Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 1 - 15 luglio 1899

'1{.IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI largiu, rispettoso fino allo scrupolo della proprietà altrui. Si legga il bel libro di Enrico Costa, ov' è tutta la vita del l•andito, o la piccola biografia che di questi fece il Lombroso, e si pensi al verdetto di Frcsinone. Alle quali cose se avesse posto mente il signor Niceforo, e avesse voluto ricordarsi che Testalonga e Pasquale Bruno in Sicilia e Tallarico ed altri nel mezzogiorno, benchè briganti furono ammirati per opere buone, avrebbe capito di qual natura sia la tolleranza - ch'tgli battezza per orgoglio ~ di quelle famiglie di pastori per le quali avere un parente bandito è come per noi avere un parente ministro o ambasciatore. In linea d'interesse, qualche cosa di più - io credo (1). Perchè quei banditi compiono spessissimo delle buone azioni, ( è la parola) specialmente verso i parenti. Mentre che dei ministri e degli ambasciatori, ho sempre udito dire, che, specialmente per i parenti, o non li riconoscono se poveri, o non fanno nulla per essi se rie• chi. E se Sebastiano Satta, avesse pensato che molte volte H bandito sardo, facendo la propria vendetta, compie senza saperlo, la vendetta di molti altri offesi dall'ucciso avrebbe saputo spiegarsi l'indifferenza di questi dinanzi alla vittima, e la gioia occulta in certi casi. Ora che c'è di straordinario, di nuovo, di prettamente sardo in tutto ciò? Le nature perverse sono di tutti i paesi. O Crispi non mandò telegraficamente la sua anima all'onorevole Guantone per l'uccisione di Cavallotti? Perchè dunque dalla perversità di un solo, o di pochi, o anche di molti, giudicare dell'indole di tutti ? Si dica pure la verità intera, la si snudi recisamente senza reticenze, e si farà opera meritoria, veramente coraggiosa, lodevole e santa. Ma si lascino, per amor del buon senso e della dignità certi spari di metafore, e non si facciano con leggerezza incredibile asserzioni che sono vere enormità, com' è appunto quella fatta dal Sighele. Il quale, ad onta dell'ingegno e ddla dottrina - che io ho sempre sinceramente ammirati in lui - ha il co- . raggio di scrivere: « Questo modo di giudicare i banlliti e i grassatori <e (e cioè, con simpatia) è comune a_ll'isola anche da « parte di persone colte e intelligenti. E inutile, il mal- « fattore che non si contenta di fare il ladruncolo vol- « gare, ma che assorge alle altezze (2) dell'omicidio e del- (< l'assalto a mano armata, che si vendica dti suoi ne- « miei e punisce c~i vorrebbe denunziarlo, s'impone. » E lo credo io ! E una bella scoperta anche questa! I malfattori, di cui parla il Sighele, che assorgono alle altezze dell'omicidio e dell'assalto a mano armata, che si vendhano dei loro nemici e puniscono chi vorrebbe denunciarli, s'imporrebbero anche a lui - ove - per disgrazia ch'io gli auguro stmpre lontana - egli avesse ad imbattersi in loro. Uua volta, il brigantaggio in continente s'imponeva alla stessa autorità. E, d'altronde, subire ciò che si impone non ha mai voluto dire accettarlo a braccia aperte. E, sopra tutto, sappia e creda l'egregio Sighele, che a formare certe rinomanze di latitanti, tuttochè pessimi (r) Io espongo fatti e ragioni - e non ne faccio l'apologia. Questo per chi volesse leggermi a rovescio. N. d. A. (2) È curioso vedere come tratto tratto si contraddicano i signori che accusano i sardi di ammirare i malfattori. Qui, per esempio, il Sighele sarebbe anche lui un ammiratore - sebbene incosciente - del male, poichè lo nobilita quasi, parlando di altezze; mentre egli voleva precisamente significare l'opposto. Invece che « assorgere alle altezze ecc. » avrebbe dovuto dire : « che scende fino all'ultima degradazione del delitto, all'ultimo obbrobrio dell'assalto a mano armata ecc. o qualche cosa di simile. Rilevo questa flagrante contraddizione, perchè è precisamente da un modo di parlare