_ N, 14 • 6 marzo 1915 PUBBLICAZIONSETTIMANALE ContoCorrente <Oft la pos!a
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PROBLE1\I\IITf'iLIFiN.I XIV. Cf\RLO ERR-ERf\ ILCONfINt: fRA • -ITALIA E AUSTRIA MILI"iNO Rf\Vfl & C. - EDITORI 1916 '3 blioteca Gino Bianco
PROPRIETÀ RISERVATA TIP.LIT.RIPALTA•MLIANO 81bllotecaGino Bianco
Fra le ragioni, che hanno costretto il popolo italiano a proporsi oggi, con un'urgenza mai conosciuta prima, il problema del compimento dell'unità nazionale, il sentimento indica prima e piìt importante fra tutte la fratellanza di lingua, di cultura e di affetti che ci lega ai dolenti Italiani d'oltre frontiera, - la considerazione politica mi;:tte innanzi come fondamentale l'urgenza di impedire la rovina dell'italianità nell'Adriatico per le vittorie germaniche o per le slave e di dare ali 'Italia la sicurezza del suo avvenire, - i riguardi della difesa danno il massimo valore alla necessità di togliere lo stato italiano all'irrimediabile inferiorità, cui lo condannano le attuali condizioni della frontiera italo-austriaca e insieme le minaccie della costa dalmata e istriana. Noi limitando il nostro ragionamento alla frontiera terrestre, vorremo cercar di illustrare quanto più chiaramente possibile questa necessità che allo stato italiano s'impone, di raggiungere finalmente fa frontiera che possa assicurargli una vita libera, unita e sicura, spezzando il confine, che oggi gli vieta l'unificazione dei fratelli oppressi, gli nega ogni sicurezza di difesa, e gl'impedisce quindi_ di disporre liberamente dei propri destini. Le frontiere del Regno. Se a taluno di voi, lettori, avvenga di salire da Torino colla ferrovia la valle della Dora Riparia verso la frontiera francese, nessun commento di guida erudita o di persona pratica dei luoghi abbisognerà a farvi accorti, B blioteca Gino Bianco
- 6 -- che nella marcia ansante del treno che sale, nel rapido inselvatichirsi della valle dove ai vigneti succedono i castagni ~ ai castagni gli abeti, nell'affacciarsi delle candide frangie dei ghiacci su pei monti d'ogni intorno, la via che seguite vi conduce incontro alle vette delle Alpi che sono il termine naturale del nostro paese. Quando poi, dal seno più int~rno e più chiuso della valle, varcate rapidamente le viscere della montagna, voi riuscite alla luce sull'opposto versante, sul versante francese, - ecco mutati dintorno a voi tutti insieme e gli aspetti d~lla natura e le apparenze più notevoli della vita umana e i segni del governo e delle leggi : così scorgete le valli inabissarsi precipitose in direzione opposta a quella di prima, mutarsi dintorno quasi per incanto la lingua, i modi del conversare e I.e espressioni della vita, governarsi ogni cosa sotto ordini e con leggi diverse dalle vostre. Voi avete allora ben netta, precisa l'impressione, che avete lasciato dietro ls'l spalle il vostro paese, la vostra gente, le vostre foggie, i vostri ordinamenti, e che non soltanto avete passato un confine politico ma siete nel medesimo istante passati v~ramente presso. un'altra gente, presso un'altra patria. Ivi il confine politico dello Stato coincide insomma col limite naturale d'Italia e coincide ad un tempo col termine preciso della nazione italiana. Ma se, navigando col piroscafo il Lago di Gardft, scorgete a un tratto la gran parete uniforme di rupi che precipita sulle acque del lago segnata da una piccola colonnina bianca, e apprendete che in quel punto dove non è una valle, non un fiume, non un ri~ntramento della sponda, non la più piccola variazione della natura, ivi l'Italia è ufficialmente finita, - eppure vi attendono poc'oltre, al termine austriaco del lago, città e villaggi che dalle case, dalle chiese, dai portici, dai mercati, dai costumi, dai modi, e soprattutto dalla favella, vi si rivelano subito cosi intieramente, cosi schiettamente italiani come le città e i villaggi che avete poco prima lasciato all'ombra del tricolore, - allora voi avete immediata, acuta, profonda l'impressione dell'artificiosità insanabile di quel confine, dove s'è voluto che lo stato italiano, sorto per essere il vivo e intero e completo Biblioteca Gino Bianco
-7organismo della nazione italiana, avesse troncata la sua giurisdizione ç la sua libera vita. Non diversa impressione vi colpisce, quando nella valle del!'Adige, mentre il treno continua a correre fra colline eguali, fra immutate figure di paesi e di abitanti, fra suoni d'identica favs:lla, cambiano repentinamente dintorno a voi, dietro a un palo giallo e nero posto a caso in un punto qualunque, tutti i segni dell'autorità o del comando. Non diversa impressione, quando nella piatta uniforme pianura friulana, in un rincorrersi perfettamente uguale di prati e di campi, dove non è un segno solo che indichi la più piccola, la più impercettibile mutazione di suolo e di gente, a un tratto non è più terra italiana ma austriaca quella che avete dintorno a voi ! Mai, mai altrove voi potrete avere cosi immediata, cosi cruda, cosi profonda l'impressione, che la patria nostra, la madre della lingua, la madre del pensier<>, la madre dell'anima nostra, si prolunga di là da quei segni fittizi cosl estranei ai luoghi e agli uomini, - di là da quei segni esteriori, sovrapposti per un artificio che veramente possiamo dire contro natura perchè non vi è cosa nella natura e nella vita circostante che non parli e non gridi contro una separazione così assurda e disumana. Vi sono dunque, sl, lungo i tçrmini del Regno d'Italia, specie dalla parte di Francia, dei tratti, lunghi anche talora centinaia di chilometri, dove avviene che la frontiera politica dello stato italiano coincida coi t~rmini, che la natura stessa sembra aver predisposto per separare nettamente due popoli diversi di lingua, di costume, di civiltà. Ma altre parti purtroppo vi sono, dove lo stato italiano, quando si formò (è storia recente), venne, per le circostanze storich.e che accompagnarono il suo nascere, a porre i suoi termini là dove nè la natura nè il iuono della favella nè il consenso degli animi avrebbero mai potuto suggerire il limite d'uno stato: d'uno stato, soprattutto, che sorgeva col programma di dar libertà ed unità ad una nazione rçdenta tutta da un medesimo patto. Già per un piccolo tratto alla frontiera italo-francese, poi por un tratto assai lun20 alla frontiera italo-svizzera, B blioteca Gmo Bianco
