Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 1 - dicembre 1942

dal fbup.,u,. (1-m.mll obuu,. IY - t'lluot,a, wriL - ([Jiaml,a. 1942 FondazioneRuffilli- Forlì

-SPETTACOLOFondazione Ruffilli - Forlì V I A C O N S O L A R E MENSILE DEI CINE. TEATRI. RADIO · r.UF DirezioneRedazioneAmmi11lstrazlone:Forll, Sede Littorla-Tel. 6018 -te ARMANDO RAVAGLTOU Direttore WALTER RONCJ-U Vice Dire,.u,, P GUIDO ARISTARCO . PAOLO GRASSI Redattori Segretario di Direzione: ENRICO CAll1PORESI -te ANNO IV - NUOVA SERIE - N. 1 DICEMBRE 1942 XXI i n q u e s t o n u m e r o: ALESSANDRPOAVOLINI - Teatro di prosa. f!A,~.~~ di GIANNITESTORI J'.u»ia, del, '1'~ ARMANDORAVAGLIOLI WALTER ONCHI ANTONIOGHIRELLI SERGIOMORANDO GIANNIRATTO EGIDIOBONFANTE SANDRO BINI RENATOBIROLLI UMBROAPOLLONIO ANDRtSALMON GIORGIOSTREHLER JEANCOCTfAU CEICOCOCCO BENIAMINO J PPOLO PAOLOGRASSI GIORGIOALIONE BENIAMINO J PPOLO ORAZIOCOSTA MILZIADETORELLI GIANNINOGALLONI M. A. DENTI GUIDOARISTARCO FERNALDDOI GIAMMATTEO RENATOMAY BIRI MAZZINI VITTORIOFROSINI E. C. di C. F. RAMUZ .. "1.b,,~ di FELICEGAUDIOS"O Teatro indipendentee Teatro di Italo. , Documentiper il Teatro. Appunti sulla teatralità. Sopratre punti della questioneteatrale. litografie Inedite di Craig. Considerazionsi ulr ingannobarocco. Per il teatro. Pittore a teatro. Nota. la debuttante(trad.di Soverlnodal Sasso). Cocteau,uomo nel mistero. Da " Le Coq et I' Arlequin,.. Appunti sul Teatro di Ruzzante. Nota. Giorgio Alione e la farsa. Farsa de la dona chi se credia avere una roba di veluto dal lranzosoalogialo In casa soa. Su " Vicolo senzasole,.. Nota a " Un cielo,.. Esortazionealla tragedia. Induzioni su O' Nelll. Forme e ritmi : Appunti sulla danza. Nostra posizione. Il problemadella critica. Cinemadidattico. Clair sotto i tetti di Parigi. Nola per Chiarini. Cronachedel Clneleatrigul. Disegnidi MANZÙT, ESTORSI,PAZZAPANB,ARBIERIP, ICASSO, MARINI. Scenografie di BIBBIENA e di GORDONCRAIG. fo copnt.i,w: lcenografia di SIRONI. ARRONAMl;;NTO ANNUO L. 32 MENSILE EDITO DAL UNA G. U. F. COPTA L 3,50 DI FORL]

V ][ A. e o N o ][_, .A\. ]R. ©L?W,,d' c/4,,·~ 7r,,· $o:ca1/4· ~PV6M6UZU. ANNO IV • N. l • OICEMl31J'lE I942 • XXI OGGI Vivo e vitale a Roma e Milano; con reviviscenze passeggere in una dozzina d'altri centri. Pubblico borghese, ristretto. Alti prezzi. Una ventina di compagnie, prevalentemente mobili. Nuovi attori (pochi) : provenienti dall'Accademia di Roma o dalla trafila del mestiere. Imprenditori privati. Palcoscenici antiquati, difformi. Palchettisti, tessere, iuviti, omaggi. Sovvenzioni statali alle compagnie. Concorrenza col cinema. Quistione dei giovani. Problema della critica. Polemi• che sul repertorio. DOMANI Dalla Sicilia ali' Alto Adige, ogni città il suo teatro, funzionante per più mesi all'anno. Pubblico di tutte le categorie, dopolavoristico: Prezzi modici. Un'ottantina di compagnie, prevalentemente stabili. Nuovi attori (molti) : provenienti dall'Accademia di Roma e da centri di formazione presso i teatri nelle provincie. (Imprenditori privati e) Soprintendenti statali, con funzioni analoghe a quelle dei soprintendenti degli enti lirici. Palcoscenici aggiornati, di tipo .uniforme. Pubblico pagante, abbonati. Teatri statali alle compagnie. Collaborazione col cinema. Quistioue dei giovani. Problema della critica. Polemi• che sul repertorio. Il ponte fra questo oggi e <1uesto domani è ormai esistente e si chiama Ente Teatrale Italiano per la Cultura Popolare (Eti). Credo che il O domaui,, possa venire interamente raggiunto, se pure lu guerra lo abbia fatto diventare, inevitabilmente, un domaoi l'altro. Gli '· industriali dello s1>ellacolo ,, non s'allarmino. Organizzare un più vasto teatro italiano non sigoi6ca cominciare co,i l' abolire l'organizzazione esistente. Nè s'allarmi il 1':linistro delle Finanze. Spendere dieci invece di chu1ne t>er uu J>iÙ vasto teatro italiano significa incas: sare quaranta invece di venti come diritti erariali. lticordare la situazione di partenza (teatri trasformati un po' dovunque i.o cinematografi) e perciò non scandalizzarsi se~ all'inizio, alcuni teatri tornati tali si varranno del cinema, nei periodi liberi, per quadrare il bilancio. ALESSANDRO PAVOL/NI Fondazione Ruffilli - Forlì

P.M. 201 • ottobre. SU Nicopoli, rossa per- • la di terra cotta incastonata nella azzurra lamina del mare da un giro di mura e poi di olivi, sorgeva il sole. ~ attività di immediato ri- l TEATROINDIPENDENTE ' ~~ev: ss:~:t~;ach;i p;;~u~ i E TEATRO DI STATO ) fuse per dare nella ar• >, ---·-·· _ ----------••-- ····••- .. ··--· >_ chitettura il più visibile ------------------- _____________ I e caratteristico strnmen• to atto ad · influenzare tutta la vita di un popolo e di una civiltà, anche il teatro ha sempre conosciuto un proprio aspetto prn dichiaratamente legato all'affiancamento degli avveni• menti del tempo, alla esemplificazione dei concetti, alla psicologica suggestione dei grandi ideali. Rifarci all'esempio solo apparentemente antitetico di Aristofane, al teatro primitivo cristiano delle "rappresenta• zioni ,, , ai " maggi ,, rnedicei che furono occasione di una azione di Stato • non predicatoria od edificante • ma comunque ispiratrice e sanzionatrice di un modo di vivere? Ma forse che tutto il teatro greco e buona parte di quello di Shakespeare non rispondono alla vo• lontà di offrire una trasfigurazione potente di un mon• do politico•sociale, di fornirgli quella idealizzazione mediante la quale soltanto, le cose e le idee possono penetrare e restare nell'animo dei popoli? Nel teatro greco il sostrato favoloso e il concreto mondo sociale, oltre che la morale conclusiva • tanto purificatrice e conciliatrice con la vita da ritenere funzione di Stato la cura che tutti i cittadini vi assistessero •; quella parte del teatro scespiriano che porta le grandi immagini degli antichi sovrani a grandeggiare sulla scena, sono praticamente occasioni per una esaltazione di un atteggiamento collettivo di fiducia nei propri ordina• menti statali e nel proprio concetto di vita. Città costruita con uno scopo declamatorio, le rimane oggi il suo volto più valido ; vista dall'alto non offre tracce di case d' abitazione, di empori, ma soltanto mura di cinta, archi di acquedotti, strade, larghi, ossatnre di templi, scheletri di pubblici edifici ; e, in alto, a mezza costa del colle, fattosi un po' di largo nel1' oliveto, il teatro a gradinata. E' facile in qnest' ora del crepuscolo mattutino, ora astratta da note minute, abbandonata alla sinfonia delle sensazioni paniche, in questo contorno di elementi essenziali - mare, cielo, oli vi, cipressi e una città in basso - vedere muovere sul palcoscenico Medea e Oreste, Edipo e Fedra. Qui certamente se li sentì vivere accanto Augusto come volti di quella civiltà che gli imponeva di vincere sull'orientalismo e volle che vi si fissassero per sempre. La sua città, ben costruita, la città armonica e proporzionata che doveva essere il tipo della forma sociale e civile che, con la vittoria, si imponeva al mondo, dovette così avere, quasi una acropoli alta respirante, il teatro. E qni dovettero convenire folle nelle giornate solenni, quando si celebrò il fadto secolare di Roma. Azioni e cori sulla scena di pietra; e unanimi cori e svolgersi di sentimenti di fede e di forza civile nel giro degli spettatori ebbri dell'armonia di cose e di istituzioni, rispecchiate uell' armonia del paesaggio e delle costruzioni, offerta dallo Stato augusteo. 