RIVI~TPAOPOEARE ,;- DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA : anno lire 5 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un nuD'.l.ero separato s Oent. ~ AnnoV. - N. I. Abbonamentopost.aie Roma15 Luglio1899. Preghiamo caldamente i vecchi e nuovi abbonati - e specialmente i numerosissimi, quasi i due terzi, a cui r abbonamento scade oggi 15 Luglio - a mettersi in regola coll'amminsitrazione, ricordando loro che, conie di regola generale, gli abbonanienti a tutte le riviste si pagano anticipatamente. Somm.ario LARIVISTAPOPOLAREL! 'alleanza mostruosa. Un apostrofe di Giovanni Bovio. Lo ZoTico: Nel Belgio.... Nor: Una volta c'era un re... On. Dr. NAPOLEONCEoLAJANNI:Storia e requisitoria. L'assalto al convento. L'AVVOCATO DI TURNO: Era preferibile la censura. (Dall'EducazionePolitica). G. SOREL: Socialismo e rivoluzione. LA R1v1sT A POPOLAR:ELa Critica sociale. AGOSTINOSAVELLI: I -<:onflitti nazionali nella Monarchia Austro-Ungarica. CARLODE ·ANGELl:SPer la Sardegna calunniata. Dr. P. BRIGANTIA: mericanismo o imperiaHsmo ? E. C. LONGOBARDIU: no studio sul terzo libro del Capitale di Marx. Sperimentalismo Sociale. 'R_ivistadelle Riviste. - 'R.ecensioni. L'ALLEANZA MOSTRUOSA E' quella che hanno stretta tra loro la violenza, la .. menzogna e l'ipocrisia, tre elementi che destano negli animi ben fatti un vivo senso di ripulsione. La violenza, però, talvolta può apparire simpatica quale espressione della forza, specialmente se essa è accompagnata dalla sincerità e si esplica in difesa della giustizia e di tutto ciò ch'è più sacro agli individui e ai popoli. Allora la violenza, la forza materiale, si confonde col diritto: e può anche assurgere all'altezza morale del dovere, tra gente, che non è cristianamente rassegnata alla • manomissione del diritto, e che non è tolstoianamente convinta che •si può disarmare e vincere l'iniquità brutale colla non resistenza, colla opposizione passiva al male. La quale può essere di pochi utopisti - per non dirli vili e poltroni -, ma se anche è dei molti, questi, come pecore saranno sempre sopraffatti da pochissimi fortemente volenti ed ubbidienti ad un tiranno. La storia dei tolstoiani del Caucaso parla chiaramente. La violenza diviene odiosa quando prende ai suoi servizi la menzogna e viene adoperata a sostegno delle cause cattive: in questo caso non ha scuse e non ha attenuanti. Diviene mostruosa, se alla menzogna si accoppia l'ipocrisia, perchè al biasimo che in genere si deve all'uso della forza brutale tra popoli civili, alla ripugnanza che suscita la menzogna si aggiunge la nausea insuperabile che provoca l'ipocrisia, ch'è dei codardi, che hanno coscienza della propria disonestà e che con abili escamotages cercano, se il conto torna, scambiare le parti e farsi passare per sopraffatti e per vittime, solo perchè non riuscirono completamente come sopraffattori. Questa alleanza di tre laide cose spiega attualmente l'azione sua in difesa dei monarchici, di destra e del centro, che a Montecitorio, non sapendosi dar pace della sconfitta subita il 30 Giugno, riccrrono alla menzogna ed alla ipocrisia, non avendo potuto trarre partito dalla violenza, che per lo passato in piazza e nell'aula del Parlamento, col cannone o col voto, era riuscita a fare il loro interesse e il loro comodo. • * * L'eloquenza degli uomini della reazione a Montecitorio non fu mai grande; spesso non fu nè grande, nè piccola : essi si limitarono a rispondere alle ragioni degli avversari col numero dei voti degli ascari parlamentari, ed agli scatti veri di un' arte oratoria, animata da una salda tede, cogli urli e coi grugniti animaleschi. Tacciono dove dovrebbero parlare; ma prendono la rivincita facendo scrivere tutti i malfattori del giornalismo ai loro stipendi. Egli è così che non potendo darsi pace della sconfitta sul campo della legalità, ed un poco in quello dei pugni, subita il 30 Giugno, hanno scatenato contro la Estrema sinistra le mute dei cani affamati e rabbiosi, che maneggiano colla più sorprendente disinvoltura le armi della calunnia. Eccone un saggio, che prendiamo da un giornale agli stipendi di un generale italiano, che fu ministro, e che spera di tornare ad esserlo. Quel giornale, diretto da un uomo celebre pei suoi passaggi meravigliosamente rapidi da un partito politico all'altro, giudica in questo modo la condotta fiera ed onestà dell'Estremasinistra nel combattere i provvedimenti politici: La morale della cronaca è questa : una pattuglia di arrabbiati, fatta sicura dell'impunità, ha creduto di poter scendere sul terreno ad armi corte per imporre i proprii criterii: il crescendo è tale da impensierire; si è cominciato con la concione tribunizia, per passare alle contumelie, per tra ,cendere alle vie di fatto. I radicali della Camera più che fuori legge si sono posti sopra la legge: per molte settimane l'aula parlamentare ha echeggiato de' loro grugniti: quali polmoni potevano reggere contro la violenza di polmoni a prova di ogni sforzo vocale ? Per molte settimane clamori i_nqualificabili hanno avuto ragione di ogni argomento ; la Presidenza è stata il bersaglio di oltraggi innominabili, e gli energumeni hanno tirato sul campo di battaglia le cose più sacre alla costituzione ed al paese. Chiediamo scusa ai nostri lettori per avere loro inflitto questo saggio della sfacciataggine elevata all'ennesima potenza e li assicuriamo che abbiamo dovuto fare uno sforzo su noi stessi per presentarlo a loro; ma abbiamo
2 'R..IPISTAPOPOLARE DI 'POLITICA 1ETTERE E SCIENZE SOCJ.ALJ voluto far conoscere do•;e arriva la 1 abbia degli impotenti. Non potendo altrimenti sfogare la loro bile, non potendo sopprimere la falange dei deputati repubblicani, socialisti e radicali, che hanno I fficacemente combattuto rel diritto e per la l1ber1à, tentano - ma invano - di discreditarli colla calunnia. I fatti sono noti, e non occorre ristabilirli nella loro luminosa verità; i giornali onesti e indipendenti, anche S-! monarchici, pur deplorandoli non li hanno alterati; u! essi son !ali, che ba~tano nella loro genuina semplicità a far : i che tutte le contumelie che si vorrebbero scagliare contro i rappn·sentanti della democrazia ricadano sui miserabili che le lanciano. (1) I fatti questo dimo5trano all'evidenza: governanti e classi dirigenti, ~em:a ideali e senza rettitudine, dopo avere fatto uso di tutte le forme della violenza per far cadere nell'abiezione morale e nella miseria < conomica il popolo d'Italia hanno sptriment.,to la violenza ai loro danni ed hanno visto, che riesce dolorosa. L'Estrema