-8riscontriamo questo divario fra i limiti che le vicende politiche imposero allo stato italiano e i limiti che la natura e i diritti nazionali richi~derebbero. Non certo il torrentello accavalcato dal Ponte di San Luigi presso Ventimiglia (onde Mentone, Monaco e Nizza rimangono esclusi dal Regno) è la linea divisoria che la natura suggerirebbe in codesta parte tra Francia e Italia. E meno ancora somiglia a una divisione naturale la frontiera del. Canton Ticino, che per la bellezza di 250 km. scende giù nel cuore della Lombardia fino alle porte di Como, togliendo al Regno italiano una viva porzione di terra nostra tutta abitata da gente di linguaggio italiano. Ma finchè i Nizzardi da un lato e gli abitanti del Canton Ticino dall'altro consentono come uomini liberi ad esser parte viva e operante dello stato francese e dello stato svizzero invece che del nostro, e finchè questo loro libero consenso è senza alcuna minaccia per la nostra vita di nazione, nessuna rivolta degli animi può sorger fra noi perchè il confine politico ci sottragga in codeste parti dei tratti abbastanza considerevoli del territorio italiano. Lafrontieraltalo,austrlaca e Il confinenaturale, Ben più grave invece, ben più intollerabile alla vita d'Italia è l'enorme, assoluto divorzio che la frontiera italo-austriaca fa dai confini che la natura e la stirpe esigerebbero. Certo altri, ben altri confini dagli attuali vorrebbe anzitutto la natura stessa. Se mai v'ha parte d'Europa, in fatti, dove un limite naturale appaia preciso, evidente, sicuro, tanto da sfidare qualunque competizione umana, questa è appunto la magnifica nostra conca padana, alla quale le forze oscure che hanno scolpito la superficie del globo hanno assegnato come barriera d'indiscutibile eviden:?:a la fascia grandiosa delle Alpi, segnando fra esse come limite lineare all'Italia la lunga e fiera serie delle creste costituenti il grande spartiacque alpino. Biblioteca Gino Bianco
-9Senonchè codesta barriera sovrana, onde le acque scendenti verso le nostre pianure sono cosi nettamente divise da quelle che oppostamente divallano oltr'alpe, serve appena per un risibile tratto a confine politico fra lo . stato italiano e lo stato austriaco, poichè di 759 chilometri, che misurano l 'intiero percorso della frontiera fra i du~ stati, appena 75 - la decima parte - coincidono con lo spartiacque alpino. Che vuol dire, che soltanto per un tratto lungo come da Padova a Ferrara o come da Spezia a Pisa la frontiera italo-austriaca corre dove natura vorrebbe, mentre per un tratto più lungo che da Ferrara a Bari o da Pisa alla Basilicata la linea malnata si rovescia in pieno territorio italiano seQiuestrando dalla patria nostra un complesso di terre estese quanto il Lazio e l'Umbria sommati insieme. Per diritto di natura, per legge che volontà umana non può mutare, dovrebbero esser d'Italia, ncm d'altri che d'Italia, dalla sorgente alla foce, come Po e Dora e Sesia e Ticino e Adda e Oglio, così anche Chiese e Sarca e Adige e Brenta e Piave e Tagliamento e Isonzo, con le centinaia, con le migliaia dei loro affluenti e subaffluenti. Eppure di tutti questi fiumi dai bei nomi italiani, di tutte queste correnti che scendono a irrigare in terra nostra le valli e i piani veneti e lombardi, due o tre soltanto appartengono al Regno italiano per tutto il corso; di tutti gli altri, dall'Aloe di Brescia fino all'estremo Friuli, l'Austria possiede almeno le sorgenti, dei più anche un tratto più o meno lungo del corso. L'Isonzo, per esempio, obbedisce all'Austria per tutti i 130 chilometri del suo corso dalla sorgente alla foce; il Piave, che per fortunata eccezione scorre per intero entro il Regno, ha tutte, senza esclusione, le testate delle grandi valli affluenti e subaffluenti di destra (Ansiei, Boite, Cordevole, Biois, Mis) nelle mani dell'Austria; l'Adige è austriaco per 287 chilometri su 410, tantochè la ferrovia che da Verona sale il fiume a ritroso corre per quasi cinque ore di treno diretto in -territorio politicamente austriaco prima di raggiungere i termini dell 'Ita!ia geografica. Per nove decimi del suo percorso, insomma, la frontiera italo-austriaca è congegnata in tal modo, che- lo Bibltoteca G ro B1a"lco
- !Ostato austriaco ha il piede in casa nostra, ed ha in sua piena balla i valichi che conducono le sue truppe, le sue armi, le sue spie dentro alla sommità di tutte le valli nostre, per calar giù Verso il piano, per invadere, per dominare senza contr~sto dentro la nostra dimora. Assomigliamo in verità, nQi Italiani, al padrone d'un bel giardino, cinto di fuori da un muro alto e robustissimo; ricco dentro dei fiori e dei frutti più invidiati; ma dalla parte appunto dove stanno a ridosso del giardino i vicini più pronti ad attaccar briga ed a menar le mani, il padrone ha rinunciato tutto il muro a favor dei vicini, li ha anche lasciati liberi di guastare e di insterilire il terreno di dentro, ha perfino concesso loro di assèrragliarsi minacciosi dentro parecchi dei viali più agevoli, - e s'è ingegnato poi di provvedere alla salvezza dèlla roba sua con qualche po' di pruni disposti a fatica nei punti' più vulnerabili... e con quanto possibile di sorrisi, di salamelecchi e d'inchini a chi gli faceva da padrone in casa. La frontiera austriaca e confini della nazione Italiana. Potessimo dire alm~no che, se non alle supreme volontà della natura, la nostra frontiera coli'Austria obbedisce alle esigenze nazionali, rendendo ragione a quel complesso grandioso di fattori etnici originari, di fattori storici e culturali e di profondi moti sentimentali che costituiscono il cemento magnifico d'una nazione! ... Ma la nostra disgraziata frontiera non coincide purtroppo col limite divisorio delle nazionalità. meglio di quel che essa coincida con lo spartiacque geografico. Per un centinaio di chilometri appena la frontiera italoaustriaca soddisfa a quella ideai condizione di lasciare, con divisione precisa, allo stato italiano i parlanti italiano, allo stato austriaco i parlanti tedesco o slavo; - per gli altri 650 chilometri divide crudelmente italiani B.blioteca Gino Bianco
