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R I N A S C I T A
potuto sviluppare, in polemica con i l Rosselli, tutta
una nuova visione del ruolo effettivamente giocato da
Bakunin, che — crediamo — possa considerarsi real–
mente acquisita alla scienza storiografica. I l Romano
mette in evidenza come non sia fondato tratteggiare
g l i orientamenti del Bakunin venuto i n Ital ia in base
agli scri t t i del russo appartenenti a un periodo poste–
riore, e documenta lo sviluppo che già avevano avuto
i n Italia taluni spunti dottrinari fondamentali che si
ritroveranno, successivamente, nelle teorie bakuniste.
Si tratta sostanzialmente del filone federalista, che ha
in Cattaneo i l suo maggiore rappresentante ed è però
* una corrente politica varia e complessa, che, consi–
derata nei mot ivi comuni a t u t t i i suoi scrittori , su–
pera di gran lunga le stesse posizioni del Cattaneo e
— afferma i l Romano — postula per la prima volta i n
Italia i principi informatori della rivoluzione a venire,
di quella
seconda rivoluzione
ancora da compiere, inte–
gratrice dei fini ai quali quella testé conclusasi — la
rivoluzione borghese — era venuta meno ». E ' nel
Pisacane che — attraverso i l Ferrari — i l federalismo
si salda con mot ivi proudhoniani ; è dal Pisacane clic
prendono le mosse quei gruppi democratici coi quali
verrà a contatto i l Bakunin e che apriranno la pole–
mica contro i l mazzinianesimo. I n modo largo e dovi–
zioso i l Romano rende conto delle posizioni che si
maturarono nel gruppo mazziniano napoletano del
Po–
polo d'Italia
fino al sorgere del giornale
Libertà e la–
voro
(1865)
e alla costituzione della associazione
Li–
bertà e Giustizia
e del relativo giornale
(1867;,
che pone
a sostegno e compimento di un programma democratico
e decentralista di ispirazione pisacaniana, la rivendi–
cazione della «emancipazione del lavoro dalle condi–
zioni di servaggio in cui lo detiene i l dispotismo della
terra e del capitale, attraverso l'istruzione e l'associa¬
zione politica » e dichiara di porsi in contatto con l ' I n –
ternazionale formatasi a Londra nel
1864,
verso la
quale, del resto, al t r i gruppi di democratici i tal iani già
si rivolgevano, i l Bakunin, secondo la dimostrazione
data dal Romano, subisce una influenza da questo
gruppo (con i l quale viene a contatto nel
1865)
anziché
esercitarla. {Di grande interesse sono al riguardo i
pr imi scritti i tal iani d i Bakunin, -apparsi sul
Popolo
d'Italia
e su
Libertà e Giustizia,
finora ignorati e pub–
blicati dal Romano i n appendice al primo volume).
Così la polemica contro i l mazzinianesimo che si fa
aspra e insanabile nella democrazia italiana dopo i l
1870,
e dopo la presa di posizione di Mazzini contro
la Comune di Parigi, non prende le mosse da un libello
di Bakunin — com'era stato sostenuto anche dal Ros–
selli — ina dall'azione svolta da Engels e dall'Interna–
zionale su Cafiero (documentata dal Romano con la pub–
blicazione delle lettere di Engels al Cafiero da l u i per
primo rintracciate). Una influenza del russo sugli av–
venimenti italiani incomincerebbe solo al cader del–
l'estate
1871,
quando i l compimento della unificazione,
l'esperienza della realtà dello Stato borghese italiano —
base dello stato d'animo del a Risorgimento tradito »—
l'effetto orientatore delle lotte più avanzate degli al t r i
paesi ( i l grandioso episodio della Comune d i Parigi)
e l'azione di guida dell'Internazionale hanno già fatto
maturare la svolta decisiva del l ' Ital ia garibaldina. I l
russo cerca allora d i impadronirsi della direzione del
movimento che sta sorgendo in Italia (facilitato i n ciò,
nota i l Romano, dal carattere che questo ha « esplosivo,
tumultuoso, romantico »i) con l'intrecciare stretti rap–
porti con alcuni dei principali esponenti di esso : rela–
zione fondamentale fra tutte appare al Romano quella
iniziata con l 'ex garibaldino romagnolo Celso Ceretti,
che g l i apre la via della regione emiliano-romagnola
« vitale per un movimento rivoluzionario in Italia ».
La defezione del Cafiero, i l più attivo organizzatore che
i l Consiglio generale di Londra avesse i n Ital ia, pre–
para l 'atto finale che si compirà al Congresso di Ri -
mini delle Sezioni internazionalistiche d' I tal ia nel–
l'agosto
1872
con la rottura definitiva degli interna–
zionalisti i tal iani con Londra sulla base della pole–
mica « anti-autoritaria ».
