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R I N A S C I T A

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°5

foiosamente, per evitare ulteriori scandali. L'altro epi–

sodio si verificava il 30, il giorno stesso in cui la Camera

doveva votare, e consisteva nella diffusione della sensa–

zionale notizia dì un improvviso colpo di scena nelle in–

dagini sul caso Montesi per cui il vero responsabile della

morte di Wilma doveva ritenersi lo zio di questa: alla

divulgazione di tale voce, il cui effetto sui deputati della

maggioranza-è intuitivo, si prestava con eccezionale ala–

crità il solito on. Saragat.

2. — Con il mese di ottobre l'interesse dell'opinione pub–

blica veniva spostato dalla politica interna alla politica

estera. Al centro dell'attenzione generale subentrava an–

cora una volta la questione giuliana che, quasi d'improv–

viso dopo le lungaggini e i rinvìi di tutte le precedenti

promesse e trattative, veniva finalmente riprospettata in

termini conclusivi. Le prime notizie sull'ultimazione dei

negoziati fra i governi di Londra, Washington, Belgrado

e Roma si avevano il 29 settembre da fonte americana :

successivamente, il 3 ottobre, il ministro Martino reduce

dalla Conferenza dei nove informava il governo sui parti–

colari dell'accordo raggiunto e il 5 il governo autoriz–

zava il nostro ambasciatore a Londra a siglare tale ac–

cordo e ne dava ufficiale comunicazione al Senato, in aper–

tura del dibattito sugli Esteri.

Per tale accordo, al fine di evitare ogni ratifica parla–

mentare, si era scartata la forma di un regolare trattato

per ricorrere a quella, piuttosto ambigua, di un « memo–

randum d'intesa ». In base a questo documento veniva sta–

bilito che Je truppe anglo-americane di occupazione nella

Zona A sarebbero state ritirate e detta zona, salvo alcuni

ulteriori ritocchi di confine in favore della Jugoslavia,

passava sotto amministrazione italiana.

Questo compromesso — che portava in pratica alla spar–

tizione definitiva del T . L , T . e alla conseguente rinuncia

dei diritti italiani su tutta la zona B — appariva subito

come U peggiore di tutti gli accordi di cui s'era discusso

in passato e dettato esclusivamente dalla premura di

compiacere agli anglo-americani nel loro desiderio di to–

gliere dì mezzo un motivo d'attrito nell'ambito dello

schieramento occidentale.

Consapevole della propria capitolazione, il governo ten–

tava di reagire, prima di tutto, asserendo che l'accordo

non aveva carattere definitivo (il che trovava piena smen–

tita nelle dichiarazioni e nei commenti di stampa di Lon–

dra e di Washington) e, poi, mobilitando la propria mac–

china propagandistica per sfruttare al massimo l'inevita–

bile emozione che « il ritorno di Trieste all'Italia » pro–

vocava in tutti ì cittadini. Inoltre, precorrendo qualsiasi

voto del Parlamento, procedeva senz'altro agli atti ine–

renti al trapasso dei poteri (che doveva concretarsi il

25 ottobre) e impegnava il prestigio del Presidente della

Repubblica presentandogli il testo dell'accordo di Londra

prima ancora di averlo sottoposto alle due Camere.

Del disagio creato da quest'ultima scorrettezza si rendeva

interprete, nel corso del dibattito al Senato svoltosi fra

il 6 e l'8, il senatore liberale Jannaccone con un severo

intervento che suscitava l'irata reazione di Sceiba e aveva

larga eco sulla stampa. La triste conclusione della que–

stione giuliana e il generale fallimento della politica estera

governativa venivano, inoltre, denunciati da numerosi

oratori dell'opposizione di destra e di sinistra, sicché al–

l'atto del voto la spartizione del T . L . T . era approvata

con soli 122 * sì * (metà del Senato) contro 8g « no »,

mentre Ì monarchici abbandonavano l'aula * per protesta »,

in pratica per favorire il governo.

Più interessante e vivace fu il dibattito che segui alla

Camera dal 12 al 20. In primo luogo esso si estese con mag–

gior respiro, oltre la questione giuliana, al desolante pa–

norama della politica estera governativa ed atlantica' alla

luce del fallimento della C.E-D. e degli altri clamorosi

avvenimenti internazionali degli ultimi mesi. In secondo

luogo fu riscontrato come il ministro Martino (che nel

dibattito senatoriale era stato sostituito da Sceiba) usasse

un linguaggio assai più cauto e, potrebbe dirsi, riservato

rispetto ai furori atlantici tradizionali dei suoi colleghi.

