Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

Un'idea nata in Inghilterra come baratto del tempo in Italia ha preso la forma di una vera e propria banca. Il problema dellla mancanza di tempo, avvertito drammaticamente dalle donne. Una rete di attività prestate, una tecnologia povera e un forte sensodi comunità. L'importanza che le banche restino piccole e "private". Intervista a Adele Grisendi. Adele Grisendi è direttrice del centro di documentazione Il cittadino ritrovato che hasedepresso la scuola per dirigenti pubblici dell'Università di Siena. Insieme a Rosa Amorevole e Grazia Colombo è autrice del volume La banca del tempo (Franco Angeli). In quali nazioni sono nate le prime Banche del tempo? In paesi dove c'è più Stato sociale? Sicuramente la Svezia è uno di quei paesi dove questa esperienza è molto sviluppata, e, come è noto, la Svezia è la patria dello Stato sociale. Lì i cittadini affiancano con la loro iniziativa lo Stato, non sono in alternativa adesso. Quindi,èl'esatto opposto di quello che si può pensare: dove ci sono politiche di welfare diffuse, si attiva anche la società civile che si muove laddove lo Stato sociale non può arrivare. Poi c'è la situazione francese che ha questa rete che si chiama TrocTemps (baratto di tempo), che è molto simile a quella italiana. E' bene specificare che queste esperienze sono nate ancora prima degli anni '80. Per tornare alla nostra analisi europea, in Inghilterra la situazione è diversa. Qui è presente il fenomeno dei LETS (locai Excange Trading System) che è esploso soprattutto negli anni della Thatcher in risposta ali' attacco forsennato allo Stato sociale che, come è noto, ha messo in grandi difficoltà i ceti popolari, portando a livelli di povertà anche chi godeva di un livello di vita decente. Una situazione contrassegnata da crescente disoccupazione ha favorito la nascita di questa rete di baratto e mutuo aiuto, che ha però caratteristiche diverse da quella italiana, perché in Inghilterra c'è anche il baratto di merci, per cui si presenta non tanto come fenomeno di economia sociale, ma come forma di economia alternativa. A conferma di ciò, è sufficiente verificare il tipo di scambi: per esempio, c'è chi fa il bucato con la lavatrice al vicino, indice di un livello di povertà simile a certe zone del nostro Mezzogiorno. Quindi, oltre Manica ha preso piede questa forma di baratto e, a dimostrazione di ciò, basta pensare che il governo Major duetre anni fa aveva pensato di tassare le banche del tempo. Cosa che poi non è avvenuta, perché c'è stata una reazione popolare molto forte. L'accusa del governo inglese era che la logica del baratto era quella di togliere lavoro agli altri cittadini che operavano dentro il mercato, da qui il tentativo di tassazione. Quindi i lets hanno assunto questa caratteristica di baratto generalizzato, che li rende molto diversi dagli organismi creati in Svezia, Francia, Germania e Italia. Basti pensare che in molte località usano come unità di misura non solo il tempo, ma anche la moneta, che regola il sistema del baratto. C'è una specificità nell 'esperienza italiana di banca del tempo rispetto a quella negli altri paesi europei? In Italia le banche del tempo iniziano ad affermarsi in questi ultimi anni. La prima esperienza nasce nel '91 a Parma per iniziativa di un gruppo di pensionate e pensionati iscritti al sindacato Uil di categoria, per cui il motore di tutto è stata la segretaria provinciale della Uil pensionati. Questa donna aveva sentito di esperienze di banca del tempo in Canada e negli Usa e pensò che, in presenza di un così gran numero di pensionati che magari non hanno alcuna intenzione di aderire ad associazioni di volontariato, ma hanno molto tempo a disposizione, era giusto provare a mettere le tante ore libere al servizio di un'esperienza di scambio reciproco che avesse il tempo come oggetto del rapporto. L'esperienza di Parma risulta, però, un ibrido, perché per un lato si caratterizza come struttura di volontariato, per l'altro ci sono correntisti che scambiano in maniera paritarià il proprio tempo. La seconda banca nata in Italia, che è quella che ha fatto esplodere il fenomeno costringendo anche i mass media ad occuparsene, è quella di Santarcangelo di Romagna. Qui il progetto è stato ideato e attuato da un gruppo di donne. Queste donne, mettendosi insieme, avevano dei bisogni da far valere, bisogni per i quali non si trova la risposta sul mercato, perché non sono neppure traducibili