11 problema del teatro di Stato si pone così in netti termini; e mi si conceda di ritenere risolta la discussione sulla rilevanza del teatro per lo Stato. Uno Stato cosciente di sè e dei snoi fini non pnò trascurare i più potenti mezzi di educazione e di suggestione delle masse. E riterremo anche risolto il problema in sede organizzativa considerando come praticamente, nelle circostanze ultime, il teatro italiano abbia rilevato di 11011 poter vivere senza l'intervento normalizzàtore - a- mezzo di organi di governo o di Enti di categoria - e finanziario dello Stato. Di nn teatro libero, fuori dello Stato, è quindi praticamente e giustamente impossibile favoleggiare, sotto l'aspetto morale e, snbordinatame,tte, sotto quello organizzativo. Non per questo il teatro è meno onesto, ha minore possibilità di sincerità morale ed artistica; non per il fatto di essere riconoscinto ufficialmente come un valido strumento dell'azione di governo - nel\' ottimo senso dell'espressione • scapita con la sua digni• tà di arte. Diciamo piutto3to che dalla sua enorme capacità di suggestione, dalla sua insostituibile capacità di sottolineare momenti e atteggiamenti dell'animo della folla e dalJa sua singolare attitudine a mettere allo scoperto la tendenza corale che esiste in ogni uomo, per tutto quésto si vede come lo Stato non possa fare oggi a meno di considerare un aspetto più concretamente at• tivo del Teatro nel campo della determinazione psi• cologica e della propaganda (concetto questo ultimo che, per il discredito della paroli., ameremmo meglio indicare col termine: celebrazione, celebrativo). Allo stesso modo che la letteratura ha conosciuto nel giornalismo il proprio pratico inserimento nella sfera delle 2 FondazioneRuffilli- Forlì Riconosciuto pertanto a tutto il teatro la capacità di educare e quindi la necessità di una potenziale ispirazione statale di tutti i suoi temi, non si può non ritenere la indispensabilità di una più chiara funzione pubblica del Teatro che il Teatro ha conosciuto in tutti i regimi di massa (quali possono ritenersi, oltre ali' epoca cristiana•medioevale, l'era delle repubbliche greche e quell'epoca elisabettiana che tanto poggiava sulla allora fiorita e sostenuta borghesia dei cavalieri e dei mercanti). Mentre pertanto, nell' orbita generale dell' ispira• zione proveniente da un certo clima morale vissuto o voluto, della normalizzazione e del sostegno materiale dello Stato, non vi sarà luogo a morte di un teatro indipendente, di temi e di ispirazioni multiple e cioè di un teatro svolgente motivi svincolatamente morali o artistici - un teatro per aristocrazie intellettuali e in certo senso un teatro che costituisca palestra di idee e di capacità sceniche -, ci sarà un altro teatro che chiameremo esplicitamente, teatro di Stato, in quanto costituirà elemento di affiancamento e di potenziamento dell'opera di educazione e di persuasione dello Stato. on dovrà esso essere preoccupato di tale sua funzione e sarà tratto da una selezione di opere, di autori, di argomenti che verranno affiorando nel teatro complessivo, nel teatro indipendente e costituirà il complesso di quelle opere che saranno più largamen• te offerte alle folle. Mentre, in sostanza tutto il teatro non è che documentazione avveniristica di un mondo esemplare • per lo meno di un mondo · di chiare co• scienze e non d' apparenze •, il teatro politico o di Stato sarà la avveniristica documentazione di un mondo sociale esem pla.-e. ... Scendiamo dalla stratosfera. La nostra epoca cora• le che chiama alla dignità di protagonista dei gran.-li

falli le masse, ha sentito la necessità di un ambiente per le " manifestazioni ,, deUe masse, cioè di luogo e di atmosfera appropriata e capace di produrr.i l' esaltazione necessaria alle grandi cose. E' già nata così una noatra scenografia politica e si potrebbe parlare, senza irreverenza, come già si fece un anno 'ai Littoriali, di una "regia,, della grande manifestazione politica. Nella maggioranza dei casi è la folla stessa che dà spettacolo a se stessa; sono le città, le architetture chiamate ad esprimersi nella loro nobiltà di linee e di significato tradizionale da addobbi e da sottolineature luminose. Ma qualche altra volta, è una parata singolare, è un innumere e cvncorde muoversi di atleti, è un grande coro di giovani e giovinettte che si pongono come centro di attenzione e come promotori di commozioni. Tutto questo è già teatro. Giungiamo ora alla positiva conclusione di un vero spettacolo scenico chiamato a concludere una manifestazione di folla. Occorre l'ambiente. Abbiamo per ora gli Stadi, facilmente adattabili, ma l'architettura nostra dovrà fra i suoi tipici edifici offrirci anche l' ambiente per le grandi adunate di ogni città, qualcosa che sia una evoluzione dello Stadio, un suo più adeguato adattamento all'adunata politica Jlo Stadio berlinese dei centomila) e che abbia a fianco locali anche per le adunate al coperto. Dovrà ~ssere questo il centro della vita politica di massa (il foro Mussolini, con il suo complesso di accademie e di palestre, ed ora con la Sede Littoria). In esso il palcoscenico dovrebbe essere il centro vibrante dell' architettura tutta. Occorre il repertorio. Abbiamo intanto tutti i classici. Medea e Fedra e Oreste sono vivi ancora. La grande drammaturgia europea del cinque-seicento per tanta parte frutto del nostro magistero può essere chiamata a parlare in tali adunate di masse. C'è la tragedia alfieriana e il meglio della troppo dinienticata produzione romantica del risorgimento; c' è la tragedia dannunziana. E come escludere il melodramma nazionale, quello di Verdi ad esempio? In seguito non potrà mancare un repertorio moderno. Intanto, per non parlare che delle cose più recenti, non abbiamo avuto i "Vespri siciliani ,, di Ludovici e il " Ciro ,, di Laudi e l'avolini, degnississime opere e di ferma arte, oltre che di sicuro magistero politico? Il dare vita ad un costume di pubblici spettacoli, il dar vita al teatro di Stato celebrativo della nostra arte migliore e del nostro costume