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6S8

R I N A S C I T A

pali raggruppamenti industriali della città sono ì se–

guenti:

industrie siderurgiche e navalmeccaniche:

117 azien–

de con 11-12.000 dipendenti;

Industria edilizia:

782 aziende con 7.800-7.000 dipen–

denti;

Industrie chimiche:

76 imprese con 2,000 dipendenti;

Industrie del legno:

70 aziende con 1.200-1,300 dipen–

denti;

Dulustrìa cartotecnica e grafica:

48 aziende con 1.100¬

1.200 dipendenti;

Industria alimentare

{compresa lavorazione vino, l i –

quori, pesce, ind. dolciaria): 125 aziende con 2,200-2.300

dipendenti;

Industria tessile, abbigliamento, arredamento:

27 im–

prese con 1.300-1.400 dipendenti.

Il pilastro della vita industriale è dato dai cantieri

marittimi e dalla siderurgia. I l complesso dei ORDA

da cui dipendono gl i stabilimenti S. Marco, S. Rocco e

Fabbrica Macchine di S. Andrea, ha uno stabilimento

pure a Monfalcone. Importanti sono pure l'Arsenale

triestino, famoso per le riparazioni navali, e ì cantieri

minori" che producono unità sino a 3.000-5.000 tonn. di

stazza. Nel campo della produzione chimica, Trieste è

rinomata per le modernissime raffinerie di ol i i mine–

ral i (Aquila, ESSOStandard) e per le fabbriche di ver–

nici a colori, fra le più antiche del Mediterraneo, per

i saponifici e per gl i stabilimenti chimico-farmaceutici.

Notevoli sono pure la produzione dì liquori (Stock),

la lavorazione e preparazione di vini in transito, la

lavorazione della carta (carte da giuoco, cartine da

sigarette, ecc. Modiano, Salto), la produzione di birra,

la conservazione della pesca, la produzione di articoli

di juta e canapa. Oltre una ventina dì imprese minori

sono ora sistemate nel «porto industriale di Zaule »,

che sta completando la sua attrezzatura e i suoi servizi

di trasporto e dì altro genere e che è passibile di im–

portanti sviluppi, qualora l'incremento di queste indu–

strie minori non venga, come finora, contrapposto in

qualità di surrogato alle maggiori, ma rappresenti qn

complemento armonico con le industrie fondamentali

navalmeccaniche e siderurgiche.

Per concludere i l quadro della situazione economica

triestina riportiamo alcuni dati della più recente stati–

stica ufficiale (5 novembre 1951). Delle 11.848 aziende

cittadine: 3:516 sono industriali, 637 dì trasporti e comu–

nicazioni, 6.746 commerciali, 157 di. credito ed assicu–

razioni, 792 varie; e su un totale di 72.231 dipendenti,

35.149 appartengono al settore industriale, 6.907 al set–

tore edilizio, 614 alle cave di pietra, 19.533 al settore

commerciale (di cui 3.558 nel commercio all'ingrosso,

9,285 nel commercio al dettaglio, 4.503 nelle azienda tu–

ristiche ed alberghiere, 2.207 nei servìzi ausiliari, 11.742

nei trasporti).

La politica seguita finora dal GMA nel campo indu–

striale, come i n quello dei traffici, si è opposta alla

funzione (per cui ha avuto sviluppo Trieste) di me–

diazione fra i l mondo centroeuropeo e l'oltremare e

perciò principalmente alla dipendenza dell'economia

triestina dai traffici e dalle costruzioni navali. Le con–

seguenze di questa politica nel campo industriale sono

indicate nelle seguenti cifre:

Dicembre Dicembre Febbraio

1948

1951

1954

addetti all ' industria. , , 35.053 38.947 3L408

disoccupati nell'industria

10.561

11.384

12.247

Le industrie per costruzioni e riparazioni navali nel

1951 avevano 7,900 operai, nel 1054 ne hanno 4.900, di

cui circa 1.000 sospesi dal lavoro già da oltre 6 mesi.

