

attuale, non per un futuro lontano.., come condizione per salvare il paese che non
puòaspettare».
Puntuale e polemica la replica di Umberto Terracini: «A fare intendere erro-
neamente, così come è avvenuto, il concetto del 'compromesso storico' come una
strategia a breve termine ha contribuito largamente la stretta connessione, stabilita
nellediscussioni nel partito, tre la proposta stessa e la crisi economica alla quale
crisi avrebbe dovuto apprestare i necessari provvedimenti a rimedio. Ma conside-
rando la complessità dei nodi politici che la svolta democratica avrebbe dovuto
sciogliere, i tempi relativi non potevano nonessere riconsiderati in una prospettiva
assai più lunga... Bisognava nel suocorsoprovvedere ad arginare leconseguenzepiù
nefastedella crisi economica. La proposta formale di un governo di svolta democra-
tica, fondata sull'alleanza delle tre grandi correnti popolari, costituisce il nuovo di
questoCongresso... Questo Congresso ci pone però la necessità di un esame più
approfondito della natura di classe.., delle forze politiche che dovrebbero con noi
dare vita al governo della svolta democratica... Non riesco a considerare la DC, in
quanto partito di classedella grande borghesia, comeuna partecipe valida della stra-
tegiadel 'compromesso storico' nella quale introdurrebbe unelemento ingannevolee
deleterio... Tre anni fa, al nostro XI I I congressoavevo segnalatounopuscolo scritto
da Taviani nel quale... si definiva come 'una sorte triste econtingente' quella spettata
alla DC di essere il partito dell'unità dei cattolici italiani. Oggi una rivista di nuova
pubblicazione.., presenta e sviluppa... 'le ragioni attuali della validità di un partito
cattolico di democratici in Italia'. Questi fatti... costituiscono l'indice di una sinto-
matica fenomenologia che, alla lunga, potrebbe sboccare nel grandeprocesso rinno-
vatore che noi chiamiamo 'compromesso storico'». Che poi, a questo punto, si
potrebbe chiamare anche «fronte popolare».
Ci sembraquesto il nodo logicoe politico del congresso; anchese la resistenza
di base, ampiamente espressanel dibattito preparatorio e in sede di Congresso, può
aver usato argomenti diversi e non aver fatto la importante distinzione tra il «com-
promesso»come risposta alla crisi economica, equindi in tempi obbligati, e il «com-
promesso»comesboccodi una strategia trentennale, chenonpuònonpassare attra-
verso la sconfitta dello storico avversario. Il nodo formalmente non è stato sciolto.
La lotta politica per scioglierlo, nelle sedi istituzionali e partitiche e nella realtà
sociale e produttiva, è
la vera crisi italiana.
Formalmente infatti il Congresso si è chiuso sulla risposta al violento e stru-
mentale attacco di Fanfani di totale ripulsa, motivata con la esclusione dalle elezioni
della democrazia cristiana portoghese, corresponsabile del tentato golpe, avallata
anchedal Partito Comunista Portoghese. Formalmente quindi il «compromesso sto-
rico» è uscito sconfitto, perchè l'abbandono dell'aula da parte dei responsabili
democristiani rendeva di fatto impossibile sviluppare la proposta di Amendola e
obbligava a seguire quella che per comodità chiameremo la linea di Terracini. A far
passare cioè la proposta di compromesso attraverso la sconfitta pesante dei
democristiani. Senza sconfitta decisa infatti niente sostituzione di Fanfani e senza
sostituzione di Fanfani niente compromesso; dopo la volgare e provocatoria cam-
pagna. Anche Amendola, che in passato aveva affermato di vedere bene Fanfani a
Palazzo C higi per il suo dinamismo, ha ritrattato. I l dinamismo del senatore di
Arezzo è di cattiva marca.
In effetti la situazione è più complessa. All'attacco inevitabile a Fanfani non si
èaccompagnato l'attacco alla DC e al governo. Malgrado episodi di denuncia, come
quello di Spagnoli sui finanziamenti dei petrolieri ai partiti di governo, non sembra
cessata la pratica di reciproca consultazione affermatasi negli ultimi tempi. Sul-
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