Una città - anno IV - n. 35 - ottobre 1994

ottobre Il TERZO INVERNO è quello che aspetta gli abitanti di Sarajevo assediata. Dopo un poco di pace, potrebbe essere il peggiore. E' /'intervista a Gigi Riva. In seconda e terza. DA DANZICA A SARAJEVO. Gianfranco Brunei/i ci parla di un pontificato segnato da una speranza: una nuova Europa unita sotto /'insegna del rispetto dei diritti umani. Nata in Polonia, quella speranza sta morendo a Sarajevo. In quarta e quinta. L'EMERGENZA DELLEGARANZIE è /'intervista a Luigi Monconi, dove si parla di una giustizia lesionata permanentemente dal susseguirsi di emergenze che trasformano il reo in nemico. E sulle responsabilità di una sinistra che ha visto nei giudici la cura alla propria impotenza. In UNA INIQUA IMPUNITA' Giuliano Pisapia fa una critica dettagliata, nel metodo usato e nel merito, del decreto proposto dal pool di Milano. In sesta e settima. COME AVANZI DI LAGER è il racconto di Edith Bruck, dove le riflessioni molto pessimistiche sul momento attuale si mischiano ai ricordi della deportazione ad Auschwitz, della perdita della madre, della vita al campo. In ottava e nona. Insieme alla "stazione" di Antonella Anedda. INATTUALITA' DELL'ATTUALITA' è /'intervento di Carla Melazzini sui rischi della nuova parola magica "memoria storica", su Schindler's List, su cose che sono molto complesse e non si risolvono con due capitoli di un libro di storia. Insieme alle risposte dei suoi studenti a un questionario sulla camorra. In decima e undicesima. LA POLITICA DELLA MENTE. Secondo Paolo Virno dentro tendenze, certamente liberatorie, come la diminuzione del tempo di lavoro, la crisi dello stato e l'esaltazione delle differenze si annida il pericolo di un nuovo fascismo. CONSUMO DI LIBERTA'. Partendo dalle stesse considerazioni, Massimo llardi arriva a conclusioni diverse: la libertà è muoversi, è nei consumi, l'identità anche e non va male che sia così. In dodicesima e tredicesima. LA VARIETA' DELLAREALTA' è quella che ormai molti poeti non riescono più a vedere, accecati dalla fuga dal significato, incantati dal gergo del profondo e de/l'oscuro, ormai presi in un circolo vizioso autoreferenziale con il loro esiguo pubblico. E' l'intervista a Alfonso Berardinelli. In quattordicesima e quindicesima. LO SPAZIO, IL VENTO E LA RADIO è il racconto di Laura Pariani del viaggio che da ragazzina intraprese per andare a conoscere in Patagonia un nonno anarchico esule. In ultima. Bianco

.,, B di anno Ascoltare Edith Bruck non fa bene. Sentirla raccontare di quando la sua amica, all'improvviso, cominciò a comportarsi come se avesse uno strano potere su di lei ... Avevano dodici anni. Quella bambina aveva sentito dei discorsi a tavola? Qualcuno le aveva consigliato di prendere una nuova amica? O forse da tempo il clima stava mutando e tutti, anche senza accorgersene, l'avevano avvertito? Edith Bruck è pessimista. Per lei la predisposizione è al male, le circostanze sono al caso, il bene parte svantaggiato. E comunque sia, dei maschi hanno proposto di schedare delle donne, chi puniva i drogati con l'elettricità è riverito come un grand'uomo, ricchi malfattori se la ridono di chi lavora in fabbrica da 35 anni. Per il resto, a Sarajevo è di nuovo inverno, s'è levato verso il cielo il lamento del papa polacco che forse a Sarajevo non riuscirà più ad andare, si dice che Tudjman calcoli in 5000 morti il costo della riconquista della Krajna ... / ' ': f... ··-r'~-..-~ >' :'.' Lo scoramento degli abitanti di Saraievo che ora si aspettano di nuovo la guerra. Le offensive di cui si parla. La resistenza straordinaria della multiculturalità, a dispetto delle previsioni e dei desideri di mezzo mondo. Il drammatico dilemma fra la permanenza dei caschi blu e la fine dell'embargo sulle armi. La delusione per la mancata visita del papa. L'avevano preparata sgomberando macerie. Intervista a Gigi Riva • Gigi Riva, giornalista de il Giorno, è inviato nella exJugoslavia da/- l'inizio della guerra. Sei appena tornato da Sarajevo dove è alle porte un terzo inverno di guerra e di assedio. Com'è la situazione? Il terzo anno di guerra sarà ancora più drammaticamente difficile rispetto agli altri. intanto perché è il terzo e poi perché le condizioni sono peggiorate. Non dimentichiamoci che sono successe delle cose inquesta estate per cui sembrava di essere avviati verso la normalità: intanto è successo che i serbi di Serbia hanno avviato un embargo contro i serbi di Bosnia, e ciò ha fatto sì che questi ultimi si sentissero legillimati a imporre un loro proprio embargo alle· é11claves mussulmane che sono ora perfeuamente assediate. Ecosì si verifica il fatto che a Sarajevo 350.000 persone, inbalia di rubinelli del gas, del!' acqua e della elettricità che i serbi possono più o meno aprire, si sono trovati ali' improvviso senza nessuno di questi tre elementi fondamentali per un minimo di vivibilità. E questo sarebbe ancora il problema minore. perché lagente dopo tre anni in quelle condizioni non si lascia impressionare dal fatto di non avere l'acqua, senonché il panorama militare è estremamente preoccupante, perché il 15di Ottobre gli americani decideranno definitivamente se togliere o meno l'embargo delle armi. Il massimo di senso di giustizia che gli americani esprimono attraverso questa scelta è in realtà nello stesso tempo anche il massimo di cinismo perché equilibra le forze in campo ma nello stesso tempo è come se si dicesse 'va bene, da questo punto in poi arrangiatevi'. Intanto però il fatto che questa scadenza sia ben presente soprattutto nella mente delle forze dell'Unprofor, cioè i caschi blu, ha impedito che questi negli ultimi tempi prende seroqualunque decisione proprio perché si sentono talmente in prestito inquesta zona, in seguito a questa decisione che forse arriverà, che non hanno più fatto assolutamente nulla. Quasi quotidianamente l'Unprofor redige un bollettino per il quale a Sarajevo, o nella zona di esclusione delle armi pesanti. si verificano più di cinquecento violazioni della tregua per ogni giorno, questo vorrebbe dire che se le risoluzioni dcll'Onu avessero un'applicazione e se questo organismo sovranazionale meritasse tulio il rispello che emana dal suo roboante nome, dovrebbe esserci un intervento immediato dei caccia della Nato contro chi ha violato la tregua; e invece proprio nel momento in cui è palese per chi sta a Sarajevo che gran parte di queste violazioni son fatte dai serbi che bombardano la ciuà. gli unici due provvedimenti autoritari presi sono stati: uno, di dire il 4 di Settembre che la granata caduta sull'aercopor10il 18Agosto era una granata mussulmana, in qualche modo come per creare un alibi per il mancato arrivo del Papa. e cioè che siccome i mussulmani son cauivi. il Papa non poteva avere delle garanzie neanche in cillà: e due, dopo che Sarajevo da sci giorni si trovava senza acqua, gas. luce. telefono, quando i mussulmani hanno tentato una sortita per rompere l'assedio, ali· improvviso ilgenerale Rose ha minacciato di chiamare le forze ABBONATEVI A UNA CITTA' Abbonamento annuale a 1Onumeri: 30000 lire. 