Giuseppe Faravelli - Per l'autonomia del Partito socialista

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G .. FA!-(AVELLI DER L'AUTONOMIA DEL PARTITO SOCIALISTA Marxismo ed utopis~o DISCORSO PRO, LINCIATO NEL CONYEG 10 LOMBARDO DEGLI AMICI DI ..CRITIC,\ SOCIALE .. TENUTOSI A :VIILANO NEI GIORNI 7•8 SETT. 1946 B _:> ::,,e J Gino Bianca F ondaztoneAlfred ~~ Biblioteca Gino &an ;'dt\àe €MaaJ3i~

B1b 1 o•eca G o Bianco

Un fatto ificontestabile e incontestato è che il nostro Partito, subito dopo la liberazione del Paese, occupava nella scena politica il posto centrale, circondato dall'aspettativa fiduciosa della grande maggioranza del popolo italiano, che vedeva in lui l'antitesi radicale del fascismo e l'artefice di un profondo ed effettivo rinnovamento nazionale, capace, a questo scopo, di sottomettere alla propria gagliarda volontà le altre forze politiche. Quest'aspettativa è stata delusa. A poco più di un anno di distanza la scena politica è completamente mutata. Essa non è dominata da noi, ma dall'aspro e drammatico duello fra due partiti non democratici: il partito democristiano e il partito comunista, di fronte ai quali non si capisce bene se il nostro Partito adempia alla funzione poco comoda e inconcludente del mediatore, ovvero occupi la posizione poco lusinghiera del rimorchio. Noi ci troviamo in presenza di una rivoluzione fallita, e di questo fallimento - dobbiamo avere il coraggio di dirlo - i maggiori responsabili siamo noi stessi. In una situazione gravissima, che ha molte analogie con la situazione dell'altro dopoguerra, e mentre incombe sull'fialia la minaccia di una nuova guerra civile, col crollo inevitabile degli ordinamenti repubblicani e democratici, il nostro Partito si trova in uno stato di sfaceio organizzativo e di impotenza politica. Qual'è la causa di cìò? Secondo me, essa consiste in questo: il nostro Partito non è un partito autonomo, e non è un partito autonomo perché: 1) non ha coscienza di una propria e inconfondibile individualità dottrinale; 2) non ha coscienza di una propria funzione specifica in questo momento storico. 3 B b 'Jteca Gino Bianco

Eppure il Partito Socialista può benissimo trovare una propria individuazione dottrinale, e ha, fuori di ogni dubbio, una sua funzione specifica, nella quale nessun altro partito può sostituirlo. Si tratta di mettere in evidenza queste sue inconfondibili caratteristiche. E' ciò che il compagno Guido Mazzali ha tentato di fare in un notevole articolo apparso sull'Avanti! del 18 agosto, che porta il titolo • Tra comunisti e democristiani». Se non che questo tentativo, vuoi per la scarsa chiarezza e il poco nerbo delle idee dell'autore, vuoi per lo stile secentesco ed ermetico e la mania degli arzigogoli e dei filosofemi, questo tentativo non è _riuscitQ a prendere corpo, è rimasto nell'astrattezza, ed infatti nessuno si è accorto che l'indirizzo generale dell'Avanti! abbia cambiato l'antico andazzo; andazzo che consiste, per quanto riguarda la politica interna, in una specie di masochismo politico nei rispetti dei comunisti e, per quanto riguarda la politica estera, in un filo-sovi.ettismo esclusivo, che è assolutamente contrario ai deliberati del congresso di Firenze. Cerchiamo di rifar noi quel tentativo. Cerchiamo anzitutto di individuarci nel campo della dottrina, ossia C:igiustificare teoricamente la nostra autonomia. Siamo tutti d'accordo, almeno a parole, nel definirci democratici nella finalità e nel metodo, nel dichiararci insomma la democrazia integrale. Questa è dunque la nostra caratteristica teorica, quella caratteristica che or è un anno fu confusamente intuita dalle masse e suscitò intorno a noi quell'ondata di simpatie rimaste poi deluse. Orbene, secondo me, sono proprio due principi fondamentali ed originali del marxismo rivoluzionario, che giustificano la nostra pos_izione democratica sia nelle finalità che nel metodo. Qui non si tratta evidentemente di fare i bigotti di Marx, ma di dare una lezione ai nostri detrattori. I) L'individualità d·ottr!nale del P. S.: a) democrazia nel fine Quanto alla finalità: il marxismo attribuisce alla classe proletaria la funzion(' di riscattare dall'oppressione del capitalismo non soltanto se stessa, ma la società tutta quanta, sicché gli interessi della classe proletaria coincidono virtualmente con gli interessi generali della società. 4 B.blioteca Gino Bianco

L'umanesimo marxista La rivoluzione proletaria, a differenza di tutte le rivoluzioni passate, che perciò non possono t!Ssere assunte come criterio di giudizio e di previsione per quella, non sostituirà al dominio della classe borghese il dominio di un'altra classe, ma abolirà tutte le classi e libererà !'uomo da tutte le servitù materiali e morali che oggi mutilan<> la sua coscienza, portando al p'ù alto grado la indipendenza e, quindi, la dignità umana. Questo è l'umanesimo, marxista, che non ha niente da fare con l'Ulflanitarismo rugiadoso dei socialisti moraleggianti, sentimentali e « cr;stiani •· Secondo il marxismo, soltanto il proletanato è in grado di operare questa trasformazione rivoluzionaria e perciò il marx:smo è giustamente definito l'ideologia del proletariato. Qual'è il motivo di questo privì+egio7 Il motivo è che - come dice appunto il nostro Maestro -, · « nelle condiz1ont di vita del r..rolctariato si riassumono le condizioni di vita dì tutta la societA moderna nella loro espressione più ditmmana; sicché il proletariato non potrit supt'fare le- sue cor.d;zioni di vita se non superando tutte le condizioni blUmanc di vita della società mvderna • (}). La società presente è fondata sui rapporti della proprietà capitalistica, ossia della proprietà che si costituisce e si alimenta dello sfruttamento che i detentori dei mezzi di produzione esercitano sulla classe dei proletari, i quaH non hanno altra proprietà che la loro forza di lavoro manuale o intellettuale, degradata pertanto alla condizione disumana di merce. Sulla base di questi rapporti economici ed in corrispondenza con essi si eleva gigantesco l'edificio dei rapporti giuridici, politici, morali, religiosi, filosofici· ed artistici che costituiscono il mondo spirituale della borghesia. Ora, abolire lo sfruttamento e la proprietà capitalistica sfruttatrice ~ignifica per il proletariato far crollare necessariamente l'intiero edificio della socielà capitalistica, le sue classi ed i suoi antagonismi di classe; significa sostitµire ad un sistema di produzione che oggi è organizzato per il profitto di una classe, una società umana, in cui la produzione sociale sarà invece organizzata per i bisogni generali della società. Come vedete, è una trasforr.nazione radicale nei rapporti eçonom:ci che implica una trasfonnazione altrettanto rarlicale nell'edificio politico, giuridico, morale della borghesia, (1) Marx - Sacra Jamiglia. 5 B otec<iGino Bianco