in lavori retribuiti. Né, d'altra parte, possono essere oggetto di attenzioni da parte dello Stato o dell'ente locale. Le donne hanno il peso della conduzione della famiglia, e dico "peso" cosciente perché al di là del legame d'affetto con i propri cari l'elemento faticoso è ben presente. Sono quelle attività che ruotano attorno alla vita familiare o alla vita della persona, che non sono quantificabili né traducibili con il metro del lavoro tradizionale, ma possono far sballare le persone. Per esempio, il caso classico è quello dei genitori che finiscono di lavorare alle 13.00 o alle 14.00, mentre la scuola finisce un'ora dopo o mezz'ora prima, per cui non sanno chi potrà recarsi a prendere il figlio, dato che non ci sono i nonni o questi non possono farlo. Questa è una situazione molto diffusa che magari a volte può essere risolta grazie a genitori della stessa classe, cosa che può essere facile nella piccola località dove ci si conosce tutti, ma già in città come Forlì o Ferrara, per non parlare di Bologna o Roma, la cosa è difficilmente praticabile. Ma ci sono anche altri W CarrdoeRi irparmdiFi orlì s.p.11. 1■~#1■ • • da O a 10 anni da 11 a 19 a>t>t' Perloroil migliorfuturopossibile esempi di piccole o grandi difficoltà quotidiane. Un caso emblematico è la bolletta da pagare, visto che delegare alla banca questo compito non è sempre conveniente, perché magari non ne pagano una e di ventiamo matti. Dover pagare tre bollette in tre periodi diversi può diventare una piccola impresa. Allora, anche qui, si può sopperire, nel caso si abiti in un grande condominio, affidando il compito al portiere o ali 'anziano vicino di casa, ma, normalmente, queste cose sono difficili da realizzare. Così diventa un problema, come può diventarlo accompagnare un proprio caro ad una visita medica, anche perché magari costa, visto che bisogna chiedere un'ora di permesso dal lavoro. Poi ci sono altre situazioni, magari più particolari, ma altrettanto significative, basti pensare ali' organizzazione di una cena o di una festa: non ho voglia o non so cucinare e davanti al mio pianerottolo abita una cuoca sopraffina che invece ha altre esigenze. Ecco, queste sono le cose che una volta dalle mie parti, -io provengo dalla campagna emiliana-, erano abbastanza abituali. Oggi non più. Quindi tornando all'esperienza di Santarcangelo, la natura degli scambi cui queste donne hanno dato vita è quella che ho descritto. Se devo cucire l'orlo dei pantaloni od organizzare una festa di compleanno o portare un anziano ad una visita medica non può certamente farsene carico lo Stato, ma neanche il volontariato perché quest'ultimo dona o fa assistenza, e comunque integra o sostituisce lo Stato. Invece quella della banca qel tempo è una rete di attività che peraltro non può produrre lavoro retribuito, perché uno non può dire che di professione fa gli orli: chi mai potrà assumermi per fare orli sulla base di una domanda che non si sa quale sarà? Che concezione del tempo esprimono queste banche? Sembrerebbe una visione conviviale, non mercificata, il rovesciamento del detto "il tempo è denaro". In questo caso denaro e tempo sono agli antipodi. Certo uno che lavora misura il suo tempo e questa diventa l'unità di misura con cui viene calcolata la sua retribuzione. E' anche un modo di dare materialità al tempo, che viceversa è immateriale. Sappiamo che c'è perché regola la nostra vita, la scandisce: nasciamo, cresciamo e moriamo. Nel caso della banca, è il tempo stesso che assume . materia, le azioni che si scambiano, misurandole in tempo, riempiono il tempo. Non è il tempo che serve a scambiare un'azione, ma è l'azione che serve a scambiare il tempo. Infatti l'unità di misura è l'ora. I blocchetti degli assegni, che sono in dotazione agli aderenti e vengono staccati di volta in volta, portano scritto "un'ora", "due ore", ecc. Quindi è il tempo che diventa la merce da scambiare: il tempo non si traduce in merce, ma è la merce che si traduce in tempo. In tempi in cui si parla molto di globalizzazione, l'anomia tende a prevalere e sembra affermarsi un processo di individualizzazione radicale verso la vita, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione. Questa esperienza può segnare una significativa inversione di tendenza? lo credo di sì. Ovviamente, non va contro la storia, contro il progresso, contro la tecnologia, però il fatto stesso che per creare una banca ci vogliano solamente una stanza, un telefono, una segreteria telefonica