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ASarajevoqualunque richiamo alla legalità da parte della Comunità Internazionale non è mai a favore dei ciuadini che stanno offrendo ma è funzionale alla battaglia più grossa che si combatte a livello internazionale tra gli americani da una parte, che premono per questa decisione di riarmo che. ribadisco. seppur cinica ha pure un aspetto di legalità superiore, e, dall'altra. la Francia e l'Inghilterra che hanno i soldati sul terreno e hanno ricalcato in questa guerra gli stes~i schieramenti della prima e della seconda guerra mondiale. cioè hanno ribadito il loro legame storico di vicinanza con la Serbia in funzione anti tedesca e anti vaticana -cosa c·entrino poi i bosniaci in tutto questo, visto che sono loro che stanno pagando le conseguenze non si sa. Il fatto è che. appunto. sono bosniaci. mussulmani. magari si dice anche fondamentalisti, seguendo la propaganda che i serbi stanno cercando di faredal!' iniziodi questa guerra, e quindi, in fondo, a chi possono importare ... In verità io non credo che vi sia al mondo una città come Sarajevo, dove dopo due anni e mezzo di guerra il fondamentalismo non abbia preso piede. Ho visitato una chiesa ortodossa, colpita da alcune granate, e mentre ero dentro mi hanno detto che i re. tauri erano finanziati dal primo ministro della Bosnia. questo per dire quanto fondamentalismo vi sia a Sarajevo. a dispetto di tulii coloro che vorrebberoche arrivasse per giusti li care a posteriori delle cose che sostenevano a priori. Il quadro nei Balcani in generale è ancora più complicato da una situazione che si avvia verso la guerra anche in Croazia: il 30 Settembre scade il mandato dcll'Unprofor, mandato che non verrà rinnovato. I croati riarmati si preparono alla riconquista dei territori persi. Gli Studi Strategici di Londra hanno rivelato che nei piani croati ci si aspetta qualcosa come 5.000 morti., un costo che il governo oggi può forse pensare di sopportare dopo iI grande successo interno a seguito del viaggio del papa a Zagabria. Anche se il suo discorso contro la guerra e gli odi etnici non lascia spazio a interpretazioni diverse. Gli abitanti di Sarajevo sono ancora 350.000? La cillà aveva 500.000 abitanti circa, quelli che sono potuti partire, soprauu 110donne e bambini, r hanno fallo un po' grazie all'Onu un po' attraverso il tunnel. .. Tunnel? Sì, c'è un tunnel che passa sollo l'aeroporto e sbuca in una zona che è una specie di terra clinessuno. E' stato progettato da un ingegnere di Sarajevo. per altro serbo e ora profugo in Italia, ali' inizio della guerra. I-Iocreduto per molto che questa del tunnel fosse una tipica storia consolatoria da assedio, qualcosa cui affidare speranze nei momenti più difficili. Finché non l'ho poi visto con i miei occhi. on l'ho percorso. ho solo visto il suo ingresso in una cantina di una casa qualsiasi e alcune persone che ne uscivano. Non si tratta di ungrande tunnel. sarà lungo meno di un kilomctro. molto stretto e alto un metro e mezzo. con delle rotaie che consentono il trasporto su carrelli. E anchescall'iniziolasuaco truzione fu tenuta segretissima e si dice che gli operai abbiano lavorato con pale e picconi fasciati con le garze per non fare rumore, naturalmente i serbi sanno che c·è ma anch ·essi partecipano alla vendita cliprodotti per il mercato nero della città ... Credo che recentemente. dopo la mancata visita del Papa. quando l'assedio s'è fatto nuovamente molto strello, un centinaio di persone sia uscito proprio attraverso il tunnel. Cosa pensi dell'accordo fra croati e mussulmani? on credo che si tratti cliun accordo che sottenda una pace vera, credo che possa funzionare nel breve termine perché ci sono degli obbie11ivicomuni, che sono questa offensiva che si sta preparando nelle Krajine e quella che è in corso attorno a Brcko nel nord della Bosnia. dove se venisse tagliato quello stretto corridoio che unisce i territori occupati dai serbi. questi sarebbero in difficoltà a rifornire i propri fronti di guerra. Quindi nei punti strategicamente importanti il matrimonio d · intere~sepuò reggere. ma sono molto scettico sulla sua tenuta in Erzegovina. dove gli interessi sono distinti e la pace è stata imposta dall'occidente e a lungo andare non reggerà. Non dimentichiamo che i croati detrErzegovina sono quelli che hanno combattuto a Vukovar, storicamente quella è la zona dove sono nati gli Ustascia. e a Mostar ne hanno commesse troppe perché i Mussulmani po sano dimenticare. E infatti attualmente. nonostante la pace, fra Mostar ovest. croata, e Mostar est, mussulmana, non c'è ancora alcun rapporto, nonostante gli sforzi di questo sindaco tedesco di Brema che sta cercando di ricostruire una convivenza. L'embargo della Serbia nei confronti dei serbi di Bosnia è reale o è solo tattica? A dir la verità non credevo molto alla volontà cliMilosevic di applicare quest'embargo, anche perché Karadzic è una sua creatura. ora fuori controllo. e l'obiettivo della Grande Serbia era comune. Ora però alcuni episodi mi hanno indotto a credere che fra i due ci sia una vera rottura, intanto perché Karadzic è davvero sfuggito al controllo di Milosevic. e poi perché Milosevic hagiàdato provadi grande realismo in Croazia, rinunciando alla conquista di parte dei territori che secondo le cartine. popolari in Serbia. dovrebbero appartenere allaSerbia. Equesto perché r opinione pubblica internazionale avrebbe reagito. Ora in Bosnia Miloscvic sta ragionando allo stesso modo e forse pensa che la conquista e il controllo del 49% del territorio può bastare, mentre Karadzic vuole il 70%. Del resto Milosevic. mi dispiace ammetterlo, è l'animale politico più acuto e più realista dei Balcani, l'unico che assomigli a uno statista. Ora il figlio degenere Karadzic è diventato un problema in quanto il suo rifiuto del piano cli pace per la Bosnia rischia di perpetuare l'embargo internazionale contro Belgrado. Sappiamo che quest'embargo è stato violato in tutti i modi. ma a lungo andare tutti gli embarghi creano problemi e disagi alla popolazione e isolamento politico internazionale al governo e Milosevic evidentemente oggi sente che il proprio progetto della grande Serbia è soqan1.ialmcntc raggiunto. anche e mancano piccoli tas~elliqua e là. e il prossimo obbie11ivodeve essere la riammissione nel consesso internazionale. A questo punto r atteggiamento dei Serbi di Bosnia diventa un ostacolo. Non così facilmente rimuovibile però, perché intanto s'è saldata un'alleanza fra Chiesa ortodossa e Karadzic ... Anche questa è una posizione antica. nel senso che la chiesa ortodossa s·è sempre sentita chiesa di confine e di barriera, stretta com· è, o come si sente. fra l'Islam da una parte e la chiesa cauolica dal l'altra, e quindi è empre stata ultranazionalista e oltranzista. Il patriarca Pavle ha fra l'altro un contenzioso con Milosevic che non gli ha restituito. a causa della grave crisi economica della Serbia. i beni espropriati alla chiesa dal regime comunista. Tornando agli episodi che fanno pensare ad una rottura fra i serbi. ricordo intanto che Milosevic per la prima volta ha accettato lo schieramento di osservatori dell'Onu lungo la Orina. che è il confine fra Serbia e Bosnia, per controllare il rispetto dell'embargo. E poi che a Pale. questo paese di montagna ele110capitale della Bosnia serba. sono avvenuti alcuni delitti eccellenti e apparentemente inspiegabili. li direttore ultranazionali ta della televisione, molto vicino a Karadzic, è stato trovato cadavere nel fiume: un altro ministro, anch'egli estremista vicino a Karadzic. è stato ucciso. Sembra in omma che i servizi segreti di Miloscvic stiano stringendo il cerchio attorno a Karadzic per convincerlo a venire a più miti consigli. Concludendo. credo che la rottura sia reale e che nei tempi medi possa produrre qualche benefico effetto sulla situazione in Bosnia, perché senza l'aiuto dei fratelli serbi i serbo-bosniaci non possono resi tere a lungo. Fra l'altro Milosevic ha subito identificato il successore di Karadzic nel generale Mladic, un personaggio ambizioso. ma considerato un eroe da tutti i serbi: uno, quindi, capace di far accellarc un compromesso territoriale non rispondente alle promesse iniziali perché non sospettabile di essere un traditore. Torniamo a Sarajevo e alla mancata visita del papa. Le aspettative sulla vi!