Proletariato e ceti medi 'Nella so.cietà borghese, tra i confini della borghesia e del proletariato, ci sono certamente altre classi intermc-die, più o meno sfruttate ed oppresse. più o meno disumanate: i cosi detti « ceti medi •, il cui peso numerico è 1n Italia su)X'riore a quello della stessa classe operaia. Ma queste classi intermedie, malgrado il conflitto di interessi tra loro e la classe capitalistica, si pongono tutte più o meno sul terreno della proprietà individuale e sono tutte più o meno vincolate ai fondamenti della società attuale. Prendiamo il caso dei mezzadri, a favore dei quali la Confederazione del Lavoro ha iniziato da tempo un'ag taz10ne - nella quale i comunisti e i democristiani gareggiano in demagogia - perchè sia aumentata a loro favore la quota del reddito dei fondi che essi coltivano. I mezzadri sono certamente una categor;a di sfruttati, ed il proletariato ha ogni interesse a guadagnarne l'alJeanza; sostenendo - in generale - con simpat a le sue rivendicazioni, ciò che d'altronde il Partito socialista non ha mancato di fare. · Ma l'ideale dei mezzadri (che sarebbero i k,c!aki ncstrani e che, come le recenti elezioni politiche hnn dimostrato, costituiscono in Emilia e in Toscana la forz3 elettorale del Partito Comunista) non è certamente quello di abolire la proprietà privata, bensì quello di acquistare la propr,ctà del fondo che lnvorano. I mezzadri, dunque, e gli alto ceti medi la cui posizione è più o meno affine alla loro, non potrebbero mai diventare i protagonisti di una rivoluzione radicale come quella vaghegg:ata dal marxismo. La missione del proletariato o In conclusione, mentre da un lato l'emancipazione della classe proletaria implica necessariamente l'emancipazione delle altre classi meno sfruttate ed oppresse di lei, dall'altro lato essa sola può operare l'universale liberazione della soc età, anzi della umanità, senza lasciare residui di ingiustizia e di diseguaglianza. Spetta al proletariato, avanguardia sociale, condurre l'umanità • dal regno della necessità al regno della libertà», secondo l'espressione di Federico Engels, eh~ vedeva nel proletariato l'erede della filosofia classica tedesca, la filosofia della libertà. 6 B,o oteca Gino Bianco

Credere profondamente in questa missione liberatrice del proletariato: ecco in che consiste quelio che i detrattori ed i loro pappagalli ignoranti chiamano il nostro liberal-socialismo. Se il liberal-socialismo, di cui si va blaterando contro di noi, è questo, noi ci vantiamo di essere socialisti liberali. Ma, dopo quanto ho spiegato, porsi contro il nostro liberal-soc;aJismo significa puramente e semplicemente porsi contro il marxismo. In un recente, ragguardevole articolo ccmparso su • Quarto Stato», Lelio Basso, criticando il nostro preteso «riformismo», faceva giustamente consistere la caratteristica rivoluzionaria del socia! smo, non g;à nel radicalismo dell('. rivendicazioni sociali, ma nell'attribuire al proletariato la funzione di protagonista di questo rinnovamento radicale della società. Orbene, - e questo sia ben rh'aro ai nostri detrattori, a coloro che ripetono ingenuamente le loro sciocchezze e, se ce ne fosse bisogno, anche a qualche amico nostro - orbene, H nostro socialismo, il socialismo democratico è e deve ad ogni costo rimanere marxista e classista, deve cioè rimanere l'ideologia del proletariato e non mai l'ideologia dei cosi detti ceti medi. Il giorno in cui il socialismo democratico indulgesse ad altre ideologie e si lasciasse contaminare da esse, cesserebbe di essere rivoluzionario. Non sarebbe più nè socia! sta nè democratico. Senonchè taluni, anche di noi, traggono dal concetto che solo il proletariato può farsi protagonista della liberazione di tutta la società, una conseguenza assolutamente arbitraria, anzi fa)sa,_ perchè in contraddizione con il concetto stesso: ìa conseguenza che il proletariato deve assumere un atteggiamento di diffidenza, di sfiducia, se non addiritura di ostilità verso i ceti medi. Altri, per contro, consapevoli della necessità del contributo dei ceti medi all'azione del proletariato (e oggi, in Italia, al consolidamento della repubblica democratica), ne ricavano la conseguenza disperata che bisogna «rivedere» e «superare» il marxismo. Come ho già detto, secondo me non c'è niente da « rivedere » nè da «superare•, almeno ne, punti della dottr.na marxista che sto esaminando. Infatti se è vero che nelle condizioni di vita del proletariato si r:assumono, nella loro espressione più disumana, le condizioni di vita d: tutta la società moderna, onde il· proletariato non potrà superare le condizioni di vita proprie se non superando tutte le condizioni inumane di vita della società moderna; se questo è vero, è evidenl'e che il proletariato deve scorgere negli interessi legittimi, materiali e morali, di tutte le altre classi del lavoro, in qualsiasi modo negletti od offesi dal capitalismo, ;nteressi anche 7 8 bi ,tec::i Gino Bianco

