RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA : anno lire 5 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un. nu:m.ero separato s Oent. ~O AnnoV. - N. 4. Abbonamento postale Roma30 Agosto1899. Sommario Le ultime elezioni protesta. LA RrvrsTA: Civiltà e militari5mo. (Il grande duello). On. Dr. NAPOLEONCEoLAJANN:I L' A5~enteismo dello Stato Italiano nel Mezzogiorno. Avv. FRANCESCPOALUMB0:Autonomia locale. TRAVET: Gli eserciti e le istituzioni parlamentari. Nor: Per lo zucchero da barbabietola. (Agricoltori e industriali). Prof. AGOSTINO SA VELLI: I conflitti nazionali nella Monarchia Austro-Ungarica. EMILIO V. BANTERLEA: i filosofi. Lo ZoTICo: Per un almanacco che mmca all'Italia. E. G. BoNER: Il Camm1roto. 'R._ivistadelle Riviste. -- 'R,_ecensioni. Si raccomancla vivamente a tutti gli abbonati i quali non si sono ancora messi in regola coll'Amministrazione a volerlo fare con la massima sollecitudine. Il miglior modo per dimostrare la solidarietà o la simpatia per una rivista 'inclipen · clente è quello cli pagarne puntualmente l'abbonamento. La Rivista, che ormai coi premi è diventata semi-gratuita, nulla risparmia, per ·mostrare a coloro che la sosten9ono la propria gratitudine. A risparmio di spese postali, sono pregati gli abbonati che vogliano il nuovo premio ATTRAVERSO LA SVIZZERA del P1•of~ Ettm•e Oiccotti, cli aggiungere all'importo del loro dare centesimi sessanta. Dirigere vaglia e raccomanclate all'onorevole Dr. Napoleone Colajanni - Cast1·ogiovctnni. Per cambiamenti d'indirizzo, od altro che riguardi l'amministrazione della Rivista, dirigersi al sig. G. MONTALBANQ - Via della Vite N. '74, Roma. Leultimeleziopnriotesta Nelle elezioni del r 3 Agosto non dubitavamo della vittoria di Milano e di Ravenna sul nome di Filippo Turati, e di L. Dè Andreis. Qualche timore avevamo per Forlì, per motivi, che non occorre esporre. Confessiamo francamente, pero, che le proporzioni della disfatta dei monarchici di ogni gradazione nella Capitalemorale ci arrecarono la più lieta sorpresa. Tutta la stampa italiana si è occupata del :.;ignificat0della vittoria dei parm1 popolari; e pochi giornali e pochi uomi_nipolitici si sono mostrati tanto ciechi da negarne o attenuarne l'importanza. P,1re impossibile: anche il governo del generale Pelloux si dice ne sia rimasto impressionato, e voglia recedere dal proponimento di procedere alle elezioni genera li! Ma la gioia di siffatte vittorie in noi viene attutita dalla piega che prendono gli avvenimenti in Francia. A nostro avviso - e saremmo contentissimi se ci sbagliassimo - queste scaramucce che si guadagnano in Italia e altrove, non pos5ono esercitare grande infl.\lenza sulle sorti della democrazia, che si decidono al di là delle Alpi. Altri pericoli, che non siano quelli già abbl5tanza gravi, che fa correre il generale Pellou-x, si preparano alla lib· rtà; e tutti dobbhmo tenerci pronti alla difesa estrema. CIVILTÀ.E MILITARISMO (Il gran.de duello) C10 che avviene in Francia, e ciò che ~i preve• de che potrà avvenire tra non guari non può che rattristare profondamente gli amici della libertà più che della repubblica francese. E chi dice libertà intende ci-viltà moderna nell'ampio senso della parola; chè di essa è la prima condizione di esistenza, il lieYito misterioso. Le rroporzioni che ha assunto il processo Dreyfus, e gli episodi che attorno ad esso si vanno svolgendo, incalzandosi gli uni gli altri con vertiginosa rapidità, cominciano a fare disperare anche i più ottimisti s 1 di un esito soddisfacente del grande dramma i cui attori principali stanno a· •
RlP'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Rennes, ma la cui azionè si propaga in tutta la Francja. A tale dramma l'umanità non da semplice spettatrice commossa assiste, ma pu6 dirsi che vi partecipa, o se non altro fa da coro. La sentenza della Cassazione, tanto onorevole per la magistratura francese, che ordinava la revisione del processo Dreyfos e dimostrava la insussistenza delle antiche accuse, ne faceva ritenere certa l'assoluzione; e coll'assoluzione si sperava di assistere ad un grande trionfo della giustizia. Il contegno dei giudici di Rennes, invece, lascia prevedere che la grande infamia verrà suggellata da una nuova e più mostruosa condanna, le cui conseguenze saranno assolutamente incalcolabili. Indici dei sentimenti del Tribunale di Rennes sono tra tanti: il denegato rinvio per pochi giorni del processo dopo il tentato assassinio dell'avvocato Labari, e la frase brutale, che secondo Gerault Richard, sarebbe stata pronunziata dal Commissario del Governo all'annunzio del nefando attentato (1). Il Comandante Carrière avrebbe riconosciuto nella palla assassina che aveva colpito Labari il dito di Dio, che aveva ristabilito l'equilibrio tra l'accusa e la difesa... I delitti dello Stato maggiore francese e dei suoi complici civili (?), che vanno dal falso all'assassinio, sollevano dappertutto un grido di orrore; ma chi conosce la rabbia da cui sono dominati gli u9mini e le collettività, che incarnano una istituzione ferita a morte, non se ne sorprende. Infatti a Rennes non è più in giuoco la libertà e l'onore di un soldato_, di un cittadino francese; ivi, moralmente, l'accusato è il militarismo che dappertutto si sente minacciato dall'onda irrompente della democrazia, e che dalle circostanze in Francia è stato trascinato, non potendo massacrare nella strada i nemici, alle supreme infamie. Prima che avvenisse il turpe attentato contro Labari, quale fosse la situazione reale l'aveva annunziato uno degli atleti che combattono per la giustizia e per la libertà. Giorgio Clemenceau, ammalato, l'aveva delineata in una lettera nella quale consigliava di adottare a Rennes una tattica di vigorosa offensiva e di verità audace. « Siamo noi, « egli scri:;se, che innanzi al mondo civile <lobbia- « mo erigerci ad accusatori. Siamo noi, che dob • « biamo dare la prova di. tutti i delitti e denuncia- « re tutti i delinquenti. E la coscienza umana, che « è la grande forza; è ad essa che dobbiamo in- « dirizzarci; è in essa che Dreyfus, cui si dà la « caccia come ad una belva, inseguito dalla men- « zogna e dall'odio, troverà un asilo ». L'assassino di Labari pensò a derubarlo delle carte che portava seco mentre cadeva colpito a tradimento; e tra le altre s'impadroni di questa lettera di Clemenceau il cui contenuto ci è stato rivelato da J ean J aurés, È T ean J aurés, il San Paolo di questa grande battaglia giudiziaria, che in uno dei suoi eloquenti articoli della Petite repubblique - r 8 agosto - delinea il vero carattere della lotta. « Da questa mat• « tina in poi, egli conclude, il campo di battaglia « si è improvvisamente ingrandito. Non si tratta « più solamente del procc sso del r 894 : il processo (1) Petite 1'epublique. N. 6526 del 18 Agosto i899. « Esterhazy, il processo Zola, l'istruzione contro « Picquart ricominciano. Tutte le macchinazioni « dello stato maggiore d:i cinque anni in quà si « rinnovano. Tra la verità e la menzogna, tra l'i'n- « solenza dellaforza e la serenitàdella legge, tra i « carneficie il martire, tra la repubblicae il cesari- « smo, tra le istituzioni civili e la sciabola, la batta- « glia e impegnata aspra, disjJerata,senza pietà e non « avrà termine che colla distruzionedi uua delle due « armate di fronte ». . Così è ; e cosi deve essere. Il processo, che si svolge a Rennes non colpisce