che sono i mezzi di comunicazione più vecchi, è indicativo. Per esempio il computer può anche non esserci, così il fax, perché ci si chiama tra una casa e l'altra tramite il telefono. Quindi, vengono usati mezzi abbastanza obsoleti se rapportati alla dimensione planetaria nella quale adesso viviamo. Questo perché lo scopo principale è stabilire un collegamento tra le persone, ricreando il senso della comunità. Infatti, l'ambito ottimale di insediamento della banca è il piccolo territorio. Può essere una strada, un gruppo di scuola, un quartiere dormitorio, una piazza ... In una realtà urbana se ne possono creare tantissime. Quando penso alla media e grande città in relazione alla banca del tempo, non immagino una costruzione sociale con una testa e un corpo giganteschi, ossia una cosa che ha presso il gabinetto del sindaco il coordinatore e presso ogni assessorato ne ha altri e nelle circoscrizioni ha, diciamo, altri venti sportelli. Penso a qualcosa di completamente diverso, per esempio alle casine delle api, dove ci sono tante arnie piccole che cementandosi insieme co- ' struiscono la grande casa. Poi possono anche comunicare fra loro, perché se in una città si creano varie realtà di questo tipo è possibile che si relazionino, ma non è necessario che ciò avvenga. Dovrebbero essere dei mondi che guardano al loro interno, perché scopo principale è, dicevo, ricostruire quel senso della comunità andato ormai perduto. In questo senso costituisce un' inversione di tendenza. Nella situazione italiana avete riscontrato una tipologia diversa tra la banca nata nella città e quella del piccolo paese? C'è una particolarità comune nelle 12-14 banche che ormai ci sono. Essa consiste nel fatto che il Comune è presente o come promotore, o come sostenitore, fatta eccezione per quella di Vercelli. Quindi, l 'enLa simrezm di unapensione integrativa, \U• . Per maggiorilnformazlonrlivolgitialle AgenzieUnlpol TJ1ff& ASSICURAZIONI I vostri valori sono i nostri valori ® te locale, attraverso la banca del tempo, sperimenta, secondo me per la prima volta, quello che dice la legge di riforma dei Comuni, secondo la quale gli enti locali devono favorire, promuovere e incentivare la libera associazione fra i cittadini. Nel nostro caso i Comuni realizzano questo obiettivo perché dovunque il Comune viene usato comeappoggio,perchéoffrelastanza, il telefono, il fax. Tutto il resto, però, viene deciso da chi si mette insieme. ASantarcangelo, che adesso ha adottato lo statuto associativo, e a Roma, il Comune viene già visto come un partner che scambia il tempo con gli altri e quindi vedrà in qualche modo tornare indietro le piccole cifre che spende per attivare la banca del tempo. In ogni caso l'ente locale, una volta che la struttura è funzionante, si ritrae, perché la banca assume, crescendo, una struttura giuridica propria. Però, nella fase iniziale il soggetto pubblico è protagonista dello scambio: "io ti dò gli strumenti per avviare l'attività, tu gruppo di donne mi dai indietro del tempo per fare delle cose". La differenza tra la grande e la piccola città o il paese è tutta nella struttura. E' chiaro che nella località di 2500 persone ci si conosce quasi tutti, per cui, ad esempio, la questione dell'affidabilità di chi entra nella banca non si pone: se uno è un topo di appartamento lo si sa. Nelle città di una certa dimensione, invece, possono sorgere dei problemi perché prima di dare le chiavi di casa a qualcuno per innaffiare le piante o dare da mangiare al gatto, bisogna conoscere abbastanza bene la persona. Dopodiché, siccome anche nelle situazioni territoriali più grandi si lavora in ambiti abbastanza circoscritti, le eventuali difficoltà si possono superare. C'è, allora, il problema della conoscenza dei partner della banca. Un antidoto a qualunque brutta sorpresa, come ci dimostra l'esperienza di Santarcangelo, è che I 'esperienza proceda gradualmente. Nel paese romagnolo hanno cominciato in quindici, a Ivrea in nove e hanno iniziato ad allargare il giro partendo dalle amiche più vicine. Una volta creato il nucleo originario, le persone che vogliono entrare vengono verificate attraverso l'accettazione di una serie di principi che sono oggetto di confronto tra chi vuole aderire e il gruppo iniziale; in questo caso c'è una forma di controllo delle motivazioni. Quindi, il fatto che ci si presenti in pubblico, dopo che una cerchia ristretta ha già sperimentato in una prima fase gli scambi del tempo e ha già discusso