>itadel papa erano bassissime. Nessun mussulmano di Bosnia si aspettava da quella visita un cambiamento o un

miglioramento della propria situazione, a differenza dell'euforia da cui noi giornalisti di tutto il mondo sembravamo travolti. probabilmente per una buona dose di protagonismo individuale credendo clipoter essere testimoni cli chissà quale avvenimento di svolta epocale. Ci siamo tutti scontrati con la realtà e lo scetticismo della città, che non si faceva illusioni sui risultati possibili. anche se tutti erano molto favorevoli a questa visita, proprio in virtù, paradossalmente, della laicità di Sarajevo. Basti pensare che nei giorni precedenti la visita del papa. si celebravano i tre giorni cli festa per il capodanno ebraico. Ora a Sarajevo su 350.000 abitanti gli ebrei rimasti sono 600, essendo gli altri riusciti ad andarsene per tempo -per memoria storica credo che gli ebrei fossero più preparati degli altri al precipitare degli avvenimenti e fossero, come dire, più attenti e organizzati; comunque. prima di partire hanno consegnato le proprie case ai mussulmani profughi giunti da altre parti- ciononostante il governo "fondamentalista" di Sarajevo ha tolto per quei tre giorni il coprifuoco decretando in questo modo una specie clifesta per tutti. Questa del resto era una prassi normale in tempo di pace, perché a Sarajevo le ricorrenze di ogni religione erano rispettate e festeggiate da tutti. Voglio aggiungere qualcosa a proposito di questa città e del suo spirito: tuttora a Sarajevo ci sono 40.000cattolici e 70.000 serbi liberissimi di professare la loro religione e di trovarsi insieme in un bar a bere un caffè. A Banja Luka. città multietnica ora controllata dai serbi, tutte le moschee sono state rase al suolo e nessun croato o mussulmano può permettersi di andare a bere un caffé tranquillamente. A Mostar ovest, controllata dai croati, un serbo o un mussulmano non sono liberi e tranquilli. Nel cuore del quartiere islamico di Sarajevo tu trovi serbi, croati, ebrei e mussulmani che chiacchierano insieme. Nei giorni del Ramadan tu puoi trovare nei locali pubblici carne di maiale senza problemi e nessuno si aspetta di non poterla trovare. Quindi questa fondamentale laicità, quest'apertura degli abitanti di Sarajevo faceva sì che nonostante non si aspettassero nulla dalla visita del papa ne erano contenti e 1·avrebbero accolto come il personaggio avrebbe meritato. In quei giorni c'era una discussione: le strade che il papa avrebbe percorso dovevano presentarsi così com'erano, a testimonianza della situazione, o avrebbero dovuto essere ripulite dalle macerie? Alla fine ha prevalso la linea del rispetto del l'ospite e sono state rimosse tonnellate e tonnellate di macerie. Nelle chiese cattolichec'erano lunghe code, soprattutto di mussulmani, che andavano a prendere i biglietti per poter assistere alla messa. C'era la sensazione dell'evento -ma quando mai potrò rivedere il papa?- e c·era anche un'altra considerazione: i sarajevesi. legati come sono alla cultura, alla rappresentazione, alla spettacolarità, erano curiosissimi anche dell'effetto scenico di questa messa grandiosa, di questi canti grandiosi che si stavano preparando e andavano a messa anche per gustare questa iconografia scenica. Naturalmente c'erano anche le osservazioni più politiche, del tipo '·se il papa non viene sarà la prova definitiva che qui è un inferno cd è meglio abbandonarci al nostro destino, se invece arriva è un segno di speranza per tutti". La sera che è arrivata la notizia dell'annul lamento del viaggio è stata una !>eradi grande frustrazione, è sembrata la fine di tutto. C'era la sensazione netta che a Pale sarebbe stata una grande festa, che per i serbi fosse una grande vittoria politica. Come si sta preparando la gente al terzo inverno di assedio, che proprio in questi giorni ha superato i 900 giorni di Leningrado'? Per la prima volta da quando vado a Sarajevo ho trovato degli amici che mi hanno chiesto se c'erano ancora possibilità concrete di trovare rilugio in Italia. Persone che amano la loro città, che sempre dichiaravano che non l'avrebbero mai abbandonata, sono al limite della rottura. non sono in grado di sopportare l'idea di un altro inverno in quelle condizioni. Mi sembra normale. Non so se quest'atteggiamento sia maggioritario oppure no, spesso noi giornalisti facciamo diventare dieci persone che conosciamo un campione della realtà. Posso solo dire che mentre prima non incontravo nessuno che volesse partire. stavolta ne ho incontrati dieci. Questo mi ha fatto molto riflettere, perché ci aspettiamo sempre che gli abitanti di Sarajevo siano migliori di quanto non possano essere, nell'immaginario mio e di tanti altri gli abitanti di Sarajevo sono quelli che moriranno in questa città incarnando tutti gli ideali migliori. invece, giustamente, i sarajevesi, pur essendo molto migliori di noi e su questo non ho nessun dubbio, hanno i limiti fisiologici e le reazioni naturali degli esseri umani. Credo che sia avvenuta an- . che una cosa facilmente spiegabile: ci sono stati due anni di assedio fortemente cruento della città senza vedere via d'uscita e dove la resistenza e la sopravvivenza ha significato arrivare a sera e dire ·'sono ancora vivo!''