Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

mamma e la nonna cieca. E' molto legato allo zio. Il suomigliore amico si chiama Aldin; erano insieme alla scuola materna ed ora vanno a scuola insieme. Frequentano la V0 ed Anel è molto bravo. E' molto interessato ai computers e alla matematica. Gli piace anche interessarsi alla costruzione di case, una materiachestudia ascuola.E' molto difficile parlare con lui, perchè èun ragazzo molto chiuso e sensibile. Sua madre lavora come commessa in un negozio e anche prima della guerra vivevano molto modestamente. Edin è nato il 6 giugno 1980 a Sarajevo. Suo padre Mithat, che era ingegnere meccanico, venne fatto prigioniero ali' inizio della guerra aGrbavica, dove vivevano. Dopo molti tentativi di farlo liberare in cambio di altri prigionieri, la famiglia ebbe dalle prigioni serbe la notizia che era morto. Era il 12 giugno 1993. La madre Vahida, medico, è rimasta sola con due figli, Edjn e Nermina, che ora ha 14 anni, e ha dovuto lavorare molto duramente per tirare avanti. Hanno anchedovuto lasciare il loro appartamento a Grbavica e tutte le loro cose, ma sono riusciti a salvare la vita. In seguito hanno trovato una sistemazione provvisoria, ma ritorneranno nel loro appartamento di Grbavica ora che i serbi hanno lasciato il quartiere. Naturalmente lo hanno trovato non solo completamente vuoto, senza i mobili e le altre cose di famiglia, che gli occupanti hanno venduto pochi giorni prima di lasciarlo, ma anche distrutto, senza più le porte, le finestre e gli impianti. I vicini che erano rimasti Il non hanno salvato neanche una foto di famiglia. Tuttavia la famiglia Zagora ha deciso di riparare l'appartamento e dj continuare a vivere lì con gli amjci serbi di prima. Edinf frequenta la 3° ginnasio. Il suo profitto è eccellente, parla l'inglese e il tedesco. Il suo interesse più grande è il computer, scrive articoli per un giornale per ragazzi, è interessato alla tecnica e gli piacciono molto gli sport. Il suo sogno è di avere un computer. Probabilmente dopo le superiori studierà stomatologia. Prima della guerra sciava e correva in bicicletta, ma nel 1994 è stato investito da un'auto mentre attraversava sulle striscie pedonali: si è salvato, ma è rimasto gravemente ferito alle gambe. Gli piacciono molto i fùm e la TV. La madre mi ha detto, con orgoglio, che durante la guerra, Edin l'ha aiutata molto nei lavori più pesanti, andava a prendere l'acqua e la legna per il fuoco. Come molti altri ragazzi aveva preso il posto del padre in casa. Bojana è nata il I ottobre 1991 a Sarajevo e suo padre Damjan ha perso la vita il 4.12.1992, quando lei era una bimba che cominciava appena a camminare. Bojana non ricorderà mai suo padre. Della vita felice della sua famiglia restano solo poche fotografie. La sua giovane mamma Sanja si prende cura di lei con tutto l'amore e la forza possibili, ma è anche molto severa con lei, ha sempre paura di sbagliare nella sua educazione, da quando è rimasta sola. Anche seè una bambina obbediente la "piccola Bo", come la chiama il nonno, ha una personalità molto forte. E' una femmina al 100%, cioè le piacciono i vestiti, le scarpe e soprattutto il trucco! Sua madre deve stare sempre attenta che Bojana non prenda i suoi trucchi e non vada in giro con il viso colorato. A chi le chiede perchè faccia così, lei risponde che vuole diventare una dottoressa e che quindi deve sempre esserecarina, elegante e truccata. Come tutte le altre bambine amagiocare con le bambole ed è molto legata al nonno. La sua più grande gioia è quando lui la va a prendere per portarla in giro in macchina. In famiglia tutti stravedono per Bojana, che è l'unica bambina. Anche