- 11 - da italiani, senza pur separazione di parlate diverse: veneti del Veronese da Vçneti del Trentino, friulani della provincia di Udine da friulani del basso Isonzo, veneti delle spiaggie veneziane da veneti delle sponde istriane_. Da un lato, di là dai pali gialli e neri posti nel bel mezzo di tante valli venete e lombarde, l'italianità del linguaggio, della cultura, dei costumi, continua compatta, intiera, cristallina, in un sol blocco perfetto, con gl'italiani del Trentino e dell'Ampezzano (vedi la cartina 1): un blocco, dico, di 370.000 italiani (*), non inquinati dalla presenza occasionale di 8 o 10.000 tedeschi militari o impiegati. Dall'altro lato, di là dalla frontiera che limita a sud-est la provincia di Udine. è un altro blocco solido e compatto di gente italiana (vedi la cartina 2). che tiene tutto il piano del bass.o Isonzo e riprende appena più in là da Trieste per tutta l'Istria marittima, prolungandosi con altri nuclei più radi lungo la sponda del Quarnero fino ai 30.000 italiani di Fiume : - un totale, in tutta questa parte, di oltre 400.000 italiani, che ogni parola del dialetto, ogni gentilezza del costume, ogni lineamçnto dell'arte, ogni pagina della storia antica e recente, attestano propagine immediata e schiettissima della nostra nazione. 11tracciatodella frontiera lungo Il sallente tridentino. Tanta parte d'Italia dunque e tanta parte della gente italiana ha strappato da noi la frontiera, che dal 1866 divide il regno d 'I talia dall'impero di Francesco Giuseppe !... E potessimo almeno dire, che se non alle barriere poste dalla natura e se non ai diritti della nazio-. (•) Fra gli Italiani vanno compresi le poche migliaia di ladini, viventi, come mostra la nostra cartina, in alcune valli a ridosso delle Alpi dolomitiche. Questi ladini, italiani pel sentimento nazionale, sono egualmente legati agl'ltaliani per la parlata prossima io. tutto alla nostra. Biblioteca Gino Bianco
- 12 nalità, risponde codesta frontiera alle necessità della difesa militare! Pur senza essere segnata da una lintta di vette e-ccelsp, potrebbe anche una frontiera artificiosa com'è questa servire a una buona difesa, solo che essa seguisse continuatamente Ufla serie di montagne poco accessibili o il corso di fiumi facilmente difendibili. Ma com 'è lontano il nostro co_nfine dal r·ispondere a tali requisiti l l!!!lill ITALIANI _ _,._--_- ...,. 1 il§il,NLADINI ~' Km.Ll, 5 i."'W"-i. '-#..... 4 • ..,,,~- • ii,"') I -~ jç u \, ~ 9:i . 'rnt'I\ "/.,. o. I Bmm~;, I -~· . t., 1.:=:=:::=::::=:::=::===~===========- Fig. I: Il Trentino e l'Alto Adige Basti dire, che. - salvo il tratto a confine della val Camonica, dove per un'ottantina di chilometri la separazione fra i due stati è formata da una serie compatta di cime altp e agghiacciate, - la frontiera del Trentino (vedi cartina 1) si sbizzarrisce lungo il suo percorso in modo così tortuoso e irregolare, balzando B blioteca Gino Bianco
- 13 ~ da una cresta a un'altra, da un pendio a un altro, dal fondo d'una valle al fondo d'un'altra valle, girando e rigirando con tali storture, da sembrar tracciata, piuttosto che da una scelta studiata e giudiziosa, dal più strano e intsplicabile dei capricci. Certi esempi, a citarli, sarebbero particolarmente istruttivi. La valle bresciana· del Caffaro è, per esempio, tagliata dalla frontiera in tal modo, che la piccola frazione montana di Riccomassimo, invece che dipendere dal vicino centro italiano di Bagolino, si trova costretta a un legame inverosimile col comune austriaco di Lodrone posto nel fondo della valle al disotto : - gli abitanti della frazione, per correggera, a modo loro, la crude'ltà del confine che li toglieva ali 'Italia, hanno tutti senza eccezione mantenuto dal 1859 in qua, Dio sa a prezzo di quante vessazioni da parte del governo imperiale, la cittadinanza italiana, mandando· ogni giorno i loro figliuoli per sentieri aspri e pericolosi alle scuole di qua dalla frontiera in Italia, e in Italia compiendo il servizio militare e tutti gli atti dçl loro stato civile, finchè la ihorte, la morte sola li condanna a posare fuori d'Italia nel camposanto austriaco di Lodrone. Meno commovente ma più singolare ancora il caso d'un altro comune, italiano questo, dell 'Agordino (provincia di Belluno), il quale si trovò nel 1866 tagliato fuori dal proprio cimitero posto di là dalla fronti~ra stabilita in quell'anno, cosl che gli abitanti vissuti in tutto e per tutto italiani dovettero rassegnarsi a diventare austriaci dopo morti. Più noto ancora il caso del lago e dei pascoli di Misurina, notissimo e italianissimo richiamo estivo di turisti, il quale non si può tuttavia raggiungere agevolmente dalla parte italiana se non per una strada rotabile che per un paio di chilometri è tagliata fuori da una stortura· inverosimile d.el confine austriaco ; onde i soldati nostri posti, a guardia della frontiera devono ricorrere alle arrampicate più inverosimili per arrivare al pittoresco laghetto senza sottostare al controllo obbligatorio dei gendarmi austriaci. Ma sono appena due o tre esempi questi che si citano, mentre potrebbero esser mille a dimostrare quante valli sbarrate, quanti corsi d'acqua sequestrati nelle soq~enti o a mezza valle, quanti villaggi tagliati Biblioteca Gino Bianco
- 14 fuori da ogni agevole comunicazione, quante strade obbligate ai giri più lunghi ed assurdi, quanti ostacoli alla vita quotidiana e al libero alpeggio e al possesso degli alpigiani, nuante spese per il mantenimento della linea doganale e per la repressione del contrabbando, quanti danni prossimi e remoti ci procuri questa singolarità di confini! Occorre una derivazione d'acqua o un trasporto di energia elettrica? occorre la · sistemazione di un torrente, che dalla valle franosa in alto (nella parte austriaca) precipita rovinoso a devastare i nostri piani? occorre una strada per allacciare ai centri maggiori i villaggi più segregati? occorre un raccordo ferroviario o un allacciamçnto della rete telegrafica o telefonica o il regolamento della navigazione sul Garda? Sempre, in ogni caso, il decorso della frontiera, così bene con- .gegnato a scorno d'Italia, ostacola o tronca addirittura ogni iniziativa. La frontiera tridentina e la difesa militare. Ma non è questo ancora il peggio. II peggio avviene appunto per quel che si riferisce alla nostra difesa milita-re. Mentre dalla parte del Tirolo (vedi cartina 1) una frontiera, portata, come ragion vorrebbe, allo spartiacque alpino o almeno alla linea montana dove termina la popolazione di parlata italiana, lascierebbe appena tre o quattro porte aperte facilmente alle invasioni straniere, questo gran triangolo di terra austriaca cacciato in mezzo ali 'Italia settentrionale, questo gran cuneo minacciante a venti o trenta chilometri appena di distanza la pianura veneta e la lombarda, apre più di trenta porte (fra strade carrozzabili e carrettabili) verso il regno. E tutte sono aperte in tal modo, che il vantaggio dell'offesa appartiene ali' Austria e non a noi. Piantata l'Austria nella parte più alta e più forte di tutte le valli, - noi di sotto nella part~ più bassa, più aperta, più difficile da sbarB blioteca Gino 81dnco
