchè, se altro

9 non fosso , mi è intcrdetlo dalla sorte tli rimanere tra voi , c si avvicina l'ora , in cui Juvri• schiantarmi da si dolce c onorata conversazione. Hcsterebbe dunque l'altro partito ; ma se io J)Cr servirvi osassi consigliarvi , non eviterei la nota d' ingrato che incorrendo in quella di presuntuoso. lmpcrocchè con che viso potre i io rendermi consultore di uomini sapientissimi ? Che farò dunque ? Piglierò una via di mezzo aprendovi un mio pensiero e sottornettendolo a l vostro giudizio. Se il parere non vi sembrerà fondato , abbiatelo per non detto , se all' incontro vi parrà che non sia affatto fuor di ragione dategli col vostro assenso quell'autorità che non può venirgli dalle mie parole. Già voi forse inl.endele cbo io voglio accennare a l massimo dei negozi , c degli interessi che in questo punto si trattano in Italia , c io1\ della guerra. lo entro con tanto più di fiducia a palesarvi su di esso l' animo mio quanto che mi accordo sostanzialmente con un vostro chiarissimo ingegno che ieri pari~• di ta l materia con grande eloquenza nel Circolo fel sineo. Egli disse fra le altre cose che la guerra di Lomba rdia importa a l decoro di lulli i Principi nostrali cd in particolare alla dignità della sede romana. Il che è induditato; ma io oso aggiugncrc che rileva del pari

t o per la sicurezza; e che si può dire di tal guerra ciò che gli antichi dicevano dei tumulti gallici, in cui si trattava non pur dell'onore e dell' imperio, ma della salute. lmperocchè lasciando stare che se l'Austria vincesse , i nostri principi che mossero con sì nobile ardire contro di essa , perderebbero la loro autonomia, e sarebbero alla men trista ridotti a lla condizione di vicari imperiali. Chi non vede che il nemico non lascerebbe correre il destro di sbramarc l' anlica sete delle Legazioni? Che non istarebbe pago a Ferrara , sì per impelo di riscossa c di rappresaglia , come per tilolo di cautela, e di sicurezza ? Che forse spingerebbe la corsa e l'insulto si no all' llalia centrale ed a Roma, rinnovando gli esempi inumani e sacrilegbi del Borbone, e del Barbarossa? Guai a chi si affidasse che la civiltà presente abbia reso mansueto un Governo barbaro, la cui fierezza è scolpita con caratteri d' infamia, e di sangue nelle pianure Lombardo , e in quelle della Gallizia. La guerra italiana non è dunque una guerra offensiva, ma difensiva, giacchè Roma non può altrimenti preservare l' integrità, e l'indipendenza dei dominii ecclesiaslici. Non è una guerra solamente temporale, ma religiosa e sacra; sia perchè l'indipendenza degli stati

t1 J>ontifici giova assaissimo nei termini presenti al libero esercizio dell'ufficio aposlolico, o perchè tutti sanno quali sieno le massime dell'Austria in opera di religione. L'Austria aspira da gran tempo a fare del Cattolicismo un semplice strumento c quasi una massarizia di Stato ; e la sua ortodossia non è più sincera di quella della Germania accaltolica. Anzi deve essere tanto più sospella , o temula , quanto più ipocrita ; c io trovo meno empio Lutero che trasportato da l furore si ribellava apertamente al Pontefice, che non tanti imperatori , i quali lo adoravano c abbracciavano per incatenarlo. Se i ' Austria predominasse in llalia ci porterebbe col giogo barbarico gli spiriti palerini, ci ridurrebbe in sen ilù la Chiesa, c a lungo andare c' infctterrebbc le mculi c le coscienze; e quello scisma che tcstè si temeva in Allemagna, contaminerebbe le parli più pure della Penisola. lo fo queste considerazioni non solo come italiano, ma come cattolico; e stimo facendole di non contraddire alle inltmzioni del generoso c santissimo Pontefice. Il quale testè proferendo quelle parole cbe furono interpretate in modo così diverso, diede a parer mio una prova novella del celeste suo animo , esercitò il suo ufficio di pacifico