sinisfrn, invece, sempre vittima della violenza morale che può fssere esercitata dalle maggioranze senza scrupoli e senza freni, ha dovuto in un momento supremo, in cui si assestavano gli ultimi colpi allo Statuto e al regolamento, ricorrere alla forza brutale per impedire, che irnpunt - mente si continuasse nella criminosa demolizione dai faziosi e da i sovversivi di governo. Essa adoperò le armi tante volte usate dai nemici. Ma le adoperò non per utile p1opJio, ma a difesa della dignità e della sincerità del regime rappresentativo. La fotza in questo caso fu messa ai se1vizi dtlla giustizia e più che l'esercizio di un diritto sacrosanto sen ì pel compimento di un dovere. Lasciamo ai nemici della democrazia l'acre voluttà di ricorrere alla menzogna ed all'ipocrisia come ausiliarie della violenza per fare trionfare tutto ciò ch'è laido ed illegale. Questi nemici della democrazia che ammirarono la forza quando massacrò gl'inermi contadini di Sicilia e gli operai di Milano; che non trovarono, però, una parola di biasimo quando si tentò da molti in piena Camera il linciaggio del solo on. Cola janni; che non s'indignarono quando le falangi dei Serralunga mossero all'assalto della Montagna (2) - schizzano ·veleno ed imprecano contro un pugno di audaci, che osarono, a difesa iegittima del diritto conculcato, sfidare duecento deputati della maggioranza! E si erigono essi a tutori della dignità del Parlamento, essi che lo corruppno, lo avvilirono, lo 1. ' para 1zzarono .... Oh ! questo è troppo ! anche un limite ci dovrebbe e3sere per tutti i f arceurs, per tutti i sicari della penna. LA RrvrsT A POPOLARE UNAPOSTROFE DIGIOVABNONVI IO La lotta amministrativa quest'anno, per merito del Generale Pelloux, in Italia ha assunto una importanza politica eccezionale ed 'è terminata quasi dappertutto colla sconfitta dei reazionari. Anche a Napoli si è verificato ciò che sembrava addirittura impossibile : il risveglio dei partiti popolari, che hanno raccolto sui propri candidati circa 3000 voti. Il risultato, che ha sbalordito tutti, è stato ottenuto senza al cuna preparazione vera, perchè preparazione utile ed tfficace, in (r) L'on. Colajar ni in una lettera lunghissima al Roma di Na;,oli ha esposto i preceJenti dell'ostruzionismo ed ha messo nella giusta luce il carattere e le ragioni della violema materiale adoperata dalr Estrema a difesa del diritto. La lettera venne riprodotta integr.;lmeute da molti giornali della penisola e largamente riassunta dalla Tribuna, dalla Stampa ecc. Non crediamo necessario, perciò, di darla ai nostri lettori, i quali certamente la conosceranno. N. d. R. (2) Il Don C!Jiçciotte ha opportunamente riprodotto un brano di prosa di un conservatore pubblicata nella Illustrazione italia11a, in cui l'impresa delle falangi dei Serralunga viene descritta come eroica..... una città conquistata e dominata dalla camcrra in tutte le sue forme, non può cons:derarsi quella che si ebbe con pochi discorsi òi volonterosi repubblicani e socialisti e nemmeno col discorso smagliante, e meraviglioso di Giovanni Bovio. l giornali di Napoli, e qualcuno di Roma, pubblicarono l'ultimo quasi per intero ; ma tutti omisero la vigorosa apostrofe contro i degeneri discendenti di Vico, di Giannone e di Pagano, che suscitò un entusiasmo indescrivibile. Siamo litti di poterla dare, per cortesia dell'illustre nostro amico, ai lettori della Rivista. Il filosofo dell'Ater:eo napolitano, cui auguriamo di gran cuore la salute fisica vigorosa come la intelkttuale e la mon,le, nel presentare i candidati disse a rampogna dei viventi: .... i)Jtcmi uomini che intendano Napoli. Pochi possono essere, e pochi noi presentiamo ai vostri sufhagi, pochi, p:uttosto ad una immolazione che ad una vittoria. Eccoli a me imorno : alcuni medici, non ignari dt:' mali pubblici ; qualche operaio, ricco non di senso comune, che è volgare, ma di buon senso, preludio all'indagine; e pochi avvocati che da Argenti impararono la dignità della Toga, da Giannone la laicid dt llo Stato, da Vico i tempi umani, da Filangieri le leggi umane, da Pagano l'esempio ondè i principii si riaffermano a traverso il canape. Non prevedevano questi giovani giuristi che dalla famiglia gi::innomsta di qut sto foro illustre sarebbero usciti gli estensori e approvatori delle leggi rispettiYe ! Se avessi tJnte lingue quante sono le be5ternmie dt lle nazioni soflere1,ti, io le direi tutte. Traditori, sulle vos re spalle la togapesi carnele cappe ,. di piombo poste da Dante padre sulle spalle deil'ipocriti. e sulla 1.•oitrarant'-ziela mrnzoria di quelleleggi scenda come stilla di sangue de' martiri italiani I Non dal foro di Giannone na cono quelli, ma piuttosto da quel senat(l di Domiziano, c/Je .'ottolineaioa i .rospiri umani, e la cui faxia tinta in rossoda un morboim • mondo, era rnuni·a ron'ro il pudore! ... ~ NEL .BELGIO ..... Ciò eh' e avvenuto nel Belgio d'--vrebbe essere di ammonimento alla reazione e d'incoraggiamento alla democrazia d'I alia. Là, nel piccolo paese che fu citato sempre a modello di funzionamento sincero e leale del regime monarchico costituzionale, i clericali che stanno da circa quindici anni al potere, sentendosi vicini a soccombere - e forse per stmpre - incalzati come sono nelle loro trincee della marea democratica, hanno tentato di consolidarsi al potere presentando un progetto di riforma elettorale ch'era la quintessenza della iniquità. Il famoso sistema dei due pesi e delle due misure vi avrebbe avuto un'applicazione quale la storia non ha mai vista l'uguale. Si trattava di una riforma, che per raggiungere l'intento brutalmente partigiano stabiliva, a seconda degli interessi dei clericali, il sistema uninominale accanto allo scrutinio. di lista, quello della rappresentanza delle minoranze accanto all'altro delle maggioranze assolute. Così per neutralizzare la forza della democrazia sociale, potentissima a Bruxelles, si manteneva l'attuale scrutinio di lista per la capitale del Belgio cui si unirono le campagne reazionarie; ma per rincarare la dose della scelleratezza si stabiliva la rappresentanza delle minoranze nei collegi nei quali predominano liberali, radicali e socialisti; e ad evitare poi che nelle regioni reazionarie, dove sono in piccola minoranza i sccialisti cristiani e non è penetrata altra opposizione, i loro avversari potessero guadagnare qualche seggio proponevano un minimum di voti per dare il posto alle minoranze ; minimum così alto, che non poteva essere raggiunto, a giudicare dalle passate elezioni, dai socialisti cristiani.