propri, dei quàlr ha quindi 11 dovere di assumere strenuamer,te la difesa. Il punto del dissenso E' a questo punto che dobbiamo chiarire il nostro dissensO teorico dai comunisti, fusionisti e simili. Costoro si irritano degli atteggiamenti che la nostra scalcagnata classe media sembrll assumere ancora una volta avverso la classe operaia, atteggiamenti nei quali influisce certamente "in parte la stupidità politica, l'ignoranza e l'albagia e sui quali i reazionari speculano a fondo; si irritano sino al punto da fomentare talvolta nella classe operaia un senso di irrimediabile sfiducia verso i ceti medi. Senonché i nostri fusionisti - ecco il punto! - non s'accorgono che per attrarre i ceti medi alla causa socialista non basta l'enunciato puramente verbale che gli interessi del proletariato coincidono con i loro. Occorre che questa coincidenza si ver:fichi praticamente; occorre cioè che il proletariato - e per esso il Partito che politicamente ne è l'espressione - dia la prova effettiva di far propri e di difendere positivamente e costantemente l'interesse generale, e quindi anche gli interessi legittimi delle classi medie negletti ed offesi dalla borghesia. Questa prova pratica non sem- . pre è data. I malintes: tragici tra proletariato e classi medie, che nell'altro dopoguerra apersero la via al fascismo, derivano - oltre che, s'intende, dalla stupidità politica di queste classi - anche dal fatto che non sempre il proletariato ha la coscienza della propria missione storica, la coscienza cioè di rappresentare gli interessi generali della società e la capacità di tutelarli in qualunque occasione. Sarebbe infatti erroneo (e questo è appunto l'errore antimarxista in cui cadono i nostri compagn:-avversari) ritenere che la classe proletaria acquistasse automaticamente quella coscienza e capacità; che quella coscienza fosse un effetto meccanico ed immediato della sua posizione dì sfruttata nel processo produttivo; o fosse una specie. dl «predestinazione», di « facoltà innata,, di « istinto •· Purtroppo possiamo invece largamente constatare che molti proletari, che intiere categorie di proletari (quelli, ad ·esempio, che seguono la democrazia cristiana) sono affatto priV1 di coscienza di classe, e quindi della coscienza degli interessi generali. Sono anzi inconsapevolmente asserviti agli interessi della borghesia. 8 B.b oteca Gino Bianco

La coscienza socialista La v~rità è che la coscienza di classe, la coscienza rivoluzionaria, la coscienza socialista, è un lungo e fati:coso e nient-,, affatto rettilineo processo di formazione, che richiede determinate condizioni economiche e storiche e si attua non immediatamente, bensì attraverso var:e fasi della lotta di classe, che cangiano a seconda dei paesi e delle circostanze obiettive. E' un punto d'arrivo, non di partenza. Nella storia del movimento, operaio abbiamo visto e vediamo ancora purtroppo molto spesso prevalere una solidarietà non di classe, ma di categoria e l'azione prol~taria ridurs-, ad uno sterile corporativismo riformfsta del quale avvantaggiano soltanto alcune élites operait>, ovvero gli operai di determin~ti settori e· regioni, a danno degli altri operai e dei contadini. Abbiamo visto inoltre e vediamo ancora la lotta di classe proletaria limitarsi ad una opposizione puramente negativa contro la classe e la società capitalista. E' il caso del luddismo, che non si verifica soltanto contro le macchine, come nei primordi della società capitalistica, ma anche contro le istituzioni politiche della democrazia, ed è il massimalismo. Se il corporativ:smo operaistico è riformista, questo atteggiamento negativo, questo luddismo, questo massimalismo, non animato dai valori universali e costruttivi del social~smo, ma volto alla semplice demolizione, non è che inconcludente sovversivismo. Soltanto quando la coscienza della classe proletaria si an:mi di quei valori un:versali e costruttivi, la classe proletaria è veramente rivoluzionaria, ossia socialista. Soltanto quando l'azione del proletariato sia sostenuta - più che da desèderio di mera sovversione o dalla fiducia in vantaggi personali o di categoria - da un'esigenza di libertà e dalla visione di un risullato lontano a beneficio dell'umanità intiera, e s:a sostenuta dalla capacità politica, tecnica, morale che abiliti la classe a porsi veramente come classe dirigente idonea all'esercitio del potere, soltanto allora la classe proletaria diventa rappresentante di tutti gli interessi legittimi offesi dal capitalismo, e suscita intorno a sè ed al partito che ne è la espressione politica - il Partito socialista - la simpatia ed il consenso attivo di tutti i ceti del lavoro. Ed· il Partito socialista, cessando di essere un puro partito di proletaiiato operaio, diventa il Partito di tutta la classe lavoratrice. Ora ditemi voi se una classe la quale sia tutta presa dalla visione, di una società nella quale le ing:ustizie sociali siano abo9 B b oteca Gino Bianco

lite e la libertà J'egni sovrana fra tutti gli uomini, ditemi voi se questa classe possa comportarsi nella sua azione quotidiana in una maniera che non sia democratica. Stabilito, in una maniera che mi sembra indiscutibile, il caratteie democratico della finalità socialista, vediamo ora di mostrare, in maniera altrettanto indiscut;bi!e, che la dottrina socialista è democratica anche nel metodo. b) democrazia nel metodo Quanto al metodo: il principio fondamentale ed origmale del marxismo, che giustifica precisamente nel metodo la nostra posizione democratica, è l'epigrafe stessa della Prima Internazionale: • l'emancipazione del proletariato sarà opera del proletariato stesso». Con questo principio capitale, il marxismo rivoluzionario afferma la necessità inderogabile dell'a11totto111indel proletar:ato. Dunque: senza autonomia il proletariato non· potrà mai operare la propria emancipazione. e,) Su questo punto il marxismo si distingue fondamentalmente da tutti gli utopismi, passati, presenti e futuri. Marxismo ed utopismo Quale è infatti la caratteristica comune di questi utopismi? Essa consiste nell'affidare 11 compito del! ·emancipazione proletaria, non già alla classe proletaria stessa, ma ad altri attori. Per certi utopisti pre-marxisti questi attori dovrebbero essere borghesi filantropi e legislatori illumina!I, mossi a pietà dallo stato di miser:a e di abbiezione delle class; umih; pe, altri dovrebbero essere invece le sette di congiurati e le minoi;.anze eroiche; per altri ancora i rivoluzionari professionali, costituiti in partito, sotto la ferrea autorità <Ji un capo che ha sempre ragione. Per altri, infine, la Chiesa che affratella gli uomini secondo l'insegnamento del Vangelo. Per l'utopista tedesco Weitling, contemporaneo e antagonista di Marx (laséiatemolo citare, perché purtroppo sembra ridiventato di moda) l'emancipazione del proletariato sarebbe opera di una specie di messia il quale, alla testa di un esercito, sgominerebbe nei vari paesi la dominazione borghese ed instaurerebbe la dittatura del proletariato. Il marxismo ha fatto piazza pulita di tutte queste illusioni. I moderni Partiti social"sti che si isp;rano al suo insegnamento ncn B.b oteca Gino Bianco