politico, offrirebbe il terreno più propizio alla nascita di una adeguata drammaturgia attuale. Contemporaneamente si dia sviluppo ai canti dei giovani, si introduca nella pratica della Gil il coro dialogato, sottile e primitiva forma scenica, svolgente una azione per trapassi di toni di sentimenti. Con tale abbondanza di repertorio potremo avere tutta la pazienza per attendere che dal teatro "indipendente,, si sviluppi per spontaneo convincimento politico ed artistico e per maturazione di civiltà - quella maturazione raggiunta in politica e non ancora in arte - un significativo afflusso di opere al teatro di Stato che, ripetiamolo, non vorrà essere l'esclusivo teatro valido e il solo sostenuto dagli organi di governo, ma qnello cui ci si potrà rivolgere per apprendere ad essere cittadini del nostro tempo: un teatro sobrio, solare, astratto, di linea greca. AR/lfANDO RAVAGUOLI flP!L il 'Veaho E' sintomati<:o osservare la superficialità con cui quasi t.,. Li i più rappresentati commediografi • e non è il c.:so di ripetere qui i motivi di una polemica ormai da noi dichiaratamente superata e risolta a loro completo sfavore - cerch.i no di portare sulla scena quei particolarissimi documenti del tempo che, nella loro superficialità, essi pensano possano rimanere a costitnire una valida esemplificazione del modo di vivere e di soffrire della nostra .epoca. Non siamo noi i primi a notare come il portare in primo piano, quali elementi essenziali, l'abitudine purtroppo effettiva e tragicamente reale di un certo modo di agire e di essere - meglio ancora sarebbe adoperare, in questo caso, il verbo sembrare - porti a delle formule puramente occasionali ed insincere che nulla hanno a che vedere con l'intima realtà degli nomini migliori del nostro tempo. L'amore interessato per una verosimiglianza puramente materialistica dimostra già da sè come certo teatro non abbia la forza di vincere le premesse più bassamente concrete ed innalzarsi in una sfera di perfetta rappresentazione. A questo tentativo sono protese tutte quante le forze coscienti dell'intelligenza ,ed un identico sentimento le accomuna anche quando sembrano partire ed arrivare a differenti affermazioni. In nome di questa identità da tutti ad un modo sofferta, noi crediamo di potere affermare che le documentate divergenze rispondono ad esigenze solamente dialettiche e forFondazioneRuffilli- Forlì mali e che un fine unico rinsalda le giovani energie. Il desiderio di rendersi inttrpreti di situazioni che toccano da vicino la nostra umanità, che costituiscono anzi le basi di questa nostra umanità, è senti lo dagli autori più sensibili che attraverso i mondi della più alata fantasia pervengono ad una profonda comunione col vasto pubblico. E' necessario una reazione a quella che non è che una contingente e fittizia realtà ed un ritorno ai motivi universali della vita degli nomini, ad una ricostrnzione nel campo dello spirito. Lontani da tutte le influenze, siano esse sociali o storiche, per superarle occorre · che il mondo dell'autore non si limiti ad una critica, se essa critica non reca i germi della costruzione, e tanto meno ad un inutile, perchè solamente esteriore e valido solo per una 'quantità che non ha valore di totalità e di qualità,· documentarismo passivo: seguire l'autore in questo tentativo di infrangere ogni realistica esattezza, ogni apparenza anche quando essa sembri ormai norma, per raggiungere nel profondo il senso di una verità che ai più sfugge, è dovere di chi vuole assieme ali' autore, al poeta, giungere alla meta ideale. Ha scritto Cocteau : seuls la pro,nenade d'un homme et l' homme lui - meme m' interessent. E questa frase ci sembra riassuma la via maestra del teatro inteso come opera di poesia, dell'arte intesa come forma di vita. Nè altrimenti è dato ai migliori di noi di essere artisti e costruttori nella vita, di essere gli interpreti, 3

superiori di un desiderio di scoperta urgente al nostro spirito. Conoscere l' uomo, individuare e definire il suo travaglio, portarlo di fronte al mistero dell'esistenza, tentare di penetrare il mistero stesso (ed è doloroso poi doversi abbandonare scorati di fronte alla sua impenetrabilità) è il desiderio a cui ci siamo riferiti. Come appunto la umanità nostra risulti dallo stesso suo dissolvimento e tenti di ricomporsi in elementi tangibili in più alte sfere è documentato in alcuni - poeti - fra i contemporanei : e come l'evolversi di un procedimento umano non possa conoscere il traguardo di una stabilizzazione immediata è ovvio ; ed è ugualmente ovvio come a noi non sia dato che cogliere dei momenti, fissarli, puntualizzarli. Chè se non fosse così l' arte perderebbe della sua necessarietà umana e si limiterebbe poi ad una esercitazione stilistica e vana. Negli autori d'oggi - s'intende in quelli non adusati ai compromessi di una pratica esteriore e conciliante - noi troviamo appunto la disperazione del vedersi sfuggire, per una esigenza di evoluzione, i termini ultimi, creduti definitivi, di una vita umana complessa, del ritrovarsi riproposti gli stessi temi, creduti già risolti o superati, mentre non lo erano che in un modo il quale aveva avuto paura di esaminarli compiutamente e coraggiosamente e li aveva debitamente schivati ed ammantati di noncuranza e di irrisolubilità. Quei temi che essi si sono trovati di fronte con tutta la loro gravità e che stanno ora cercando di riproporre, con rinnovata fede, alla loro coscienza di uomini ridestatisi da un letargo al quale era stato giocoforza adattarsi, non possono lasciare indifferenti nessuno: anche chi per ragioni opportunistiche finge ora di ignorare la battaglia che si agita nelle coscienze. Gianni Testori • e sono i suoi due atti unici che seguono questa nostra nota che ci hanno convinto al presente discorso - vuole richiamare il pubblico al mistero della vita e della morte, prospettargli gli impegni che ognuno di noi involontariamente assume all' allo di nascere e che deve poi volontariamente servire, se ne avrà la forza interiore e la volontà. Né La morte sono posti di fronte il motivo della vita vissuta e quindi sofferta e quello della vita tradita da ingannevoli modi e risolta in una subdola e falsa parvenza; ma invano si cercherà di sfuggire al Fato che, sotto l'aspetto del terrore rappresentato dal buio della morte per gli indegni, incombe sui nostri gesti. E' inutile sfuggire il mistero delle tenebre, se non si ha la forza di illuminarlo con la purezza delle nostre azioni. Ogni tentativo narcotizzante delle più riposte nostre sorgenti di vita interiore dovrà essere scontato da un interrogativo il quale determina i nostri. atti di vita : che sarà di noi domani? E' una umanità dolorosa e dolorante quella che ci presenta Testori sia ne La morte che in Un quadro. Nella madre de La morte è facile riconoscere il messaggio umano di certe figure di donna di Cantatore, dai ventri aonfi e dalle facce intrise di dolore e non sopite di p~ssiva rassegnazione. Quelle figure che si aspetta di vedere da un momento ali' altro risorgere illuminate da uno sfoluorante segno di vita, al quale purtroppo per il mome;to sono costrette a rinunciare. Rassegnazione: non e' è più in Testori • e siccome in questi suoi primi esperiménti drammatici non è difficile riconoscere il se.