'l{_IVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI ; I clericali, che godono già dei vantaggi del voto plurimo, erano sicuri di far passne trionfalmente la riforma proposta, mercè la schiacciante maggioranz:a di cui disponevano nel Parlamento. Ciò che essi volevano era ingiusto, ma intendevano conseguirlo col sussidio ddla legalità. Contro l'ingiustizia e contro la legalità si ribellarono liberali, radicali e socialisti. Il pericolo comune li riunì e li alleò, ottenendo ciò che il buon senso per tanto tempo indarno aveva consigliato. Come io Italia, cominciò l'ostruzionismo nella Camera dei Deputati e dopo poco tempo si venne anche all'uso della forza materiale. Dal Parlamento l'agitazione passò nella strada; e i deputati dopo avere combattuto nella Camera continuarono a combatttre nelle riunioni private e nei meetings. Il popolo si dichiarò pei rappresentanti della democrazia e del liberalismo. Non occorre narrare qui tutte le vicende della lotta; basta ricordare che sangue fu versato e che parve imminente la rivoluzione, che avrebbe proclamato la repubblica in sostituzione di una monarchia rappresentata da un Re, che si diverte a fare della politica coloniale a spese del paese. ad impiantare case di giuoco ed a trescare colle cocottes più in vista. L'imminenza e la gravità del pericolo aprì gli occhi dei governanti clericali e del Sovrano; sicchè il presidente del Consiglio Vandenpeereboom fece delle dichiarazioni, che equivalevano al ritiro del malaugurato disegno di riforma elettorale. i..a vittoria dei partiti democratici è stata completa, soprattutto per merito del popolo, che, conscio dei propri diritti, è intervenuto energicamente ed ha fatto sentire la sua voce. Ciò ch'è avvenuto nel Belgio nulla ha insegnat.) ai nostri Pelloux che mancano di cuore e d'intelligenza. Cede il ministro del Belgio ; resiste il ministro d'Italia. « Ma, dicono i gesuiti della politica italiana, il governo ha ceduto nel Belgio perchè il popolo ha manifèstato la propria volontà; ci<!>che non è avvenuto tra noi. )> Adagio. I clericali nel Belgio hanno rispettato la libertà nel popolo di manifestare la propria volontà; mentre in Italia i cos:detti liberali di caserma lo avrebbero mitragliato se avesse osato farsi vivo. Si dimentica, che Romussi e Chiesi, Turati e Rondani ecc. vennero condannati a diecine di anni di reclusione senz.1 avere comimesso alcun reato? Si dimentica che si voleva far fuci- ...are De Andreis deputato perchè detentore di un piano ... ..i sistemazione dell.1 luce elettrica? Si dimentica che si ..p. r ì col cannone la breccia nel convento dei Cappuccini ri Manforte difeso dai poveri vecchi armati... di scodella .:,er ricevere la minestra dai monaci pietosi ? E dopo la anguinosa reazione àel Maggio 1898 vì sono stati dei miserabili, che hanno rimproverato ai deputati dell'Estrema di non essere discesi nella strada a promuovere l'agitazione nelle fi'e del popolo! ... Il popolo, ad ogni modo, come ha potuto e nella misura consentitagli ha manifestato il proprio pensiero: colle elezioni comunali e provinciali. E cosa davvero inaudita: anche a Napoli, senza mezzi, senza grandi giornali, senza organizzazione, ,senza propaganda continuatamente effi~ cace le urne hanno dato circa tremila voti alla lista intransigentemente repubblicana e socialista! Intanto se gli avvenimenti del Belgio servono ad incoraggiare la democrazia a persfstere nella via battuta, sinora sono serviti a strappare confessioni preziose anch~ ai suoi avversari. Eccone una, che vale un Perù, che gli amici dell' ..AvantiI hanno pescato nelle colonne della Tribuna: « Quando la minoranza parlamentare ha radici salde e sicure negli strati sociali che rappresenta, quando la minoranza porta con sè nella lotta tutte le energie e tutti gli ideali della classe che a lei s'affida, nessun governo, nessuna forma di maggioranza può senza pericolo di gravi disa~tri civili, abusare della sua posizione numeric.i, e rnpraffare, fino al punto di sopprimere i diritti più vivi e più urgenti, all'esercizio della vita politica. E non è a dire: insurrezione ! I limiti nelle manifestazioni della pubblica opinione non è possibile descriverli a priori, come non è possibile stabilire a priori le responsabilità». « Io ogni modo, protesta pacifica o armata, discussione o insurrezione, la vita politica cresce, si fortifica nelle correnti della pubblica opinione; e nei paesi in cui il Parlamento è l'organo massimo della vita politica, le correnti della pubblica opinione devono agire più largamente e costantemente che altrove. La tunzione parlamentare, anzi, non è completa ed efficace che là dove essa e sorretta, consigliata, corretta dalla libera espressione del pensiero e della volontà del popolo i>. Ciò che la Tribuna scrive dei democratici del Belgio si attaglia a capello ai democratici d'Italia. In vantaggio degli ultimi sta questa grave circostal1za. Nel Belgio liberali, radicali e socialisti hanno dovuto uscire dall'orbita della legalità per difendere la giustizia. In Italia i partiti democratici hanno difeso nel paese e nella Camera la caus1 della libertà senza uscire dalla legalità ed hanno costretto il governo ed i suoi corifei a ricorrere alla violenza per imporre la iniquità. Solo contro la violenza, a legittima difesa, i democratici adoperarono la forza. Vim vi repellere è cano.:1e inconcusso di diritto, che nessuno può mettere in dubbio e che nello scorso anno, sebbene a sproposito, fu elevato ad assioma dall' ex guardasigilli Villa per giustificare la repressione sanguinosa di Maggio. Agli ipocriti, che hanno sentito, per una volta almeno~ il dolore e l'umiliazione del faust recht - il dritto della forza è il caso di ripetere il nqto: chi la fa l'aspetti !, Lo Zonco. ~ Una volta e' era _un re ... Questo non è il titoto di uno di quei racconti che le nonne inventano per tenere desta l'attenzione di una nidiata di marmocchi; ma lo abbiamo scavato dall'arsenale dei titoli per accennare ad un fatto storico recente e che fa onore ad un coronato. Imparziali, e, sopratutto, amatori della verità come siamo, non esiteremmo a riferirlo ancht: se si trattasse - caso raro - di un re vivente ; ma invece il fatto cui alludiamo si riferisce ad un re nato in Italia e morto in esilio, e che gode nel popolino di bruttissima fama. Quanto narreremo dimostra -che quel re .... morto, e che commise un azione assai buona e, vorremmo dire, molto nobile, era migliore della propria fama, venutagli in massima parte dagli antenati suoi - uno dei quali fu veramente scellerato, a giudicarne almeno dai feroci luogotenenti che scelse . Si tratta di Francesco II, tx re di Napoli, il figlio di colui che fu chiamato Re 'Bomba e il cui governo da Gladstone fu denominato: negazionedi Dio. Una breve parentesi. Molto ingiustamente Ferdinando II fu chiamato Re Bomba quasicche egli fosse stato il solo bombardatore, il bombardatore per antonomasia; mentre è risaputo che tutti i Re - e forse sarebbe più esattq il dire, tutti i capi di uno Stato che hanno a disposizione un esercito permanente - bombarJano ben volentieri i sudditi in istato di ribellione. E fanno bene: usano della forza per difendersi. Ad ogni modo Francesco II riabilitò il padre rifiutandosi di bombardare Palermo. Ed ecco che, chiudendo la parentesi, ci rifacciamo al punto di partenza. Si sappia adunque che nel 1860 il borbonico generale Lanza comandava la piazza di Palermo, ed aveva a sua disposizione molte migliaia di soldati quando Garibaldi vi entrò il 2 7 Maggio, aIla testa della leggendaria falange dei Mille e dei picciotti siciliani. La lotta tra i borbonici e i garibaldini avrebbe potuto continuare. Sarebbe certamente terminata colla vittoria dell'Eroe di Marsal,, e della città delle barricate, che lo aiutava con entusiasmo; ma molto sangue sa-
7(.IPISTA 'POPOLARE 'DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI rebbe stato versato, e Paltrmo sarebbe stata bombardata spietatamente come lo furono Messina e Genova nel 1849 e la stessa Palermo nel 1866. La lotta, invece, cessò in modo inatteso : sicchè tra borbonici e liberali ad un tempo corse il sospftto che la convenzione tra Garibaldi e il generale Lanza fo se stata in buona parte l'effetto della viltà o del tradimento del secondo. Questa voce, se non andiamo errati, venne raccolta dall'on. De Cesare nel suo libro: La fine di un regno. Venuto ciò a conoscenza dei discendenti del militare su cui pesa l'accusa infamante, <:ssi,che vivono poveri ed onesti in Palermo, hanno fatto leggere a parecchi un documento di una singolare importanza, che getta molta • luce su quel periodo storico, e che torna a grande onore di quel re ... di una volta. Si tratta di un autografo di Francesco 1I diretto al generale Lanza, nel quale il re di Napoli mostrava il più vivo dolore pel sangue dei suoi sudditi che si era versato; e, desiJerando che dell'altro non si continuasse a versare, ingiungeva al Comandante della piazza di Palermo di attenersi scrupolosamente agli ordini, che gli sarebbero stati impartiti dal latore di quella lettera, che era, se non sbagliamo il Generale, Letizia. Così il Generale Lanza uscì da Palermo coi suoi soldati, e fu evitata la continuazione di una battaglia, che sarebbe riuscita micidialissima nelle strade della grande città. Non aveYamo ragione di dire che questo episodio fa molto onore ad un re della odiata stirpe borbonica, che mostrò sentimenti tanto pietosi ed umani? - Che re minchione! - esclamò un ufficiale del r.ostro esercito, che assisteva alla narrazione dell'episodio, che abbiamo riferito. Nor. STORIA E REQUISITORIA Giornali e riviste cominciano ad accorgusi del mio libro: L'Italia nel 1898. Me ne compiaccio assai; non perchè ne rimanga lusingata la mia vanità- non c'è, del resto, scrittore, che sia un uomo onesto e sincero, il quale ami la cospirazione del silenzio intorno all'opera propria - ma perchè, infine, un po' di discussione s'inizia sul contenuto del medesimo. Quel contenuto riguarda il periodo più triste e più vergogno30 per l'Italia contemporanea. Questa discussione sarebbe stata sempre utile ; è indispensabile, è anzi doverosa in questo quarto d'ora, in cui spira furioso il vento di reazione. La relazione tra la presente situazione politica e gli avvenimenti del 1898 non ha bisogno di essere dimostrata: è ammessa unanimamente. Si assicura, infatti - d:illa stampa ufficiosa e dai documenti ufficiali e dagli oratori che hanno rapp1esentato in Parlamrnto la tendenza reazionaria - che i provvedimenti politici malaugurati, sui quali si è imbestialito il Generale Pelloux, furono resi necessari dai tumulti dell'anno scorso, o specialmente da quelli di Milano che non possono essere attenuati in alcuna guisa dal motivo reale o dal pretesto del malessere economico. I provvedimenti politici perciò, furono resi indispensabili dal pericolo creato dalla propaganda sovversiva, ad infrenare la quale sono destinati. Se questi ragionamenti venissero soltanto dalle persone di malafede, che scrivono o parlano in questo o in quell'altro senso, per ordine e contro adeguato pagamento, il male sarebbe grande: la calunnia anche _quanro viene da persone spregevoli lascia sempre delle tracce nell'animo degli ingenui e di coloro che non sono in condizioni di appurare la verità vera. Ma il peggio si è che siffatti ragionamenti vengono ripetuti da persone onestissime e della cui buona fede assolutamente non è lecito dubitare : vengono ripetute dalla gente che dà il maggiore contributo a quella che l'amico Zerboglio chiamò la reazione onesta. Di ciò era convinto da gran tempo, ed ebbi agio a riconfermarmi nella conviczione all'indomani della chiusura della sessione conversando animatamente con avversari sinceri e leali nei corridoi Ji Montecitorio. La più viva impressione la ricevetti da uno scatto d'indignazione sui tumulti del 1898 ch'ebbe il Duca di Sermoneta - un gentiluomo e galantuomo autentico, pel quale amici e nemici politici nutrono stima e simpatia; fu grandissima poi la mia meraviglia quando un deputato che fa parte della Vandea lombarda, ma che ritengo onesto e sincero, quasi per accopparmi mi disse: informati da De Cristoforis sulla verità dei fatti di Milano! Avevo ragione di sorprendermi, poichè fu proprio il collega De Cristoforis, che mi pregò e m'indusse a scrivere il libro, L'Italia nel 1898, narrandomi tutte le infamie, che si erano commesse nella repressione di maggio. Ora, in quel libro, per lo appunto, coi dati di fatto più incontrastabili e colle confessioni esplicite degli avversari della democrazia, emesse nel momento della sinceriti e della spontanÌl tà, ho dimostrato: 1° che i tumulti in tutta Italia furono l'tffetto, che non poteva mancare, delle sofferenze economiche e del disgusto morale. La connessione causale era tanto evidente che i tumulti furono previsti come inevitabili sin dal Gennaio anche dai Prefetti del regno! Lo telegrafò M;chele Torraca al Corriere della Sera; 2° che in Milano più che altrove esistevano tutte le condizioni economiche e morali, politiche e intellettuali che potevano e dovevano fare assurgere i tumulti' al grado di vera rivoluzione. ( 1) Se questa mancò non si deve alla energia e rapidità della repressione, ma alla assoluta mancanza di decisione di farla in coloro, cui venne falsamente attribuita la organizzazione e la direzione di un movimento, che non ebbe affatto il carattere rivoluzionario) ma fu soltanto una protesta, una esplosione improvvisa d'indignazione