12 conciliatore , c volle l'are intendere ai fi gli rihelli di ollremonte l' ùltima voce amorosa del padre. Ma cbe egli parlasse como Papa , c non come principe , mel mostra il procedere del suo governo; e basterebbe a provarlo l'eroico presidio di Vicenza , che riportò testè sui vincitori la palma della prodezza. Comc Principe, PIO può esercitare i diritti , c vuole adempier gli obblighi del principato ; non può dunque rifuggire da una guerra che essendo difensiva è strettamente legittima e necessaria alla prcservazionc del suo dominio. Sarò io temerario aggiugnerc che può farla eziandio come Pontefice? No, certo, s'egli è vero ch'essa importi al mantenimento dell' indipendenza ecclesiastica , e si richiegga a salvare l' Italia da qucgl ' influssi che riuscirebbero funesti alle sue credenze. Altrimenti convcrria condannare altri Papi di santa c intemerata memoria ; c fra gli 11ltri PIO VI , il quale mosso da ragioni assai meno forti e palpahili delle presenti , dichiarò la guerra alla llcpubhlica francese, aiutandola colle armi spiritunl i della Heligionc. Nè a ciò ripugna l' Allocuzione pronunziata dal rrgnantc Pontrficc ; li alla lJUalc solo si raccoglie , che mosso llal paterno suo animo , egli vorrebbe asll'ncrsi da una guerra (lolorosa , quando il

13 concorso delle armi romane non rosse richiesto ad assir,.urar la vittoria. Ma Vicenza presa, c quasi tutto il Veneto ricaduto in mano al nemico , renderebbero al dì. d' oggi imprudente tale fiducia. Se queste idee, o Signori, vi paiono avere qualche opportunità e ragionevolezza , io vorrei che oratori più di mc facondi, c autorevoli le diffondessero. Molto si è fatto si nora dai popoli italici, ma mollo è ancora da fare. Per quanto sieno eroiche le prove dei nostri militi , io non trovo ancora nella guerra Lombarda il vero carattere di una guerra nazionale d'indipendenza; poichè non vi vcggo il concorso efficacissimo di tutta la nazione. L' esercito non sale a cento mila uomini, dove che con mediocre sforzo , si potria raddoppiare il numero de' combattenti. Quando si tratta d' indipendenza tutta la nazione dcc levarsi come un sol uomo ; c far quello r he fecero i Greci a~ìt ichi e moderni , gli Olandesi , gli Anglo- americani, c gli Spagnuoli nella gloriosa guerra che sostennero contro le armi francesi. Ma se presso di noi , ottimo generahucnlc , da pochi luoghi in fuori , (\ lo spirito delle popolazioni urbane , non s• puo\ dire allretlanto di tutte quelle dci caro pi ; i quali pur danno gli uomini più armi

l.f geri, c più forti nelle ballaglie. li che non accadrebbe se il carattere religioso della guerra italiana fosse posto in maggior luce c aiutasse lo scopo politico ; come quello che da sè solo non è molto efficace sui rozzi intelletti, in cui le ideo di nazione o di patria dormono ancora. Ora a chi tocca l' uiJicio di muovere e di animare gli abitanti delle ville, se non ai Comun i cd ai Parrochi che hanno tanta autorità sugli animi dei loro popolani ? Nè con ciò intendo attribuire ai Chierici Wl carico disconveniente alla sa ntità del loro grado: quasi io volessi mutare i ministri di un Dio di pace in altrettanti banditori di od io fra le nazioni. Tale non è il carattere della guerra italiana, la quale non Yiene mossa nè contro la nobilissima nazione germanica, e nè anco l'Austria, ma bensì contro un governo ingiusto, reo di mi lle scelleratezze. Ai Tedeschi, agli Austriaci mette più conto averci per fratelli, che per conservi , per amici che per nemici ; imperocchè l' Italia aggiogata è loro di gravissimo peso, e alleala sarebbe utilissima per lo ragioni del traffico, e della politica . A qual pregio loro torna il conculcare presso di noi quei santi principii di affrancamento ch'essi attendono a stabilire n!!l loro paese ? Forse la libertà e l'autonomia

16 nazionale sono sacre in Berlino ed in Vienna, inique in l\lilano e in Venezia ? Non che astiare la nazione tedesca, noi non siamo pure avversi alla famiglia imperiale; e se disperiamo di un ramo degenere , saluteremo con gioia quel giorno, che esaltasse sul trono Viennese la linea benemerita e umanissima di Leopoldo, dando alla Germania un pacificatore, e alla nostra llalia un alleato, che non sarebbe men buono e leale del principe. Ridotta a questi termini di moderazione la causa della guerra italiana, non ha nulla che dissenta dagli spiriti miti e cristiani del Sacerdozio; e come indiritta a salvar le franchigie, il decoro c la purezza della religione, è degna di essere patrocinata da chiunque adora il gran nome, e preme le sante vcstigie di PIO.

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