il solo militarismo francese: disonora il militarismo in genere. Ed è questo il lato, che in certa guisa conforta in tanta abbiezione. I conservatori e i reazionari di Europa sentono tutta la importanza e la estensione dell'avvenimento e cercano separare le responsabilità. Un giornale italiano, ad esempio, s-'indigna perchè in Francia si sono sollevati dubbi sulle recise smentite dei colonnelli Schneider e Panizzardi, e intima : se potete disprezzare quei che compongono il vostro stato maggiore non avete il diritto di dubitare della parola dei militari delle altre nazioni, che sono uomini di onore ! Adagio con questi risentimenti patriottici! In quanto a scelleratezze contemporanee per mettere le Gose a posto basterebbe ricordare quelle dei Bianco, dei Weyler a Cuba e alle Filippine. É lecito, del resto, il dubbio sulle dichiarazioni degli addetti militari presso una qualsiasi ambasciata, perchè la loro fun7.ione basata sullo spionaggio e sulla corruzione è ufficialmente e sostanzialmente immorale. Questa funzione verrebbe meno il giorno in cui mancasse nei traditori e nei corrotti la sicurezza di non essere denunziati da coloro che se ne sono serviti. ( r) (1) Il giornale cui abbiamo alluso è il Il Fanfulla di Roma. Ora con nostra sorpresa, mentre correggiamo le bozze di stampa, leggiamo in un numero successivo (23 agosto) un articolo : La Germania 1w11 parla f... in cui si giustifica pienamente il nostro ragionamento sui motivi che potrebbero indurre i francesi a sospettare delle sincerità delle smentite degli addetti militari. Dice, a proposito degli inviti reiterati fatti a Schwarzkopfen, tra le altre cose : « A parte il sentimento umanitario, degno di tutto il rispetto, che può aver ispirato la campagna per le rivelazioni diplomatiche e le pubblicazioni dei documenti - non si può dare, politicamente e socialmente parlando, ingen~·ità maggiore di quella di pretendere che ciò avvenisse. » « Ma come ? La diplomazia, anche se non è più, come diceva Talleyrand, l'art~ di mentire, si basa tutta sulla reciproca fiducia, condizioni che la devono rendere assolutamente misteriosa e segreta. E voi volete che i diplomatici, e gli addetti militari sono leali per eccellenza; mettano in piazza loro segreti, o piuttosto i segreti degli altri, tadiscano i loro agenti, e per salvare un disgraziato perdano il loro paese ? » « Evvia !... Ma ove sarebbe allora chi, non solo confiderebbe o venderebbe un segreto ad un addetto militare, ma chi vorrebbe o potrebbe trattare coi diplomatici di altri paesi dal momento che non fosse più sicuro che il segreto delle trattative non verrebbe o prima o dopo in piazza? E allora che ci starebbero a fare i ministri degli esteri, gli ambasciatori, gli incaricati di affari e i dragomanni, i conso1i e persino gli uscieri dei ministeri degli esteri e delle ambasciate e dei consolati ? »
. ' ì ,· i I I \ l i ~ "' I 'R. .IVISTA POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Il militarismo, come istituzione, si comprende perfettamente che debba combattere in Francia la sua estrema battaglia; e si spiega anche come e perchè abbia scelto le armi più vili e più insidiose: le circostanze non gli hanno lasciato la libertà della scelta. La ragione della violenza estrema della lotta, come venne delineata da J ean J aurés, sta nella antitesi fondamentale e ineliminabile tra la democrazia e il militarismo, il quale non deve confondersi colla organizzazione militare destinata alla difesa dello Stato. La lotta feroce, a morte, doveva esplodere in Francia, perchè la Francia per lo appunto è il primo_ grande S.tato ~el co~tinen;e Europeo, ~he si avvia a grandi passi verso 11 regime democratico. Si avverta intanto che questo antagonismo irreconciliabile tra democrazia e militarismo non è una comoda trovata di circostanza; ma venne segnalato da tempo immemor"abile, e, dove fu libertà vera, fu tradotto in leggi ed istituzioni. Roma repubblicana non permetteva che gli eserciti vittoriosi si avvicinassero alle mura della città; e quando il Rubicone da un esercito venne valicato la repubblica fu uccisa. L'Inghilterra, la grande erede di Roma, annette la massima importanza alla annuale votazione del mutiny act, che provvede al 1nantenimento dell'esercito, ed ha tutta una orga- .nizzazione di difesa, che esclude la sopraffazione della libertà per opera del militarismo. È sterminata la lista dei politici e degli scrittori che hanno illustrato questa inconciliabilità di coesistenza tra militarismo e democrazia; qui se ne ricorderanno due, che sono veramente tipici e che scrissero in riviste e giornali, che rispecchiano nel modo più autorevole le tendenze conservatrici - le meno sospette a voler mettere in cattiva luce il militarismo. Sully Prudhom.ne - uno dei più celebri scrittori contemporanei che abbia la Francia - quando l' affaire non era ancora al parossismo attuale, nella Revue des Deux Mondes ( r 5 Giugno 1898), in un articolo dal titolo sintomatico, Patrie, Discipline, Armée, in nome del p.1triottismo enfatico glorificò il militarismo e la guerra per riuscire alla constatazione del contr2 sto ineliminabile. cc L'obbedienza, cieca, passiva ai superiori è necessaria nell'esercito, egli scrive. Ma questa passività è in contraddizione coi costumi e i principi democratici che proclamano la libera discussione di ogni misura! che interessa il b~ne. p~~blic?· L~ leggi democratiche danno ad ogm c1ttadmo 11 diritto di far pesare il proprio voto nella bilancia po• litica. Lo spirito militare gli nega questo diritto quando è sotto le bandiere. Allora il soldato ubbidisce ed abdica alla sua volontà. Di piò: i costumi democraticinon sonodi tale natura da sviluppare il coraggiomilitare, che esigeun gLneredi costanz.ae di paz.ienz.aparticolari. Addolcendosi esse divengono necessariamente un dissolvente dello spirito militare, che si perde se cessa di attingere la sua efficacia in una disciplina severa. Che fare dunque? « Poichè nello stato presente del mondo, il can· none è più che mai l' ultima ratio del diritto delle genti, l'arbitro della sorte dei popoli, la ripugnanza alle opere della forza dev'essere dominata, vinta in noi dalle lezioni dell'esperienza e dalla devozione alla patria, all' ideale che essa rappresenta sulla terra, e che si tratta di difendere contro la stessa forza. È, dopo tutto., un sacrifizio che s'impone a tutte le nazioni civili, e tanto più imperiosamente, quanto esse sono più civili e che esse per conseguenza hanno da salvare delle conquiste morali più preziose, l' instituzione della giustizia, la sicurezza del lavoro, degli agi, in una parola tutto ciò che vale la pena di vivere. » (1) Nulla di più vero dell'antitesi fondamentale tra disciplina militare e democrazia constatata dal Sully-Prudhomme, il quale in nome della_ revanche - l'ossessione che perderà la Francia - si dichiara disposto a sacrificare la seconda al militarismo. Ma ciò eh' è strano davvero, è che nelle colonne del Figaro, prima che spuntasse l' affaire e che il grande giornale parigino frondeggiasse, un anonimo, vi abbia pubblicato ·una serie di acutissimi articoli nei quali era dimostrata la impossibilità della coesistenza dei grandi eserciti coll' attuale disciplina militare e della democrazia, preconizzandovi con malcelata malinconia il trionfo finale dello spirito democratico. Gli articoli, ripetiamo, erano firmati con uno pseudonimo ; ma se