sono più organizzàzioni che, quantunque intente all'emancipazione deila classe! operaia, sono da essa staccate o ad essa sovr-apposte; ma sono la classe operaia stessa che acquista man mano coscienza politica, che si sottrae cioè man mano ad ogni protezione e tutela estranea e foggia da sè medesima : propri dest;ni, preparandosi alla missione di liberatrice del mondo. Un movimento simile che, emancipandosi a poco a poco da tutte le vecchie illusioni e da tutti i vecchi utopismi, respinge da sè< la direzione di fil::ntropi, di legislatori illuminati, di sette di congiurati, di minoranze eroiche, di rivoluzionari professionali, di gerarchi, di capi e di duci, e diventa duce a se stesso - un movimento simile non è conrepibile se non nel quadro delle istituzioni democratiche, nel pieno vigore della libertà di associazione, di riunione, di propaganda, di stampa, nel pieno vigore dei diritti politici e del suffragio universale; tutte cose che, infatti, il proletariato ha conquistato .spesso col sangue, non già ottenuto graziosamente dalla borghesia. Sentite con quanta energia e chiarezza Antonio Labriola - che per ammissione generale fu uno dei più geniali interpreti del marxismo - afferma la necessità del metodo democratico e dell'auton9mia del proletariato: « Come, innanzi al perfezionamento delle armi e degli altri mezzi di difesa, la tattica delle sommosse è apparsa mopi=,ortuna; - come la com. plicazione dello stato moderno fa apparire insufficìentP la bnprovvisa occupazione di un Hòtel de Vi11e, per imporre ad un intero poçolo il volere e le idee di una minoranza, sia pur es~a coraggiosa e progressiva.; - cosl dal carito suo la massa proletaria non istà più alla parola d'ordine di pochi capi, nè regora. lc-_sue mosse ~ulle prescrizioni di capitani, che possono, se -mai, sulle rovine di un governo di classe o di. consorteria, crearne un altro dello stesso genere. U3 massa proletaria, là dov'essa st è svolta i:;olitic:1mente, ha fatto e fa la c;ua propria tducazione democratica, cioè elegge e discute i suoi rap;>resenta-nti, e !.i' sue, esaminandole, le idee e le proposte che quelli per anticipazione di studio o di scienza, abbiano intuito o presa• gìto; e sa già o comincia almer.o ad intendere, secondo i vari paesi, che la conquista del potere politico non deve nè può esser latta da altri in nome suo, sja pure da gruppi di coraggiosi antesigrrani, e che wprattutto quella ... conquista non può riuscire con un colpo di mano. Essa, la massa proletaria, insomma, o sa o s'avvia ad intendere, che la dittahtra del proletariato, la quale dovrà preparare la socialinazionc dei mezzi di produzione, noni può proce®re da una sommossa di unta turba guidata (ja, a!cuni, m-e deve essere e sarà il risultalo dei proletari stessi, rhe siano, già in sè e per lungo esercizio, una organizzazione politica.». (1) Ci si potrà obiettare che dalla teoria marxista non risulta affatto che la storia crei sempre le condizioni più favorevoli al proletariato, ossia che questo non sempre è pòsto in cclndiz'onl di (1) A. Labriola - ln memoria del Manifesto Comunista. B tr. oteca Gino Biar:ico · F'ondaz1 ~ ,';'.'.\"~,rrn~.1 Bibl,) l '

operare secondo il metodo democratico Lo sappiamo. Sappiamo che la storia non è un idillio, ma un dramma pieno di antagonismi di cl~sse e di lacerazioni. Sappiamo che il proletariato può essere costrètto dagli eventi, nella difesa della propria autonomia, a far uso della violenza, a conquistare prematuramente il potere e a esercitarlq mediante una dittatura minoritaria e magari anche col terrore. Il proletariato ha il dovere di non indietreggiare, ma di affrontare simili eccezionali eventualità con coraggio e risolutezza, se ciò è per lui questione di vita o di morte. Ma con quale animo un proletariato marxisticamente educato eserciterà la v:olenza, la dittatura, il terrore rivoluzionario? Con l'animo di chi sa che quelli non sono i suoi mezzi, e che non potrebbe farne mezzi normali senza votarsi alla perdiz;one, ccme è avvenuto in Russia. Non farà di necessità virtù; farà invece di tutto par ricondurre al più presto la sua lotta nel quadro normale delle istituzioni democratiche. Ecco dunque precisata la nostra individualità dottrinale, e quindi la nostra piena autonomia nel campo teorico, in modo inconfondibile. Finalità e metodo dei comunisti Inconfondibile: ed infatti, sul piano t.eorico, tsiste fra noi e le altre correnti politiche, ed in particolare i ccmunisti, dissenso radicale e circa I.e finalità e circa il metodo. I comunisti sono notoriamente antidemocratici nel metodo: ma contro l'opinione volgare bisogna ben chiarire che lo sono anche ne! fine; quantunque ciò sia logicamente ovvio per chi resp:.nga la massima machiavellica, cara a tutti i reazionari, secondo cui il fine giustificherebbe qualsiasi mezzo, compresi i mezzi la cui natura contrastasse con il fine stesso. E noi rovesciamo -precisamente quella massima nefasta e diciamo che è il mezzo che giustifica il fine, e c:oè che è dai mezzi impiegati che si giudica il fine; sicchè mezzi antidemocratici - malgrado le illusioni di chi li adopera _: implicano necessariamente un fine che non è democratico. Anche nella finalità i comunisti non sono democrat'ci. L'umanesimo marxista è loro completamente estraneo. Come rilevava Rosa Luxemburg nel suo Saggio sulla rivoluzione russa, la « concezione semplicistica • di Lenin, secondo cui la dittatura del proletariato dovrebbe puramente e semplicemente « capovolgere lo Stato capitalistico • e sostituire al dominio oppressivo della borghesia il dominio oppressivo del proletariato, non ha niente da 12 Bb oteca bino Branco

fare col marxismo. L'ideale dei comunisti non è la società vagheggiata nel Manifesto di Marx. nella ouale « il libero sviluppo <li ciascuno sarà la condizione del libero svilupw d; tutti •; ma la società sovjetica in cui l'individuo è degradato alla cond.zione di strumento della volontà di potenza di uno stato totalitario, come mostreremo più oltre. Quanto al metodo comunjsta, basterà dir.e eh~ secondo questa dottrina la rivoluzione proletaria non è il moto e la conquista (normalmente graduali, essendo inconcepibile un ritmo diverso nel quadro della democrazia) della totalità della classe operaia che giunge via via alla coscienza del suo compito storico; ma è il moto e la conquista dt una «avanguardia», ossia del Partito concepito come organizzazione di rivoluzionari professionali -strett: fra loro da una disciplina di fe1To, sotto l'autorità inflessibile dei loro capi. Questo partito, questa minoranza, arrogandosi una rappresentanza puramente ideale, non riconosci.uta in fatto dai rappresentati, o non riconosciuta coscientemente, è d: necessità indotta ad imporsi alla massa con i mezzi normali - che variano a seconda delle circostanze -· della demagog!a, del fanatismo, della violenza e del terrore. E' indotta cioè ad asservire la massa e a privarla di ogn; autonomia. Sia dunque ben chiarQ che la dottrina comunista nega l'autonomia del proletariato, pega cioè la condizione essenz·ale dcli.; sua emancipazione. Questa è la conclusione gravissima a cui bisogna pur giungere. Il comunismo è utopismo antimarxista. li) La funzione storica del P. S. Si tratta ora di precisare la funzione specifica del ncstro Partito in questo momento storico. Vent'anni di fascismo e la guerra atroce che ne è stata l'épilogo, hanno prodotto nel nostro paese un immenso regresso economko, politico, intellettuale e morale, le cu: maggiori vittime sono precisamente le classi più indifese, cioè le classi lavoratrici. Le cond"zionj soc:ali dj un tempo che permisero i meravigliosi progressi del movimento operaio al quale noi, non p,ù giovani, pensiamo con nostalgia, sono per così dire c101late sotto i piedi della classe proletaria i cui legami con le ricche esperienze del passato sono così andati quasi intieramente distrutti. Essa, in un certo senso, è sospesa nel vuoto e ritornata vergine e in 13 B t: oteca Gino Bianco

