Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 1 - dicembre 1942

superiori di un desiderio di scoperta urgente al nostro spirito. Conoscere l' uomo, individuare e definire il suo travaglio, portarlo di fronte al mistero dell'esistenza, tentare di penetrare il mistero stesso (ed è doloroso poi doversi abbandonare scorati di fronte alla sua impenetrabilità) è il desiderio a cui ci siamo riferiti. Come appunto la umanità nostra risulti dallo stesso suo dissolvimento e tenti di ricomporsi in elementi tangibili in più alte sfere è documentato in alcuni - poeti - fra i contemporanei : e come l'evolversi di un procedimento umano non possa conoscere il traguardo di una stabilizzazione immediata è ovvio ; ed è ugualmente ovvio come a noi non sia dato che cogliere dei momenti, fissarli, puntualizzarli. Chè se non fosse così l' arte perderebbe della sua necessarietà umana e si limiterebbe poi ad una esercitazione stilistica e vana. Negli autori d'oggi - s'intende in quelli non adusati ai compromessi di una pratica esteriore e conciliante - noi troviamo appunto la disperazione del vedersi sfuggire, per una esigenza di evoluzione, i termini ultimi, creduti definitivi, di una vita umana complessa, del ritrovarsi riproposti gli stessi temi, creduti già risolti o superati, mentre non lo erano che in un modo il quale aveva avuto paura di esaminarli compiutamente e coraggiosamente e li aveva debitamente schivati ed ammantati di noncuranza e di irrisolubilità. Quei temi che essi si sono trovati di fronte con tutta la loro gravità e che stanno ora cercando di riproporre, con rinnovata fede, alla loro coscienza di uomini ridestatisi da un letargo al quale era stato giocoforza adattarsi, non possono lasciare indifferenti nessuno: anche chi per ragioni opportunistiche finge ora di ignorare la battaglia che si agita nelle coscienze. Gianni Testori • e sono i suoi due atti unici che seguono questa nostra nota che ci hanno convinto al presente discorso - vuole richiamare il pubblico al mistero della vita e della morte, prospettargli gli impegni che ognuno di noi involontariamente assume all' allo di nascere e che deve poi volontariamente servire, se ne avrà la forza interiore e la volontà. Né La morte sono posti di fronte il motivo della vita vissuta e quindi sofferta e quello della vita tradita da ingannevoli modi e risolta in una subdola e falsa parvenza; ma invano si cercherà di sfuggire al Fato che, sotto l'aspetto del terrore rappresentato dal buio della morte per gli indegni, incombe sui nostri gesti. E' inutile sfuggire il mistero delle tenebre, se non si ha la forza di illuminarlo con la purezza delle nostre azioni. Ogni tentativo narcotizzante delle più riposte nostre sorgenti di vita interiore dovrà essere scontato da un interrogativo il quale determina i nostri. atti di vita : che sarà di noi domani? E' una umanità dolorosa e dolorante quella che ci presenta Testori sia ne La morte che in Un quadro. Nella madre de La morte è facile riconoscere il messaggio umano di certe figure di donna di Cantatore, dai ventri aonfi e dalle facce intrise di dolore e non sopite di p~ssiva rassegnazione. Quelle figure che si aspetta di vedere da un momento ali' altro risorgere illuminate da uno sfoluorante segno di vita, al quale purtroppo per il mome;to sono costrette a rinunciare. Rassegnazione: non e' è più in Testori • e siccome in questi suoi primi esperiménti drammatici non è difficile riconoscere il se.-no di esempi che potremmo anche definire classici, 1~ossiamo generalizzare l'esemplificazione a quasi tutta una generazione di poeti - la disperazione distrnttiva 4 FondazioneRuffilli- Forlì e ·senza speranza di un Pirandello. Se il punto di partenza è unico, le conseguenze non sono certo identiche. In questi casi di cosciente rassegnazione è chiara la speranza in una certezza, la presenza di una umanità che non forza e disconosce i limiti della sofferenza, ma li comprende e li eleva. Una umanità cosciente che non vuole sfuggire per dimenticare, ma che sa essere sempre presente a se stessa, ovunque. Se con Pirandello è cominciata la rivoluzione - e per riferirci a D' Amico, vogliamo riconoscere in lui il primo momento, cioè quello distruttivo, di essa rivoluzione -, con Testori e con la schiera sia pure esigua degli autori che possono connettersi alla grande tradizione siamo nel periodo di mezzo. Non siamo ancora giunti alla chiara percezione delle conseguenze finali e conclusive: ma in essi è evidente come il desiderio sia ormai una conquista dello spirito e come alla distruzione si sia sostituita la speranza, che alla umanità condannata senza remissione e senza possibilità di salvezza, si sia sostituita una comprensione, una invocazione piena di dolore. Le conseguenze di questa invocazione forse sfuggono a noi nei termini netti di una prevedibile classificazione. Forse questo teatro domani nella storia sarà considerato solo per quella che è la sua più vitale caratteristica: la sua rinnovata reazione, la partecipazione umana, la riconquistata coscienza di una umanità che può ricominciare a proporsi i problemi e quindi a sperare in una loro risoluzione, di·velti gli ostacoli dovuti alle contingenze materialistiche. Anche se questa "speranza,, non è apertamente dichiarata, è implicita nelle parole del poeta. E' il nichilismo pirandelliano che viene superato ; è la speranza di nuove certezze, sia pure soffocata nel turbine di una affermazione che incosciamente questi autori vengono a sottoscrivere. In essi ormai anche la rassegnazione è superata come momento di vita e viene posto con violenza il problema di una ricostruzione. · ell' interrogativo finale ed angoscioso de La morte l' ansia di una definibile conquista . non definiti va e non ultima • è terribilmente presente e segna il ritorno ad una volontà risolutrice, indagatrice. Volontà che esiste sia pure allo stato inconscio nella coscienza creatrice e nello spirito di questi nostri poeti. Tutto ciò è chiaro, - almeno ci sembra - nei due atti unici di Testori : e per intenderli esattamente bisogna accostarsi ad essi sprovvisti di qualsiasi velleità criticistica. Bisogna accettarli così come sono, nella loro innocente stesura, e raccogliere e rispondere al loro fervido appello di umanità. Al critico intransingente - ma disumano • potranno sembrare ricchi di ricordi facilmente orecchiabili. Ma a noi premeva sottolineare quella loro profonda sincerità, quella loro disperazione che è la nostra disperazione (sempre più ci accorgeremo di quanto abbia potuto Scipione sui nostri artisti d'oggi) e soprattutto quel riproporsi il tema di una ridestata nmanità. Non sarà inutile ricordare a questo punto il titolo della nostra nota: queste commedie, costituiranno i documenti per il teatro. Non sterili ed intellettualistiche esercitazioni dunque, come sembrano certamente ai più, ma volontà dichiarate; non c"lipola vori incompresi - che triste sarà la sorte di queste opere in un prossimo domani: essere al di fuori di un giudizio strettamente estetico ; - ma documenti umani, comuni agli uomini migliori del tempo, su cui domani l'autore a venire ricostruirà, su solide basi, su esperienze non inutili, il teatro. WALTEij RONCHI

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