. Dopo di questo c'è stato l'ultimatum dell'Onu e un miglioramento della situazione. Non c'è stato un ristabilimento delle condizioni per una vita normale, tuttavia l'assedio era diventato parzialmente incruento e le aspettative erano di un futuro ancora migliore. Nel momento in cui tu apri il cuore a questa speranza, ritornare alla situazione pre-ultimatum è psicologicamente difficile se non insopportabile. Non vorrei fare della psicologia d'accatto ma mi pare che la situazione sia vissuta in modo peggiore di prima, con tanta frustrazione e senso di abbandono. Nella speranza dei mussulmani ci sono due opzioni: o un intervento internazionale che ponga fine all'eccidio o la fine dell'embargo sulle armi per consentire loro di difendersi e di riequilibrare la situazione sul campo. In questa seconda ipotesi l'Onu lascerà l'ex Jugoslavia'? Prima di tornare in Italia ho avuto la fortuna di parlare col vice comandante cieli'esercito bosniaco di Sarajevo, Jovan Divac, fra l'altro serbo, che mi diceva di credere che l'Onu alla fine non sarebbe andato via. Anche perché nessuno crede che il Congresso americano autorizzerà mai l'invio di armi e la situazione non muterà. Personalmente, vista la totale inefficienza delle forze Onu sul terreno e 1·assoluta inadeguatezza nel far rispettare non dico i principi generali ma nemmeno le sue stesse risoluzioni, non so più cosa augurarmi. Certo la presenza di contingenti intcrnazional i ha tenuto più basso il livello delle atrocità ed è però altrettanto vero che riarmare i mussulmani mi trova idealmente favorevole e fra le due opzioni non saprei quale scegliere. Idealmente aderisco ad entrambe, però so che sono alternative perché l'Onu non può consentire il riarmo e rimanere crcdibilff CarrdaeRi irparmdiFi orlì s.p.11. CONTO, ~ da O a 10 annt da 11 a 19 anni Perloroil migliorfuturopossibile Aut. Min. n. 6/1758 del 2/10/93 B1b 1otecaGino 1anco mente a svolgere un ruolo neutrale. Non riesco a sciogliere il dilemma su quale delle due sia meglio. e sia meglio per che cosa. Siccome credo che il meglio cui ciascuno clinoi vuol tendere è la pace bisogna decidere se la presenza dei caschi blu sia più efficace dell'invio di armi ai bosniaci. La discussione è senza fine e tutta ipotetica. Certo noi sappiamo che i caschi blu hanno abbassato il livello cli violenza ma non l'hanno eliminata. li riarmo invece vuol dire il passaggioacl una guerra vera, col formarsi di fronti e di battaglie come abbiamo già conosciuto altrove. Perché deve essere chiaro che fino ad ora laguerra in Bosnia è stata in realtà una serie di violenze e aggressioni a popolazioni civili, assediate e bombardate. oppure costrette ad esodi biblici, oppure sottoposte a pulizia etnica col suo contorno di stupri, torture e campi di concentramento. Due eserciti in qualche modo equilibrati producono più disastri di quelli avvenuti finora o tendono a creare quel deterrente del l'orrore, reeiproco, che paradossalmente riduce la violenza reale? Bcrnard Henri-Lcvy dice che bisogna riarmare i bosniaci per una questione di giustizia cd è difficile trovare ragioni per essere contro: o sci capace tu di difendere gli indifesi o consenti loro di difendersi da soli, ogni altra posizione non è neutrale. Le diplomazie e le cancellerie di tutto il mondo vorrebbero continuare a non decidere, per non schierarsi, ma davvero non si sono schierate? I serbi si sono riarmati e hanno potuto contare fino a ieri sull'apporto logistico e militare della Serbia. Lo stesso hanno fatto i croati cli Bosnia e Erzegovina, armati e sostenuti dalla Croazia. Gli unici in difficoltà nel reperire rifornimenti sono i mussulmani bm.niaci. D'altra parte si dice che intervenire vuol dire creare un altro Vietnam. Le montagne e i bo~chi della cx Jugo:-lavia !>onodiventati miticamente inc~pugnabili. E' credibile che l'esercito Usa, unito a quelli francese, ingle~c, tcdc:-co, italiano non sarebbero in grado cli ridurre alla ragione quc\ti paui che stanno a P..11e•E) ' mai po:,~ibile credere che chiunque vada in Bosnia non può che impantanarsi in una guerra senza fine? E dopo che ci hanno stordito di storie sulle bombe intelligenti, la supremazia tecnologica, l'aviazione infallibile quando si trattava di ridurre alla ragione Saddam Hussein? Quando si parla di Jugoslavia la discussione prende sempre i rivoli più diversi, ma poi si arriva alla semplificazione finale dei fatti oggettivi e inconfutabili, e questi fatti dicono che né in Serbia né nei territori abitati dai serbi c'è una casa distrutta, né sono successe le grandi aberrazioni prodotte da questa guerra e che infine nel momento in cui la Jugoslavia ha cessato di essere uno stato strategicamente rilevante, perché di confine fra gli imperi. l'interesse per intervenire a ripristinare i diritti umani, a salvare gli aggrediti, ad impedire la pulizia etnica s'è ridotto a zero e tutta la questione è diventata un fastidio. Insomma, per sfortuna dei bosniaci lì non c'è il petrolio!) geostratcghi non hanno considerato ciò che attiene alla sfera culturale, ai valori, alla convivenza e alla tolleranza che alla lunga sono più importanti, perché, se tutto questo può essere messo in discussione a Sarajevo. non si vede perché non possa un domani essere messo in discussione dovunque in Europa. I governi non sono ancora capaci di fare i conti con un'Europa senza il muro ... Nel momento in cui è caduto il muro e non abbiamo più avuto la percezione di noi stessi come altro rispetto a qualcosa che sta di là, ceco che sono scoppiati i localismi e i nazionalismi. Forse che il successo della Lega non era legato a questo? Forse che Valloni e Fiamminghi non si sono alimentati di questo? E dappertutto è così. il Quebec ha votato recentemente per l'indipendenza. E allora bisogna capire che la guerra in Jugoslavia è una guerra paradigmatica e una guerra prototipo, perché quando l'uomo non ha più cognizione di sé si rifugia nella sua trihù, si rifugia nel nucleo che ritiene più vicino: il sangue. la lingua, la religione. Non a ca\o si parla di nuovo Medioevo. ~ia per la barbarie e il livello di violenza che esprime, sia per tutti i valori antichi, ma anche tremendamente moderni, se visti nell'ottica che dicevo, di cui questa guerra è portatrice. Valori per modo di dire naturalmente, perché questa guerra è portatrice della distruzione dell'idea di convivenza, di tolleranza e di cosmopoliticità, sostituita dall'idea del clan, della tribù, della chiusura, della diffidenza, della barriera fra chi è diverso. La frontiera ha un suo valore quando segna il confine con qualcosa che è diverso e con cui mi confronto, mi rapporto, mi scambio, quando invece segna una barriera al di là della quale c'è solo qualcosa da combattere, da respingere, dari fiutare è tremendamente pericolosa. E dalla guerra in Jugoslavia è venuto questo pessimo esempio di idea di confine che ci deve preoccupare tutti. Ho sempre pensato che la più utile rivoluzione del secolo fosse il turismo, perché dava la possibilità di avere una conoscenza della diversità, aiutava a distruggere i cliché, le immagini stereotipate e caricaturali che ci si costruisce di coloro che non si conoscono e mai avrei creduto di trovarmi di fronte a qualcosa che rappresenta anche un tentativo di regressione rispetto a queste conquiste di conoscenza. Non a caso fra le prime azioni di guerra in Bosnia c'è stata quella di bombardare i ripetitori tv: il nemico va nascosto. Tu che devi andare ad uccidere il mussulmano non lo devi vedere in faccia, perché sennò lo riconosci, lo identifichi. Ci pensa poi la propaganda, la tua televisione a costruire l'immagine del nemico, a costruire il mostro e a darti la forza di ucciderlo. Pannella diceva, quando ancora non era impazzito, che forse sarebbe bastato mandare in onda in tutte le tv jugoslave scene di matrimoni misti riusciti e qualcosa in questa guerra sarebbe cambiato. Era una semplificazione. ma con un fondo di assoluta verità. Concludendo, com'è oggi la vita quotidiana di Sarajevo? Continuo a pensare ai cittadini di Sarajevo come a dei miti. Nel senso che pur con tutte le cose discutibili che ci