i genitori del marito e gli zii sono molto legati a lei, ma purtroppo sono poveri e possono darle solo tanto affetto. Danida è nata il 10gennaio 1985 a Sarajevo. Suo padre Besalet venne ucciso il 21 settembre 1992, usato come scudo umano a Vogosca. Faceva il fornaio. La mamma Dzemila, casalinga e senza istruzione, è rimasta sola con due figli: Danida e il fratello più grande, Admir, che è un ottimo studente, molto interessato allo studio dell'inglese e del computer. A dire la verità Danida non è così brava come il fratello, è un po' pigra, ma a scuola riesce bene ugualmente perchè impara molto velocemente. Le piacciono l'inglese, le danze folkloristiche e il canto. Aveva appena iniziato la scuola quando è scoppiata la guerra, ed in questa orribile situazione ha cominciato a studiare. La sua mamma dice che è brava, ma deve essereseguita un po'. Forse queste nuove relazionj di amicizia e di corrispondenza saranno per lei uno stimolo ed un buon motivo per migliorare. Comunque sua madre è una persona molto brava, che non si è mai persa d'animo: dice che, anche se è rimasta da sola, è felice perchè ha due figli meravigliosi, che si vogliono molto bene e che amano e rispettano la loro madre. Loro hanno una casa in un quartiere di Sarajevo chiamato Velesici. La casa è stata bombardata due volte, ma fortunatamente è ancora in piedi. Faruk è nato il 2 dicembre 1980 a Rogatica. Vive con sua madre Mahira, 38 anni, avvocatessa,esua sorella Azra di 11 anni. Mahira è nata ed ha studiato a Sarajevo, durante gli studi ali 'Università aveva conosciuto Sakib, si era innamorata, l'aveva sposato e seguito in un piccolo villaggio di montagna vicino a Rogatica, di nome Kovanj. La vita in un pccolo paese isolato era molto difficile. Vivevano con i genitori di Sakib, che eradiventato archi tetto. Era i11979.Mah ira amava molto il marito ed anche la sua famiglia, perchè lei aveva perso la mamma quando aveva3 anni. Dopo un anno nacque Faruk e dopo 4 anni Azra. Poi è cominciata la tragediadella famiglia. Il I aprile 1985 era nata Azra, in agosto Mahira, dopo aver fatto dei lavori pesanti ed essersiaffaticata, fece un bagno. Appena 15 minuti dopo si accorse di non riuscire più a muoversi. Era rimasta paralizzata. Dopo la prime cure per sopravvivere ha trascorso due anni in diverse cliniche per la riabilitazione, ma non si è mai saputo come sia potuto accadere. La medicina non è riuscita a diagnosticare questamalattia. Dopo altri 6 mesi ha ricominciato a muovere la mano sinistra, dopo 2 anni ha recuperato un po' l'uso della mano destra. Mahira non ha mai perso la sualucidità e la speranzadi ritornare ad una vita normale. Dipende dall'aiuto degli altri. Suo marito l'ha lasciata per un 'altra donna. Faruk ed Azra fanno tutto da soli: Faruk pulisce la casa, fa la spesa, lava, veste e mette in piedi la mamma. Azra cucina sotto il controllo di suamadre. Mahira è stata a letto per 10 annj_Quando è cominciata la guerra i cetnici hanno presoRogati ca.Chi poteva scappava e correva via, altri furono uccisi o fatti prigionieri. Mahira era sola in casa (i ragazzi erano stati mandati a Sarajevo) ed una donna l'aiutava. Quando questa donna fu uccisa Mahira stette diversi giorni da sola, senzapoter mangiare, bere, chiamare aiuto. Poi i serbi arrivarono ed arrestarono anche lei. Si deve ringraziare solo Dio seè riuscita a sopravvivere al carcere nelle sue condizioni. In prigione ha dovuto assistere a tutte le possibili violenze e agli orrori più tremendi. Dopo 15giorni fu rilasciata in seguito ad uno scambio con altri 400 prigionieri a Hresa, vicino a Sarajevo. I familiari l'hanno trovata ecosì adesso lei è di nuovo con i figli. Faruk