-no di esempi che potremmo anche definire classici, 1~ossiamo generalizzare l'esemplificazione a quasi tutta una generazione di poeti - la disperazione distrnttiva 4 FondazioneRuffilli- Forlì e ·senza speranza di un Pirandello. Se il punto di partenza è unico, le conseguenze non sono certo identiche. In questi casi di cosciente rassegnazione è chiara la speranza in una certezza, la presenza di una umanità che non forza e disconosce i limiti della sofferenza, ma li comprende e li eleva. Una umanità cosciente che non vuole sfuggire per dimenticare, ma che sa essere sempre presente a se stessa, ovunque. Se con Pirandello è cominciata la rivoluzione - e per riferirci a D' Amico, vogliamo riconoscere in lui il primo momento, cioè quello distruttivo, di essa rivoluzione -, con Testori e con la schiera sia pure esigua degli autori che possono connettersi alla grande tradizione siamo nel periodo di mezzo. Non siamo ancora giunti alla chiara percezione delle conseguenze finali e conclusive: ma in essi è evidente come il desiderio sia ormai una conquista dello spirito e come alla distruzione si sia sostituita la speranza, che alla umanità condannata senza remissione e senza possibilità di salvezza, si sia sostituita una comprensione, una invocazione piena di dolore. Le conseguenze di questa invocazione forse sfuggono a noi nei termini netti di una prevedibile classificazione. Forse questo teatro domani nella storia sarà considerato solo per quella che è la sua più vitale caratteristica: la sua rinnovata reazione, la partecipazione umana, la riconquistata coscienza di una umanità che può ricominciare a proporsi i problemi e quindi a sperare in una loro risoluzione, di·velti gli ostacoli dovuti alle contingenze materialistiche. Anche se questa "speranza,, non è apertamente dichiarata, è implicita nelle parole del poeta. E' il nichilismo pirandelliano che viene superato ; è la speranza di nuove certezze, sia pure soffocata nel turbine di una affermazione che incosciamente questi autori vengono a sottoscrivere. In essi ormai anche la rassegnazione è superata come momento di vita e viene posto con violenza il problema di una ricostruzione. · ell' interrogativo finale ed angoscioso de La morte l' ansia di una definibile conquista . non definiti va e non ultima • è terribilmente presente e segna il ritorno ad una volontà risolutrice, indagatrice. Volontà che esiste sia pure allo stato inconscio nella coscienza creatrice e nello spirito di questi nostri poeti. Tutto ciò è chiaro, - almeno ci sembra - nei due atti unici di Testori : e per intenderli esattamente bisogna accostarsi ad essi sprovvisti di qualsiasi velleità criticistica. Bisogna accettarli così come sono, nella loro innocente stesura, e raccogliere e rispondere al loro fervido appello di umanità. Al critico intransingente - ma disumano • potranno sembrare ricchi di ricordi facilmente orecchiabili. Ma a noi premeva sottolineare quella loro profonda sincerità, quella loro disperazione che è la nostra disperazione (sempre più ci accorgeremo di quanto abbia potuto Scipione sui nostri artisti d'oggi) e soprattutto quel riproporsi il tema di una ridestata nmanità. Non sarà inutile ricordare a questo punto il titolo della nostra nota: queste commedie, costituiranno i documenti per il teatro. Non sterili ed intellettualistiche esercitazioni dunque, come sembrano certamente ai più, ma volontà dichiarate; non c"lipola vori incompresi - che triste sarà la sorte di queste opere in un prossimo domani: essere al di fuori di un giudizio strettamente estetico ; - ma documenti umani, comuni agli uomini migliori del tempo, su cui domani l'autore a venire ricostruirà, su solide basi, su esperienze non inutili, il teatro. WALTEij RONCHI

Un allo di G. TESTORI cr, (jiovwwi, Cmli PERSONE: IL FIGLIO - LA MADRE ALBERTO - LA SIGNORINA DEL PUBBLICO SCE.N..\: row panca sulla quale si trova sdrnialo il Figlio moribondo,,· a fianco - sini.stm - ww sedili, appoggfota,, la. nwdre. 1l re~to della scena è • vuoto •. AL. (entrando sul proscenio, mentre la tel" è chiusa) - Buonasera, signori ... gi,ì \'Oi slasera siete venuti a teatro per divenirvi, per dimenticare, come è giusto, <1uelle preoccupazioni che durante la giornata vi hanno soffocato, come una enorme cappa di piombo, e invece ... questa sera non vi divertirete affatto. Meglio dircelo subito: tant'è poi vi accorgercsle da voi. Ohl ma non guardatemi così male! lo infine che colpa ho? Ri- \'olge1evi all'autore, lui sì. Noi non facciamo altro aJJ'infuori cli quello che ci comanda di fare, ci muoviamo e parliamo nè più nè meno di come lui vuole. Oh, ma che faccie scure santo cielo! Non penserete alle volte che io voglia ricordarvi da qua, dal palcoscenico, i vostri affari, i calcoli di oggi che non tornavano, i debiti, i crediti, i bambini da mantenere, ]a cucina, gli abiti da rammendare, no, no: questo lo lascio :t voi, per domani. Stasera parleremo un po' assieme, cosi tra buoni amici, di cose molto, ma molto più importanti, pili vere, di cose... bè, senza nemmeno accorgersi siamo arrivati proprio alla porta della casa che ci inte• ressa. Chi c'è? Ststst (gesto di. fare silenzio) ... (sollovoce) qui c'è una mamma che prega e un figlio che muore. (Lentamente s'apre il sipario. Alberto i,ulicmulo la scena si ritira). MA. (c/rill", i11 piedi, "ppoggiata "Ila sedia rerita ;/ rosario. Si riuscirà a percepire oltre al mormor-io continuo, qualche breve parola). . l'1. (~esticofo11do, quasi per voler afferrare ,11rn/clle cosa, con accento trasognato e indr.(rnito)'"':.. -- Mario?!... ?