sono. e vorrei vedere vista la situazione, loro restano per noi un esempio. Insomma, si sa che Sarajevo è stata saivata al l'inizio della guerra dai delinquenti. Sono stati loro i primi, i più organizzati ed armati che hanno impedito ai serbi di occupare la città. lzedbegovic non aveva pensato neppure ad una milizia per difendere la città! E sono stati i delinquenti, anche i peggiori, cioè quelli che trafficavano in droga, che sfruttavano la prostituzione che si son messi lì a combattere e hanno salvato la città. E oggi a Sarajevo ci sono ragazze che si prostituiscono per una sigaretta, ci sono persone che si sono arricchite col mercato nero e altre situazioni del genere che tanto hanno impressionato quelle centinaia di giornalisti venuti per la prima volta in vista del viaggio del papa e che hanno scoperto che non c'erano santi con l'aureola nella città martire. In una visione religiosa si può immaginare che il santo sia l'incarnazione di tutte le virtù, in una visione laica è chiaro e accettato che nelle situazioni estreme si mescolano continuamente il bene e il male, che le persone capaci di atti di insospettato eroismo sono le stesse che potrebbero aver condotto o tuttora condurre una vita discutibile. M'è capitato una sera di trovarmi in quaranta fra giornalisti italiani e amici di Sarajevo e fra questi Kemal Monteno, -figlio di un soldato italiano che nella seconda guerra mondiale s'è innamorato d'una bosniaca ed è rimasto a vivere làche è diventato il più famoso cantante della Jugoslavia, amico di Morandi, Endrigo e autore della canzone diventata inno di Sarajevo. Bene Kemal s'è messo a cantare e con lui noi che siamo suoi amici, io Adriano Sofri, Federico Bugno e altri. Ma al nostro tavolo qualcuno, italiano, ha trovato aberrante che noi cantassimo con Kemal perché, per loro, solo i cittadini di Sarajevo avevano diritto di cantare, senza capire che la vera forza dei sarajevesi era stata la capacità di credere alla normalità e alla sua perpetuazione e che solo la capacità di vivere la quotidianità aveva dato loro la forza di resistere così tanto. Insomma, in una città assediata da due anni e mezzo sicuramente c'è la prostituzione, sicuramente c'è il mercato nero, sicuramente c'è chi si arricchisce, sicuramente ci sono dei tipacci, però rimane il fatto che l'essenza vera di questa città è un esempio per tutti e, nonostante I' inazione dell'Onu e dell'occidente e l'azione tremenda dei serbi, lo spirito tollerante dei sarajevesi non è stato ucciso. E già solo per questo dovremmo essere grati a tutti i cittadini di laggiù. • Sarajevo 94. Foro di Renzo Pirini. precisazione Cari compagnidi "Una città". ho ricevutooggi il vostrogiornale.e vi ringrazio (e vi complimento) per il vostro editing dellamiaintervistasulla fabbrica integrata:siete riusciti insiemead essere fedelial sensodelle cose che ho dettoe ad organizzarein modo leggibileun·intervistaimprovvisata(e quindi inevitabilmente disordinata). Non mi soffermo su alcune piccole inesattezze. inevitabili in questi casi. C'Lè peròun puntoche vorreicorreggere,perchétoccaunaquestioneunpo· più di fondo. Non ho mai detto di essermi occupato "per primo" (nel sindacato)della fabbrica integrata -anche se ritengo di averla"presa sul serio" primadi molti altri.Nonsi trattasolodel fatto,ovvio, che molti nel sindacato ne hanno discussoprimadimeo intempianaloghi, ma di una questionepoliticamentepiù rilevante.Almenonella mia esperienza torinese, i primi a rendersi conto dell'importanzadi ciò che stava avvenendosonostati alcuni delegati di fabbrica. particolarmentesensibili e attenti, insieme ai funzionari sindacali checon lorolavoravano.Perquantomi riguarda.leprime"lezionisulla fabbrica integrata" leho ricevutedalla Fiom di Rivalta (delegati e responsabili di lega).Questomostra,una voltadi più, che spesso non sono i "ricercatori" a scoprire per primi i fenomeninuovi... un fattocheè statobrillantementeriassuntoproprioda undelegatodi Rivalta con la frase"voi siete i ricercatori.noi siamo i trovatori". Un riconoscimento ai "trovatori"mi parevadunquedoveroso.Moltisalutie auguri per il vostro bel giornale. Vi/Iorio Rieser UNA CITTA' 3

unp e I' uropa l'emblematico fallimento del viaggio del papa a Saraievo: città simbolo della tolleranza e convivenza civile e ora del fallimento di un'idea dell'Europa che il papa polacco aveva sognato. Il Padre nostro che non è riuscito a recitare nella città martire. Il tema teologico dei diritti umani. Come per Moro, quando l'invocazione a Dio diventa lamento, nell'impotenza comune, da situazioni limite del dolore. Intervista a Gianfranco Brunelli. Gianfranco Brunelli è caporedattore de Il Regno. Perché il Papa voleva tanto andare a Sarajevo e cosa significa il fallimento del viaggio? Il Papa voleva questo viaggio in maniera fermissima, non solo perché fin dall'inizio del suo pontificato ha inteso il viaggio apostolico come una modalità di esercizio ·a livello propriamente istituzionale del ministero petrino, ma perché l'esercizio di quel ministero, recandosi a Sarajevo, avrebbe conferito evidenza al tema dei diritti umani. Nella tradizione del pensiero cattolico e del magistero pontificio il tema dei diritti umani è costante, il tono che questo Papa conferisce al tema dei diritti umani, è più insistentemente escatologico, richiama alla dimensione ultima del rapporto tra il mondo e Dio, con un'assunzione drammatica delle vicende della storia. Nella sua visione del mondo Sarajevo dice I' urgenza di questo tempo, un tempo che si è fatto breve rispetto all'esigenza di riconoscere il rispetto della dignità dell'uomo. L'assunzione della difesa dell'uomo nelle situazioni drammatiche di schiavitù, di povertà, di miseria, non è fatta solo ex parte hominis, ma anche dalla parte di Dio. Non si può affermare la dignità dell'uomo senza il coinvolgimento di Dio, senza invocare la somiglianza che l'uomo ha con Dio. Non a caso nel discorso che avrebbe dovuto tenere a Sarajevo e che ha letto a Castelgandolfo, il Papa ha usato lo schema del Padre Nostro, rileggendo e commentando l'invocazione del Padre Nostro alla luce degli avvenimenti drammatici della guerra nella ex-Jugoslavia. Ha recitato una sorta di Padre Nostro su Sarajevo. Sappiamo che il Padre Nostro è una preghiera completa, una definizione teologica compiuta del mistero di Dio ed è la preghiera che il Figlio di Dio affida agli uomini affinché chiamino il Padre -Abba- (babbo) e affermino la reciproca vicinanza di Dio e dell'uomo. « Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno. sia falla la tua volontà». Si tratta di una preghiera che sottopone in forma di richiesta, di invocazione il centro stesso della lode diretta verso la perfetta santità, la regalitàel'onnipotenzadi Dio. Volgere la lode in forma di Domanda. Se non fosse stato il Figlio a consegnarci questa preghiera, noi non avremmo mai potuto pronunciarla. E' la preghiera che con maggior forza s'incunea nella vita di Dio. Ma essa s'incunea nella vita stessa del Figlio, se pensiamo ai contesti in cui Gesù ha invocato il Padre: quello dell'Orto degli ulivi, quello dell'invocazione dello Spirito, quello dell'imitazione del Padre misericordioso. Tutti e tre questi contesti vengono