ne assegnò la paternità, senza che il padre putativo protestasse, ...... al Generale Gallifet. ( 2) Non c'è dubbio che la vittoria finale tra la democrazia e il militarismo. tra lo spirito del progresso e quello della distruzione , rimarrà alla prima : la prof ezia del generale Gallifet ha il valore di una induzione storica. In questo momento, però, temiamo fortemente che la reazione possa prevalere in Francia. Gli uomini, che stanno al governo affidano, che non ci saranno tradimenti in alto ; e la presenza di Millerand nel ministero W aldeck - Rousseau è una grande garanzia, di cui speriamo che sapranno apprezzare il valore le Assisie socialiste, che giudicheranno di questo suo magnanimo atto di abnegazione. Si può stare sicuri che il grido lanciato da J ean J aurés : repubblicains,debout ! penetrerà in milioni di cuori e che milioni sono i cittadini, che vigilano a difesa della repubblica e della libertà. Non ci nascondiamo, però, che siamo trepidanti sulle sorti delle libere istituzioni di oltr' Alpi. L' esito del processo Dreyfus è sempre un incognita paurosa. Temiamo che il Tribunale di Rennes scelleratamente confermi la condanna ; e in questo caso nessuno può prevedere a quali eccessi scenderebbe il militarismo legalmente trionfante, nè quali controreazioni determinerebbe il (1) Pasquale Turiello - un reazionario sincero, un re!ore del patr~ottism_o - per la ~entesi~a volt_a ~ colla mill~s1ma rievocaz10ne d1 Campofonmo e d1 Venezia imbelle ha npetu• to mettendovi di nuovo una citazione... di Platone, che la pace corrompe e infiacchisce. (La co11ferenza dell'Aja. Nella Nuova Antologia del 15 Agosto 1899). Per questi cupi apologisti della forza la s_toria ~ontei:npor:inea n?n es!ste, : _nulla a loro insegna l'energia dell Inghilterra, degli Stati Umt1, della Svizzera, della Scandinavia. Nè si accorgono che le nazioni più fiacche in Eurooa sono la Francia e la Spagna che hanno fatto molte ou~rre e sono corrose dal militarismo. (2) Da ne~suno abbiamo visto ricordat~ quest~ cir~ostanza. La quale ci se~bra _che poss~ ?are la chiave p~1colo&1C~aella presenza di Galhfet m un mm1stero democratico, d1 cm fa parte il socialista Millerand.
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALl fatto inaudito. Se la sentenza fosse di assoluzione, chi potrebbe garantire che il militarismo si rassegnerebbe alla irreparabile disfatta ? La condotta dei Negner, dei Roget ecc; il referendum Maillard tra gli ufficiali, per s~pere se erano favorevo;i o c?n~ trari alla repubblica; le cento altre mamfestaz1001 analoghe di militari l' incidente Christiani-Lou bet, la cospirazione orleanista· e imperialista scoperta ecc. ecc., dicono apertamente che i capi dell,esercito sono decisi ad un pronunciamento ~n fo.vore di una restaurazione qualsiasi. . Ciò che non riusd il 16 Maggio quando la repubblica era nelle mani di un soldato fedifrago, il Mac Mahon, potd riuscire oggi, perchè la memoria delle vergogne imperiali è infiacchita e il militarismo disperatamente lotta per non morir e affogato nel fango. La passione antisemita, l'avidità dei cento Catilina che sperano arricchirsi colle spoglie della Francia, il desiderio della revauche in moltri altri, le forze poderose del clericalismo che odia la repubblica nonostante gli accorti accomodamenti consigliati da Leone XIII, sono tanti spaventevoli coefficenti della probabile vittoria del militarismo. Nessuno infatti può negare che gran parte della opinione pubblica in Francia sta in favore dello StatO Maggiore· contro Drq,fus ; ed a parte il significato delle solidarietà di Cavaignac, di Millevoye, di Rochefort, ecc., col mostro militare, deve im; pensierire lo stesso grottesco assedio della via Chabrol. Non sarebbe possibile se il Guerin e la sua causa non trovassero losche simpatie nel popolo parigino. In ogni modo la guerra civile pare che debba uscire inesorabile dalla sentenza di Rennes ; ed una guerra civile dinanzi alla quale impallidiranno i ricordi del 1793 e quelli più recenti della Comune. Se trionfasse il militarismo - sia colla repressione della protesta repubblicana e socialista in nome della giustizia, sia colla vittoria di un pronunciamento imperiale -0 orleanista - non c'è dubbio alcuno che avremmo inmediatamente la guerra, nella quale il militarismo e la Francia che lo ha pazzamente alimentato troverebbero la loro tremenda punizione; poichè a nessuno può venire in mente che coll'anarchia nel paese e nell' e5ercito, colla spaventevole demoralizzazione e inettitudine dei Pellieux, dei Gonse, dei Boisdeffre, dei -Mercier, ecc. la vittoria possa arridere ai soldati della Francia. Alla guerra, intanto, il canagliume militaresco sarebbe fatalmente costretto per giustificare il proprio delitto. La Francia, vinta, squartata di nuovo più terribilmente, significherebbe la soppressione. almeno temporanea, del più grande focolaio d'idee generose e di slanci nobilissimi. Dappertutto nel continente europeo le libere istituzioni, già ridotte al lumicino, correrebbero grave pericolo~ e seguirebbe, come dopo il 1815, un periodo non breve di feroce reazione, di cui si hanno i prodromi in molti punti. Il faro della liberrà forse non rimarrebbe acceso che sulle coste dell'Inghilterra. Dimostrato che al processo di Rennes potendo seguire la rivoluzione in basso o il pronunciamento in alto, e dell'uno e dell'altro l'esito più probabile potendo essere la guerra e la temporanea soppressione delle libtre istituzioni; egli è evidente - e pochi se lo n 1sc0ndono - che il grande dramma interessa tutta l'Europa, necesariamente solidale colle sorti della Franci:1. La battaglia ·impegnata a Rennes non è semplicemente nazionale, ma vi sono in giuoco le sorti della libertà e della civiltà in tutto il vecchio continente-. LA RIVISTA. L'ASSENTEISMO DELLSTATIOTALIANO NEL MEZZOGIORNO Una delle cause, che acuirono maggiormente il dissidio tra l'Irlanda e l'Inghilterra, e. determinarono il crescente depauperamento delìa prima a beneficio della seconda, venne riconosciuta nell' assenteismo. In che consista questo fenomeno è noto : nelle ricchezze di ogni genere prodotte in un paese, consumate in un altro. I land lords proprietari del suolo dell'Irlanda non vivono sulle loro terre, ma ne esportano la maggior parte del reddito ne~to per consumarlo a Londra o in altre contrade della Gran Brettagna. D'onde il processo continuo di depauperamento subito dall'Irlanda ed aggravato o completato, terribilmente, da un sistema d'imposte che le fa pagare più di quello che dovrebbe, come può rilevarsi dagli studi. Presso ogni nazione c' è stato sempre da deplorare un poco di assenteismo; di questo male soffrono in genere le campagne e i piccoli centri, i cui prodotti vengono consumati_ nelle grandi città e nere capitali, dove di ordinario risiedono i grandi proprietari, che vi agiscono da pompe aspiranti delle ricchezze locali. Lo Stato agisce come i grandi proprietari in genere, in ispecie dov'è molto centralizzato ; per ragioni molteplici può aggravare a danno di alcune regioni la sua azione depauperante, spendendovi molto meno di quello che dalle medesime trae sotto forme varie d'imposta. In questo caso lo Stato rappresenta nè più nè meno il land lord inglese rispetto all'Irlanda, e genera il doloroso fe · nomeno dell'assenteismo, rendendo assai più esiziale le conseguenze di un fiscalismo spietato. Dove i singoli frammenti dello Stato sono cementati colla forza ·della conquista, finiq uità del1' assenteismo può essere cosciente, voluta dalle classi e dalle contrade vittoriose. Può anche darsi che il fenomeno sia incosciente e determinato anche da altre cause complesse, che non derivano dalla malignità degli uomini. Il male, in ogni modo, venne sempre deplorato da coloro che ne furono le vittime, anche quando d~versamente lo denominarono, ma lo sentirono e giudicarono oppressivo. Contro l'assenteismo dello Stato protestarono energicamente in tempi a noi vicini i Giovani Cz_echi, sostenendo che l'Impero Austriaco spendeva in Boemia molto meno del prodotto che ne ricavava dalle imposte; e di questo denunziato assenteismo si servirono per rinfocolare l'odio contro l'elemento tedesco e per sviluppare e diffondere il sentimento dell'autonomia. * * * Il prodotto delle imposte di una regione, di un frammento di una nazione può essere speso prevalentemente altrove in modi diversi. Lo Stato }