\fario... ti ricordi di quando andavamo giù al torrente, con le barche, e a piedi nudi. .. a piedi nudi risalivamo il corso dell'acqua·, tra il folto delle piante... Correvamo per cerçare la fragole nell'umido... (in un impeto di gioiti, rialwndosi con voce tre11iendamenle t1cula) Mamma ho trovato una fragola... (accorgendosi che attorno c'è vuoto, abbattuto, con fare stanco, strascicato) ... :Mario si sono avvizzite tutte le fragole, sono diventate gialle... Non correre Mario!. .. Perchè vai avanti?... (di nuouu alzandosi e indicando) Non . vedi la grotta?... (gridando con le mani all'o• recchio) Non entrare!... (calmandosi) ... allora à'vevi paura della grotta, mi dicevi • Fa il bravo, non avvicinarti. C'è buio, come di notte, li dentro • ... Ci allontanavamo... (gridando) Non entrare! No, .Mario... era cosl bello fuori, con il sole, con tanto sole, e le barche ... (affett1toso) hanno le vele rotte, sai, Mario, le barche, e non sono più bianche come Fondazione Ruffilli - Forlì allora,... sono di\"entate tutte nere, di polvere... Con tanto sole, e l'aria, e i , mazzi di fiori per Ja mamma... (brevissima pausa)... (rizzandosi in piedi urlmulo, ma con t1ffanno) Mamma è vero che si muore? ~IA. (sem/ne sollovoce e impcrssibile) - Si figlio. f1. (riprendendo il tono indefinito e tra· sognato, a volta u volta, stllnco e vibronle) Lisa... ti ricordi? Ecco, proprio come allora ... il sentiero che si snoda tra i boschi ... Ja luna ... Oh! Lisa, la luna, anche stasera è tornata, esso, come allçt.r3• noi stretli vicini, così, andiamo avanti... quaute stelle, guarda? (cou ·1a mano indica il cielo), brillano tulle per noi brillano tutte per noi ... Brillano tutte ... (urlando con affanno) Mamma si muore nella notte o a11"altfa? MA. (sottovoce, sillabando, q,wsi con freddezza) - Nella notte o nell'alba, figlio, secondo che noi avremo vissuto nella 11ot1e o nell'alba. F1. - Brillano... (quasi sorridendo) e tu canti, e ci sembra che •tutto il cielo sia nostro, vorremmo riempirlo col nostro canto... (scornggiato) ma tu sei lontana, e le stelle non ci sono più, e l'aria è pesante, cupa... si fa fatica a respirare... si soffoca... Mamma! Mamma, non s'è mai dato che quaJcuno vissuto nella notte sia morto all'alba? \IA. (c. s.) - Si figlio, purchè !"abbia disperatamente cercato, e Dio l'abbia voluto. F1. (riprendendo il tono in.definito, ecc.) - ... e poi ci siamo seduti.. • c·è un po' <1'aria II tu dicevi ... e io ti coprivo ... poi 111 cercavi nell'acqua i riflessi della luna, cere.avi di sera le mammole ... Ridevi se ne trovavi una; cogliendola l'annusavi forte, forte, cercavi il suo odore ... (lento) Mamma, come ha.i detto??!!... \IA. - Qualora l'abbia disperatamente cercato. F1. (gridando) - Mamma dammi la disperazione! Voglio cercarla, voglio sentire l'odore dell'alba ... MA. (riprende a recitare il rosario, come umpre tra una parlata e l'altra del figlio). Fr. (calmandosi) ... - Ecco a un certo momento tu ti alzavi, correvi, correvi sul· prato, che quasi fatkavo a raggiungerti, e se ti domandavo • dove vai, dove vai,•, rispondevi gridando... e incontro al cielo incontro al cielo 11 ••• diventavi tutta bianca allora, ti confondevi con l'aria quasi; e io ti inseguivo e ti gri• davo... 11 dove vai, dove vai • ... (sempre più fioco) 11 incontro al cielo, incontro al cielo,... (d'improvviso urlando) Mamma non si p'uò andare incontro al ciclo... Perchè non posso correre, perchè non divento bianco? Mamma perchè non divento anch'io d'aria? MA. - E" la notte figlio ... F1. (con disjJfe::.z.o, poi, mano, mano, cou dìslaao, come di una cosa che ci ab· ba ,ulona)... - La notte: com "è buia, Mario. Non do,·evamo entrare nella grot• 1a sai, le dicevi sempre tu... anche Lisa lo diceva sempre • Bisogna guardare in alto 11... in alto ... e invece abbiamo ab• Uassato gli occhi. siamo scesi qui al torrente... l'acqua... (eccilandosj)... Più giì1... pi1'1 giù... la grotta, nera, buia, fonda... (gridando) Un po' di luce, Dio! Sa!vanli!... (come sfinito, s'è abbattuto sulla panet1). ~IA. - Così figlio ... F1. (ripren<iendosi) - La luce... com'è · grande la luce... ci si annega dentro, come un mare... un maré senza sponde ... .MA. (continuando a recitare il rosario, ora m.archerà cli jJitÌ le preghiere, in modo che il pubblico le fJercefJisc": con inde- /inìlezw, però). .\L. (rieutwndo, oppure stt1ccandosi dal lai.o del /Jroscenio, e aiutando a chiu• clere il sipario ...)... - Ora basta. Sarete stanchi, chissà, forse qualcuno di voi si sarà annoiato ... ; dice\'a un amico filo• so[o che i I pensiero della morte alla umani1i1 in genere, dà fastidio ... annoia ... ta peusare... preoccupare... ma... Certo è una preoccupazione che ·serve, forse I ·unica che veramente faccia bene ... Però, -.1a,cr;1 sicLC \'enuti p~r divc1 Lirvi, v?i, ~ non per preoccuparvi, per... anno1arv1, 11è ;o ,·oglio rattristar\'i più oltre. Che ne dircs1e cii un po' cli musica? Una cm1onc. una romanza, che so io?... Una canzone? (/aceudo segno all'interuo) Una canzone per favore!... Contenti? E adesso !-en1iamo un po· cosa vi sembra di ques1a musica... Dite che bisognerebbe ballarla? ... Ma si, certo è meglio, poi si dimentica pili in fretta, ... la morte (in· dictmdo la scenll) E ma da solo, come faccio... (rivollo lii pubblico) cercando) Non ci sarà nessuno tra voi che vuol farmi questo favore? (guarda un po' in gim, poi adillando) Voi signorina, C?Sì bella. così elegante ... su, su, non abbiate vergogna... (si dirige verso la scaletta e le tende il braccio) Ecco... (il ballo comi11cia, e numo mt1no che passano i secondi diventa più rapido; i due seguiranno il ,nativo auche con la voce). (Ad un certo istante, si spegneranno tutte le luci. Il sijJario si sarà improvvisamente spa/at1ct1l0. La coppia si troverà nel• l'i11ter110 della scena - tu.tlo buio all'i11/11ori del corpo del Figlio steso sulla fJtmca, che sanì prepolentemente il• lumi11ato -: nello stesso momento ces· serlÌ la musica). S1. (alzando le braccia e buttandosi fra quelle di Alberto) - Alberto: un mor; w. , ia corri. c·è un mortol (il nome di Alberto, sarà pronunciato come familia• ,·e, proprio come se la signorina lo conoscesse da tempo, essendo infatti suo compagno d'arte) i\lA. (ll/1parsa mentre avveniva quanto so· pra, gelida, adittando il gruppo di _Al• berlo e della signorina, co1,1calma, s1llaba11tlo )- Un morto, si, un morto. E a voi, cosa capiterà a voi domà'ni? (La signorina è scoppiata in ttn pianto convulso. Alberto guarda la Madre, rimasta con l'indice puntato. Contemporaneamen· te la musica di prima riprende velocissima. Cala la tela) FINE 5