richiamati dal papa. Nell'Orto e a Sarajevo si grida Padre! Sulla montagna e a Sarajevo si chiede l'amore per i nemici, si chiede misericordia. il primato della pace, non della nazione Questi temi sono svolti in modo che abbiano una valenza di natura storica, per certi aspetti politica. Nel "tua volontà è la pace", dice il papa. Il tema della preghiera assume una capacità pratico-operativa, arrivando a dichiarare, coi cristiani che la ripetono con lui, l'esigenza e il primato della pace. Il che, naturalmente, assume un significato politico preciso: viene negato il primato della nazione perché esiste un primato degli uomini come tali nella loro figliolanza a Dio. E a Zagabria, qualche giorno dopo, il Papa dirà che non è possibile al cristiano recitare la parola del Padre Nostro, dichiararsi figli di Dio, se i figli, tra loro, si combattono. A noi che siamo qui può sembrare solo una predica, per il cattoDIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIAL«EILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori47100ForlìTel.0543n21023Fax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 ALIMENTI NATURALI I di PATRIZIA FERRARA viale II GIUGNO, 62 tel 53063 lico croato che spara questo assume il tono di un giudizio severo sul suo comportamento, di un forte richiamo a un mutamento radicale del proprio comportamento. E così anche il tema dell'imitazione di Dio misericordioso, viene svolto sotto forma di "perdonate e chiedete perdono". E' un appello che ha un significato politico di condanna degli atteggiamenti nazionalistici, spesso supposti o spacciati per tradizionali della cultura secolare croata, in un contesto in cui la cultura nazionalistica è stata strumentalmente riscoperta dalle vecchie nomenclature excomuniste per restare al potere. Il papa invece vuol ricollegarsi alle memorie più ampie e antiche di questi popoli, perché lì ci sono città e luoghi di grande e antica tolleranza religiosa e culturale. Sarajevo è stata per anni e per decenni un esempio di coabitazione fra musulmani, ebrei e cristiani. La tragedia di Sarajevo segna il fallimento dell'Europa che questo papa aveva sognato? Eun fallimento gravido di conseguenze? A Sarajevo sta morendo l'Europa. Sul piano morale e culturale. A Sarajevo subisce una qualche sconfitta l'europeismo cristianocentrico del papa. La concezione cristiana dell'Europa• sorta a Danzica come progetto politico-spirituale di unità tra est e ovest, tra cristianesimo slavo e latino rischia di essere balcanizzata dal nazionalismo cattolico croato. Dobbiamo ricordare che l'idea di Europa, e direi di un'Europa culturalmente cristiana, rappresenta la quintessenza del tentativo del suo pontificato. Il suo pontificato, anche biograficamente, si apre e si svolge in larga misura su un disegno di rottura degli equilibri di divisione e separazione nel nome di un'idea di Europa che andasse oltre la geopolitica bloccata degli ultimi quarant'anni. E' il tentativo di rinsaldare i destini culturali che per molti secoli sono stati uniti o anche solo vicini, ma certamente non separati, e che invece da alcuni decenni hanno svolto le rispettive storie in forme contrapposte. L'Europa, per questo Papa, rappresenta un orizzonte, un obiettivo: l'Europa ha un ruolo missionario a livello mondiale che è di natura culturale, spirituale, e quindi vederla morire a Sarajevo rappresenta per il Papa slavo, una sconfitta personale, vissuta come una sorta di croce, una delle tante. La volontà ferma di andare a Sarajevo rappresentava, per chi ha come lui una tensione di tipo escatologico, quasi la volontà di forzare la mano alla storia, di compiere un gesto che forzasse le reali possibilità che la politica consente in questa fase. In tutto questo c'è se vogliamo anche un'utopia, un sogno, ma c'è certamente anche la percezione di un'umanità che muore a Sarajevo, che muore nei suoi abitanti ma che muore nell'idea di un'Europa pacifica e pluralista sul piano culturale e religioso. Alla fine perché è stato indotto a rinunciare? L'amara decisione di Giovanni Paolo II -presa il 6 settembre- di rinviare la visita a Sarajevo, progettata per l' 8 settembre, segna una sconfitta ecumenica, ma evita insieme l'ulteriore danno ai rapporti tra le chiese che sarebbe venuto da una visita mantenuta comunque e intesa dai serbi ortodossi come una provocazione. Infatti nel comunicato vaticano che annuncia il rinvio viene data, insieme a quella della sicurezza, la motivazione di «evitare che la visita in questo momento possa essere male compresa ed aumentare le tensioni». Credo che l'avversione dell'ortodossia serba alla visita papale sia stata determinante. Il viaggio non si è fatto forse più per questo motivo che per la situazione di guerra. Credo che anche il no di Karadzic a un accordo abbia come principale Tutta la scelta, chevuoi Vialede/l'Appennino,163 - Forlì UNIPOL ASSICURAZIONI AMICA PERTRADIZIONE AGENZIA GENERALE Via P. Maroncelli, 1O FORLI'- Tel. 452411 UNIPOL: DA 5 ANNI, FRA LE GRANDI COMPAGNIE, LA PRIMA NEL RENDIMENTO DELLE POLIZZE VITA. CON referente l'opposizione del Santo Sinodo. E rispetto all'altro viaggio, così politicamente rischioso a quel punto, secondo te il Papa è riuscito a salvarne il valore? Andare a Zagabria dopo la mancata visita di Sarajevo, dopo la mancata visita a Belgrado, presentava altissimi rischi di strumentalizzazione a fini nazionalistici. li Papa li ha voluto correre e i toni e le parole che è riuscito a trovare, se non hanno trasformato questo viaggio in un successo, certamente ne hanno parato alcune difficoltà ... la delusione dei nazionalisti cattolici croati Fin dall'aeroporto e poi, ancora di più, alle celebrazioni della domenica, ha richiamato al compito della costruzione del la pace come compito proprio di una nazione come quella croata, quindi ha rovesciato i termini dell'ideologia nazionalistica croata richiamandosi a una memoria e a una tradizione culturale cristiana della Croazia più ampia, più antica, fatta appunto di convivenza pacifica. E con sottolineatura di natura teologica, ha declinato la figura di Dio come il Dio che vuole la pace e che vuole il perdono, ritmandolo ad ogni capoverso con un: "tu sei un Dio che vuole la pace". E in questo modo ha deluso certamente le attese dei nazionalisti cattolici affidando loro un compito che andava in direzione opposta, rispetto alle loro attese. ''Il successore di Pietro vi dà questo compito". La pace era il mandato che Pietro dava ai cattolici, alla comunità cattolica della Croazia. ''Sono io, Pietro, il successore degli apostoli che vi dico questo". Questa insistenza certamente ha impedito possibili strumentalizzazioni del tipo ''il Papa è con noi quindi adesso possiamo avviarci alla conquista''. C'è stato un momento in cui non hanno applaudito? Sì. così riportavano su alcuni giornali attendibili vaticanisti. Probabilmente quello è stato il momento di massima tensione fra la Santa Sede e l'episcopato croato, però era il successore di Pietro a dire quelle parole. Quale sarà ora la ricezione di tutto questo ali' interno della chiesa croata è difficile dire e non credo che nell'immediato possa sortire effetti positivi, ma certamente il Papa ha stabilito dei vincoli