- 15 rare. Messa l'Austria in condizione di potere come da un solo centro prorompere all'offesa verso le parti più diverse (Valtellina, valli bresciane, valli veronesi, vicentine, bellunesi), - posta l'Italia nella condizione opposta di dovere adunare alla difesa o all'offesa le sue forze da tante vie divergenti e divise. Incombente l'Austria con la più grave minaccia alla pianura veneta là dove appunto la pianura si restringe appena a 50 chilometri tra il piè delle alture e l'orlo palustre della Laguna, - cosl povera per converso l'Italia in codesta parte di naturali difese, che basterebbe quivi un colpo di mano austriaco per privarci a un tratto di tutta la Venezia orientale e per isolare l'esercito nostro operante nel Friuli o v.~rso le Alpi Giulie. Senza contare, che la fortezza naturale di codesta posizione strategica privilegiata è stata accresciuta a mille doppi, pçr parte del Governo austriaco, con la costruzione d'una magnifica rete di strade militari condotte fin nelle parti più aspre della montagna e con l'erezione di grandiosi edifici militari e di opere fortificatorie d'ogni genere disseminate pertutto, in modo tale da dar base p consistenza fortissime non soltanto alla difesa contro ogni eventuale attacco ma più ancora a un'offesa meditata e preparata di lunga mano. Donde poi l'enormità dello sforz,o militare e finanziario, che l'Italia alla sua volta deve sopportare per la propria incolumità lungo tutta la frontiera di questa gran punta armata e minacciosa. contro la quale occorrono a noi difese tali che controbilancino non solo gli apprestamenti militari dell'avversario ma insieme tutti i vantaggi naturali della sua posizione. Si consideri un momento solo l'entità d'un tale sforzo nostro, a difesa d'un tratto di confine lungo più di 400 chilometri, aperto e pericoloso in cento punti, bisognoso di ripari eccezionalmente forti e dispendiosi; e si confronti con lo sforzo che invece esigerebbe la difesa d'una frontiera lunga soltanto 300 o 200 chilometri e formata da una serie quasi inintçrrotta di montagne formidabili, come sarebbe offerta sia dalla linea naturale dello spartiacque sia dalla linea montana separante i parlanti italiano dai parlanti tedesco. E si veda l'eloquenza straordinaria del paragone! Bibliotee,a Gino Bianco
- 16 La frontiera friulana. Ma forse che la tristezza del quadro per quel che riguarda la frontiera italo-austriaca del Trentino avrà diverso riscontro per quel che riguarda il confine dalla parte della Venezia Giulia? Cosl fosse, chè purtroppo le condizioni sono, da questa partç, se è possibile, ancora peggiori (vedi cartina 2). Dalle sorgenti del Piave per un centinaio di chilometri verso levante la frontiera coincide in verità, per singolare èccezione, col crinale stesso delle Alpi Carniche e, per un piccolo tratto anche più in là, colla linea di separazione linguistica. Ma, giunti che siamo al lato orientale della provincia di Udine, ecco il confine politico abbandonare del tutto, con un gran balzo a ponente, l 'intkra linea maestra delle Alpi Giulie, e senza seguire regolarmente nè una linea secondaria di contrafforti nè un corso fluviale e senza rispettare neppur lontanamente la linea divisoria delle nazionalità, voi Io vedete lasciar tutta intera all'Austria la gran 'falle dell'Isonzo, dimezzare bizzarramente tutta l'alta valle del Natisone, poi a un tratto precipitar giù verso la pianura friulana e verso l'Adriatico dietro al corso del Iudrio. Quasi pentito poi di essersi attenuto per un tratto abbastanza lungo alla linea regolare di questo corso d'acqua (benchè, intendiamoci, si tratti appena d'un misero torrente spesso completamente all'asciutto), ecco il -singolare confine, giunto alla pianura (vedi cartina 3), buttarsi capriccioso attraverso la campagna, svoltare a ·nord per correre a sud, tagliare a casaccio strade, sentieri, proprietà, saltare da un fosso ad un altro, svoltare, tornare addietro, e finalmente capitato addosso al corso dell 'Ausa seguirlo fino a cadere subito nella laguna di Marano e di là nel contiguo Adriatico. Che cosa sia e che cosa valga questa razza di frontiera, bisognerebbe chiederlo, per esempio, agli abitanti della valle del Natisone, che non, soltanto hanno la loro valle amputata nel mezzo in tal modo da togliere a quelli del tratto superiore ogni agevole comunicazione con quelli di sotto, ma che hanno anche in qualche parte il conBi lioteca Gino Bianco
17 - fine censuario discordante dal confine politico, così da dover pagare le imposte in Italia per terreni situati in Austria e resi spesso inaccessibili daJie bizze degli i. r. gendarmi; - bisognerebbe chiederlo agli abitanti della pianura friulana, partiti in due dalla frontiera in tal modo (vedi cartina 3) che un proprietario di Privano (è storia 8 bhoteca Gino Bianco
- 18 - e non leggenda) si trovò nel 1866, quando si defini la frontiera, ad aver la casa e il granaio nel Regno e la stalla e l'abitazion~ del gastaldo in Austria, mentre altri . più in là ebbero i poderi addirittura tagliati in due, senza 11 ~niz • C., Ajello fig. 3: Uu tratto di frontiera t1ella pia11urafriulana (Scala I : 100.000) che pur si tenesse conto dei fossi e delle siepi delimitanti le singole proprietà; - bisognerebbe finalmente chiederlo alle autorità militari, che dico?, a tutti i governi che dal 1866 in poi si trovarono in Italia di fronte al B•blioteca G ro Bia'lco
- 19 - quesito del provvedere alla difesa del Veneto, aperto, spalancato a qualunqu~ invasione traverso a questa gran breccia piana larga 40 chilometri, indifesa e indifendibile, continuamente minacciata da un nemico, che noi abbiamo sl sovente, con facil~ obllo, dimenticato, ma che non ha, egli no, dimenticato mai I 11veneto esposto alle In• vaslonl. ... E fosse qui tutto, chè purtroppo gl 'inconvenienti della frontiera verso il Trentino e quelli della frontiera verso la Venezia Giulia, oltre che gravissimi rispettivamente per sè, congiurano insieme ai danni della nostra difesa. Pensate, lettori italiani, la figura complessiva di tutta quanta la frontiera dai monti del Veronese fino al termine orientale nell'Adriatico, - vedete come questa figura assomigli per l'appunto a quella d'un gran ferro di cavallo, - considerate come il giro tutto intiero di codesto ferro appartiene ali' Austria, mentre la parte interna, serrata come dentro a una morsa, appartiene al1'Italia, - riflettete con che facilità codesta parte interna, o vogliam dire il Veneto, cosi mal servito dalla sua frontiera in quasi tutti i punti, potrebbe esser invaso contemporaneamente dalle parti più opposte, - riflettete ancora come la massima parte del Veneto sia una pianura uniforme, oriva di linee fluviali che possano prestarsi a una lunga resistenza (tanto che fino a pochi anni sono, sprovvisti com'eravamo di fortificazioni ai confini, - s p r o v v i s t i a 1 1 o r a , o g g i n o n p i ù ! - si consigliava, in caso di attacco austriaco, di dover abbandonare addirittura senza combattere tutto il Veneto per fermare il nemico all'Adige): - pensate, dico, e considerate tutto questo, e vedete dunque in tutta la sua realtà quale sia il peso, quale sia la minaccia che ci grava, fin che il confine odierno rimanga immutato!· B"bliotecaG no B1a'1co