Un atto di GIANNI TESTORI a (Jiotgio 'ùi~e11/i11 PERSONE: GIULIO, pittore CARLO, MARIA, sua moglie, ALBERTO, modelli SCENA: Lo studio di uu pittore. Da un. lato il cavalletto, dall'nltro, ma ve,·so il centro, un tavolo; sojna, utza natura morta; davan• ti, una sedia. Una finestra. (Il sipario si afJre ,nentre Giulio pret1ara I~ tavolozza: canta a riprese. Campanello. Entrn110 Alberto e 1\'laria). G1. - Buongiorno signora J\faria. MA. - Uuongiorno. (abbandona sul tavolo il cappello e la borsetta) AL. - (svogliatamente) Buongiorno. (,ilenzio) G1. - E il signor Carlo? Do\·'è vostro mariw? MA. (distratta) - S'è fcnnaLO gill in strada a parlare con un amico, a momenu sarà qui. Possiamo cominciare. G1. - Allora (indicando), per favore al tavolo. (Maria e Alberto si sistemano dietro al tavolo, rij1re,ulendo la • posa II del giorno precedente: uno di fianco all'altro, quasi di faccia). C1. - Pili a sinistra. Ecco, cosi va bene. (Rimboccan<lo le maniche apre la finestra. Rumori dalla strada). Ct. -- Parlate pure, senza muovervi però, mi raccomando. Signor Alberto, la mano sul ta\'Olo, per favore, più indietro. (Pre,ide la tt,volozza e con molla calma inizia a dipinge1·e. Dalla finestra ttna canzone lentissima. 1.\1c,riane riprende il motivo) AL. - Ti piace quesla canzone? ~fA. - Tanto. (Pausa) AL. - Sai perchè te l'ho chiesto? MA. - No... AL. -- leri sera al Caffè delle Lucciole l'hanno suomHa così insistentemente da fissarmela nella memoria per tutta la nouc e per tutta la giornata. Dormivo ed era come se, vicino, qualcuno ne rifacesse continuamente il' motivo. E poi al lavoro. a tavola, nella strada... (riJ,reude la canzone) attorno era sempre notte, nel cielo e nel mare le stelle, e una presenza continua, vicino, uno sguardo invisibile e buono, un alito tiepido. MA. (che l'ascoltava rapita, imf1rovvisamente) -- Ecco, proprio, anche a me, così: uno sguardo invisibile... (chiude gli occhi) e sempre quel motivo dolce, e il vento leggero della sera, il freddo della ringhiera nel palmo della mano,· e un grido lontano, tremendo, dentro il cuore, alle orecchie. Sentilo, sentilo Alberto, è qui (indican<lo alle orecchie), senti come mi batte (gridando) • Maria, do\'e vai? ~{aria ,. (affannosa) Poi le scale velocissime: il portone. Una luce e un'ombra. fermi. La fuga sulla strada, mentre l'aria scioglie i capelli, arriva alle labbra, salata, libera. Gli occhi rossi di due ubriachL Il cigolio di una finestrn. Una luce ancora: poi l'angolo, in fondo, il mare. I grandi fari dell'autohus: uomini che scendono frettolosi e scantonano. Le luci del Caffè; sedie sul 6 Fondazione Ruffilli - Forlì ma rei a piede, tovaglie pallide, abat-jours. • Allenta, una bicicletta! 11. I cartelloni sulla riva: gli occhi dell'artista feriti da una slriscia rossa e sul muro l'insegrla luminosa del Cinema Centrale rossa \Crde ... (calmattdosi) ... il furgoncino del~ lo sp.1zzn10. La scopa striscia sul selciaw e la ringhiera è sempre fredda nel palmo della mano. Il mare sono balle c_ontinuamente ... la bella signor; passeggia profumata di viole... uomini e donue felici... un fruscio di biciclette dentro il grido de"l saxofono... la musica ... Ci. - ~'i siete spostati un poco (al richiamo 1 ·,nodelli an·ossiscono, quasi sorjHe.\i). Più a sinistra, per favore. (Couttnn/Joraneamenle il campanello. Ma- , ia fa cenno di vole1·e andare ad aprire). G1. - Non vi disturbate, grazie, \lado io. (Eulrn abbattuto Carlo). . CI. - Buongiorno. ~lA. - Ciao Carlo. ,\1.. - Ciao Carlo. CA. - Ciao (va in frella a prendere la ~ua JJosi::.io11e:sednto sulla sedia di fronte .. al tavolo: c~n, il braccio af,poggiato. l<rnurne cosi, mimabile). Cc (lonui11<lo c,l c,walletto) - Perfettamente. (/1a11sa) · AL. - Aveva un dolce pro(umo la bibita rosa che il cameriere aveva posato sul 1avolo: la cannuccia appoggiata al bicchiere aspettava che la mano ne sciogliesse il leggero involucro di velina. Ma la mano pesava troppo, non aveva forza per alzarsi. Allora l'uomo si impose qualche movimento: ·tutto il corpo era duro e pesante. Forse era la solitudine. Inorridito ~I pensiero di dover restare tutta la noue, inchiodato alla sedia del Caffè. diede uno strappo e si alzò. Ebbe la sensazione che le ossa cigolando, si Cossero speuate. Levò dalla tasca dieci lire e le pose sul vassoio, facendole tinti1111are. quasi per avvertire il cameriere. Scese dal marciapiede, si èHresse al molo. MA. - Fu allora che un vento leggero cominciò a spirare sul mare: udivo cosi i passi frettolosi degli uomini, il battere allegro dei tacchi. Fu allora che fra tanti rumori avvertii un passo triste e 1 sconsolato. Procedeva senza speranza, quell'uomo: certo era solo. Pro,·ai a passeggiare e m'accorsi che ìl mio passo gli somigliava: forse in un tono più altO. ma ugualmente triste e sconsolato. AL. - Due vite senza speranza si erano sfiorale nel cammino della notte. Ma. - Si appoggiò alla ringhiera la donna e av\'el'll quei passi sempre più allontanarsi. Nello stesso momento in cui il suo ol'ecchio non riuscì più a distinguerli. cominciò a piangere: qualcosa dentro si scioglieva. Forse la solitudine era finita. Allora sentì av,·icinarsi uno sgu.1rdo invisibile e buono, un alito tiepido e dolce ... AL. - ... e :inche l'uomo. poco lontano, a- \C\a comincialo a piangere... qualcosa dentro si scioglieva... uno sguardo invisibile e buono, un alito tiepido e dolce. ~IA. - Cosi iniziò rauesa, l'attesa cara e sicura. Sapevo che lll saresti venuto, non quando, ma ceno saresti venuto. CA.. (rimaslu fino allora. immobile, scoppw ttrlando) - Maria basta! Nemme• no la carità salvate più ora. E io, chi sono io? Niente, completamente niente? \"olete farmi svergognare davanti a tutti ... no ... questo è troppo... (calmandosi) ... davanti a Lulli... (si avventa contro Al• berlo) Alberto vai via, non posso pili sopportarti, vai via, via ... Gi. (clte durante La sce"a di Carlo s'era sromJJaginalo, corre a dividerli, gridan• do) - li sipario, Santo Iddio, il sipario! Siamo in teatro, e queste cose il pubblico non le deve vedere... (la tela si chiude precipitosamente. Carlo, nel litigio, si lrova sul proscenio. Guarda attorno, st1anrito, cerca di t·itrovarsi, ma non r•:e5cc... lentamente, stanco, ritJre11de a /1arla.-e) CA. - ... davanti a tutti. .. sempre solo, come un cane, senza una parola... (im.itaudo una voce) • Stai lì, è tuo dovere » ••• qui solo, come un cane? ... • Sì, n. solo. come un cane• ... senza una parola, senza una mano che mi aiuti... (si è m·corlo che il ri{lellore colpisce sofo lui, mentre il resto è nel buio) Ma basLa anche voi con quella luce! Volete proprio mostrarmi a tutti, nudo. Eccomi: g.nnl;tti.: ;hi sono. Un pover0 uomo, un disgraziaw, costretto ad andare nello studio di un pittore per guadagnare un po· di- pane, a stare del le ore come vuole lui, iJ pittore, a essere un giorno felice perchè lui vuole così, un giorno triste, perchè lui vuole così, un giorno tradito, (incalzando) ma questo è trop• po. questo è tropp,o. (urtando) Aprite il sipario'. Che chiuso, che teatro, che pubblico! Ormai hanno visw tutto, sanno tutto. Cosa credete che siano stupidi? Capiscono bene anche loro come vanno queste faccende ... aprite il sipario! (S'flJJre imfn<>uuirnmeule il sipario. Ln sce- ~n è illumiuala con vivezza abbaglian.• le. Alberto e Maria al loro posto, lauta vicini, q11esta volta, da sembrare ab· bracci11ti. Immobili, come statue, e ì,n• nwJ1i!e t! Jnrre il tJillore. Carlo rima"e allibito. Dalla fìnestrn ricomi11cfo la ca,,. z.oue di jJrima: Carlo si precij,ita addosso ad Alherlo e 1\ 1foria, cercando di stac- . carli). CA. - Alberto. vai via! Non posso più sopportarli. Guarda 1 divfnto tulto rosso, rosso! Maria, il fuoco! (/ due rimangono ;mmobili. Carlo si ril.i-ra e ridendo, deluso. rome chi ha trovato u.na ragione /Jrrsa uel/,, mrmoria, mentre torna al jJrofJrio /Jostn, come a un martirio che si deve subire) F. già, non ricordavo, siamo modelli. (Non apj1e11a Carlo ha riJ1reso il suo poçt.o. il J;ittore ,·olla l'immobilità riprende a dipingere. Maria e Alberto a j,oco a. poco si svincolano e ricominciano a parlare. Dalla stratla la so/ila canzone). MA. - ... Non sapevo quando, ma certo saresti vcnuto ...(lentnm.P11tP cllminci11 a calare la lela) ... allora ti vedevo abare dallo scoglio. \'c11ire verso mc. nc11a notte ... Ai... - ... conC\'O... correvo ... MA. - ... e il vento ti portava leggero. con le hrnccia aperte ... A1.. - ... così \'Cdi. quasi per coprirti. .. MA. - ... non c·cra pili ,·ento allora ... FINE