Per la ripresa dell'industria triestina e principal–

mente di quella fondamentale navalmeccanica, stret–

tamente connessa col richiamo a Trieste dei traffici

cecoslovacchi, ungheresi e jugoslavi, si impone oggi

un programma pluriennale di costruzioni navali, le–

gato alle necessità del porto; per le industrie trasfor–

matrici di materie prime per conto del mercato centro–

europeo, la misura più efficace sarebbe quella d i una

zona franca industriale, che con adeguati provvedi–

menti tariffari e valutari permetterebbe l'investimento

di capitali dei paesi interessati.

Uno dei problemi fondamentali dell'industria triestina

consiste nella riorganizzazione e nella nazionalizza–

zione dellT.R.L, che a Trieste controlla l'80% dei suoi

complessi, comprendenti oltre 1G.000 lavoratori.

L'industria edilìzia occupa un posto importante nella

vita economica cittadina perchè essa potrebbe rifiorire

nell'adempimento della costruzione necessaria di al–

loggi, di cui oltre 11.000 famiglie non abbienti sono

tuttora sprovviste. Soltanto per i profughi affluiti a

Trieste nel dopoguerra si sono resi necessari circa

6.000 appartamenti; oltre 2.200 sono stati gl i alloggi di–

strutti dalla guerra; circa 3.500 sono le richieste di

sfratto. L'intiero programma dovrebbe essere finalmente

affrontato con un piano di costruzioni di 1.500-2.000 al–

loggi all'anno, dì carattere popolare.

Connessa con la crisi della grande industria, è in

atto una grave crisi della piccola industria, che pur

comprendendo ìl 70% dei lavoratori industriali e i l 40%

dell'intiera massa lavoratrice, è stata finora completa–

mente trascurata dai provvedimenti governativi, rice–

vendo i i 15% dei mutui concessi dallo Stato italiano.

Altri aspetti della politica economica finora seguita

Anche i l piccolo commercio, specialmente nell'ultimo

anno, ha subito un profondo crollo, con una caduta

del giro d'affari che si calcola ridotto a circa i l 40%,

Un indice caratteristico della precarietà della situa–

zione triestina è dato dal costante, enorme aumento

dei protesti cambiari, i l cui ammontare medio mensile

per i l 1952 è stato di 39.900.000 lire e nel 1953 di

54.700.000 lire. Confrontando con la media mensile

del quarto trimestre 1947 (100) l'ammontare nel mese

dì agosto 1954, si verifica un aumento a 614,05, passan–

do cioè da 8,415.619 lire a 56.725.170 lire.

Tanto per la piccola industria, quanto per i l piccolo

commercio, l'artigianato e l'agricoltura, ha inciso in

forma grave la notevole riduzione del territorio

'

sul

quale esse potevano i n precedenza operare e per esse

si rendono necessarie oltre ai provvedimenti generali

di ripresa dei traffici e delle industrie navalmeccaniche,

adeguate misure fiscali che possano sollevare le sorti

di questi produttori. L'importanza dell'agricoltura nella

economia triestina è estremamente limitata (2.000 azien–

de agricole che assorbono l ' intiera capacità dì lavoro

del proprietario o del colono, mentre le altre 4.200 pro–

prietà servono soltanto a integrare, molto modesta–

mente, l 'attività principale del proprietario, prestatore

d'opera nell'industria o nel commercio). Tale situa–

zione è stata ulteriormente ridotta di importanza dalla

mutilazione del comune di Muggia, dove si può dire

che esisteva gran parte dell 'attività agricola.

Mentre la zona B è in grado di produrre ancora oggi

i l 63,5% del suo fabbisogno alimentare (dedotto dalle

cifre del passato), la zona A, e tanto più l'attuale Ter–

ritorio di Trieste, non arriva a produrre i l 15% del

proprio fabbisogno e ha un deficit alimentare comples–

sivo di circa 15 mi l iardi e mezzo per anno.

Trieste ha , vissuto, dalla fine della guerra, in un

regime economico basato su sovvenzioni, stanziamenti

per lavori pubblici, agevolazioni tributarie e servizi