che impongono, se non altro, il silenzio dell'episcopato a un appoggio esplicito alle azioni del governo. e quindi l'avvio di una distinzione dei ruoli fra la chiesa e il governo. Questo credo che nel medio periodo possa essere il risultato migliore di questa visita. Teniamo presente che durante la lotta al regime social-comunista le chiese sono state il luogo di raduno, di celebrazione culturale di tutti gli spiriti che erano antigovernativi, dove si ~aldava il dirsi cattolico e l'identità della nazione. Tornare a distinguere fra cattolicesimo e nazionalismo è certamente una sfida essenziale. Il Cairo? Intanto va detto che al Cairo il tema della dife'->adella visione morale sessuale cattolica s'è incontrato col tema dei popoli del sud, delle povertà e di uno sfruttamento di natura culturale che si esercita anche attraverso l'imposizione di comportamenti occidentali, compresi quelli sessuali. E anche la discussione, molto ampia, sull'aborto e sui sistemi contraccettivi, s'è svolta non solo fra questi due temi, ma ha toccato anche il tema della disponibilità delle risorse. Diversa è la lettura che i media ne hanno dato. Alla Conferenza, per esempio, l'intervento del capo della delegazione vaticana, mons. Martino, che appunto toccava aspetti importanti del rapporto nord-sud, è stato a lungo applaudito. Questo solo per ricordare l'altro asse di questo pontificato che è certamente lo sguardo verso sud, verso i popoli oppressi, verso le nuove povertà dovute al gran numero di rifugiati ed immigrati, agli esodi che si stanno compiendo in Asia e in Africa, all'ammassarsi di milioni di persone nelle periferie urbane di alcune grandi capitali del terzo mondo, in cui la precarietà della vita umana comporta inevitabilmente l'eliminazione di risorse umane, di energie intellettuali che va ad alimentare la disperazione di questi paesi. Siamo alla negazione sistematica di ogni diritto umano per un'umanità che è sfigurata, che in nulla assomiglia al volto di Dio. L'immagine di un Papa molto bravo, molto intelligente a Sarajevo, e retrivo e reazionario al Cairo tu la rifiuti ovviamente? Sì, la rifiuto perché la vicenda del Cairo mi sembra più complessa e per certi aspetti più confusa e sta su un altro piano rispetto alla vicenda di Sarajevo. Per Sarajevo il Papa si è giocato in prima persona in maniera fortissima, e direi per certi aspetti esclusiva; nella vicenda del Cairo hanno giocato invece molte altre linee interne alla chiesa, e anche, devo dire, soggetti diversi della diplomazia vaticana, non sempre in accordo tra loro: soggetti che interpretavano le esigenze di una mediazione rispetto al testo delle Nazioni Unite, come il Pontificio Consiglio di Giusliziae pace o l'episcopato statunitense e soggetti che hanno inteso semplicemente riproporre il dato dottrinale, come il Pontificio consiglio per la famiglia. la via smarrita nel cuore della modernità E alr ottimo risultato che si è raggiunto alla fine va tuttavia riconosciuto un discreto caos iniziale nelle posizioni che provenivano dagli ambienti della Santa Sede. Questo non toglie che vi sia una verità in quei giudizi. cioè che questo sia un Papa intransigente, ma di una intransigenza postconciliare, non di una intransigenza preconciliare. E' una intransigenza che richiama l'esigenza e il valore della riconferma dell'identità cristiana, ma non come volontà di supremazia sul mondo, bensì come tentativo di ridire l'esperienza cristiana con forza, ritrovando una forza che a questo Papa sembra che la chiesa, nel cuore della modernità, abbia smarrito. A mc ha fatto impressione il tono sull'aborto analogo a quello su Sarajevo ... Sì, perché il Papa percepisce sul tema della difesa della vita e del suo riconoscimento sin dall'inizio, MUSTIOLA Prodotti freschi (pane, biscotteria, torte, pizze, eccetera) e confezionati frutta e verdura biologica alimenti macrobiotici integratori alimentari UNA CITTA' in tutte le librerie Feltrinelli NEGOZIO AFFILIATO coj

uno dei punti di non ritorno, su cui la posizione del la chiesa deve saldamente a11cs1arsir,inunciando al quale clivcntcrcbbc difficile rondare gli stessi cliriui umani su un piano razionale e quindi fondare la difesa dcll.l dignità umana. Ma la stessaintransigenza Giovanni Paolo Il l'ha dimostrata anche sul versante del la pace. Ha certamente spinto la teoria della guerra giusta. che la chiesa aveva elaborato e tenuto costante nel corso dei secoli, in un punto così avanzato da consentire una condanna durissima, come in precedenza soltanto gli ultimi pontificati avevano fallo, della guerra e nello stesso tempo fino ad arrivare alla necessità cli prevedere strullurc internazionali che possano prevenire o anche punire chi in qualche modo si fa artefice di un gesto bellico. Il concello di ingerenza umanitaria, che è un'evoluzione interna alla teoria della guerra giusta, alla luce della neces ità della pace e degli trumenti di aggiornamento della pace, del primato della pacee della difesa della vita, viene spinto fino al punto di moderare una delle clausole che in questo secolo era sembrata essereaddirittura una grande conquista democratica: 1• autodeterminazione dei popoli. Non è più un principio esclusivo da non consentire, di fronte alla violazione sistematica dei dirini umani, un intervento cli nalllra umanitaria. ma può spingersi fino adazioni cli contenimento auraverso l'utilizzo della forza. Da questo punto di vista. le due ultime encicliche di Giovanni Paolo 11, Cen1esimusannus e Veri1a1is Splene/or. che vanno !elle in sequenza, l'una come il seguito e il completamento dcli' altra. rappresentano un progetto unitario. Esse hanno di fronte a sé l'inganno e il disastro clc11·u1opiatorica (marxismo e socialismo reale). l'inganno e i I disastro del relati vismo scellico (I· individualismo consumistico). Vi è in e se, ul piano della comunicazione esterna. la consapevolezza della leadership morale che il papa e~crcita in risposta al vuoto morale del mondo di oggi e la volontà. verso l'interno, di ridurre d'autorità. cioè facendo crescere il peso del magistero ecclesiale e egnatamentc ciel 1•autorità papale nei pronunciamenti sui temi della morale, il concetto di a111ono1111i1a10rale. sia sul lato della ricerca che su quello del vissuto. Un intransigentismo post-conciliare, che riesce a recepire e acondurre innanzi la riflessione sul piano della morale sociale (tema ciella pace, cliri110 internazionale. ingerenza umanitaria. do11rinasociale del la chiesa, democrazia economica), e, ad un tempo. produce una riaffermazione conservatrice dcl1· etica tradizionale di fronte al permissivismo morale (aborto, eutanasia, contraccezione. clivorzio, omosessualità). Da questo punto di vista le due ultime encicliche, le11eassieme, contengono l'insieme degli orientamenti generali del pontificato in materia di morale. Le due encicliche formalizzano lo scontro storico ed esistenziale, drammatico tra verità e libertà. Ma non vi è sufficiente circolarità ermeneutica tra le due: si opta, di fallo. per la verità. Il secondo capitolo della Veri1a1is splene/or è paradigmatico: legge morale e autonomia personale; ordine morale ogge11ivoe coscienza sogge11iva;alti concreti e opzione fondamentale. costillliscono