buona parte è ricaduta in preda alrutopismo: l'utopismo leninista-stalinista dei bolscevichi e J'utopismo mistico dei democrisb"ani, altrimenti detto cristianesimo-sociale, !"uno e l'altro in netta opposizione col ,marxismo rivoluzionario. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere apertamente questa triste realtà 'contro i demagoghi che farneticano di una prodigiosa maturità rivoluzionaria delle masse. E dobbiamo conseguentemente riconoscere che queste masse hanno in buona parte smarrito il senso della !oro autonomia. Ma l'uno e l'altro utopismo non sono che il manto ideologico di due potenze i cui interessi non possono identificarsi con quelli della classe lavoratrice e costituiscono pn,e;samente il mezzo onde tali potenze mirano a farsene strumento degli interessi loro. Si tratta di due potenz~ totalitarie mondiali, avverse l'una all'altra e in aspra lotta reciproca. La potenza che si riveste dell'ideologia leninista-stalinista si presenta dappertutto la medesima. L'altra si riveste dell'ideologia cristiano-sociale in molta parte d'Europa, Italia compresa, pronta per altro a passar la mano ad un qualsiasi neofascismo, quando i tempi le. parranno maturi. Esaminiamole da viC';no. L'utopismo bolsce~ico L'utopismo bolscevico, che ha tratto vigore dai successi militari della Russia sovietica, sogna di vedere estese le realizzazioni staliniane anche nel nostro paese magari con le armi. E' la vecchia utopia del tedesco Weitling che ri~orge. Credete infatti che siano pochi fra i nostri proletari color<;, che aspettano ingenuamente l'avvento del messia we1tlinghiano in un;forme di maresciallo? Perciò è venuto il ,nomento di parlar chiaro. Dire o lasciar credere che in Russia viga un regimè socialista o sia pure lontanamente affine alle esigenze del soc:alismo, è un oltraggio ai nostri ideali. Indulgere alla demagogia staliniana, pcrchè una parte cospicua degli operai ci crede con fervore, non è più onesto di quanto sarebbe stata la ricerca di una intesa col fascismo quando migliaia di autentici proletari acclamavano Mussolini. In Russia è stato bensì eliminato lo sparuto capitalismo esistente prima della rivoluzione di ottobre; ma non è stato abolito lo sfruttamento, non sono state abolite le classi, non è stata instaurata la proprietà sociale, non è stato abolito io Stato. Come tipo, la società sovietica è paragonabile aUa società degli Inkas peruviani o a quella instaurata dai GesuilI nel Paraguai, dove lo 14 Bibl oteca Gino Bianco

strato sociale inferiore era b€nsi organizzato collettivisticamente, ma a profitto dello strato superiore, che nel caso degli Inkas era costituito dalla casta civile e militare dei conquistatori, e nel caso det Paraguai da un pugno di sacerdoti della compagnia di Gesù. Da notare che in entrambi i casi, a quanto si racconta, lo strato sociale inferiore viveva felice. Ma io domando se è questa felicità gregaria che il socialismo si propone di instaurare nel mondo! In Russia lo sfruttamento, prima esercitato dai capitalisti e dai proprietari terrieri, è ora esercitato da una casta pletorica di burocratici, civili, militari (e da poco tempo anche ecclesìastici), padroni dello Stato, che essi, sotto l'egida di un capo al quale sono attribuiti poteri ed onori quasi divini, dom:na dittatoriamente, escludendone il popolo. Le differenziazioni sociali stanno ricostituendosi. Basti por mente all'enorme d:fferen,a di retribuzione e di vantaggi sociali, morali e politici, esistente fra coloro che compongono la casta dei burocratici ed il popolo lavoratore (I). Lo sfruttamento di questo popolo deriva precisamente dal- (1) Nel suo libro La planifìcatìon swietic,ue (Ili edizione, Parigi, Rivière, 1945), Charles BUtelheim, scrittore marxista e tuosovietico, dice: e Al salario individuale, tipo classico del salario, si aggiunge un salario sociale, costituito da un complesso di servizi gratu!ti: ospedali, giardini di infanzi3, case di riposo, sanatori, pasti a prezzo ridott01 nelle mE.~se aziendali, ecc. Questi servizi gratuiti sono pagati dallo Stato mediante profitti, rendite, ecc. ch'esso ricava dall'insieme dell'economia nazionale. L'aumento, assoluto e relativo, dì questo salario sociale- dovrebbe essere uno dei tratti caratterisliçi della società socialista; teoric~mente esso dovrebbe permettere di compensare le ineguaglianze del salario individuale; di fatto nell'U.R.S.S. queste ineguaglianze sono notevoli, ma il salario sociale, lungi dal compensarle, le accresce p?rc-hè avvantaggia essenzialmente quelli che ricevono le retribuzioni più. e1evat~ :it. Seguono le seguenti due note: 1) « Per quel che riguarda i salari più bassi citiamo un'ordinanza del 1° nove:nbre 1937. coni la quale il governo dell'U.R.S.S. prescrive un aumento di salario a favore della categoria degli operai e dei piccoli impiegati industriali, come pure ptr- quelli che -lavorano nei trasporti e la cui tariffa era molto bassa. Secondo la nuova tariffa queste retribuzioni noni devono essere inferiori ai 115 rubli al mese per i lavoratori stabili, e a 110 rubli per i lavoratori a giornata. Se si pensa che il potere d'acquisto di un rublo c.quivaleva nel 1937, in media, a un po' più di un franco francese, si ved,_. a. che punto il tasso dì rimunerazione di tale categoria era basso. Per quanto rlguard;;i i salari più elevati, si pvò dire che molti tecnici, ingegneri, direttori di officine pcrcepisrono dai 2.000 ai 3.000 rubli al mese, ossia da 20 a 30 volte di più che gli operai peggio pagati. Ecco alcuni esempi di rimunerazioni più elevate ma più rare: un regista di cinema può guadagnare da 80 a 100mila rubli all'&.nno e talora sino e 200.000i uno scrittore in voga prende facilmente 10.000 rubli al mese. I deputati percepiscono 1.000 rubli al mese più 150 rubli al giorno durante le sessioni; il presidente del Consiglio: Supremo della R.S.F.S.R. ed i suoi iassessori percepiscono 150.000 rubli all'anno; i presidenti e i vice-presidenti del Consiglio dell'Unione e del Consiglio delle Nazionalità pE:rcepiscono 300.000 rubli all'anno (decisione de) Consiglio supremo dell'U.R.S.S. in data 17-1-1938) >. 2) • La 15 B,b oteca Gino Bianco