simile a questo - di alcuni sardi - che derivò l'ingiustissima e calunniosa accusa mossa a tutt~ l'isola, soggetti, contribuì potentemente, non la tolleranza f orzata dei sardi, ma la· inettitudine della forza pubblica, la quale intaccando il suo prestigio a furia d'insuccessi, lasciò credere che certi malfattori fossero quasi invulnerabili ed irraggiungibili. · Senza poi contare del ridicolo in cui essa cadde alcune volte in grazia dei gros.solani sbagli commessi e dei granchi madornali presi. . Il ferimento e l'arresto di un maggiore dell'esercito, in ritiro - scambiato per De .Rosas - informino! . Ora per formulare una così orribile accusa - qual'è quella fatta ai sardi di ammirare i malfattori -- occorre qualche cosa di più e di meglio che non siano le cognizioni- monche, le notizie accettate senza un controllo rigoroso, e le deduzioni di fatti irnlati e di opinioni personali. · Al signor Niceforo, poi, che sostiene esservi in Sardegna il culto del brigantaggio, e chiama l'isola con circolocuzione, non so se p:ù vuota o più maligna - il paere delle grassazioni, faremo sapere che questo paese, voluto mettere da lui a tutti i costi in luce · sinistra e odiosa, non ha mai avuto scuole di delinquenza come invece ebbero, ed hanno tutt'oggi, molte parti d'Italia, dove esistono ancora le male piante della Mafia, della Camorra, delia Teppa, dei Barabba, degli accoltellatori, ecc. ecc. E che le grassazioni, così amorosamente illustrate da lui, non raggiunsero mai in Sardegna le spaventose proporzioni di altri luoghi, dove si arrivò perfino a fermare e svaligiare interi convogli ferroviari : reati questi che richiedono una grandissima audacia, e una ben maggior coscienza del male. E dopo aver fatto sapere queste cose al signor Niceforo, gli diremo finalmente - senza ombra di rancore - che non si studiano i fenomeni sociologici e ant.ropologici di un paese, con una scienza come la sua, ov' è più boria che sapere, più presunzione che serietà. Cominci coll'essere più sincero, più ordinato e più logico ; provi invece di asserire soltanto, o di staccar pagine dal tacuino ; adoperi uno stile più sicuro e meno imaginoso ; e sopra tutto, lasci, per carità, certe metafore arrischiate che fanno a pugni co' suoi studi ; i quali - egli me lo insegna - vogliono esattezza rigorosa nei termini. E non faccio esagerazioni per comodità di polemica. A pag. 75, per esempio, il signor Niceforo scrisse tranquillamente : « Voi vedete nella zot_1adelinquente il fiero sardo panneggiato nel suo costume di pelle e di fuoco!» Pelle e fuoco? Chi sa le meraviglie che avrà destato in continente questa notizia, specialmente nella classe dei sarti! E faccio grazia al signor Niceforo di tutte le altre amenità di stile; di certi comici ragionamenti che sono nelle auree pagine del suo taccuino; di certi fiori poetici, e di tante e tante altre cose tralasciate per amore di brevità. Ma se egli tenesse a conoscerle, non ha che a farmene un cenno: vedrà che grazia di Dio ! e sentirà che risate in platea - sempre per merito suo, beninteso ! Intanto, alle sue teorie petroliere, opporremo sempre il pensiero di un grande scrittore ; il quale dopo aver mostrato e dimostrato che cosa si possa fare di un galeotto; dopo aver menato - insieme al nostro Beccaria - colpi da paladino per l'abolizione della pena di morte, sostenendo che basta dirozzare ed istruire le teste, per non aver bisogno di tagliarle, scrisse -- quasi a prevenire gli aforismi della nuova scuola : « Amici, ritenete che non· ci sono ne erbe cattive nè « uomini malvagi, ma soltanto dei cattivi coltivatori ». Verità santa ! E questo scrittore che intendeva la civiltà, ben diversamente dal signor Niceforo e de' suoi colleghi; che valorosamonte parlava, scriveva, combatteva per tutti; che non disperava di nessuna razza era Victor Hugo. Giù il cappello, signor Niceforo ! CA~LO DE ANGELIS.

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