'l{_IVISTAPOPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI assenteista può riuscire alla sperequazione locale nella spesa impiegando le somme ricavate dalle imposte nella soddisfazione di alcuni bisogni, più o meno forti a seconda del grado di civiltà niggiunta. Quando questi bisogni sono tra quelli maggiormente e generalmente sentiti, la sperequazione, che è causa ed effetto ad un tempo dell'assentei.'mo dello Stato, è visibile e si rende odiosa. Spendendo di più in una regione per la diffusione della coltura; per la costruzione di strade, canali, porti ecc.; per alimentarvi grandi industrie, che possono servire ai fini dello Stato - fabbriche di armi, costruzioni di navi, fabbriche di tabacchi ecc. ecc. - lo Stato produce nelle regioni fa\orite un'.maggiore aumento di coltura e di benessere economico, che viene facilmente avvertito dalle regioni che sentono le conseguenze dell' assenteismo, perchè è del pari facilmente avvertibile il dislivello creato nelle condizioni materiali, intellettuali e morali tra le contrade sottoposte a disuguale trattamento. L'obietto della sperequazione nella spesa tal'altra è di quelli che meno facilmente avvertivasi per lo passato, sebbene fosse stato sempre vagamente intuito dalle masse popolari; è questo il caso della diversa distribm:ione delle spese militari. Dico che il valore del fenomeno veniva vagamente intuito, perchè è noto che in generale tutte le cittadinanze ambiscono la sede di un reggimento, di un battaglione, di una compagnia quale elemento di una prosperità locale. Oggi si procl!de a discussioni più ordinate sulle conseguenze economiche della diversa distribuzione normalè delle truppe; e sul proposito sono tipiche quelle relative alla Finlandia ed all'Ungheria, sebbene condotte da diversi punti di vista. In Russia si sollevarono proteste contro la condizione economica privilegiata, che venne fatta alla Finlandia pel passato. Il Baschmatrnff, ad esempio, sostenne che la prosperità indiscutibile di cui gode la Finlandia è un dono della mano degli Czars, e una pianta di serra calda pietosamente coltivata dalla mano della nazione russa. Il mezzo principale con cui la Russia la favorisce riguarda la spesa e le imposte pel mantenimento dell'esercito. Baschmakoff compara le somme sborsate dal governo imp~riale per coprire le spese di cantonamento delle truppe russe nel Granducato, ad una miniera d'oro che versa sopra ogni Finlandese tre volte e mezzo di più di oro che le miniere dell' Ural e dell' Altai non versino sui Russi. Questa osservazione acquista maggior valore dal tentativu di risposta data da un difensore delle regioni della Finlandia. Il Mechelin, infatti, non nega la sperequazione tra la spesa e l'imposta, ma scorge un compenso nella sperequazione commerciale ; dappoicchè la Finlandia spende annualmente per mercanzie russe da 47 a 60 milioni, mentre la sua esportazione in Russia non è stata che di 32 a 43 milioni per gli anni I 889- 99. Soggiunge che se la Finlandia corrisponde in proporzioni minori del resto dell'Impero alle spese militari, ciò corrisponde a giustizia: i Finlandesi, pronti a qualur,que sagrifizio per la patria, ncn sono obbligati a seguire 11 volo lontano dell' Aquila russa; i fini e gli < bb:etti-vi della politica estera della Russia non hanno che vedere cogli interessi della Finlandia. (La question de la prosperitéfinlaudaise et ses causes extert'e-ures. Nella Revue politique et parlementafre. IO Settembre e 10 Dicembre 1896). Questo della Finlandia è il caso inverso dello assenteismo; ma i lamenti e le proteste dei russi e del Baschmakoff provano quali sono le vere conseguenze economiche del medesimo e ne costituiscono la controprova. In Ungheria furono direttamente accampate queste conseguenze della maggiore spesa militare in Austria per giustificare il minore contributo del regno di S. Stefano nelle spese comuni dell'Impero pel mantenimento dell'Esercito. La controversia sorse a proposito delle discussioni sulla rinnovazione del compromessoaustro•ungarico, ed ebbe carattere ufficiale. Il D.r Folk, direttore del Pester-Loyd e relatore dell'apposita commissione parlamentare ungherese, alla nota redatta dal Deputato austriaco D.r Beer (25 Marzo 1896) nella quale si constatava che il ccntributo ungherese era minore di quello che doveva essere tenendo conto della popolazione e della ricchezza dell'U ogheria, rispondeva (2 5 aprile 1896) essere, giusto che fosse minore perchè le guarnigioni sono più numerose in Austria che in Ungheria. (R. Chelord: Le compromis Austro Hongrois et son renouvellementen 1897. Nella Revue p(Jlitiqu-;J et parlmnentaire 10 Marzo 1897). Gli Uugheresi la vinsero e il compromesso promulgato dall'Imperatore ha sollevato in Austria molti malumori. :;: * * In Italia l' asswteismo dello Stato si svolge a tutto danno dell'Italia meridionale e delle isole; ciò che dimostrerà in maggiore ampiezza il professore Nitti in un libro interessante di prossima pubblicazione. L'Italia Settentrionale per i lavori pubblici, per l'istruzione e per le spese militari si trova nel caso della Finlandia. L'Italia Meridionale ed insulare che paga in proporzioni maggiori della propria ricchezza, come dimostrai in precedenti articoli ( Giustizia fin de siècle, e Distribuzione regionaledella niiseria in Italia. 7\_ivistaPopolare. Anno 2° N. 23 e Anno ,° N. 1), si trova nelle condizioni dell'Irlanda per l'assenteismo dello Stato e in quelle particolari dell'Ungheria per la disuguale distribuzione dell'esercito. Con un regime federale avrebbe il diritto di contribuire mEno del resto della penisola sulle spese di mantenimento dell'esercito. Riserbandomi di trattare separatamente della sperequazione nelle spese per l'istruzione e pei lavori pubblici, oggi voglio accennare soltanto a quelle militari. Da calcoli fatti presso il Ministero della Guerra risulta che per l'anno 1897 98 le spese ordinarie per l'esercito furono L. 222,000,000. La somma in cifra tonda pu6 essere così distinta: L. 2,400 ,ooo di spese generali. » 57,840,000 per provviste di vettov., tessuti ecc. » I 62,000,000 di spese effettuate nel territorio dello Stato in proporzione della forza dislocata. Non c'è da fare osservazioni sulle spese dell'amministrazione centrale. In quanto all'ultima somma L. 85,880,000 vennero spese nella parte dell'Italia al Nord della linea Massa-Rimini; e L. 91,360,000 nelle provincie dell'antico re!-no delle Due Sicilie.