l'enorme esuberanza della burocrazia, necessitata dalla arretratezza dell'ambiente e dalla immaturità del popolo stesso. Secondo la previsione marxista, in una società senza classi lo Stato dovrebbe scomparire come stato politico. Ora non solo in Russia lo stato non è scomparso, ma è diventato una gigantesca macch:na burocratica, poliziesca,. militare che domina completamente la società invece di esserne dominato. Il regime, a cui la dittatura ha messo capo in Russia è una forma di capitalismo di stato; è la proprietà statale, e non. già la proprietà sociale. Turati e la Rus&ia sovietica Come previde la mente profetica di Filippo Turati, quel che in Russia sta succedendo non è la trasformazione SQcialista di una società borghese, ma la trasformazione borghese di una società feudale-asiatica ad opera dello Stato. Stai succedendo cioè, con le varianti_ dovute alle particolarità dell'amb:ente russo e ad un secolo di evoluzione tecnico-economica del mondo, quello che nell'Europa occidentale è avvenuto da un secolo e più, con tutti i guai, i dolori e gli orrori dell'accumulazione primit:va, che Engels ci descrive in quel suo drammatico opuscolo di circa 100 anni fa sulle condizioni della classe lavoratrice in Ingh;lterra. Filippo Turati - che i nostri compagni-avversari ora beffegg~ano come « riformista • e ora ci accusano di aver tradito, e al quale solo gli imbecilli possono negare una eminente capacità teorica ed un acuto intuito marxista - Filippo Turati scriveva nel gennaio del 1921: « Il bolscevismo, assai più che della rivoluzione, è figlio deìla mancata resistenza n~ionale, del terreno franato sotto la rivoluzione medesima a cagione della lunga tirannia che la precedette e dello sconquasso immane prodotto dalla guerra In. sostanza il bolscevismo, come fatto di reazione immediata al Medio Evo politico del regime czarista, il cui crollo non lasciava eredità di un <'apitalismo vero e proprio, possente ed autonomo. anzi ne seppelliva i tenui germogli nella propria rovina, è t"S.<;O stesso, al-meno sul tErreno economico, un fenomeno di medievalismo, e pert.anto un regresso momentaneo ... Per la mentalità miracolistica che lo domina, per la sua fede nella efficacia prodigiosa delle riforme puramente dortadisponibilità gratuita di una vettura con autista, gli alloggi vasti e confortevoli a tenue prezzo (invece di un le1tOIin un dormitorio o in un « ango_ Jo »), il soggiorno gratuito negli ospedali meglio equipaggiati, nelle case di riposo. meglio attrezzate (corrispondenti in fatto ai palazzi europei ed americani più lussuosi), tutto ciò è riservato quasi e~c1usivamente ai grandi funzionari del Partito e del Governo, ai gt:andi direttori, ccc.•· 16 Bibl oteca Gino Bianco

cee e dell'artificio legislativo o volontaristico contro il fatale andare della storia, per i metodi di violenza e di terrore cui deve far ricorso, per l'incoerenza fra la teoria e la pratioa, fra i precetti e le applicazioni, pa la corruzione a cui dà luogo, pel burocretismo e pel militarismo che suscita e su cui poggia, il bolscevismo è parente assai più prossimo del capitalismo agli inizi, che, non sia derivazione del socialismo marxista, delle cui tesi si impennacchia ... La critica del bolscevismo, la quale, a base di fatti, ne denudi gli errori e l'inconsistenza, nonchè diminuire la gloria della rivoluzione, la restituisce piuttosto nel suo vero carattere, e contribuisce a liberarla dalle scorie caduche ed inceppanti che ne contrastano il passo e lo sviluppo immancabile. Poca gioia può dunque averne la borghesia reazionaria, e grandissimo vantaggio ne trarranno il soc.ie.ILsmo moderno, - che: ha rotto con la vecchia utopia - e quei parti.ti socialisti che sì ispirano ad esso •. (1) A conferma della previ~ione turatiana, oggi noi vediamo infatti la Russia sovietica gettata, dalle contraddizioni interne del suo regime totalitario, in preda a.I militarismo, al nazionalismo e all'imperialismo più incoercibili; anch'essa sosp:nta alla rie<?rca di sbocchi commerciaLi e di territo1i da sfruttare per il pagamento di un enorme fardello di debiti di guerra e per rifarsi delle immense devastazioni sofferte; anch'essa sospinta., nella ricerca di una impossibile sicurezza, ad incorporarsi uno .: spazio vitale • che - come già per Hitler - in Europa ha quali confini il Mediterraneo e l'Atlantico; - il che la mantiene in uno stato di conflitto latente e permanente con i suoi avversari. La funzione antirivoluzionaria del P. C. Nella lotta contro questi avversari, che nell'Occidente le contendono la sicurezza e lo spazio vitale, la Russia sov;etica, valendosi dei partiti comunisti come di quinte colonne, vuole impedire anzitutto la riorganizzazione economica e polit;ca dell'Europa su basi federali e rinfocola dovunque le CUP.idigie,gli astii ed i rancori nazionalisti per preservars~ un utile campo di 1nanovra nella previsione di ulteriori conflitti con i rivali. Ed il compito dei partiti comunisti - veri « partiti nazionalisti stranieri », secondo la definizione di Léon Blum - è precisamente quello di porre al servizio della politica russa le forze della classe lavoratrice. Senonché l'ostacolo Jl!aggiore che si frappone a questa operazione di asservimento è costituito appunto dai partiti socialisti nella misura in cui essi si presentano ed operano come baluardo dell'autonomia della classe lavoratrice. Bisogna dunque liquidare e -asservire i partiti socialisti. Di qui la così detta poI:tica della (1) Prefazione al libro di Nofri e Pozzani: « La, R1,ssia com'è •· 17 B Jteca Gino Bianco