Infine, accanto ai molteplici interventi critici degli ora–

tori d'opposizione, si registrarono due discorsi dei de

Melloni e Folchì assai indicativi dello stato d'animo di

una parte della maggioranza, oramai sfiduciata e perplessa

verso gli schemi obbligati della politica atlantica e seria–

mente preoccupata delle prospettive di riarmo della Ger–

mania occidentale aperte dalla sua più recente evoluzione.

Ciò non pertanto il governo otteneva ancora una volta

l'assenso della sua parte (alla Camera votarono contn»

anche i monarchici), in una votazione che si venne a

svolgere in condizioni affatto particolari, come riferiamo

subito appresso.

3. — Secondo un'oramai inveterata consuetudine, la

D. C. aveva deciso infatti di rimontare l'impopolarità de–

terminata dagli ultimi avvenimenti (e in particolare dallo

scandalo connesso all'affare Montesi) per la via dell'an–

ticomunismo, visto ancora una volta soprattutto come di–

versivo attraverso il quale allarmare, eccitare e frastor–

nare l'opinione pubblica.

Il grosso dell'offensiva aveva inizio ai primi di otto–

bre con l'affissione — avvenuta sotto la protezione della

polizia — di migliaia di manifesti di volgare denigra–

zione di alcuni esponenti comunisti (accusati, fra l'altro,

di essere stati spie dell'O V.R.A.), la cui paternità era

attribuita alla fantomatica organizzazione maccartista in

Italia, * Pace e Libertà ». L'intento provocatorio dì tali

manifesti era trasparente, cosi come era intuitivo che

governo e D. C. ne fossero i veri ispiratori e in ogni

caso, i beneficiari. La preordinazione della campagna tro–

vava d'altro canto conferma nel modo sollecito con cui

le calunnie di « Pace e Libertà 0 venivano raccolte e am–

pliate da tutta la stampa governativa in base evidente–

mente ad una precisa parola d'ordine: bisogna nella quale

si distingueva particolarmente l'organo della socialdemo–

crazia.

Ma era nella seduta della Camera del 19 che la pro–

vocazione doveva assumere corpo attraverso un intervento

del democristiano di destra Togni. Questi raccogliendo le

sanguinose calunnie di « Pace e Libertà » determinava,

spalleggiato dai deputati monarchici e missini, violenti e

ripetuti tafferugli nell'aula, dove i rappresentanti social-

comunisti erano insorti, scontrandosi con gli avversari

dell'estrema destra. La tumultuosa seduta, che si pro–

traeva fino alle 3 del mattino prima che si arrivasse alla

votazione del bilancio degli Èsteri, dava naturalmente

pretesto alla stampa governativa per rinfocolare, capo–

volgendo le responsabilità, la massiccia offensiva antico–

munista in corso, imperniandola, stavolta, su una pretesa

difesa del Parlamento dalle violenze socialcomuniste.

4, — Quest'ultimo episodio, rapportato nel quadro dell'at–

tività dei partiti, assumeva, per jdtro, particolare signifi–

cato politico denunciando per la prima volta in modo

cosi aperto e, diremo, organico, la collusione fra destra

de rappresentata da Togni e ì suoi amici e la destra

monarchico-fascista. Si è osservato, infatti, in proposito

come, anche a giudicare dagli atteggiamenti della stampa

interessata, l*« operazione Togni», oltre ad inserirsi nel

quadro della campagna anticomunista ordita dalla D. C ,

veniva a trar pretesto da essa campagna per puntare sul

più ambizioso obiettivo dì un mutamento di governo o,

per lo meno di una stipulazione d'alleanza fra tutte le

forze anticomuniste, posto che la D. C. s'è mostrata fino

ad ora incapace di debellare il comunismo.

Particolarmente infelice è divenuta in questo perioda

la situazione del P.S.D.I. (e in genere dei partiti laici

minori che sono stati investiti in pieno dal discredito

della D. C. senza aver la capacità di distinguere le respon–

sabilità). Come si è accennato in precedenza, le stupefa–

centi prestazioni giornalistiche o verbali di Saragat hanno

contribuito ad aggravare lo sfacelo della socialdemocra–

zia che non ha più una politica autonoma (rispetto

n

quella de), anche se un comunicato della Direzione del

7 ottobre denunciava platonicamente la serie di mancate

realizzazioni da parte del governo, quasi che il P.S.D.I.

non ne facesse parte.

L'attività dei partiti di sinistra si è riflessa in tutta la

vita politica e parlamentare di questo periodo come per

implicito è già riferito, specie attraverso gli interventi dei

loro

leaders

e in particolare, per la posizione del P.C.I.,

t discorsi di Togliatti del 12 settembre a Ravenna e del

2g settembre alla Camera sulla politica interna, la sua

intervista

all'Unità

del 19 sulla politica estera, e i comu-