66 'R..IVISTAPOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Non mi riuscì di ottenere notizie sulla ripartizione della spesa della seconda categoria; ma anche ad essere larghi si può ammettere ch'essa avvenga nelle proporzioni della terza. Cio pel bilancio ordinario della guerra ; nella parte straordinaria destinata a fabbricazione di fucili, cannoni ecc. e nelle fortificazioni. Chi conosce la storia delle guerre italiane e della organizzazione della difesa nazionale comprende che in una misura maggiore la spesa si sia verificata sul passato e continuerà a verificarsi pel futuro nell'Italia Settentrionale. La sperequazione, infine, è enorme nella spesa pel bilancio della Marina. Nel solo arsenale della Sp,ezia si sono spese circa 140 milioni ; non si arriva ai 40 tra Napoli, Castellammare e Taranto. Nulla o ben poco si è speso in Sicilia. La spesa per mantenimento degli equipaggi e delle navi segue per lo meno la legge di distribuzione della spesa pel mantenimento dell'esercito. Un ultimo rilievo. Si sa che nel bilancio dello Stato pesano fortemente le pensioni; delle quali circa 40 milioni vengono assorbite dagi ufficiali di terra e di mare. Ora da uno studio del D.r Livi, capitano medico, risulta che il settentrione dà la maggiore proporzione degli ufficiali. Questa diversa proporzione ai due estremi viene rapprèsentata da un massimo del 60 per 010 nel circondario di Torino e da un minimo del 10, 8 per 010 in quello di Palermo. (Saggiodi ieograjiadelmilitarismoin Italia. ,. Roux e Frassati. Torino). Anche sotto questo aspetto, quindi, lo Stato spende assai di più nel Nord che nel Sud della penisola e in Sicilia. *** Di fronte a queste constatazioni, facilmente si puo rispondere che se sperequazione c'è in Italia, in quanto alle spese militari essa viene fatalmente determinata dalla configurazione geografica della penisola, che vuole concentrata nelle Alpi e nel grande bacino del Po la difesa nazionale. La risposta solo in parte è giusta; ma essa non distrugge le conseguenze economiche, che fatalmente derivano dal fatto, e che fanno dello Stato il grande assenteista àel mezzogiorno e delle isole. Lo Stato vi prende molto sotto forma d'imposta, e vi restituisce poco sotto forma dr spesa. Deriva dalle precedenti considerazioni che lo incremento nei bilanci della guerra e della marina riesce maggiormente dannoso al mezzogiorno ed alla Sicilia; che in questa guisa vengono giustamente punite dalla loro megalomania, che esige un grande esercito ed una flotta poderosa. Intanto, - vedi contradizione psicologica ! - le regioni, che impongono al Settentrione la politica militaresca, sono per lo appunto quelle, che, secondo le ricerche diligenti del D.r Livi, offrono la minima tendenza alla vita militare ! Dr. NAPOLEONE COLAJANNI. Depiitato al Pat·lamento D.r NAPOLEONECOLAIANNI L'Italia nel 1898 (Tumulti e reazione) AUTONOMILAOCALE L'accentramento mostruoso che si è mano mano impradronito del nostro paese, la cui indole, le cui tradizioni e la cui disposizione geografica parevano fatte a posta per escluderlo, è la causa precipua dei gravi perturbamenti che si manifestano nella vita pubblica locale. Il governo mira sempre più alla centralizzazione definitiva, per.:hè così può meglio ~sercitare la sua azione governativa, tornandogli comodo di tenere nelle mani la massima quantità di forza e di potere a danno delle località lontane, ove non è presente. Non contento di avere concentrate tutte le attribuzioni dell'autorità politica, ha aumentato l'ambito di quest'autorità, · attribuendosi una grande quantità di funzioni che non hanno alcun rapporto diretto con l'esercizio del potere. In tal modo ogni amministrazione locale è sparita per essere sostituita da un'amministrazione generale esercitata dallo Stato, o sotto la sorveglianza di questo, nella quale gli enti locali, privati di ogni vitalità non sono che delle astrazioni. Viene in tal mcdo rallentato l'andamento degli affari e degli interessi locali, lentezze che diventano an:ora più grandi perchè il governo, carico di oneri diversi, trascura le cose, o le ritarda oltremodo ; donde deriva il torpore generale. Non è punto necessario che il governo intervenga continuamente nei singoli affari degli enti locali, e tanto meno che usurpi quei diritti natu• rali :tppartenenti ai cittadini, che dovrebbe invece garantire e proteggere. E se è vero che non è permesso a un governo di sconoscere o manomettere questi diritti, allora ne viene la logica conseguenza che l'accentramento, limitando l'attività locale, costituisce una vera e propria usurpazione. Per quanto il centro deva essere forte e resistente, pure non bisogna, per rinvigorirlo, scuotere dalle fondamenta la periferia, impoverendo le singole cellule. I bisogni dei comuni, o non sono soddisfatti, o lo sono incompletamente e con enorme dispendio ; mentre la grande lentezza impedisce la produzione, uccide e soffoca fin dal nascere l' attività economica più efficace. Le forze degli enti locali possono forse sembrare mediocri ; ma la storia del genere umano è ri.:ca di esempii che provano come la forza interna abbia potuto equilibrare e sorpassare l'esterna; ed è appunto in ciò che si· sviluppa la potenza illimitata dello spirito pubblico, nata dal sentimento e dalla coscienza di essere liberi ( r.). Il de Torqueville (2) scrisse una frase memorabile : in politicasi deve accentrarei,n amministrazione decentrare. L'amministrazione infatti dev'essere tenuta da coloro cui interessa direttamente, perchè i bisogni locali sono compresi meglio nelle particolari associazioni, anche meno perfette, ove la coscienza è più viva, piu immediata, e più energico lo stimolo che previene il bisogno stesso. Nella vita locale sta la forza dei popoli liberi, perchè le istituzioni colT'unali stanno alla libertà come le scuole primarie alla scienza; e senza di (1) V. Herren - Polttique et cowmercedes pettplesde l'antiquité. - Rau - Finanz.enwissenschaft. (2) V. de Tor9ueville - 1Je111ocrateieu Ameri~ue. . '