•fusione», c~e.nei paesi controllati dall'esercito sovietico e dalla Ghepeù - co·me nella Germania centro-orientale - è imposta con la forza e con la frode. Altrove essa è invece sostituita col sistema delle quinte colonne (le planches pourries di IP-nin) che. introdotte nei partiti socialisti, hanno il compito di svirilizzarli e di asservirne la politica alla politica dei partiti comunisti. In quanto dur.que il Partito comunista si fa strumento di una politica che priva il proletariato della propria autonomia, e quindi de)la possibi!;tà di emanciparsi, per aggiogarlo al carro di interessi che non sono nè socialisti nè italiani, noi dobbiamo abituarci a considerarlo come un partito nettamente antirivoluzionario. Nè :mporta evidentemente cb'esso sia composto in prevalenza di salariati non ancora assurti a coscienza e tratti in inganno dalla presente predicazione pseudo-democratica e pseudo-nazionale del loro partito. Nel quale, oltre lutto, la massa ha ben scarsa voce in capitolo. Come in lutti i partiti ant_idemocratici, chi vi predomina è l'apparato, ossia ia gerarchia dei funzionari. L'utopismo cristiano - sociale La seconda potenza totalitaria che ora dobhiamo considerare è la Chiesa cattolica, sotto la cui protez10ne, in regime di repubblica democratica, si è rifugiata la borghesia nostrana, reduce dagli amplessi col fascismo. Il naufragio del liberalismo indica chiaramente questa involuzione borghese. Anche qui è venuto il momento di parlar chiaro e di romperla con l'ipocrisia alla quale il nostro Partito si è assoggettato per secondare un'illusoria politica volta ad attrarre le masse cattoliche, ma che invece ha fortificato in mezzo li queste l'autorità dei loro capi e delle gei;archie ecclesiast'che. Bisogna finirla con la bubbola che accomuna socialismo e cristianesimo, non più seria dell'altra che accomuna socialismo e comunismo. Il socialismo. o almeno il socialismo marxista e democratico, è assolutamente incompatibile con i dogmi rivelati e con qualsiasi • autorità spirituale •· Sorto come critica della religione, esso si propone di distruggere la coscienza mistica che vela nelle masse la visione reale delle loro condizioni sociali. La potenza della Chiesa, che è in pr,mo luogo una potenza politica e socjale, si ammanta dell'utopismo mistico crt"stiano-sociale, anch'essa per asservire i lavoratori agli interessi n1ondah1 di cui si fa tutrice e distruggerne l'autonomia. Sul terreno politico questa potenza - che è essa pure ur,o stato straniero - si 18 Biblioteca Gino Bianco

I L vale del Partito democratico cristiano Conosciamo l'armamentario riformista di questo partito: la collaborazione delle classi da realizzarsi, sotto l'egida della Chiesa, nella corporazione esaltata ancora recentemente dal Papa contro la socializza,ione voluta da noj; l'estensione della piccola proprietà familiare, l'azionariato operaio e la partecipazione operaia agli utili delle aziende ed .altrettali panacee. Quello che possa la Chiesa è stato rivelato dall'esito del recente referendum istituzional<>. Un potere estraneo alla naz'one, mobilitando il suo esercito di vescovi e di parroci, esercitando senza scrupoli ogru sorta di pressioni, speculando in maniera talvolta grottesca ed abbietta sulla paura del bolscev'smo, ha potuto costringere un partito nazionale a tradire il voto repubblicano del proprio congresso ed a schierarsi in maggioranza a favore della monarchia. La Chiesa cattolica è irrimediabilmente medio-. evale ;n politica, in economia, in etica. Anche se sembri accettare le istituzioni democratiche, il suo ideale non è la democrazia. Sotto la sigla M.R.P. aiuta De Gaulle ad instaurare in Francia un regime autoritario ed una pazza politica di grandezza; nel Belgio milita per Leopoldo, il re fellone; in Ispagna subdolamente sostiene il sanguinario Franco; in Polonia (come in Ungheria e in Austria) coalizza tutti i disgustati dalla prepotenza cosacca; in Italia, colla democrazia cristiana, fa incombere sulla repubblica democratica la minaccia di un totalitarismo clericale che n,pµresenterebbe un regresso spaventevole per tutta la società e specialmente per la classe lavoratrice. Il nostro dovere storico D1 fr-0nte alla duplice minaccia totalitaria, il dovere storico del Partito socialista è nettamente tracciato: difend<?re intransigentemente, ferocemente !'autonomia de!!a c!a8se !avoratric_e,.che è quanto dire strapparla a qualsiasi costo al!e spire de!!'utopismo bolscevico e dell'utopismo cristiano-sociale per ricondurla al!a· c<mcezion~ ed a!!a prassi de! _socialismo democratico. Tale oggi è il nostro problema! E ci si accusa di impuri amori con i ceti medi! Altro che ceti medi I La nostra azione deve essere rivolta anzi tutto e soprattutto alla salute del proletariato. Ma si intenda intieramente il valore di questa nostra difesa della autonomia prol~taria Essa significa .mettere questa classe in grado di salvare e portare a ccmpleto trionfo nel socialismo tutti i valori della società moderna dei quali essa è oggimai la 19 I B'bltoteca Gino Bianco

sola erede e portatrice: l'umanismo del Rinascimento, l'insindacabile libertà del pensiero e della critica, retaggio della Rivoluzione liberale, l'indipPndenza dello spirfto e della persona umana. Ecco quel che racchiude l'autonomia del prc:etariato. Ed ecco quel che non vedono o non vogliono vedere i fautori larvati e palesi della •fusione•, o~sia della liquidaz.one del socialismo democratico in pro del totalitarismo comunista. Essi portano alle stelle l'unità della classe lavoratrice e ci denunciano come i nemici suoi. Ma qual'è il soè;alista che non voglia l'unità della classe lavoratrice e non operi per questo ideale cosi fervido nel cuore dei proletari? Senonché l'unità è un mito vuoto o una truffa senza l'autonomia. Quale esempio maggiore di unità ci ha dato il fascismo ;nquadrando totalitariamente nei suoi sindacati coatti tutti i lavoratori? Ma il fascismo non ha dato ai lavoratori l'autonomia, .anzi gliel'ha tolta. La vera ed operante unità rivoluzionaria si avrà solo nell'autonomia, e quindi soltanto sotto la bandiera ckl socialismo democ!"atieo che di questa autonomia è l'unico baluardo. La posta della nostra lotta è dunque altissima, ben più alta di quanto mostrino di credere coloro che immiseriscono i nostri antagonismi coi comunisti e coi democristiani definendoli liti in famiglia o miserabili questioni di bottega. O noi riusciamo nel nostro comp:to, o è la civiltà che - con l'asservimento del proletariato, con la sopp-essione della libertà e della democrazia - crolla nella barbarie di un nuovo medio evo meccanizzato, motorizzato e armato di bombe atomiche! Ecco la nostra missione! Ecco la giustificazione definitiva della indipendenza del nostro Partito! lii) I compiti immediati del P. S. Ed ora vediamo più concretamente come in questo mom~nto • politico debba tradursi in atto la funzione del Partito socialista. l) Prima di tutto il nostro partito dtve epurarsi, deve darsi urgentemente uno Statuto, una costituzione interna schiettamente/ democratica che elimini dal suo seno ogni segno di totalitarismo e quindi di corruzione, essendo assiom~tico che senza an assetto interno democra1ico esso non potrà mai fare una politica democratica. Questi segni di toti\litarismo sono sommariamente i seguenti: 20 Biblioteca Gino Bianco