La demolizione della figura storica del Bakunin da
parte del Romano è spietata: i l russo appare non come
una guida o un orientatore, ma soltanto come un i n t r i –
gante privo d i principi che trae profitto dalla situa–
zione d i confusionismo piccolo-borghese esistente aì
margini del movimento operaio appena sorgente dei
paesi socialmente più arretrati. Questa revisione cri–
tica, condotta del resto sulla scorta di una giusta riva–
lutazione in sede storiografica della polemica a suo
tempo condotta da Marx contro g l i int r ighi bakunisti,
è l'indispensabile sostegno della indicazione principale
che i l l ibro del Romano vuol fornire : la importanza del
processo che si determina nel corso della rivoluzione
borghese nelle frazioni più avanzate della democrazia
italiana, processo attraverso i l quale,
sulla base reale
dei limiti di classe che il Risorgimento aveva avuto
proprio sotto l'aspetto democratico borghese
(e questo
teniamo a sottolinearlo), si arriva a postulare la incom–
pletezza della «rivoluzione pol i t ica» e la necessità
della « rivoluzione sociale », e garibaldini ed ex mazzi–
niani si agganciano all'embrionale movimento operaio.
I l Romano vede come alla formulazione « rivoluzione
sociale» corrisponda in sostanza nuli'.altro ancora che
una confusa aspirazione piccolo-borghese : i l concetto
di una rivoluzione radicalmente e sostanzialmente di –
versa dalla rivoluzione borghese non riesce a farsi stra–
da e a trionfare, e, sull'azione di Engels e del Consiglio
generale, prevale i l torbido rimescolio di concetti del
Bakunin. Le remore piccolo-borghesi che i l mazzinia–
nesimo poneva al movimento operaio non sono vera–
mente superate, non ostante ogni apparenza : d i nuovo,
i l bakunismo non apporta che i l superamento della
diffidenza mazziniana nei confronti dei contadini. Uno
dei t rat t i più interessanti del bakunismo è appunto,
anzi, la indicazione della possibilità di dare un conte–
nuto rivoluzionario alla azione contadina, possibilità
negata dal Mazzini. Ma con ciò non si fa ancora un
passo fuori del quadro proprio di un rivolgimento d i
contenuto democratico-borghese, almeno fino a quando
i contadini non vengano posti sotto la direzione del
proletariato rivoluzionario urbano; cosa che Bakunin
negava, presentando anzi i contadini come la forza
rivoluzionaria principale, la quale, così come i l prole–
tariato e soprattutto i l sottoproletariato urbano, non
era che forza
cieca,
strumento di una setta illuminata,
dell'avventurismo di un gruppetto piccolo-borghese.
Non si può negare, d'altro canto, che la questione
sociale più grossa in quel momento in Italia, fosse la
questione contadina, e che i tumul t i rural i (dal bri–
gantaggio meridionale ai moti contro i l macinato) aves–
sero scosso i l Paese più dei pr imi scioperi operai. Si
trattava di capire come i l mancato contenuto demo–
cratico della rivoluzione borghese fosse legato alla osti–
lità manifestata dalla borghesia verso
1
contadini e
per quali ragioni storiche le aspirazioni
reali
di questi
non potessero
oramai
essere soddisfatte che sotto la
direzione della classe interessata a por fine allo sfrut–
tamento del salariato e quindi al regime della borghe–
sia. Ed Engels spiegava appunto a Cafiero le ragioni
della necessità della presa del potere da parte del pro–
letariato per risolvere t u t t i questi problemi, laddove
Cafiero, influenzato oramai da Bakunin parlava assai
confusamente « di abbattere t u t t i insieme ogni osta–
colo, e di impossessarsi collettivamente d i fatto {e non
attraverso la presa del potere) d i quel capitale che si
vuole assicurare per sempre proprietà col let t iva». La
dissidenza bakunista, i n sostanza, isolando i l movi–
mento operaio italiano da quello internazionale, nel
quale si raccoglievano le esperienze più avanzate della
classe rivoluzionaria e d i cui , fatto gravissimo, distrug–
geva l ' uni tà , allontanava sia operai che contadini —
come, aveva notato Engels — dalle «vere idee nazio–
na l i » , da impostazioni corrispondenti «a i fatti econo–
mici , industriali ed agricoli > del proprio paese, chiu–
dendone i l movimento sotto l'influenza d i un settarismo
cosmopolita e confusionario, nel che s i deve vedere —
come è stato osservato — « la non ul t ima delle cause
per cui i l movimento operaio italiano per così lungo