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Andrea Frullin i

Appunti

sulla «nouvelle critique»

I

NVOLONTARIAMENTE

ho seguito, a Roma,

la campagna elettorale della primavera

scorsa. Non che sia riuscito ad averne una

impressione omogenea, ma qualche fram–

mento, certe frasi spezzate, l'eco degli alto–

parlanti , delle musiche,

i

rumori scomposti

ed eterogenei che, rimbombando in Piazza

del Popolo, penetravano in casa mia sgreto–

lati, caotici: come la gazzarra automobilisti–

ca dei tifosi dopo certe partite di calcio.

Con

più

interesse, devo ammetterlo, ho se–

guito le dimostrazioni degli studenti. Il mio

terrazzo inquadra una larga fetta delJa piaz–

za, e

di lì

potevo osservare, anche se non

uc!ire distintamente, quel che stava accaden–

do. Spesso scendendo o rientrando vedevo

le camionette della polizia ,

i

poliziotti as–

siepaci nella raggiera delle strade

circostanti ,

raccolti in nugoli sotto le due chiese.

Ultimamente, poi, mi sono recato spesso

a Piazza Navona, divenuta una specie di re–

cinto o giardino zoologico riservato alle spe–

cie rare, affinché non si estinguano; alle cu–

riosità sociologiche tanto più ricorrenti nei

discorsi quanto meno sono chiare e manife–

ste nella realtà. Eppure si tratta di sconvol–

gimenti autentici, di vuoti sociali che spa–

lancano la gola e aprono voragini che sono

curiose soltanto perché sono incolmabili .

Di

voragini del genere ce se sono state sempre

e sempre ce ne saranno . Si tratta di vedere

le loro dimensioni. I discorsi sono

poco

chia–

ri proprio perché sono tendenziosi: mirano

ad addomesticare, e poi, riflettendo indietro

la loro luce, ad abituare, a cancellare. Cosl

come ci si

è

abituati alla presenza costante

del fantasma di una conflagrazione atomica,

ad una pace mantenuta dalla minaccia co-

stante della guerra, alla scomparsa di un gu–

sto della cultura che indicava una civiltà ba–

sata su qualcosa di più umano dello

stress,

degli interessi industriali e commerciali.

È

stata la scomparsa di una misura che il mec–

canicismo del mondo contemporaneo ha tra–

volto. Ma non ha scritto forse Dostojevski ,

rievocando gli anni della sua deportazione

in Siberia nei

Ricordi di una casa di morti,

che le capacità di adattamento dell'uomo so–

no mostruose?

Adesso si parla talmente di contestazio –

ne che questa parola è divenuta perfino irri–

tante : i baratri non vanno soltanto dimenti –

cati, ma resi cosl insolenti al livello del luo–

go comune da renderli infrequentabili, im–

praticabili al pensiero in maniera che non

possa, non dico posarvisi sopra, ma nemme–

no sfiorarli.

È

cosl che una civiltà arriva al

suo grado più alto di ottusità, fino a essere

sempre sul punto di scoppiare, e non veder–

ne il pericolo. Infatti a Piazza Navona non

si vede. Non

è

che l'argine ha cominciato

a cedere. La misura

è

scomparsa rapidamen–

te altrove : in una cultura franante nelle isti–

tuzioni. Basta citare a caso: le industrie dei

miti borghesi riprodotti in serie, le case edi–

trici, le produzioni cinematografiche, la bu–

rocrazia radio-televisiva, i rotocalchi, le no–

stre università ridotte a strutture simili a

quelle del clero e dell'esercito: architetture

e aule identiche a quelle del Palazzo di Giu–

stizia, che

è

già uno sconcio indescrivibile ...

La destituzione di Jean-Louis Barrau!t dal–

la direzione del

Théatre de France;

oppure

si potrebbe citare dai

Feuillets d'Hypnos

di

René Char:

«

Certi esseri ragionevoli perdo–

no persino la nozione della durata probabi-