GIOSTRA DELLE OPINIONI APPUNTISULLA ' TEATRALITA QUANDO vogliamo rifarci ad una defini• zione nostra di un termine che gli altri hanno logorato, è necessario un particolare processo psicologico. Bisogna liberarsi dalle eredità, e concentrarsi in purezza. Vogliamo definire il termine • teatra• lità ». Con un procedimento che è tipica• mente nostro, preferiamo rifarci ad una meditazione esclusiva di ogni riferimento. Anche a costo di apparire meno colti e, per un altro riguardo, meno originali. Per• chè <1uello c~e conta non siamo noi • e: non, quindi, la nostra originalità e cultura • ma iJ concetto da conseguire, r' idea da intendere e da far intendere. La esigenza di una definizione ci era stata suggerita agli inizi di questo anno da una nota, tipograficamente rilevante con• tenuta in un numero di Spettacolo. Qui si rivalutava il termine di fronte all' inftazio• ne penosa che ne avevano fatto gli autori di mestiere del nostro paese. Una ripro• po8izione di quella esigenza ci è venuta in questi ultimi recenti giorni. Un convegno universitario della nostra città, centrato sulle " nuove correnti del teatro contem• poraneo ,,, ci aveva precipitato nell' abisso di discuasioni estetiche raffinatissime. Può capitare in queste occasioni - come del resto effettivamente capitò - che qualcuno si levi sbalordit1vamente a sollecitare ansie imprevedibili. Chi nega, per esempio, tranquillo, che il teatro sia un' arte. Chi, spa• valdo, per esempio, s~gghigna sull' analfa. betismo grossolano dei sostenitori di una autonomia del teatro, in barba a] superamento semieecolare dei "generi letterari "" Cosicchè ci ritroviamo, in ·dialettica nudità, di fronte a un problema che, se non è nuovo, è almeno - novecentistica• cameote - rigenerato, cioè quasi nuovo. I giovani della nostra città si sono allarmati per le parole di Grassi, di Ronchi, di lop• polo, specialmente di quelle sul leggìo e il testo. Bisogna capire che ai meridionali questo può sembrare un malinconico ambientamento luterano. Poi, colui che Pattuglia doveva definire lo spiritello del teatro italiano, ed E. F. Palmieri spacciare come critico teatrale, - dico, il doppio direttore Mosca - ha scherzosamente accentuato il paradosso, consigliando di man• dar via anche gli attori. (Mosca è molto spiritoso, e questo qualche volta gli impedisce di esser serio. Pure non è man• cato qualche affascinato lettore di Sette Giorni, che ci ha sottolineato con compiaciFondazione Ruffilli - Forlì G :tg?ù '-'- ~ · GIACOMO MANZÙ : Spettacolo in manicomio mento come Mosca e i suoi siano gli intelligenti fustigatori dei giovani arrivisti. Siccome tra costoro ci siamo anche noi, non abbiamo ·saputo gustare a pieno questi novelli Irenebrin. Anche perchè pensiamo che tra i giovani arrivisti di cui sopra, ci siaoo anche loro, no?). Ma importa assai di più, il termine che avevamo fissato al nostro • sermonetto •· La teatralità dicevamo. Cioè, conseguire l' essenza di quella autonomia del teatro, a fronte alle altre espressioni d' arte, che almeno molti di noi intuiscono. Un discorso sulla poeticità assoluta del teatro sarebbe assurdo. Nel nostro tempe• rato sensismo, non pensiamo possibile ri. nunciare alle esperienze storiche, e intendiamo risparmiare lo sciorinamento dei soliti grandi nomi. E' più delicato l' altro problema : posto il teatro come espressione d' arte, in che ne rileviamo la originalità ? Come siamo acceduti a quella intuizione tipica di teatro - a fronte di quella di pittura o di letteratura o di musica - che è così forte da tonsentirci una serena obliterazione del problema dei j generi ,, ? E, avvicinandoci ancor più al nO$tro teorema, sarà lecita alla generazione contemporanea, una definizione nuova della teatralità, che rovesci le conquiste critiche tradizionali ? Si intende, anzitutto, come questa serie di interrogativi sia in una relazione intima con gli altri che ci poniamo dalla • morte • di Pirandello io poi circa I' assenza di un teatro italiano. Una risposta a quegli inter• rogativi scarnirebbe anche certe posizioni del secondo gruppo, scoprendone là dove c' è - il tessuto frigido o artificioso. Teatro, a malgrado (sembrerebbe) delJ' ètimo rigoroso, e suHa linea dell' esperienza storica, è parola. Ma ci aCcorgiamo subito che nè l' ètimo si annulla, nè il termine parola ha uo senso più che vago. Infatti, parola - in una detlazione critica - è senso della €$pressione, universale, del- )' arte. C' è, in un significato neppure ec• cessivamente figurato, la parola suono della Musica, la parola - colore della Pit- . 7

tura, la parola - massa dell' Architeuura, la parola proporzione della Scultura, la pa• rola-inquadralura del Cinema. E e' è, in un significato addirittura letterale, la pa• rola pura della Radio. (li concetto di pa• cola nella Muf.ica e nella Radio incalza più da vicino quello di parola uel Teatro). Ma, aucora, e' è la parola segno della lettera• tura, che ba un potere simile di evocazione rappresentativa, che ha un testo simile, che ha un simile tessuto musicale. Ma di simile, in realtà, non e' è che il momento inizialissimo - commo:ioue del Poeta e quello definitivo - com• mozione del Lettore. spettatore. Per quel che né pensino poco equilibrati epigoni crociani, noi avvertiamo indiscutibilmente che, passando da un senso lirico ad uno critico, le commozioni da cui partono e che ci destano queste innumerevoli parole, sono appunte inoulnere,roli, ciascuna con un suo carattere saliente. Teatro è, possiamo dire, "'' luogo dove si vede lei poro/a. (Mentre il Cinema è un luogo dove si vede e perfino si sente l'im• magi ne; e alla Radio si sente la parola). Quindi, Teatro è parola-ambiente. Data la necessità di dire e di intendere parole ad alta voce, occorre un ambiente nel quale dire e intendere. Quest'ambiente é nou il solo palcoscenico, ma l' intero " tèatron ,.,; e lo spettacolo non si svolge soltanto sul palcoscenico, per