- 20 - 11 1866 e la frontiera edlerna. Bel dono dunque fatto ali' Italia, tra gli altri del fatale 1866, questa frontiera orientale del Regno! Perchè è appunto al 1866, all'anno vergognoso in cui, più forti p~r terra e più forti per mare, fummo vinti e per mare e per terra, - e ci guadagnammo, come un soldo elemosinato, il Veneto, - è appunto al 1866, che dobbiamo questo acquisto che oggi ancora tanto ci grava. Quando infatti nel luglio di quell'anno, l'Austria, vinta dai Prussiani - alleati nostri - a Sadowa, si fu risolta a trattare per mezzo di Napoleone III la cessione della Venezia all'Italia per levarsi di torno il nemico meno temibile, - ebbe un bell'insistere il Governo del Regno (e con particolare efficacia, i ministri ViscontiVenosta e Rkasoli) perchè la cessione si estendesse anche al Trentino e alla Venezia Giulia, - ebbero un bell'aggiungere sulla bilancia Garibaldi e Medici da una parte, il Cialdini dall'altra, il peso dell 'azion~ militare che conduceva i primi, vittoriosi, fin quasi alle porte di Trento, il secondo, senza vittorie, fin oltre il Iudrio. L'armistizio firmato fra Prussia e Austria il 26 luglio stabiliva la consegna all'Italia, per intromissione francese, delle sole provincie venete, rimanendo intatto il territorio austriaco per tutto il rimanente; e il trattato di Praga, firmato tra Prussi~ e Austria un mese più tardi (23 agosto), riconfermava questi patti immutati. Così eh~ sola ormai rimaneva al governo italiano, giocato dalla Prussia aileata, la possibilità di chiedere, non già l'aggiunta di questo o quel territorio al terri- . torio veneto, bensì - modesta domanda e clrn pur da un vinto potevasi onestamente proporre, - un ragionevole miglioram~nto della nuova frontiera. Perchè nuova frontiera dello stato italiano diventava di punto in bianco, grazie alla cessione del Veneto, quello eh 'era stato fino allo scoppio della guerra il confine fra il dominio auBiblioteca Gino Bianco
- 21 - striaco del Veneto e i dominii pure austriaci situati a tramontana e a ltvante : veniva cioè elevato a un tratto a funzione di frontiera fra due stati indipendenti, quello eh 'era stato fino allora un semplice e insignificante confine amministrativo tracciato senza alcun riguardo agli interessi politici e militari di questo o di quello. Cioè, diciamo meglio, tracciato, pur nella sua incoerenza, con riguardo agli interessi d'un solo. Quel confine amministrativo infatti era ricalcato, in sostanza, sulla vecchia frontiera politica dividente nel secolo XVIII i dominii di Casa d'Austria da quelli della Repubblica Veneta, su una frontiera cioè che lo stato austriaco si era venuto formando nei secoli andati a furia di usurpazioni territoriali compiute a spese del decrepito governo della Serenissima. La storia degli ultimi tre secoli della Repubblica di San Marco è, può dirsi. una storia continua di usurpazioni di codesto genere, alle quali la neutraIissima Repubblica era pronta, sl, ogni volta ad opporre una infinità di documenti e di carte comprovanti il pieno diritto suo, ma colla conclusione inevitabile, che... i documenti rimanevano alla Repubblica e i terreni all'Austria. « Carta tua, montagna mia! » come suonava il vecchio motto del 1600. Onde era uscito fuori, a forza di transazioni e di strappi, quel bel confine che sappiamo, tutto congegnato, nelle sue infinite storture, a danno della Serenissima e a vantaggio dell'Austria : la quale Austria poi, quando nel 1814 ebbe prese per sè anche le provincie venete, si guardò bene dal soporimere o dal modificare radicalmente ··e!!a famigerata linea divisoria, solo correggendola qua e là a tutto danno, s'intende, del LombardoVeneto ed a vantaggio delle vecchie provincie di Casa d'Austria. Tutti questi vizii di quella che si voleva ora far diventare la nuova frontiera del Regno furono certo rigorosamente discussi nel 1866 dai plenipotenziari italiani prima di addivenire al trattato definitivo. Ma all'Italia, che di fronte all'Austria era allora (ed è oggi ancora, rammentiamocelo) la vinta di Custoza e di Lissa, - all'Italia l'Austria rispondeva, ostinatam~nte ferma nel rifiutare qualunque anche minima modificazione : cosl che il tratB blioteca Gino Bianco
- 22tato di pace, firmato a Vienna il 3 ottobre, .consacrava definitivamente come frontiera dei due stati il confine amministrativo preesistente, imposto dalla volontà del più forte. Vero è, che una clausola age:iuntiva stabiliva che la frontiera dovesse esser riconosciuta e segnata sui luoghi per opera d'una Commissione di tecnici italo-austriaca. Ma il compito della Commissione si limitò in realtà - nè poteva essere altrimenti - all'accertamento dei soli punti che per avventura non risultassero sufficientemente precisati. La frontiera dal 1866 ad oggi. Qualche mutamento, è vero, avvenne più tardi. Qualche mutamento, si... Trent'anni di alleanza, trenta anni di ossequiesa accettazione di tutti i soprusi che al- !' Austria piacesse d'infliggere ai nostri connazionali, dalla persecuzione dell'italianità in Dalmazia alla lunga corbellatura nella questione universitaria, dal sistematico sforzo per slavificare Trieste al bando in massa dei regnicoli stabiliti laggiù, trent'anni, dico, di rinunzia cosl piena e così supina, dovevano pure offrirci, è vero?, l'occasione per tentar di eliminare taluno degl'inconvenienti più gravi durati dal 1866 in poi... Orbene, in questa materia dei confini come in troppe altre, i trent'anni di alleanza, quando non hanno lasciato immutati i vecchi guai, hanno peggiorato in più d'un punto la situazione. Non v'ha italiano che non ricordi, per esempio, il clamore sollevato quattro anni sono dall'incidente onde fu resa celebre Cima Dodici, la specola superba (m. 2341) dominante dal confine vicentino tutti i Sette Comuni nostri e l'austriaca Valsugana. Su codesta vetta, assegnata all'Italia dalla conformazione stessa del terreno sfuggente a picco disotto alla cima verso le valli austriache, documentata italiana da tutti i documenti e da tutte le B bllotec2 Gino Bianco