Per uno statuto democratico a) il « ducismo ». Mi limiterò ad acce~nare alle piu recenti manifestazioni ducesche del più alto funzionar:o del Partito: il « pres·dente ». Costui, subito dopo la proclamazione della RepubbLica, in una grottesca intervista concessa al giornale conservatore di Parigi « Le Monde», distribuì sua sponte la carica di presidente della Repubblica a De Gasperi, quella di capo del Governo a sè stesso, e via dicendo; e, annunciando l'attegg amento programmatico del nostro Partito, la cui Direzione non si era punto pronunciata al riguardo, affermò che, pur di effettuare la collaborazione indispensabile con la democrazia cristiana, noi c; saremmo sobbarcati a grandi sacrifici in materia di laicismo. Questo è l'unico punto dell'intervista che s: è avverato. Durante la crisi di Governo, contro la linea di condotta deliberata dalla Direzione del Partite e dal Gruppo Parlamentare, il • presidente • persegui una linea propria che infatti poi prevalse. E c'è chi afferma che tutta l'az;one socialista durante le trattative ufficiali con De Gasperi e con gli altri partiti, risentì degli ant<'riori atteggiamenti personali assunti dal « presidente •, ossia che la situa- . zione era già per noi compromessa in partenza. Quanto alla famigerata amnistia, una lettera del Segretario del Partito ci informa candidamente che « la Direzione del Partito non è stata informata del provvedimento in questione e quindi non porta affatto la responsabilità dell'approvazione del decreto stesso». Il « pre- _ sidente » non si degnò d...nque di informare la Direzione. E quanto alla responsabilità p~rsonale del « presidente », lo stesso Segretario Lombardo se la cava d:cendo • che il progetto del D.L. era stato presentato dal compagno Togliatti. allora Ministro della Giust:zia •, e che « p<·r i nostri compagni Ministri ciò non poteva non costituire la più ampia garanzia politica ». (Dal che, sia detto di passata, bisogna ricavare l'insegnamento -che le garanzie politiche del compagno Togliatti valgono molto poco). Il mostruoso provvedimento di amnistia, come è noto, ha suscitato un'ondata generale di proteste nelle nostre Sez:oni, molte delle quali hanno anche chiesto provvedimenti disciplinari contro i responsabili. In altri tempi, di fronte ad _un fatto simile, i responsabili avrebbero immediatamente abbandonato il loro posto. Invece - ~eme notava il settimanale socialista di Udine - il « presidente » ha fatw bensì le valigie, ma per effettuare un viaggio in varie capitali. europee in qualità di prossimo Ministro degli Esteri. Orbene, con questo « ducismo » bisogna assolutamente finirla. E bisogna 21 B ::, .Jteca Gino Biai:ic<;>

smettere di "tòntrapporre ad un « duce , in atto un • duce » i" petto, che, come «duce», chiunque sia, varrà quanto il primo. Il Partito non può avere altro duce ,·he sè stesso. Questo sia ben chiaro per chiunque. Bisogna finirla con l'esaltazione degli individui, chiunque siano; b:sogna finirla con quella concezione privatistica del .Partito, in virtù della quale un certo numero di compagni altolocati,_ più o meno benemeriti, sono a priori assicurati di questo o quel posto eminente; bJ un'altra manifestazione di totalitarismo da eliminare è il cumulo delle supreme cariche del Partito, e il cumulo di queste cariche con le cariche ministeriali e aflini nella stessa persona; c) la confusione dei poteri degli organi deliberativi, esecutivi e disciplinari del P&rtito, confusione che genera i peggiori arbitrii ed abusi. Bisogna instaurare effettivamente l'assoluta sovranità delle assemblee e dei congressi e garantire in pieno i diritti delle minoranze; Per la libertà del pensiero socialista cI) la pretesa degli Esecu~ivi di controllare la libertà d1 pensi~ro e di critica dei compagni e la trovata di istituire nelle Federazioni l'albo ufficiale dei propagandisti. L'obbligo della disciplina import& di non compiere atti positivi in contrasto con le deliberazioni della maggioranza del Partito, ma non richiede rinuncia ad esprimei-e liberamente e pubblkament.e, in ogni momento1 il proprio pensiero, sia a mezzo della parola, sia a mezzo della stampa. Di piena athtalità è quindi ancora quanto Filippo Turati scriveva nel 1921 contro i massimai:stl: « ... in Italia minaccia la propaganda e J'azicm:i socialista - non tanto ad opera degli avversari ::ohtici, quanto, che è peggio cento volte, nel seno stesso del Partito - uno spirito di chiostro e di inquisizione, una frenesia di conformismo d~·atto e di incarcerazione d~ll'intellig:enza. che .k .anch'essa una triste eredità della psicologia, e- della censura di guerra e che sarebbe, quando prevalesse, la -:norte e il disonore insieme della dottrina e del Partito. Mentre si parla - senza arrossire flno ai capelli - di « controllo intellettuale» da ordin,.1rsi suita stampa e su1le .manifestazioni del pensiero dei comp.1gni di parte, è opporlur.o, è doveroso ed urgente reagire col fatto e con J'E.isempio,meglio ancora che con semplici proteste teoriche, al proposito dissennato e parricida, che minaccia, nella dignità dei socialisti, la vita e l'avvenire del Parato socialista. L3. libertà si conquista ogni giorno da coloro che ltngono a conservarla perchè se ne sentono degni » (1). O) Op. cii. 22 Biblioteca Gino Bianco 1 I

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