le diadi di questa tensione. ma nella rispostasi è cmprc suI primo dei due elementi, senza che tuttavia il secondo venga negato. li principio antropologico che viene così definito vede il predominio dell'oggettivismo morale, delle sue sicurezze, a fronte del dramma storico che descriverebbe di più una antropologia del confli110 e dunque un'etica del confli110. C'è nel magistero del papa il desiderio di un'antropologia integrale (grava una certa matrice pessimistica nella concezione globale dcli' essereumano, segnatadal peccato originale, Cf. le analogie con l'enciclica Hu111angi eneris di Pio Xli); e una visione della morale come difesa della persona. Sia la Cen1esi111uas111111s (parte economico- politica), che la \leriw1is Splendo,· si muovono su una propo. ta morale cristiana in contra. to con le derive sul piano del co. tume diffuso della cultura a11ualc,di cui, lucidamente. tracciano un bilancio fallimentare: scristianizzazione e perdita della dimensione religiosa della morale: idolatria della libertà individuale; spirito tecnico-pragmatico; la prosecuzione del mito prometeico di manipolare la natura (oggi quella umana); la metodologia del dubbio. Di fronte a questa situazione la propo\tadcl papaèqucllacli un'etica fondata sull'ordine oggcuivo della natura(legge naturale): un'etica dei valori univcr~ali e assoluti, J"oggc11ivismomorale degli alti e dei principi. li lato della comprensione delle condizioni degli uomini è costantemente svolto dai gesti pastorali del pontificato, più che dal lato do1trinalc (cf. il bacio all'ammalato di Aids, durante il 2° viaggio negli Usa nel 1987). Il radicalis11101110rale d l papa.che lo fa annoverare (sopra11u110all'esterno), politicamente, a sinistra sui temi sociali e a destra su quelli di morale personale,mentre haconsentito uno sviluppo culturale (non privo cli critica) all'interno della chiesa e fra gli stessi episcopati, lascia sollo una luce schematica la cosicldc11acultura '·progressista", prigioniera di un difc110cli fondazione morale e razionale del pri neipio elci diri11iumani e tulio sommato poco inquieta, per non dire appagata, circa la sorte delle donne e degli uomini cli questo tempo. Per chiudere volevo tentare un paragone con Paolo VI: un papa ormai impotente, disperato, che si dice pregasse per liherare la chiesa del suo peso, ma che prima di morire trova la forza di ergersi con Dio per Moro, che La testata UNA CITTA' è di propneta della cooperativa UNA CITTA'. Presidente: Massimo Tesei. Consiglieri: Rosanna Ambrogetti, Paolo Bertozzi, Rodolfo Galeotti, Franco Melandri, Gianni Saporet11,Sulamil Schneider. Redazione: Rosanna Ambrogetti, Marco Bellini, Fausto Fabbri, Silvana Massett1, Franco Melandri, Morena Mordenti, Rocco Ronchi, Massimo Tesei, Gianni Saporetti (coordinatore). COLLABORA TORI: Rita Agnello, Edoardo Alb1nati, Loretta Amadori, Antonella Anedda, Giulia Apollonia, Giorgio Bacchin, Paolo Bertozzi, Patrizia Betti, Barbara Bovelacci, Vincenzo Bugliani, Paolo Cesari, Michele Calafato, Dolores David, Liana Gavelli, Marzio Malpezz1,Gianluca Manzi, Carla Melazzini, Linda Prati, Carlo Polet11,don Sergio Sala. Grafca: 'Casa Walden". Fotoliti: SCRIBA. In copertina: Sarajevo '94. 1no 1anco -t, ,. " .,, [,,,. ~:•:d >;_:". .,~:~:--:--:~' " ,'-> .;-;;~~;~;~~:-;:, : >~.;:.;~.:.,; < ~t~:~{~{:i:}~~: ~ ':.:,:~:.-; ~: : =:~::i::> :: .;::,;:~;?!,~~t~!~t~I • ">: : <. .,·\? »~~: » lascia il posto a un papa potente, intraprendente, che cambia la faccia della terra, ma che poi, strada facendo, sembra diventare sempre più tormentato, anche lui, alla fine disperato ... Le analogie producono sempre un certo cffc110e questo è il loro limite. Questa immagine di Paolo VI ripiegato su sestesso è un· immagineche in parte non corrisponde al la realtà e per quel tanto che corrisponde alla realtà è riferibile soprattullo all'ultima fa e del suo pontificato. Paolo VI è stato il Papa che ha consentito la celebrazione del Concilio, il suo completamento, la sua gestione nelle Chiese locali e -ma qui il discorso sarebbe lunghissimo- con una sostanziale capacità di invcramcnto dei disegni conciliari. E se certamente vi sono traili di grande divcrsit[1 fra i due, di natura culturale e biografica, per quanto riguarda la concezione e la gestione ciel pontificato vi sono alcune analogie. Questo Papaè per molti aspclli un ,)f,,,"4.,,.f!J'.,.'>.,. .,>,,,❖:,0.'i#>( (' *~ v ~?o<,'>-•~.,..=<• /.lf .. s.X-~,Y_ ~; ~ ::~:::: ;;~~;~::~ ~I:~~;:~: t1~~~ ~t ~-.)0,..-..~.... »•.i,.'\. ~(.,:>. continuatore cli Paolo VI, ad e empio sul versante dell'elaborazione dei dirilli umani, tema molto sentito da Paolo VI e che sollo il suo pontificato haconosciuto alcuni dei testi più belli della Chiesa in questo secolo: la Populorum Progressio certamente è uno di questi. Ma anchequella preghiera suMoro. che è una preghiera personalmente molto sofferta daparte del Papaper i legami di amicizia con Moro, per i legami culturali e spirituali con il nostro paese,ha unaqualche somiglianza con alcune invocazioni recenti cli questo Papa. Si traila del successore di Pietro che di fronte a situazioni limite non si limit.l a pregare Dio perché qualche cosa accada.ma nel l'una e ncl1' altra occa. ione questi due papi hanno pregato per Dio, intendendo con questo qucll'invcramcnto di somiglianza di Dio che l'umanità ha bisogno cli a11uarce che è una somiglianza interna aDio stesso,di cui Dio stcs. o ha bisogno. E' una teologia cli un Dio sofferente. che pal iscc per l'uomo. on è un' invoca1.ionc per 011cncrcqualcosa. Nel caso di Moro non c·era più nulla da ollenere e infa11i la lamentazione che Paolo VI lancia è: "tu non hai esaudito la nostra preghiera", così come anche la preghiera su Sarajevo è impotente, perché r eccidio è accaduto, accade, accadrà. A partire dal dolore, la preghiera è una preghiera che coinvolge Dio. a partire dal dolore dell'uomo e da quello di Dio per l'uomo, è una messa in gioco della sua stessadivinità, della suasignoria sulle cose. Vi è un'analogia profonda fra l'impotenzadellacroce e l'invocazione della preghiera. Qui siamo al centro degli eventi più veri della teologia cristiana. E questi risultano tanto più importanti quanto più il luogo da cui parte l'invocazione è un luogo limite. decisivo per l'uomo non solo per le sue sorti fisichccsistenzial i, ma per 1•insieme del la sua umanità che è anche culturale, storica. E' il cristiano che prega nel limite e dal limite, nel limite opaco del quotidiano, dal limite della storia. - INTERVISTE: A Ciii l?iva: Ma~simoTesei.A Gia11Jra11cBorunei/i: Gianni Saporctti.A Giuliano Pisapia: Gianni Saporetli.A Luigi Ma11co11i: Marco Bellini. A Edirh Bruck: LianaGavclli e MassimoTcsei. A Pcwlo Virno: Marco Bellini. A Ma.1.1i111/l0ardi: Marco Bellini. A Alfonso Berardinelli: Rocco Ronchi e FrancoMelandri. A Laura Paria11i: Ro~annaAmbrogctti e FrancoMclanclri. FOTO: cliFau~tor-abbri. Copertinaepagg.2-3: cliRenzoPirini. A pag.8-9: tratta dal libro The chro11ic/eof rhe Lod-::ih. e110 1941-19-14 di Lucjan Dobroszycki. A pag. IO-I I: cli SalvatoreSparavigna. A pag. 16:di Berne!Gorncr. Questo 11u111ero è sww chiuso il 3 011obre '94. UNA ClffA' 5

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