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ranno,
pubblicato successivamente, costituisce
una trilogia ideale, certo assai rappresenta–
tiva del temperamento composito dello scrit–
tore, ma che non ne esaurisce affatto la carica
poetica e il messaggio.
A giudizio degli studiosi più sensibili del–
l'arte di Stuparich, il capolavoro del roman–
ziere triestino può considerarsi
il
racconto
lungo « L'isola», scritto nel 1942, che
è
stato
ristampato nel volume
Il ritorno del padre,
l'antologia stupariciana curata da Pier Anto–
nio Quarantotti Gambini. Esso
è
un « collo–
quio con il padre » ambientato sullo sfondo
della costa dalmata e costruito con una forza
lirica rattenuta e una tecnica incisiva d'acqua–
forte che lo pongono al livello dei risultati
più alti della letteratura europea nel periodo
fra le due guerre, accanto all'opera
di
un
Thomas Mann, per valerci
di
un termine di
riferimento suggerito da un'analogia di in–
teressi artistici (significativame nte questo rac–
conto conobbe anche una traduzione tedesca).
Accanto allo Stuparich uomo di guerra,
assediato dai suoi rimpianti e dai suoi ri-
Libri
morsi, vi è dunque da ricordare e da rivalu–
tare lo Stuparich uomo di pace, quale egli
volle del resto soprattutto essere, apertò al–
la serenità delle marine e delle montagne fra
cui si collocano i suoi ricordi d'infanzia e di
giovinezza: un artista in cerca di un esito
li–
rico e felice, che egli tentò
di
raggiungere nel
giro armonioso di certi suoi elzeviri e nelle
poesie composte quando già la sua giornata
volgeva al termine. Stuparich tuttavia non
consegui mai
il
sicuro possesso d'una pace in–
teriore: la sua opera non è stata mai
il
ri–
sultato di un'evasione fantastica , ma tuttalpiù
il
turbato raccoglimento
di
chi come lui non
volle aver contatti e scendere a compromessi
col mondo di precaria e fittizia pacificazione
jn cui si trovò a vivere durante l'epoca del
regime fascista. E nel secondo dopoguerr~,
dopo la lacerazione dell'occupazione nazista,
le incertezze sopravvenute sul destino nazio–
nale Ji Trieste addensarono le ombre e incru–
dirom, la luce nell'animo di Stuparich, come
appare dal suo mirabile libro di confessioni,
Trieste nei miei ricordi,
del 1948, e dall'altro
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