RIVISTA POPOLARE DI POLI1JC~ LETTERE E SCIENZE SOCIALl ciò presto o tardi si arriva al dispotismo. Ogni individuo obbedisce alla societa; non perchè sia inferiore a chi la dirige, o meno atto degli altri a governarsi da sè; ma perchè riconosce utile l'as • sociazione coi suoi simili, la quale è infornpta a un principio di libertà. Dal principio della sovranità del popolo, che è la fonte di tutti i pubblici poteri, nasce quello della libera ammi11istrazione locale, la quale è fondata sulla capacità che si presume abbia ognuno di regolare le faccende proprie. Lo Stato è una formazione posteriore; ed esiste nella soc:età, la quale non è punto in essopersonificata; ed essendo multipla la sua amministrazione, questa dev'essere necessariamente divisibile. Lo Stno non può surrogarsi alle associazioni primitive col distruggerle ; ma deve agire invece legandole in società più perfetta. E come è poco assennato il dire che un organo, nella vita animale, possa dirigere le funzioni degli oltri organi ; così lo è nell'economia sociale, H pretendere che un ordine di lavoratori governi tutti i lavori locali o li compia tutti, non avendone la pratica occorrente, nè risentendone l'immediata urgenza o necessità (I). In Inghilterra, fin dall'origine della libertà di quel popolo, noi vediamo che il ci1 .tadino cerca di conservare il maggiore potere possibile che già eser-- citava nel piccolo stato primitivo. Più lo stato si allarga e più scemano le sue attribuzioni, rimanendo affidati ai corpi locali tutti gli affari di interesse che riflettono quel determinato nucleo di persone. E quella popolazione deve alle antiche istituzioni locali, conservate intatte finora, la libertà politi ca e il grande ordinamento costituzionale; perchè, associati tutti pel bene comune, ogni centro,· autonomo e libero, curò e cura tuttora i proprif interessi particolari. E necessario quindi e urgente ridare ai comuni la propria antica autonomia, affrancandoE finalmente dall'umiliante e assidua tutela che ne impedisce la libera espansione. L'amministrazione dev'essere libera in tutti i suoi atti; deve regolare a suo talento, e senza mortificanti ingerenze, lo svolgimento della propria energia e la soddisfazione dei proprii bisogni. In tal modo i liberi cittadini hanno parte attiva nell'amministrazione dei loro interessi, si abituano a considerare la respubblica come cosa propria, e educano lo spirito a concorrere all'attività dell'azienda locale, che ha bisogno di forza viva e di energia costante per comb.utere contro la parabola dei tempi; essendo H popolo unico giudice e consapevole di quanto possa occorrere al suo benessere economico (2). La ragione dunque, la natura, la pratica, la storia ci dimostrano che la tendenza razionale e giusta sta pel decentramento. Se vi ha popolo al mondo, la cui indole, la cui tradizione siano incompatibili con l'accentramento, è appunto l'italiano. L'individualità ha fra noi un immenso sviluppo; non v' ha comune che non abbia una storia gloriosa; e possiamo dichiarare sicuri che tutto quanto si è fatto di grande e di bello nella peni- (1) V· Wagner A. - Scienza delle Finanze - Reitzenstein - Finanze locali. (2) V. Brunialti A. - La libertà nello stato moderno. sola è dovuto all'opera municipale, alla potenza dei singoli enti locali. Col decentramento soltanto, e col rendere autonomo il comune, potremo sperare di restituire al paese, lasciando libera l'iniziativa locale, quella prosperità economica, che un tempo fu glorLt dei comuni d'Italia. Avv. FRANCESCOPALUMBO. Glei serceilteiistituz~ioa~rliame~tari Perchè le istituzioni parlamentari funzionano relativamente bene in Inghilterra e vanno invece a rotoli sul continente europeo ? A spiegare questo fenomeno ha fatto molta fortuna fra gli orecchianti di sociologia la « razza latina ». Benedette razze, che servono tanto bene a tappare i buchi della n0stia ignoranza; esse compiono oggi nella pseudo-sociologia antropologica la stessa funzione, che in metafisica compiono le parole dio e anima : qual'è l'origine del mondo? Dio; qual' è l'origine dei fenomeni psichici? l'anima ; perchè nei tempi classici Roma conquistò il mondo ? perchè la razza latina è razza conquistatrice; perchè nel secolo XIII l'Umbria fu centro del grande movimento religioso rappresentato da Francesco d'Assisi? perchè la razza umbra è razza mistica; pnchè nel secolo XV l'Italia fu centro del movimento artistico? perchè la razza italiana è razza artistica; perchè nel secolo XVI _non penetrò in Italia la riforma? perchè. la razza italiana è razza scettica; perchè oggi non siamo capaci di procedere di pari passo con gli altri paesi e le pubbliche lib~rtà sono fra noi un'illusione ? perchè siamo razza ... latina. Fin dal .::846, cioè prima ancora che i sistemi costituzionali si generalizzassero sul continentt:, il Metternich pr~ide limpidamente che essi avrebbero fatto mala prova. cc Una considerazione sola basta a dimostrare l'incompatibilità del sistema dell'equilibrio dei poteri, che forma la base della scuola co3tituzionale inglese, con l'esistenza degli stati continentali: la consideraione del bisogno incontestabile di questi stati di tenere costantemente in piedi una forza armata ben più ragguardevole che non sia quella, di cui ha bisogno l'Inghilterra per la difesa dd territorio insulare. Il capo dello stato dev'essere necess1riamente capo dell'armata; basta questo fatto per rendere illusoria la teoria dell'equilibrio dei poteri. Ammettiamo che sul trono si trovi un re guerriero e vittorioso ; che ne sarà allora del gioco delle opposizioni, che intralciano il governo reale nell'esercizio del potere ? un re d'Inghilterra, quantunque sovrano di diritto e di fatto, non può mantenere m 1 Regno Unito una forza armata sufficiente per portar ombra all'indipendenza del parlamento; il paese, circondato dal mare, non ha bisogno di tanta forza per il servizio interno. Ma in Francia e negli altri stati continentali le condizioni sono diverse. Supponiamo un re dei francesi più sovrano di fatto che di diritto, pers'Jnalmente vittorioso e capo onnipotente dell'armata e quindi capo del paese; si adatterà esso :dle opposizioni dei ciarloni ddla tribuna parlamentare? Voler costituire uno stato sulle basi ddla monarchia circondata da istituzioni repubblicane, include un'assurdità non minore che il circondare una repubblica con istituzioni monarchiche» (1). E prima ,rncora del Metternich, il nostro Romagnosi in quel suo magnifico libro pregno di buon senso, o se più vi piace di materialismo storico, Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento, aveva scritto : « Che cosa è una carta costituzionale senza il ( 1) Memoires et documeuts, VII 2 39; queste parole erano scritte al rdppr<!sentante austriaco a To:ino, perchè le ripetes• se a quella corte. lutelligenti pauca I