- 23carte (cosi italiane come austriach~) dei secoli andati, ritenuta legittimamente italiana per uso e possesso secolare degli alpigiani, inclusa come italiana nel campo di esercitazione delle nostre truppe, - su codesta italianissima vetta, diciamo, la bandiera tricolore, inalberata il 18 settembre 191O durante un convegno del Club Alpino, veniva strappata la sera stessa dai gendarmi austriaci. Pochi giorni dopo scalava la montagna, ad affermar~ più visibilmente i diritti imperiali, una colonna di soldati austriaci, accompagnata da un sacerdote condotto a riconsacrar la croce terminale indegnamente dipinta dei tre colori. Fioccavano indi le querele degli alpigiani nostri invocanti i diritti propri e quelli d'Italia, protestavano i corpi costituiti dei Sette Comuni ~ della provincia vicentina, dilagava la contesa sui giornali e nel Parlamento ... , finchè dopo un mese di: chiacchiere, a conclusione di tutto, il Governo rivelava al paese l 'esistenza di un atto internazionale stilato cinqu~ anni innanzi, col quale erasi alla chetichella riconosciuto da parte italiana il possesso austriaco della Cima. Nel 1905 infatti, in occasione d'una ricognizione parziale dei confini, una Commissione di tecnici nostri si era lasciata, e per ignoranza e p~r poca oculatezza, raggirare cosi bene dai tecnici austriaci da far getto leggermente a pro' dell'Impero del buon diritto d'Italia. Nè il governo nostro, a cinque anni: di distanza, pur lasciandosi andare a proclamare « non potere un errore costituire base di diritto », osava poi menomamente insistere di ·ronte al governo alleato, irremovibil~ dietro alle trincee della « cosa giudicata ». Così dunque chiudevasi l'incidente di Cima Dodici, non grave in sostanza, a tirar le somme, dal punto di vista militare, data la mala accessibilità della cima dalla parte austriaca, ma prova novella della debolezza nostra - in alto e in basso - dove son da difendere i diritti della nazione, e documento insieme, fra i molti, di quella invadenza austriaca che porta così spesso i soldati della vicina Monarchia a sconfinare sul territorio nostro attraverso frontiere, che paion fatte apposta per far sorgere contestazioni e litigi. Molti altri esempi del resto potrebbero citarsi acB blioteca Gino Bianco
- 24canto a questo di Cima Dodici. Pochi ~!'lni avanti, per esempio, neilo stesso territorio vicentino, l'Austria s'era insignorita alla chetichella di 1545 ettari di territorio contestato, ricchi di pascoli e di boschi, nel comune di Lastebasse, mentre i-I Governo s'acquetava rassegnatamente al fatto compiuto e lasciava solo il Comune a prntestare contro l'usurpazione. Altrove, - esempio più grave, - all'estremo termin~ della frontiera nell'Adriatico, dura_ da anni questione fra i due governi, senza che il nostro riesca ad ottenere ragione, per un tratto di terra lungo la laguna di l\'larano e per lo spazio lagunare adiacente : terra e acqua, che tutti i documenti e le carte austriache anteriori al 1866 mostrano pertinenti alla provincia di Udine, ma sulle quali dal 1866 in poi il governo austriaco ha fatto, grazie alla solita debolezza del governo d'Italia, atto di possesso in continua gara con nor. Qualche altra cosa di simile si prepara, non v'ha dubbio, nella valle del Natisone dove, in una delle più singolari storture della frontiera, presso la Cima Uogu (M: Lubja), l'ultima edizione della carta militare austriaca, correggendo tutte le edizioni precedenti, fa austriaco per una larghezza di 300 m. un tratto di territorio sempre riconosciuto nostro. Astuzia facile a deludere, si dirà, questa d'una usurpazione compiuta sulla carta; ma di fronte ali' Austria, subdola e cocciuta, è il governo italiano, abituato, ahimè, per tradizione inveterata a chiuder gli occhi ed a cedere, sia che si tratti d'uno scoglio imperdonabilmente dimenticato in mezzo all'Adriatico (rammentiamoci- di Pelagosa !), sia che si tratti d'una cima abbandonata nel punto più vulnerabil_e del confine di terra. La frontiera condannata. A voler togliere, del resto, ogni appiglio ai litigi e alle contestazioni, non basterebbero - quel che s'è detto finora lo dimostra abbastanza -=- nè dieci, nè cento ritocchi parziali a questo o a quel punto singolo della B bl"oteca Gino Branco
-25 - lunghissima linea. La nostra è una frontier a, c h e n o n s i p u ò c o r r e g g e r e i n altro modo che sostituendola con una frontiera nuova. Questo sapeva nel 1866, quando imponeva l'attuale infelice tracciato, il Governo austriaco, non rassegnato affatto alla perdita delle provincie italiane, anzi deliberato a render facile per quanto possibile una nuova invasione o, quanto meno, a tener sempre appuntata vantaggiosamente un'arma, contro un avversario posto nelle condizioni più ardue e malagevoli di difr:,sa. Questo sapeva egualmente nel 1866, e lo seppe sempre dipoi, il Governo del nost"'o paese, costretto a sentire di continuo il gravame r:,il dolore di quella piaga sempre aperta nel fianco, costretto anzi per essa a rimaner trent'anni, di fronte all'Austria, alleato di nome, in realtà pupillo pauroso del vicino minacciante di continuo sulle soglie disarmate della nostra casa. Chè se, passati gli anni più tristi della nostra viltà, non più son oggi disarmate le soglie ma le presidiano difese tali da poter contrastare validamente agli' armamenti dell'avversario, ancora pesa, come al primo giorno, sul governo d'Italia, l'irrimediabile in/eriorità naturale che infirma da quel lato tutte le nostre difese e toglie all'Italia di poter disporrr:, liberamente e sicuramente dei propri destini. Ond'è che una sola soluzione della questione balenò, in tutti questi umili anni, come una lontana, troppo lontana speranza al desiderio degli italiani preoccupati dell'avvenire del loro paese : arrivare cioè comunque un giorno alla sostituzione del confine attuale con un confine nuovo, il quale cingesse finalmr:,nte il Regno di una difesa sicura e riunisse agl'Italiani, già resi liberi per l'opera generosa dei padri, questi altri Italiani piegati ancora sotto il giogo brutale. · Orbene, la nuova guerra scatenata sul mondo ha inopinatamente affrettato la soluzione fatale, e il confine orientale, spezzata a un tratto la trr:,ntennale alleanza durata fra i due stati vicini, è tornato a diventare per tutti noi, quel che troppi Italiani ciechi o smemorati avevano dimenticato ch'esso era: u n co n f in e c i o è voluto non per la pace ma per la B•blioteca Gino Bianco