nelle masse popolari. La dimostrazione di questi due assunti credo di aver fatto con coscienza, con imparzialità somma, riconosciutami anche da avversari leali come gli scrittori della Gaz...zettadel Popalo di Torino. (I) Mentre correggo le bozze di stampa, leggo per la prima volta in una rivista autorevole un giudizio eh' è ]a sintesi della dirnestrazione ampia da rre fata nel capitolo, La capitale morale, in cui mi occupo delle cause dei tumulti di Milano. È del chiaro Prof. De Viti De Marco, che insegna nell'Univtrsità di Roma, e si legge nella Cronaca del Giornale degli Economisti tLuglio). Eccolo nella sua integrità: « Nessuna ragione economica spiega la insurrezione de]]a classe operaia del Belgio, che è tra le più prospere del mondo. Ma (ciò non si vuole intendere in Italia !) appunto dove il popolo è economicamente prospero, moralmente e intellet• tualmente progredito e progressivo, una legge o una politica che restringa i diritti del cittadino e dell'uomo verso altri cittadini ed altri uomini provoca la reazione. È più facile ad un popolo ricco di sopportare la sopraffazioneeconomica che una classe impone all'altra con il protezionismo e le imposte, che non la sopraffazione personale e politica dell' uomo sull'uomo, del cittadino sul cittadino. » « Questa considerazione dovrebbe valere contro una stupidità che in Italia dal Maggio 1898 si ripete e si "ripete, ed è, che i milanesi non avevano ragione d' insorgere,perchè non risentivano il caro del pane, come i contadini del mez.z.ogiomoI » « Da noi il governo imita la politica della Spagna e quena dei clericali del Belgio. Il protezionismo e le spese militari procedono di pari passo con la soppressione delle libertà politiche e con la soggezione del cittadino all'arbitrio della polizia, del giudice istruttore, dell'agente del fisco ecc. » <e La popolazione italiana si divide in due, l'una pove,a ignorante somiglia alla spagnuola, subisce la sopraffazione economica e tributaria e solo quando ha troppa fame reagisce col ferro e col fuoco ; l'altra più agiata e progredita non sopporta la sopr..ffazione politica e a questa reagisce. » « Le due deputazioni seguono la legge delle due popolazioni ; l'una è stromento di predominio delle camarille locali e sta sempre col governo; l'altra è l'apparato di trasmissione di una coscienza popolare offesa, e forma una minoranza di battaglia. »
RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCJALJ 5 Venne tentata la confutazione di ciò che ho creduto essere la verità? La promise La Perseveranza appena venne alla luce il libro; ma poi, per quanto io mi sappia, non tenne la promessa. Non poteva mantenerla - sfido io! - perchè la nnrazione dei tumulti e della repressione di Milano - in ciò che ebbe di più enorme e di scellerato - la feci colle parole sue e del Corriere della Sera: due guide non sospette ·e non sospettabili di volere aggravare le responsabilità dei governanti. .. Questa confutazione la tentarono altri giornali ed altre riviste, che militano nel campo avverso al mio? Manco per sogno. Solo la Ganetta delPopolo corresse uno strafalcione che mi sfuggì inavvertitamente, ma che non modifica di una linea la narrazione e si riferisce ad un dato biografi.e.:>del generale Pallavicini. Tutti i critici, - e ripeto che di critici amici politici ne ho avuti ben pochi - hanno imitato un, scrittore dell'autorevole Frankfurter Zeitung, il quale giudica l'insieme del libro troppo pessimista, ma mi dà completa ragione sul contenuto dei singoli capitoli! Voglio dare un saggio dei giudizi pru~entissimi, che gli avversari hanno arrecato sul libro. E l'ultimo che mi è pervenute", e l'ho letto nella Rivista politica e lette· raria (Luglio) che rappresenta la tendenza più antagonista che ci sia in 1 talia alle idee da me propugnate. Eccolo: « Questo libro del Colajanni non é una storia: è una requisitoria. Se i rnoi ragionamenti fossero tutti veri•; se i paragoni ai qu:ili la sua penna focosamente pre,ipita reggessero tutti, non ci resterebbe che velarci la faccia e attendere disperati, insieme alla fine della libertà, lo sprofondarsi dell'Italia. ·« È duro 11011dimeno;a chi ha sentimenti sincerameute italiani e sente in cuore il memore ajf,tto alle patrie istituzioni, il dover riconoscereche un f ondammto alle terribili"parole del Colajanni non manca. La storia da lui fatta della repressioneborbonica,paragonata alla represione che segui i fatti di maggio a :Milano, produce impressioneprofonda, dati i tempi, i personaggi, e sopratutto la gravità tanto diversa del pericolo. « Oggi che il Governo, col sottoporre alla firma ·Reale un decreto d'indulto, ha riconosciuto e affermato l'enormità delle condanne inflitte a tempo del precedente Ministero dai tribunali militari; oggi che a capo degli affari trovasi quel generale appunto che ricusò di applicare a Bari lo stato d'assedio, l'operato della polizia e della giustizia militare nel nefasto anno trascorso ci appare qu~llo che fu veramente un riccrdo di altri tempi, un tentativo, subito sventato fortunatamente, di tornare a sistemi di governo e di repressione che l'Italia aveva già da un pezzo, colle insurrezioni e coi plebisciti, condannati per sempre. « Quali responsabilità affami in questo libro il Colajanni, quali speranze metta in luce, quali deduzioni tragga, sarà facile il comprendere quando si pensi che l'autore non nasconde la sua fede repubblicana ; e che egli ammonisce i socialisti di non sperar mai nell'avvento delle loro speranze economiche fino a che non siano state compiute le riforme politiche da lui vagheggiate. Contro queste speranze, contro questi desiderii, noi, memori di una grande e fortunata sentenza di Crispi, lotteremo e protesteremo sempre. Nondimeno ci sia permesso di deplorare che, per difetto di chi esercita o esercitava i più ahi uffici dello Stato, gli avversarii aperti e irreconciliabili della nostra costituzione monarchica si trovino troppo spesso ad avere l'apparerza almetèo della ragione». Non ho bisogno di sottolineare tutta l'amarezza che sgorga dalla confessione dello scrittore della 'l(ivista politica sul constatato fondamento delle mie terribili parole e del paralltlo tra le repressioniborboniche e le repressioni italiane. Ma ho diritto di rilevare: che attendo ancora ed attenderò invano per un pezzo che mi si dimostri che io abbia soltanto le apparenze della ragione. Sinora, sino a prova contrada, mi credo autorizzato aritenere che sta per me tutta intera la ragione. Da coloro che tacciono per partito preso, per insigne malafede, - perchè si vedono nella impossibilità di negare le verità schiaccianti contro i nostri governanti, che sono ammonticchiate nel libro, che non ha meriti o pregi a me attribuibili, - nulla