68 'R._IVISTAPOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALl po1ere della forza? che cosa sono le congregazioni parlamentari senza il potere della forza e contro il potere della forza? che cosa sono a fronte del re che le può sciogliere a suo beneplacito ? in mano di chi sono le armi, il tesoro, le cariche, le onorificenze ? » Queste considerazioni del grande filosofo e del grande reazionario sono incomplete in quanto si riferiscono solo a uno stato ordinato a forma monarchico-costituzionale e affermano che di fronte al re, capo dell'esercito, i sudditi o sono anch'essi armati - come si tentò fare dapprincipio con la guardia nazionale - e allora si è sempre sotto la minaccia della guerra civile ; oppure sono disarmati e allora i loro diritti, per quanto teoricamente sieno larghi, sono sempre derisori. Ma le stesse osserv,aiioni si possono fare anche per uno stato repubblicano, che abbia la disgrazia di alimentare nel suo seno il cancro di un esercito stanziale : la repubblica francese di questi giorni foformi. In Francia si sono avuti dei generali, che han commesso un delitto infame e in principio sono riesciti, falsificando documenti, comprando giornalisti, facendo leva sullo chauvinisme cretino del paese: ad essere glorificati da quasi tutta la popolazione. Pochi animosi han scoperto il delitto e lo l an rivelato. Finchè le masse furono contrarie risolutamente a questi eroici pionieri della giustizia, i generali non sentirono alcun bisogno di ricorrere alla violenza : continuaror.o a difendersi con le menzogne e con i falsi e con la corruzione giornalistica, come avrebbe fatto un qualunque Barone Reinach, che, poveretto, non aveva a sua disposizione un mezzo milione di baionette per massacrare quegl'indiscreti, che volevan sapere dove fossero andati a finire i quattrini del Panama. Ma la c:-mpagna dreyfusist.a a poco a poco si estese, la verità. arrivò, il numero e l'autorità. dei giornali dreyfusisti diventò preponderante, la maggioranza dd deputati si schierò dalla parte della giustizia, e così la quasi unanimità. dei senatori; a un presidente della repubblica legato a filo doppio con i falsari successe un presidente diverso; la prima magistratura della Francia proclamò a luce meridiana la colpevolezza dei generali. Reinach per molto meno si fece venire un dolor di pancia e se n'andò a ritrovare i suoi progenitori; i generali, invece, han resistito e resistono ancora e nessuno sa come l'andrà a finire. Nulla meglio dell'orribile « affaire » avrebbe potuto dimostrare la incompatibilità. del militarismo e del regime rappresentativo non solo in uno stato monarchico, ma anche in uno stato repubblicano. Certo, se la questione dreyfusista fosse nata in un paese monarchico, le cose sarebbero andate molto diversamente che nella Francia repubblicana : il potere . . .. sarebbe :fin da principio intervenuto a favore dei falsari con tutti quei mezzi potentissimi, che sfuggono allo sguardo dei profani; e, quando tali influenze fossero apparse insufficienti, c'era sempre l'ultima risorsa ............. Invece in Francia i generali oggi non hanno un centro, intorno a cui raccogliersi; non hanno un capo, che coordini tutti i loro movimenti ; non hanno un uomo, che li copra (I); vorrebbero muovere all'assalto delle istituzioni, ma non sanno di dove cominciare. E questa difficoltà, contro cui deve lottare il militarismo in uno stato repubblicano, è certo una delle tante ragioni, che si possono addurre a favore della costituzione repubblicana. Ma supponete che, fra i principi francesi esiliati, i Napoleonidi non avessero sul loro passato Sèdan e gli Orléans e i Borboni non fossero scimuniti e ridicoli; supponete che. nell'esercito vi fosse un generale glorioso per qualche vittoria ; la caduta della repubbiica sarebbe la conseguenza logica di questa supposizione. (r) Fra i nostri semplicisti è molto diffusa l'opinione che le monarchie non sono se non le mandatarie delle classi dominanti e che per sè stesse non hanno forza alcun:1. Ma ciò ç un errore ... e non diciamo di più. In Inghilterra un pericolo di questo genere non esiste. L' essere il paese tutto insulare ha fatto sì che la difesa nazionale dovesse esser affidata tutta alla flotta. Ora l'armata di mare, per quanto potentissima, non può rappresentare nei confitti interni quella parte, che tocca invece naturalmente all'esercito terrestre: le navi possono solo bombardare le città. marittime e gli equipaggi possono occupare dei punti strategici sulle coste; ma il tiro dei cannoni si ferma a qualche chilometro della spiaggia, e i soldati di mare, messi a combattere sulla terra ferma, sono come le foche fuori d'acqua, sanno appena muoversi. Per queste ragioni la dinastia regnante è obbligata ad essere veramente la serva del suo popolo; se domani un principe inglese avesse delle velleità di politica personale, i suoi devotissimi sudditi lo caccerebbero in un vagone di terza classe e lo spedirebbero da noi, oppure gli taglierebbero la testa cantando dei versetti della sacra bibbia. La mancanza di un esercito di tena ha un altro benefico effetto: il partito, che è al potere, non potendo contare sull'aiuto di una gran turba di uomini armati e organizzati, non si può arrischiare a fare della reazione feroce: esso deve rispettare i diritti delle minoranze, non deve irritarle con una politica di eccessiva compressione,' deve rispettzre i propri nemici e combatterli con le armi esclusivamente morali. Si vanta tanto da noi l'educazione politica inglese, la prudenza con cui le classi dominanti hanno ceduto alle classi dominate parte dei loro diritti, il rispetto dei cittadini per la legge e per i suoi rappresentanti, la mancanza di un vero e proprio odio sociale dove pure si hanno ogni giorno le più colossali lotte economiche fra padroni e operai. Oggi i constrvatori, se fossero minacciati da una insurrezione interna, dovrebbero armarsi, assoldare per conto loro degli armati, scendere in istrada e combattere con gl'insorti. Un tale stato di cose sarebbe eminentemente......... incomodo per le persone e rovinoso per le industrie e per i commerci, i quali han b sogno di assoluta tranquillità.. Ai padroni, quindi, torna più conto cedere a tempo debito su un punto dei loro diritti per salvare il resto, e gli operai non sentono nessun bisogno di lasciarsi ammazzare per difendere i loro diritti elementari. Se al contrario i padroni avessero a loro disposizione un esercito, che atterrisse gli operai da ogni insurrezione, che fosse li sempre pronto a difendere il capitale senza che i capitalisti corressero alcun pericolo o incomodo, allora vorremmo vedere dove andrebbero a finire l' educazione, la prudenza, la tolleranza e tutte le altre virtù teologali e cardinali, che nella vita politica e sociale inglese hanno preso stabile domicilio. Sventuratamente non tutti i paesi sono circondati dal mare; siamo appiccicati tutti gli uni agli altri e ci diamo noia vicendevolmente; e, data la necessità in cui ciascuno si trova di difendersi dalle ingordigie del vicino, gli eserciti terrestri stanziali sono un flagello inevitabile. ~ Il partito socialista risolve la questione con la internazionale dei lavoratori, che, sopprimendo definitivamente le cause della guerra, renderà inutili gli eserciti non solo di terra ma anche di mare. Ma questa internazionale è ancora di là.da venire, nè è lecito sperare che essa sarà. prèsto un fatto compiuto. Intanto che cosa si deve fare? Intanto bisogna adattarsi alle circosta!lze e guardare riso• lutamente in faccia la realtà: sul continente europeo il proletariato non potrà arrivare pacificamente alla vittoria; la strada, che gli resta a percorrere, è come quella che ha percorso finora, seminata di reazioni e di rivoluzioni; fra i diversi momenti della lotta vi saranno certamente dei periodi di contrasti legali e pacifici, i quali diventeranno probabilmente sempre più lunghi col procedere dell'educazione politica e della civiltà.; ma nella lite la ultima sentenza sarà. sempre pronunziata dalla violenza. Fra gli stati continentali solo l'Italia potrà fare eccezione a questa legge atroce. Essa si trova in condizioni geografiche molto analoghe a quelle dell' Inghilterra; i suoi çonfini sono in massima parte marittimi; i confini
• RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI terrestri sono facilmente difendibili, perchè sono quasi ovunque costituiti da insormontabili ostacoli naturali. In Italia non c'è bisogno per la difesa nazionale di un esercito terrestre; c'è bisogno invece - parla udo dal punto di vista di una borghesia moderna - di una buona flotta. Il partito repubblicano italiano invece dj proclamare solo la formola troppo astratta di nazior.earmata, dovrebbe concretare il suo programma militare appunto in questo senso: abolizione assoluta dell'esercito stanziale e mantenimento di una buona fl0tta, che non superi per altro le necessità difensive e le risorse economiche del paese ( 1). E a questa riforma il partito socialista, che non è partito di sognatori ma di positivisti, dovrebbe dare il suo appoggio, considerandola come parte del programma minimo. Nella relazione sul programma minimo presentata al Congresso di Bologna, fu osservato appunto che un partito pratico non può pretendere che in questo momento lo stato disarmi, mentre i vicini non fanno che aumentare i loro armamenti; fu proposto perciò che si propugnasse come programma minimo la riduzione dell'esercito sul piede di difesa e quindi la diminuzione dei corpi d' armata e il reclutamento territoriale. Io credo che non ci sia bisogno di contentarci di così poco; alla difesa nazionale l'esercito è ioutile e basta la flotta. Ma chi attuerà in Italia il disarmo dell'esercito terrestre? .... UN TRAVET PERLOZUCCHERO DABARBABIETOLA (Agricoltori e industriali) In Italia alla mancanza di sana iniziativa si crede di poter supplire con una energia non del pari lodevole nell'imitazione, in ogni campo df.ll'attività economica. In talune città, ad esempio a Roma ed a Napoli, non si può guardare senza rattristarsene, .al moltiplicarsi prodigioso dei Bars più o meno automatici. Anche supponendo che nel paese si sviluppi rapidamente la piaga dell'alcoolismo di questi spacci di bevande fermentate - il caffè ed altre b:bite non alcooliche vi hanno il minor posto - ne sorgono tanti che non è possibile che tutti prosperino. Lo stesso avviene nelle campagne ; dove l'imitazione febbrile nelle culture reputate remunerative è spiegabile colla crisi che da anni v'imperversa. Chi non rammenta nelle Puglie e in Sicilia la distruzione degli annosi uliveti ed anche degli agrumeti per sostituirvi la vigna? Appena chiuso il mercato francese, in conseguenza si ebbe la grave crisi enologica. In attesa della crisi del tabacco, sinora scongiurata. dal fiscalismo - anche il fiscalilismo può essere buono a qualche cosa ! - abbiamo già sull'orizzonte la crisi della barbabietola da zucchero. Sicuro: si disse che la coltivazione della barbabietola da zucchero sia più rimuneratrice di quella del granturco e di altri cereali, e immediatamente dappertutto, sorgono fabbriche di zucchero di barbabietola e si ha l'adattamento dei campi alla coltura ~i questa tuberosa. Qui l'imitazione è larga e facile per condizioni specialissime ~ gli agricoltori soffe- (r) E' appunto, se i giornali han riferito rettamente, l'idea che fu propugnata del Pantano nel1adiscussione del bi]ancio della guerra. Ma non basta par]arae una volta _all'anno, bisogna parlarne sempre; il difetto del partito repubblicano è quelJo di avere una quantità di belle cose nel suo programma, ma -di parlarne solo nelle occasioni di parata. renti l'accolgono colla speranza di rifarsi · e gli agricoltori sono incoraggiati, stimolati dagÌi indu-· striali e dai capitalisti, che nella protezione accordata dallo Stato trovano - e pare che ve la troveranno essi soli - la sicurezza di un buon affare. Lo sviluppo preso dalla coltivazione delle barbabietole e dalle fabbriche relative di zucchero è tale che ha già allarmato l'on. Sonnino che nei suoi Appunti di finanza vi intravvide uno dei tanti pericoli pel pareggio nel bilancio dello Stato. È evidente, però, che se agricoltori e industriali vi potessero trovare il loro tornaconto - che in parte andrebbe a benefizio dei consumatori - lo Stato nella nuova sorgente di prosperità potrebbe trovare sufficienti compensi indiretti alla perdita totale o parziale di quei ventuno milioni che vetrebbe a costargli la protezione all'industria zuccherina. La perdita risulterebbe chiara da questi dati d1 fatto : se lo Stato dovesse introdurre dall'estero,. come sino a pochi anni indietro, tutto lo zucchero necessa~io al consumo interno, riscuoterebbe in carta moneta L. 72,010,668. Ma essendo il dazio interno di fabbricazione oerlo zucchero di 1a. classe di L. 70,15 in carta, e ..di' L. 67,20 per lo zucchero di 2a.classe, l'Erario per tassa di fabbricazione verrebbe a riscuotere L. 51,076,132~ La differenza tra le due cifre rappresenterebbe la perdita dello Stato; perdita tanto sicura, che è corsa la voce che l'on. Boselli con un catenaccio, voglia modificare il regime del dazio intérno di fabbricazione. Pare altrettanto chiaro e sicuro il g·Jadagno degli industriali e dei capitalisti. L' on. Luigi Diligenti per una fabbrica che producesse ogni anno 30 mila quintali di zucchero lo calcola a circa 700 mila lire; d'onde i dividendi del 9 per 010 che incassano gli azionisti e l'aggiotaggio sulle azioni che da 200 lire di valor nominale sono giunte fino a 420. E gli agricoltori, proprietari e mezzadri ? Sembra che siano condannati a fare - insieme allo Stato - le spese di questi lucri dei banchieri. [l pericolo è stato denunziato, sopratutto in Toscana, con tre pubblicazioni d'indole alquanto di• versa, e che si completano reciprocamente. Venne prima quella dell'on. Diligenti (A propositodi una fabbrica di zuccheroa Cortona. Roma. Tipografia della Camera dei Deputati, 1899); segui un'altra hnportantissima dell'on. Conte Guicciardini (La barbabietolada zuccheronell'agricolturatoscana. Atti della R. Accademia dei Georgofili. Firenze 1899); ultima e più recente abbiamo la monografia del Prof. G. Caruso (La barbabietolada zuccheronell'amministrazionediretta e nella coloniaparziaria. Atti della R. Accademia dei Georgofili. Firenze 1899). Abbiamo letto a suo tempo la comunicazione interessantissima dell'on. Conte Guicciardini · ma . ' nonostante la sua nota competenza nelle cose agricole preferiamo dare le conclusioni del Caruso, perchè esso è uno dei più autorevoli insegnanti di agronomia. Sono le seguenti : I. Allo stato presente delle cose la coltivazione della barbabietola da zuccherò, in confronto a quella del granturco, non conviene nè con l'amministrazione diretta, nè con la colonia parziaria ; 2. Tale coltivazione disturberebbe l'attuale ordi-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==