- 26i u e r r a : - voiute per la guerra non da noi, ma dalla potenza che all'Italia deliberatamente, ostinatamente lo impose, - voluto per la guerra non da noi, ma dalla potenza che, ritraendosi quarantotto anni sono dalle nostre pingui pianure, tramava nel giorno stesso della ritirata il modo più agevole della riconquista. E le velleità della riconquista, tutti lo sappiamo, non si quetarono neppure negli anni, in cui l'Italia volontariamente stornava con un 'ingrata alleanza l'insidiosa minaccia di Vienna ; a quelle velleità sorrise ànzi la speranza improvvisa d'un infame trionfo, il giorno in cui il terremoto orrendo di Messina, paralizzando per un istante la vita italiana, parve prometter trionfale la « passeggiata in Italia» che costituisce l'ideale più lungamente e fervidamente accarezzato di tutti gli ufficiali austroungarici. Ma ora, - ora che l'Italia non chiude più gli occhi ingannata da alleanze addormentatrici ma li apre sicura e cosciente dei propri diritti e della propria forza, - ora che tutti i varchi, tutti gli sbocchi già indifesi e minacciosi son chiusi dai nostri soldati e dalle fortezze finalmente costrutte, - ora siamo noi che guardiamo nuovamente, con risvegliata coscienza, a quella frontiera, che l'Austria volle arma di guerra contro di noi e che noi vogliamo invece, per la nostra pace futura, garanzia certa e durevole dei diritti e dei destini della nazione. La frontieradi domanie Il confine llngulstlco. Quale abbia da essere poi codesta frontiera nuova, voluta per la pace avvenire d'Italia, non potrà esser dubbio per chi ci abbia seguito nella discussione delle ragioni che fanno insostenibile il confine odierno. Quei soli termini possono infatti sodisfare ai bisogni dello stato italiano, i quali, includendo entro il Regno i fratelli oggi servi, assicurino n_el contempo ad esso quella naturale durevole sicurezza, che oggi non possono dargli i labili e dispendiosi arnesi di guerra a gran pena disseminati B blioteca Gino Bianco
- 27 - lungo l'assurda frontiera. A queste due condizioni fondamentali dunque - del completamento dell'unità nazionalç e della garanzia della difesa militare - è indispensabile obbedisca insieme il confine futuro; poichè nè potrebbe essere accettata dallo stato italiano una frontiera militarmente buona che tradisse il postulato nazionale, nè potrebbe per conv~rso assumersi come ltca,tP. futuro una linea, includente sl i fratelli irredenti ma pericolosa per noi: dal punto di vista militare come la linea odierna. . Ciò posto, ognuno vede come facile, semplice, immediata si presenterebbe la soluzione, se nei territ•>ri oggi austriaci la schiatta italiana si estendesse compatta senza mistione e s~nza dispersione fino all'incontro d'una barriera naturale capace di assicurare davvero Io stato nostro contro ogni offesa straniera. La linea termine della nostra nazionalità essendo in tal caso una cosa sola colla linea di difesa desiderabile e dçsiderata, qui sarebbe senz'altro da designare e da volere la frontiera nuova d'Italia. Ma tale condizione di cose, che abbiamo veduto adempitrsi cosi nettamente in certi tratti del confine italo-francese alla cresta delle Alpi Cozie e delle Graie, non si verifica che in poca parte della regione della quale trattiamo. Se infatti si cerchi di precisare quale veramente sia e dove corra nella disputata regione la linea limite della nostra nazionalità o, diciamo pure (chè qui lingua e nazionalità si equivalgono), la linea limite della parlata italiana, facilmente si scorge come, - a parte le difficoltà del precisare una I.inea di separazione nelle zone mescolate d 'Italiani e di Slavi e nei territori dove persistono come isole brandelli vivi di lingue diverse, - il confine approssimativo della nostra nazionalità non coincide menomamente, fuorchè per un breve tratto nel Trentino, con una linea atta comunque alla difesa militare. Nel contado di Trieste infatti e nell'Istria, dove il confine linguistico (comunque si voglia tracciarlo nell 'incertezza delle zone grigie e delle isole linguistiche del1'interno) presenta un tracciato irregolarissimo su e giù per le campagne marittime e per le schiene del Carso, non v'ha un solo tratto di esso che coincida neppur !onB clioteca Gino B1c1nco
- 28 - tanamènte con una linea di ostac,oli naturali atti a una discreta difesa. E le cose non vanno in diverso modo nel Friuli, dove pure il confine tra Italiani e Sloveni corre abbastanza netto e regolare sulle colline tra Iudrio e Isonzo poi al piede dtlle alture da Gorizia al mare, ma dove una frontiera politica che volesse modellarsi sul confine delle lingue creerebbe ali 'Italia, di fronte ali' Austria padrona di tutte le alture, una situazione militarmente disastrosa come l'attuale (*). Nel territorio del1'Adige finalmente, dove la separazione linguistica fra il Trentino italiano e l'Alto Adige tedesco è formata in gran parte da due archi montani alti per buon tratto oltre i 2000 m., potrèbbe sì questa linea divisoria costituire pel suo carattere d'ostacolo naturale una frontiera valida alla futura difesa; senonchè fra i due archi montani s'intromette tutto piano ed aperto il corridoio dell'Adige, onde il confine linguistico e quello naturale perdono qui· subito la loro consistenza, tedeschi e italiani mescolandosi e contèndendosi quivi alternamente la supremazia della lingua fin dentro a Bolzano, e rimanendo aperta alle eventuali in'Vasioni la breccia che ha già troppe volte dischiuso alle armi tedesche la strada del sud. Concludendo, quella che in linea ti:1oricasembrerebbe esser la soluzione ideale, - porre cioè la frontiera di domani là dove ha i suoi termini nelle terre irredente la gente italiana, - si presenta invece praticamente come una soluzione inattuabile : semp1icemente impossibile anzi in tutta la Venezia Giulia, possibile ma non sc~vra di pericoli nella Venezia TridentiLJa. (') La fontiera nuova all'Isonzo, della quale accade udir par• lare ogei come di un magnifico dono che potrebbe e dovrebbe far contento in questa parte le aspirazioni italiane, non s'accosterebbe che in minima parte alla linea limite della nostra nazionalità. Essa significherebbe, precisando, un confine raggiungente l'Isonzo soltanto nel tratto inferiore dalla confluenza dell'ludrio al mare: che vorrebbe dlre l'annessione al Regno di 30.000 italiani al massimo (sui 90.000 del basso Isonzo, sui 400.000 della Venezia Giulia!) e l'acquisto di trenta chilometri d'una frontiera nuova militarmente preferibile all'attuale ... come una frontiera cattiva è preferibile ad una pessima. In sostanza, una corbéll!tura. Biblioteca Gino Bianco