spero, nulla mi attendo. A costoro il silenzio s'impone. Vorrei, però, che gli avversari sinceri, i pochi che wstengono lealmente i provvedimenti politici, ritenendoli indispensabili per il mantenimento dell'ordine e della costituzione dello Stato, mi dimostrassero dove, come, quando ho errato e sono venuto meno al culto che ho per la verità. Sino a tanto che non sarà stato dimostrato che io mi trovo in errore, griderò alto che i provvedimenti politici sono una infamia che si vuol commettere per libidine di reazione, e che la mia è bensì una vera requisitoria, ma è requisitoria, che erompe spontanea ed ioesora bile dalla storia. Dr. NAPOLEONE COLAJANNI. Deputato al Pa1·larnento L'Assalto al Convento* Non si può far menzione di questo breve scritto di Paolo Val era nella solita rubrica delle recensioni ; ne si può riassumere una narrazione nervosa, tutta scatti, nello stile ben noto dell'autore di :Milano sconosciuta. Paolo Valera con una certa pretensione mette come epigrafi:: alla sua cronaca sanguinosa il ]'accuse... ! di Emilio Zola.· Ma immodestia non e' è. Chi accusa non è Val era; accusano i fatti ; accusano i Cappuccini, padre Isaja e padre Edoardo da Saronno. L'accusato è il generale Bava Beccaris, che CC'mandava le ·operazionidi guerra in Milano nel Maggio 1898. Egli allora si coprì di gloria; e n'ebbe meritato premio, il massimo: la gran croce dell'ordine militare di S1vofa.' 11 grande conquistatore delle barricate ... fotografate di Milano in una brillante relazione ha narrato lui stesso le proprie prodezze ; la soverchia modestia non gli consentì di occuparsi dell'epirndio più sublime della campagna : l'assalto al Convento di Manforte, dove si erano trincerati i pretesi stu.denti di Pavia e i pezzenti che aspettavano la minestra e che si difesero a colpi- di.... scodella. Ma i due frati ci hanno fatto conoscere gl'incidenti più generosi e più valorosi dei soldati al comando del Generale Bava Beccaris, che restano, così, acquisiti alla storia. Noi non li riproduciamo, perchè desideriamo che vengano letti nel libriccino di Valera : perderebbero assai se li riducessimo ad uso e consumo dei lettori della Rivista. Consci della gloria del prode conquistatore di Milano facciamo voti ardenti affi.nchè egli venga chiamato alla Presiden;,a del Consiglio dei Ministri; il Generale Pelloux non potrebbe aversi a male sapendosi sostituito nella somma delle cose da un genio militare qual' è il suo collega del Senato .. Bava Beccaris l'avrebbe fatta finita subito coll'ostruzionismo. -~""'-/'-../'../'~"'-J'" ERA PREFERIBILE LA CENSURA C1 ) Questo grido esplose dal petto sofferente di Dario Papa quando, ai tempi della reazione Crispi, si vide sequestrato il giornale senza una plausibile ragione legale, senza che mai seguisse al sequestro il rebtivo procedimento, senza che una norma qualunque, pel giornalista che vuol servire insieme la verità e non far mancare il foglio a' suoi lettori, si potesse dedurre dal cervellotico procedere delle R. Procure. - Anche l'Osservatore Cattolico ebbe ad esclamare : Ma rimettete in vigore la censura - almeno cesserà il ludibrio di vederci dernbati: e alludeva a questo furto legalizzato, che è il seqt.estro. Quello che è tcccato all'Educazione Politica in pochi mesi di vita, di esserci veduti incriminare sette articoli, senz.t che non uno di quei sette articoli sia stato fatto argomento di regolare processo, non è caso isolato, è oramai l'andazzo del potere, come direbbe un poeta classico, che « ai comun danni * Narrazione documentata co11illustrazio11i di In11oce11teCanfinotti. Milano, 1899. Società Editrice Lombarda L. 1,50. (I) Facciamo nostro questo articolo che troviamo nella Edttc~zio11~Politica d_el 30 Giugno. on occorrono spiegazioni. Aggiungiamo che riproducendolo non facciamo soltanto atto di solidarietà colla consorella di Mila·1:>,ma difendiamo anche la causa nostra. N. d. R.
6 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE sociALl impera ». Non c'è bisogno di offendere persone per legge irresponsabili o innominabili : ci hanno sequestrato perfino l'estratto di quella narrazione dell'a::resto e della prigionia di Pietro Giannone, che togliemmo testualmente dalle lezioni pubbliche di Giuseppe Ferrari, dette a Milano, nella R. Accademia, nell'anno scolastico 1863, e le quali vrnnero pubblicate, senza sequestro, nel 1868, imperante la destra. I Lojola del Corriere ci provvedano almeno la conferma delle luo insinuazioni, sollecitando i Magi~tr:.ti a farci il processo l Ma no. Si sequestra e non si procede. Non se ne dà più neppure una giustificazione qualsiasi. Degli ultimi sequestri non ci si volle lasciare alcuna copia di ordinanza. Si teme 2dur:que la discussione ? Avete dunque paura della storia? paura del ragionamento più tranquillo? siete discesi così in basso? Ma oh non vedete che tutti gl'mtellettuali si allontanano a mano a mano da voi e vi dispregiano ? Ncn vi rest~no ormai più che i Macola, gli Oliva e la folla anonima dei gazzettieri che ricevono il soldo sui fondi segreti. Di fronte a questa successione di arbitrii impuniti e di violenze irresponsabili, per le quali ormai i R. Procuratori non hanno più nemmeno il pudore di chiedere la prova del pubblico \lrocedimrnto, noi domandiamo che si ristabilisca - piuttosto che durare in questa condizione di cose - la ce11surpareventiva. Badate, lettori, che non scherziamo: la domandiamo sul serio. Vi potremmo dimostrare, con molti documenti, quanto il sisteina di censura - ad onta di tutto quel che aveva di vessatorio e di seccante per lo scrittore - fesse però migliore della vigente ipocrisia, la quale fa della mancata censura una trappola per da1111eggiare e colpire gli scrittori ed i ptriodici indipendenti. la censura era metodo vessatorio, ma leale e ouestc>. leale, perchè lo scrittore sapeva di dovere sottomett(re la sua prosa o i suoi versi a un revisore ; quindi, scrivendo, cercava contenersi in certi limiti. S'abbandonava all'impulso del suo pensiero o del suo sentimento? ... Niente di male gli capitava rer questo: il revisore lo factva chiamare, gli amputava quà e- là o anche respingeva l'intero suo scritto. Che male c'era in tutto ciò ? il dispiacere di qualche periodo, o di un intero opuscolo rientrato. Ma nulla più di questo. All'autore, al cui scritto rimaneva così impedita la divulgazione, non ne veni va alcun danno. Il manoscritto .., restava inedito. E lo scrittore non n'era punto processato o condannato ... Perchè (attenti, o Dcn Basilii dd Corriere I) perchè l'Austria, ch'era più onesta dei vostri padroni d'oggidì, l'Austria considerava reato la pubblicità data a certi pensieri, non il peusiero i11edito cc.me tale. Or considerate quel che avviene, invece, og~idì, coi sistemi