come organizzarsi facendo magari tesoro dell'esperienza di altri posti dove queste banche sono nate, può garantire da brutte sorprese. Una volta consolidata lacosa, ecco allora gli incontri in sfere più ampie: assemblee nelle scuole con i genitori, riunioni con donne per la preparazione al parto, incontri di caseggiato, ecc. Pertanto, ci si allarga, stando sempre attenti a fare da filtro per non perdere l'impostazione originaria che ha portato alla nascita della banca. Ad esempio le donne di Santarcangelo si stanno ponendo il problema di coinvolgere gli uomini. Però vogliono farlo quando saranno sicure che non rovineranno tutto. A Roma partono con una presenza sia di uomini che di donne, ma queste ultime dicono di volere tenere bene in mano il comando della Banca, perché quando parlano del progetto con gli uomini, questi ultimi chiedono subito: "Quanto si guadagna?". L'altra cosa che si sta verificando è che gli uomini in genere sono attratti dalla strumentazione informatica che può servire a gestire la banca. In tal modo siamo proprio agli antipodi, nel senso che in questo caso io vedo il computer come fumo negli occhi e invece per loro l'equazione è: banca del tempo uguale banca dati! E' proprio una concezione diversa. A Parma, per esempio, mi hanno raccontato che gli uomini sono disponibili a fare molte cose, ma non vogliono andare a leggere il giornale ad una persona ammalata o accompagnare un anziano in un posto o accompagnare a fare la spesa uno affetto da sclerosi multipla. Noi invece ci andiamo perché da quando siamo nate sappiamo che la cura delle persone è una cosa che ci tocca. L'uomo invece non lo vuole fare. Non c'è quindi una specificità femminile, magari femminista, nell'esperienza delle banche del tempo che inevitabilmente porta all'esclusione degli uomini? No, io penso che anche gli uomini si dovranno rendere conto che non tutto nasce dal loro cervello, ma anche da quello di Minerva. C'è una motivazione profondissima per cui le donne sono così portate a porsi il problema del tempo: loro il tempo non ce l'hanno mai! Questo è innegabile. Noi siamo in un mondo che ci sottrae tempo di continuo, rubandocelo, per disorganizzazione. Quando uno pensa che nel traffico cittadino si perde un sacco di tempo, ci sarà pure qualcuno che sia responsabile di questo caos e non vuole che il traffico sia più ordinato. Un altro esempio è la perdita di tempo nel rapporto con l'apparato dell'amministrazione pubblica: è micidiale quante ore ci ruba a tutti, uomini e donne. Se noi pensiamo al tempo che l'apparato pubblico ci sottrae per una burocrazia idiota, appare incredibile che nessuno si ponga chiaramente il problema di come restituire ai cittadini il tempo perso. Per affrontare questo enorme problema bisogna mettere in piedi delle strategie: da una parte, sono scelte che competono al governo locale, dall'altra sono strategie che coinvolgono il singolo cittadino, oppure sono strategie di solidarietà come nel caso delle banche del tempo. A proposito della questione dei tempi della città, ad esempio, mi viene in mente che qualche giorno fa si è tenuto un convegno, in collaborazione con il Politecnico di Milano, dal quale è emersa la consapevolezza che bisogna cambiare l'assetto urbanistico delle città, la mentalità degli architetti e di chi lavora sulla definizione degli spazi urbani. Questo è un progetto alternativo di governo delle città, che parte dalle persone e non dagli spazi, affrontando la questione fondamentale di trovare il tempo e di evitare di andare sempre di corsa. Tra l'altro questa è una politica densa di conflitti. Finalmente anche in alcuni assessorati delle nostre città, c'è chi comincia a porsi questo problema. Nel rapporto con le istituzioni, non c'è il rischio che la banca del tempo perda autonomia o si burocratizzi? Il Comune, secondo me, non deve gestire in prima persona la banca, perché questa funziona solo se è estranea a una logica burocratica, se non subisce intralci di tipo politico di alcun genere, per cui va avanti in piena autonomia, indipendentemente da qualsiasi pressione esterna. Inoltre ritengo che dalla vita quotidiana delle persone l'amministrazione pubblica debba stare alla larga. Insomma, si parla tanto di Stato leggero, di privatizzazioni, non si capisce perché il Comune dovrebbe occuparsi dello scambio delle torte! Il Comune, CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLl 1 NEL CUORE DELLA CITTA'

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