- 29 - Lafrontieradi domanie il confine naturale. Ma se, posta da banda quella soluzione inattuabile e fermi in ogni modo al postulato del compimento della unità nazionale, si cerchi la linea predestinata alla difesa di tuttr gl 'Italiani là dove essa linea veramente, indiscutibilmente si trova, - oh allora chi dubiterà di segnarp i termini futuri della patria nostra rifatta veramente una, sulla catena maestra delle Alpi? delle Alpi che gli antichi salutarono erette « non sine aliquo divino numine » a presidio d'Italia, che Francesco Petrarca cantò schermo posto da natura fra noi e la rabbia tedesca, che Napoleone chiamò così perfetta cintura al nostro paese da far di esso quasi un'isola di fronte all'Europa? E ben forte e precisa cintura è la cate11a spartiacque delle Alpi nel tratto chç cinge e difende le sorgenti del- ! 'Adige e quelle dell'Isarco e della Rienza suoi affluenti: formidabile bastione davvero, ergepte decint di vette oltre i 3000 e i 3500 metri tra vastissimi ammanti di nevi perenni e di ghiacci, depresso appena con agevoli varchi alle fonti dell'Adige (Passo di Resca), al Brennero e alla sella di Toblaco : tre varchi in una barriera di quasi 300 chilometri! E, sebbene meno alta e agghiacciata, è pur aspra e serrata a difender le sorgenti del Piave e degli affluenti settentrionali del Tagliamento la catena seguente delle Alpi Carniche, già oggi, per singolare eccezione, servente in parte alla frontiera politica che qui soltanto coincide col termine naturale di Italia e della nazione italiana. Disopra alle sorgenti finalmente dell'Isonzo e dei suoi affluenti serrano ancora con ferrei cancelli l'Italia le creste tormentate ·e selvaggie delle Alpi Giulie, povere di passi e nude di vegetazione tanto da costituire in codestç parti uno de.i distretti alpini più chiusi alla vita umana. Onde può dirsi veramente, che per più di 500 chilometri i grandi tronchi del sistema alpino che si susseguono custodi delle fonti dei nostri fiumi dalle Alpi Tirolesi alle Giulie protegB bhoteca G no Bianco
- 30gono la stirpe italiana e le sue dimore con una barriera, che più chiusa e più facile alla difesa non si potrebbe desiderare. Ben è vero, che all'estremo orientale di codesta linea, dove a un dipresso si raccolgono le sorg~nti dell'Idria tributaria al! 'Isonzo, la fiera muraglia delle Alpi Giulie lentamente si spiana e vien meno (v. cartina 2), così che, nell'assenza d'una precisa catena divisoria, nell 'incerto alternarsi d~i piatti scaglioni e delle chiuse conche costituenti il singolare, caotico rilievo della contrada, nel mancar dei corsi d'acqua superficiali eh~ segnino colle loro valli declivi il pendere del suolo verso l'Adriatico, può parere che si smarrisca ~ venga meno, a tergo appunto di Trieste e dell'Istria, la precisa linea terminale d'Italia. l'vla tal~ lacuna non si estende tuttavia, - in retta linea fra l'Idria e il Quarnero, - per più di settanta o ottanta chilom~tri, lungo i quali, più qua o più 1~, s 'elevano pure vette dominanti e brevi tronchi di catena che sembrano segnare quasi i piloni, i frammenti della muraglia difensiva, solo in parte atterrata e spianata. Cosl dal monte Nanos che coi suoi 1300 m. comanda il passo di Resderta (Prevald), continuando p~i dossi costeggianti la sponda meridionale della Recca, e terminando con l'alto e ben segnato contrafforte che dal monte Maggiore (m. 1396) viene a cader sul Quarnero alla punta di Fianona, è già naturalm~nte disegnata una possibile frontiera futura appoggiata ad ostacoli attississimi alla difesa. Nello stesso modo, una linea che dalla precedente divergesse a monte di Fiume, non più volgendo al Monte Maggiore ma girando così da raggiungere il grandeggiante Monte Nevoso (m. 1796), indi spingendosi a sudest fino alle giogaie del Bittorai per calare di qui alle insenature dell'Adriatico, garantirebbe all'Italia una difesa non meno valida, assicurante l'Istria tutta intiera e insieme Fiume e i s~ni più intimi del Quarnero. Più consentanea certo alle nostre aspirazioni quest'ultima linea, o quella, diversa solo nel primo tratto, che dall 'estremità della catena Giulia, serrando non il passo di Resderta ma quel di Postumia (Adelsberg), può condurre ugualmente per più retto cammino al Monte Nevoso; B•blioteca Gino B1c1nco
- 31 - - più consentanee, dico, alle nostre aspirazioni l'una o l'altra di queste due linee, di quel che non possa essere la lin~a occidentale cadente alla punta di Fianona, poichè solo con una frontiera condotta arditamente Q sud-est del Monte Nevoso pub '111'It:alia aggiungersi, assicurata contro ogni offesa nemica, Fiume, la cittadella più avanzata dell'italianità nella Venezia Giulia, l'estrema rocca fronteggiante coi suoi 30.000 italiani l'impeto primo delle insidie croate e delle violenze magiare (*). Conoluslone. Tale dunque quale a~biamo a lungo descritto prima, la frontiera separante oggi lo stato italiano dalla monarchia austro-ungarica. Tale quale abbiamo disegnato e discusso poi, la frontiera che dovrà costituire la separazione dei due stati in un futuro che auguriamo, che vogliamo vicino. Debole e miserevole la prima, - la più debole, in gran parte, la più miserevole che mai potesse toccare in sorte a uno stato indipend~nte, - e perdipiù condotta così da recidere dalla patria le sue membra vive, condannando 800.000 italiani a vivere sotto un governo straniero deliberato a straziare e ad uccidere in loro parola, pensiero e spirito italiani. Forte e sicura la seconda, - idealmente forte, quasi dapertutto, e sicura quale a pochi altri stati potr~bbe toccare in sorte, - e p~rdipiù adempiente per intiero al voto nazionale che chiede sia finalmente patria a tutti gl 'italiani l'Italia. Pure non d'Italiani soli - conviene qui dirlo - sarà patria l'Italia, quando la cinga la rinnovata frontiera. L'impossibilità di arrestare i termini del Regno là dove precisamente hanno fine i parlanti italiano, trarrà Croati dell'Istria interna e della sponda del Quarnero, (•) Delle isole ciel Quarnero, che oggi fan parte amministrativamente dell'Istria, verrebbero ad appartenere all'Italia Cherso e lussin se il confine dovesse cade~e alla punta di Fianona, ma anche Veglia se il confine passasse oltre Fiume. B,blioteca Gino Bianco
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