s...... Lo Statuto dice : la stampa sarà libera. Ecco la trappola. Nessun obbligo di antecedentemente sottoporre a revi• sione di magistrati il manoscritto. - Ebbene; si compone in tipi, si predispone la stampa, si aspetta anzi che siano stampate non una, ma le cento, le mille e più copie dell'intera edizione ... e poi, quando state per esporre al pubblico lo stampato, vi piombano in ufficio o in tipografia gH agenti del Magistrato coll'ordinanza di sequestro. Che è questo? una ruberia. Perchè (notate) nel caso, per esempio, del nostro Giannone, se i Don Basi lii del Corriere ne sanno più di noi (oh, sono dunque addetti a certi uffici di Polizia cotestoro ?) l'incriminazione dell'opuscolo sarebbe avvenuta ptr la prefazione. Orbene, se leale e onesta, la R. Procura poteva dircelo: sequestrare tutti quei foglietti di prefazione e lasciar correre le altre 32 pagine. Perchè esportare tutto il rimanente ? Perchè non ci ha neppur fatto sapere, com'è dover suo, se veramente il preteso reato consiste nella prefazione - sì che possiamo ristampare l'estratto senza la medesima? Ma tutto è subdolo e iniquo negli attuali procedimenti fatti alla stampa. E l'iniquità censiste in ciò: che, operato il sequestro - ovverosia impedita di fatto la divulgazione - il pensiero, lo scritto incriminato rimane come inedito. Dunque, operato il sequestro, non ci dovrebbe più essere reato. Nossignori: la lealissima procedura, che il nuovo progetto Pelloux esten• derà a tutti i cooperatori di un giornale, vi perseguita di poi autori, gerenti, tipografi, per un reato... che, effettivamente, non venne consumato. È evidente, si o no, che l'Austria era più onesta ? che il sistema della censura preventiva sarebbe preferibile ? Senza dire che, quasi sempre, il revisore non era il. primo tanghero capitato in ufficio ; l'Austria delegava a tali mansioni dei funzionari colti, intelligenti; e, per un autore, è sempre meglio avere a trattare con un manigoldo di talento e istruito, che con un manigoldo imbecille. Così avveniva (e tutte le biografie di letterati di quel tempo vi possono offerire aneddoti in proposito) che· l'autore, se era uomo di spirito, si preparava a gareggiare d'arguzia col proprio revisore: si di- ~çuteva il senso palese od asçoso di una frase, di un;i. allusione, di una citazione erudita. Più d'una volta il revisore stesso suggeriva scappatoie per non sacrificare un'opera o un articolo intero; l'autore, anche se suo malgrado, vi si acconciava: non era preferibile al sistema odierno, in cui per una frase vi livragano tutto un lungo articolo, un opuscolo,. non solo, ma vi portano via l'edizione di un numero di giornale o di periodico dove nelle altre pagine lo stesso Fisco ha trovato nulla d'incriminabile ? Oh non sarebbe meglio per noi tutti se potessimo saper prima quale sarà la frase o il periodo sgraziato che verrebbe colpito ? Chi non s'affretterebbe a levarlo per non sacrificare tutta una pubblicazione ? Dateci adunque, per carità, la censurapreventiva I Ridateci i sisttmi dtll'Austria ! - a questo grido siamo ridotti nel 51° anniversario dello Statuto Albertino. Imperocchè - considerate bene, umanissimi lettori - il revisore anche oggi esiste pur sempre; se non che, invece di avvertirci in via preventiva di una frase o di un periodo, ch'egli non può lasciar correre, se ne sta appostato come un brigante che v'aspetta per ag• gredirvi alle spalle e dopo avervi derubato vi minaccia anche di carcere e di multe. E poi, udite, novissimo arbitrio: Una volta usavasi, nei sequestri, d'indicare il punto, i periodi, le espressi0ni costituenti il reato - oggi nessuna ragione vi si dà più del sequestro, giammai vi si dice quali espressioni costituisc;ano il reato: non è una incriminazione ma. una livragazione. E l' a•bitrio congiunto con la stupidità. E una specie di ostruzionismo bestiale, poichè non vi sa <lare alcuna ragione della violenza che com• mt tte. È infine una flagrante violazione del preciso e tassativo articolo 57 della legge sulla stampa, il quale suona così: Art. 57. - Il pubblico ministao nellesue istanze, quandoesercita l'azione pmale d'ufficio,o il quelerante nella sua querela, sor.o tenuti di specificarelt provocazio~i,gl'insulti, offese,ecc., che danno luogo all'istanza o querela, sotto pena di nullità. Tutte le istanze di azione penale e di relativo sPquestro contro l'Educazione Politica sanbbero adunque nulle di pien diritto perocchè in tutte mancava la spetificazioue degli insulti, offese alle istituzioni, ecc., quale è richie~ta dall'art. 57. Ma non v' è più legge in Italia; tutto è arbitrio. Anche la Giustizia è ai servigi del ministro degl'interni ( 1). Infatti s'inferisce più o meno coi sequestri di stampa, non a seconda del linguaggio più o meno illegale usato dai giornali,· ma secondo gli ordini o i rancori, che soffiano dall'alto. E qualsiasi arbitrio commtttano i funzionari, anzichè puniti sono promossi. Laonde sembrano scritte per Ollgi le seguenti parole, che il Settembrini riferiva al f averno borbon:co: « Og11iimpiegato, dal soldato al 1;eneraled, al gendarme al miuistro di polizia, ogni scriva11uccio è despostaspietato e peuio, su quegli che gli sono soggetti, ed è vilissimo schiavoverso i suoi superiori. O11dechi 11011 é f,·a gli oppressori,si se11teda ogni parte sc/Jiacciatodalla tirannide di mille ribaldi; e la pace, la libertà, le sostanze degli uomini 011estidipendono dal capriccio,non dico del principe o di im ministro, ma di ogni impiegatello... » « Fratelli italiani, non credete che queste parole siano troppo acri, non scrivete nei vostri giornali che dovn:mmo parlare con più moderazione e prudenza; ma sentite voi pure come una mano di ferro rovente ci brucia, ci stringe il cuore; soffrite quel che soffriamo noi, e scrivete e consigliateci ... » « Una volta, nel Lombardo-Veneto c'era lo stran:ero; ma lo straniero era forte, non stolto, puniva feroce ogni reato politico, ma favoriva la buona amministrazione interna, ed era giusto con tutti fra certi limiti ... Noi per contrario abbiamola tiramiide fratema, che é la più crudelefra tutte... Questa oppressura corrompeuna uaz.ionefin nelle ossa.... » L'AVVOCATO DI TURNO, (1) Telegrafasi da Roma : « Il governo spedl. vive retccomandazioni ai capi del Pubblico l\Iinistero per quello che riguarda la stampa>>. E pensare che noi re.pubblicani vogliamo il potere giudizial'io indipendente da tutti i poteri ! Non abbiamo ragione di essere antimonarchici 1 Benchè questo numero, come il precedente, contenga quasi i'l doppio - lo notino i nostri abbonati - della materia di un numero ordinario, siamo forzati, per ragioni di spazio, a rinviare la pubblicazione della lettera di Nicola Barbato nonchè quella di altri articoli già preannunziati.