opera de~li interpreti, ma neJI' intero " tèatron "' per opera dei let• tori-spettatori. Si ha spettacolo, ossia teatro, quando si stabilisce il circuito poeta-lettore; ma questo circuito ha bisogno di due poli: I' ambiente e gli attori, che sono termini medi inderogabili. Cosi il testo teatrale, anche se ba un valore letterario, lo ba al di fuori se non malgrado - la sua teatnlità. Comunque tale valore incidentale non ci interessa, in una sede come questa. Nella intuì• zioue del poeta, il testo teatrale è nato per I' ambiente e gli attori, è nato teatrale; non è vivo se non cosi. (Valga un esempio; I sei perso11a.ggi Condizionano appunto tutti questi poli: I' ambiente scena-platea, rcli attori, gli spettatori; e nel mero testo contrarrebbero assurdamente il loro signi• fìcato poetico). Qui, anzi, cade vivo il rilievo del regista: che è chi organizza il circuito, chi prepara il luogo dove si vede la parola. gli uomini che la diranno e perfino gli uomini che la ascolteranno. chi si fa il me1fiatore Jelle due commozioni. Fissati queati punti essenziali, che sono condizione assoluta di Un teatro ~ cosi come coscienza e libt::rtà sono, a esempio, condizione assoluta di una personalit~ - sarà chiaro che ai poeti. resta la massima possibilità di forme. Dare alla parola una ,•ergine freschezza, alr ambiente scena uua ariosa originalità, a:tli interpreti una magica liberazione, ,jufiue ali' ambiente platea uua squisita educazione estetica - questi sono i limiti infiniti e puntuali di uu te.:Jtro che non vo~lia sc:.ulere dal suo essere lirico. Quanto .ti contenuto. ciuè alla sostanza viva del dramma triste o ridente che ci incantu dalla scena, pensiamo che non ci siano limiti nè origi,rnlità. Perchè il dolore e I' aruore della ,•ita sono i termini eterni della nostra pas8iooe. ANTONIO ClflRE/,U SOPRATRE PUNTI DELLAQUESTIONETEATRALE UN fondamentale dualismo risale alle origini di ogni !-ltoria capace di dare una efficace forma di teatro, quando un autore riunisce e limita le aspirazioni innaturale e indistinte della massa in uu testo da venir r;ecitato, che chiarirà mel,.!lio il sen• timento dell'attore, e di cui questi si ser• virà per mettersi avanti al personaggio. Con Euripide nasce uo altro dubhio, se debba essere trasformazione o formazione, Euri• pide accompagnato da Socrate per il quale la filosofia è la miglior musica, per cui necessariamente u bello è il perfettamente intelligibile,,. Quest'ultimo dubbio è ormai appianato meglio di <1uanto avesse fatto Platone, incerto fra sè e il rnaestro, appia• nato anche in modo esagerato dagli inti• misti e dagli espressionisti. Ma il primo dissidio rimane, acuito dal battesimo del regista, ,e dà motivo a molta polemica da una settantina d'anni e da circa un quarto di secolo in Italia, bilanciata fra le tendenze di Copeau e dagli espressionisti e contro quelle di maggior numero dei praticoni e dei registi da Danceuko in poi. Molti di quelli elle hanno spostato i termini dalla parte della loro capacità o di come sono per caso, invece di tentarne l'unificazione. Viene così: per incomprensione la bile e il tamburo battuto, che durano ancora. Dal fondamentale dualismo ne sono venuti molti altri, con una vasta gamma di variazioni pro• porzionata alle singole capacità. Quando, poco ternpo fa, l'autore italiano a successo scopriva un suo dissidio col pubblico e la querimonia u piacere al pubblico", facendo dcli' arte lo spettatore in sè, si venivano conoscendo anche in Italia le gradazioni di 8 Fondazione Ruffilli - Forlì u11a divergenza fra valcoscenico e platea e fra gruppo e complesso. 1ecessariameute, limitandosi il teatro agli avanguardismi e ad opere scritte per ei5si, trionfo del gruppo. Il comples~o che prometteva di di,•en• tare la base corale del teatrc:, radiofonico, è scomparso anclie dal microfono. Ed ora agli amici del velluto di Copeau è ancora in obbligo una volemica per determinare le misure fra testo e lettore, con parallelo procedimento a quello iniziato in pittura da Picasso e che ha ormai tutti a~6uaci. Fra testo e spettacolo non predomina l'uno o l'altro a seconda dcli' irruenza di di un autore o di. uu regista. Sono scissi e qualcuno domanda se sia lecita tale clivi• sione. Non saprei a cthie ler licenza, se pra• ticaruente lo sono anche quando ud testo le parole annegbino nella parte diduscalicu. Sono due tempi e sarebbe impossibile supporre un animatore unico. Esiste una divisione fra palcoscenico e platea (e può non esistere iu casi eccezionali), ma la linea di Confine non è una retta, perchè se il palco~...:enicu molto spesso è un gruppo, la platea quasi se,npre è un co1uplesso, anche oggi assai proteiforme. La soluzione tecnica delle scalee comuni• canti col pubblico, di Antoine e di Reinhardt, servirebbe a stabilire una tenue linea spezzata di divisione, quindi non come nello spirito con cui furo110 ideate. li rapporto in teatro non può essere di liuee rette sopra una scacchiera. Cercando una Unità in tale rnodo semplice 11011 si pouè fine alla ricerca, cbe deve rivolgerè~ ai volumi, dove è la consistenza del teatro, e non alle linee sopra il medesimo piano. Bisogna piuttosto iniziare dai piani, dalle loro disposizioni nello spazio e dai loro conse- :,!Uenti rapporti di luo~o. (Questo fuori del campo scenotecoico, ali' esame e alla interpretazione del testo. molto prima e sep:uato dalla realizzazione -spettacolo). · Il teatro è un' urte, aperta, come non lo è oggi la pittura e come sembrano essere la poesia e la musica. Queste banno Lisogno s:,esso llello svazio, poesia parti• colarmente, solt~1nto oelltt quantità misurata che serva ad imporr<! la n,·cessità di esisteu:1.a della luce o del re•piro. Il teatro ba invece bisogno cl.i rapporti in una proporzÌ••ne ripetuta all'infinito, quante sono le gamu1e dei coefficienti. Vedi tecnica• mente il ditirambo, la poesia quichua, le litanie Jei santi, i canti d~i frateJli Arvali. ecc. Le forme 1:111omatopeicl1e e corali sono le più vicine, e (luelle ric,rnosciute più ,·icine, ali, scander:;i infinito del rap• poeto. L'autore 11011lta bisogno dello spetta• tore, poiclie in sè unisce poeta attore e pubblico. rua il teatro non può eliminare il puUL>lico. I rapJJorti però nun sono sopra un unico piano. sono rapporti di alto e di basso, di eretti e di accosciati, come seri• vevo in uua nota pn:cedente, di ricchi e di poveri, di attori compiuti e di spettatori che devono compiersi. Relazione da cui si ricava pcecedente1nente~ alla lettura teatrale del te:sto, «gli inteq,reti davanti al leJ,;"gio: e le parole», la posi,;ione <lei,' autore rispetto ai suoi pe,sonaggi. posizione nello spazio, senza det.-rmiuazivni e classificazioni di v~lore o di carnlt.:re: il punto di

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