'R..lVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl 7 SOCIALISMO E RIVOLUZIONE I. Si discute molto tra sociali~ti sulla rivoluzione ma lo si fa ordinariamente in m~do che non si può tr;rre alcun profitto dalle discus,ioni vaghe alle qmli quasi sempre s1 abbandonano tutti i c0nteodenti. In Francia, molti socialisti credono necessario di conservare l'etichetta rivoluzionaria, perchè temono altrimenti Ji perdere i loro aderenti, che sono sempre tentati dagli anarch:ci, ma in fondo, per quanto possono dire, essi diventano sempre più legalitari. Non è stato abb1stanza fatto os,ervare che anche all'epoca in cui Guesle e Lafargue pretendevansi tanto rivoluzionari, essi, anche allora, si separavano dai t lanquisti, che rappresentano la pura trajizione della vL,lenza rivoluzienaria. I blanquistl si son.J sempre preoccupati di riunire degli uomini tarchiati, capaci di prendere una posizione con la forzi, e che non abbian) paura di affrontare il furico: il blanquism1 ha sempre vi,suto sulla_ le~genda delle grandi giornate ri vùluzionarie : i p~tri~tti, i tape-:-dur sono stati sempre i suoi erui pred!letu. Il ma• x1smo, tale quale è stato introdotto in Francia, ha sempre avuto una conlc. tta timida: i suoi capi non hanno niente dei sovvertitori : e io non posso nemmeno concepire Guesde, Lafargue, Zé vaes alla testa di operai armati contro la truppa. In un'opuscolo (oggi introvabile), pubblicato nel 1883, sul programma del partito OFeraio, si vede che Guesde non sperava nemmeno allora di poter dare l'assalto ad un governo forte; Guesde ha contato sempre su quelle crisi politiche ~he la Francia ha avuto presso a poco ogni diciott'ar.m; ed era su di un governo girondino, e quasi disarmato, sul quale contava di poter esercitare l'azione rivoluzionaria del suo p~rtito .... La crisi politica, attesa da Guesde, non è venuta· ma s'è prodotto altro. Il parlamentarismo non ba pdtuto dare alLi Francia dei governi stabili, capaci d'imprimere una direzione di una dura~a notevole; noi abbiamo vissut? sotto il regime delle crisi ministeriali, rese necessarie per lo sminuzzarsi dei partiti, e noi abbiamo veduti uomini di valore, consumarsi in lotte sterili. S' è costituita nella nazione un'opinione nuova che gu.daD'na ogni giorno terreno, e che favorisce, secondo le cir~ostaoze, i r~dicali e i socialisti, e che nelle campagne prende un'importanza veramente straordinaria. I poveri domandano di essereprotetti, e intendono che i ricchi paghino di più. Se i socialisti fo,sero più circ0spttti nella scelta dei loro candidati, se essi non sostenessero spesso d_elle J?erson~ le quali non banno potuto farsi un1 posizione In altri putiti, la loro influenza t, a i contadini sarebbe mJlto più granje di quello che lo è presentemente. Si. comincia ad abituarsi all'idea di un' imposta pro- ~ress1v~ _che_pe_rmt:tta di sgravare i poveri; non sembra 1mposs1b1le 11 nscatto delle strade ferrate - col 40 °/ di perdita per gli azionisti - e la riduzione dt Il' inter;sse del_ ~ebito ~~bblic?; la t~a~fo~mu_ione dei sindacati agricoli In st.ib1hment1 pubbhc1 dt cm la cassa sia alimenta~a dall'impo~ta e che forniscono le materie prime e gh strumenti di lavoro ai contadini, è facilissimo a realizzare;_ infine_ I~ liquidazione dd debito ipotecario c?l credno fon~1ano potrebbe essere conseguita con uno spinto democ'ratlco. lo ho notato già (I) che in molte parti della Francia regna un 0pinione delle campagne, che ricorda molto quella del 1851; io credo che, se le cose vanno naturalmente, senza scosse, il socialismo francese divent, rà essen~ial_mente r?rale, e s'allonta~erà sempre più dalle soluz1on1 cornumste proposte anm or sono. I I. La Francia ha passate tante rivoluztoni in questo secolo che non è inutile interrogare la storia p. r Yedere (1) <J{_evuepolitique et parlamentaire, Decembre 1898. alcune previsioni sugli effetti che si possono attendere dalle rivoluzioni future. Si ammette, oggi, in un modo assai generale, che la liquid1zione del regime feudale e lo stabilirsi della Chiesa avrebbero potuto farsi per via pacifica, e che si sa• rebbe pervenuti ai medesimi resultati oggi raggiunti spendendo meno e risparmianlo molte esistenze uman/ Ciò non è esatto che in parte, perchè è restato da qu: sto rivolgimento un lievito rivoluzionario che è, nell'ora attuale, la garanzia fJrse più preziosa del progresso. · Si osserva, dall'altra parte, che la Rivoluzione ha avuto per con ,eguenza lo sviluppo eccessivo del clericalismo che nonostante non si trova mai soddisfatto delle vittorie ottenu~e; ch'essa ha rovinato ciò che restava della vi:a provin.:iale; ch'ess1 ha dato all'armata una parte prep,mderante nei conflitti politici oJierni. Sono queste tre gravi conseguenze, che si sarebbero potute evitare con un 1 ev Jiuzione riformista. L'ar,n ,ta regia er.1 de! r788 ben altrimenti civilizzata che l'ar nlta rep.ibblicrna J.'oggi; è appunto perchè i suoi capi erano delll! persone molto colte ch'e3si non sepper0 oppJrre una grande resistenza e non fecero niente Ji serio per salvare l'antico regime; essi avevano degli scrup.:>lt dt moralità che sono disparsi, da molto t. mpo, presc:;oi loro successori. Le guerre della Rivoluzione instaurarono il vero militarismo; si è detto spesso che alla fine del Direttodo l'armata era la sola istituzione veramente solida e si sono scritti dei romanzi pompcsi sulle virtù dei soldati di quel tempo ; il Direttorio era stato spalleggiato tra le ispirazioni pacifiche dei liberali che avevano fretta di chiudere l'era dei torbidi rivoluzionari e gli appetiti di tutte le classi che vivevano della guerra, gli uomini di guerra ebbero naturalmente, l'ultima parola; Napoleone dette un'apparente soddisfazione alla borghesia; assicurò l'ordine che il Direttorio non aveva potuto assicurare dopo il colpo di stato; credette che la soludone fosse definitiva. Pr~ udhon ba molto bene osservato che fu soltanto la Restaurazione che dette alla Francia la costituzione cercata d.il 1789; una rivoluzione interna non avrebbe potuto rovesciare l'Impero; non sembra verosimile, del re• sto, che si fosse potuto trasformare con l't:vo!uzione; Napolrnne dopo il suo ritorno dali'isola dell'Elba non pare abbia meglio compreso le ispirazioni della borghesia come non l'aveva comprese prima dei suoi disastri. Fu la coaliz one che impose la libertà alla Francia. Il regno di Napoleone 111 dà luogo a delle analoghe rifle3sioni: quando egli ebbe cominciato a fare alcune ~onces~io~i i_suoi consiglieri s'ingegnarono di cercare l mezzi d1 ritornare al sistema del 1852: fu per instaurare il regime autoritario che spinsero l'imperatore alla guerra, e questa fu decisa perchè era diventato impossibile di conservare E. Ollivier - che il partito di Corte aveva cercato di sfruttare-; e perchè era ancora più impossibile di richiamare i capi della reazione e sembrava impossibile di andare più a sinistra. « Noi non possiamo accettare un ministero Picard » mi diceva nel 187 I, uno dei più intimi consiglieri dell'imperatr: ce. D'altra parte giammai la Francia liberale non sarebbe stata capace di rovesciare Napoleone perchè le for~e rivoluzio?arie _delpopolo parigino avrebbero fatta una tnsta figura d10anz1alle truppe comandate da uomini decisi. Ciò che l'armata ba fatto durante la Semainesanalante l'avrebbe fatto dinanzi a qualunque sommossa; il bgiorno dei. funerali di Victor ~oir mtto era pronto per una repressione veramente· classica, e se Rochefort avesse seguito gli esaltati che volevano andare sulle Tuileries vi sarebbe stata una giornata sanguinosa, che ci avrebbe probabilmente evitato il 1870, secondo le informazioni c~e mi sono stat: date d~l medesi~o cons: gliere imperiale. Il secondo impero, incapace d1 evolvere verso il :egime liberale come il primo, non poteva cadere che lO seguito ad un disastro inaudito. I governi regi del 1814 e 1848 furono meno milita-
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