frequenta la I O classedi una scuola per dentisti, è molto bravo, parla l'inglese ed è un ragazzo molto modesto. Azra è un po' gelosa di non essere stata messa in questa lista, ma io ho pensatocheFaruk ha bisogno di una mano e di un sostegno, perchè, anche se ha solo 15 anni, ha tutta la famiglia sulle spalle. Come profughi hannoavuto temporaneamente l'uso di un appartamento. Melisa è nata il 20 novembre 1983 aSarajevo, dove vive con i genitori ed una sorellina, Lana. Melisa è handicappata, acausadi unamalattia chiamata Sindrome di PraderWilly. Dopo aver trascorso la prima infanzia in vari ospedali ed istituti, subendo molte operazioni alle gambe, finalmente, a 5 anni, è riuscita a camminare. Nonostante la guerra, quando era possibile andava a scuola, un istituto speciale per bambini handicappati, molto lontano da casa sua, e faceva esercizi di ortofrenia. Le bambine, come tutti durante la guerra, trascorrevano le notti nelle cantine buie e fredde ed erano spessoaffamate e spaventate per i bombardamenti. Questasituazione ha peggiorato le condizioni di Melisa, che hacominciato ad avere attacchi di convulsioni. Il padreMuhamed erameteorologo ali 'aeroporto di Sarajevo, ora èsenza lavoro. La mamma, Sabina, giurista presso la ditta UNIS UTL, dal primo giorno di guerra ha lottato per sfamare la famiglia. Sfidando i bombardamenti attraversava la città per recarsi al lavoro. Tornando a casa raccoglieva la legna, faceva la fila per un po' di cibo, raccoglieva le ortiche ed altre erbe per fare una zuppa. Lana ha 10 anni, le piace la scuola ed è sempre allegra. La famiglia, dopo 15 anni, aveva avuto in assegnazione un appartamento a Vogosca, una zona della città finita sotto il controllo dei serbi. Ovviamente avevano speso tutti i loro risparmi per comperarlo ed arredarlo. Erano felici ed aspettavano di trasferirsi nella nuova casa,quando è scoppiata la guerra. Sabina stava sistemando le ultime cose (il giorno dopo avrebbero cominciato ad abitarci), quando sono entrati i soldati serbi con le mitragliatrici, e l'hanno buttata fuori minacciando di ucciderla. E' riuscita a scappare attraversando di notte, per IO Km, il territorio serbo. La famiglia ha trascorso gli anni della guerra nel piccolo appartamento della nonna, senzale proprie cose, con la zia e la sua famiglia, anch'essi fuggiti dalla loro casa. Il nonno, ufficiale in pensione della ex armata jugoslava, è morto d'infarto durante un bombardamento, mentre portava pesanti taniche di acqua. Quando si è presentata l'occasione di trasferire Melisa come malata grave in Italia, mamma Sabina ha deciso di rimanere aSarajevo per non abbandonare la madre, vecchia e malata, ed il marito, che ha perso tutti i familiari nella città di Jajce. (a cura di Kanita Fociak) Per ilderire all'iniziativa di adozione a distanza inviare il contributo tramite bonifico bancario sul c/c 28304/77 della Cassa dei Risparmi di Forlì, sede centrale, intestato a Comitato Sarajevo, specificando se si tratta di una tantum o di versamento mensile, bimensile, o trimestrale. L'entità del contributo è del tutto discrezionale, mentre ad ogni ragazzo di Sarajevo verranno versate 200.000 lire mensili, almeno per un anno. I brevi cenni biografici riportati sopra riguardano il terzo gruppo di ragazzi che già ricevono il contributo mensile. Per informazioni rivolgersi alla redazione di Una Città. Tel. 0543/21422; fax 0543/30421. eca Gino 1anco DA BERLINO Intervista a Birgit Cramon Daiber Birgit Cramon Daiber è stata deputata verde al Parlamento Europeo nella scorsa legislatura. E' autrice di diversi saggi, in particolare sullo stato sociale e sui movimenti femminili. Come ti trovi a vivere nella nuova Berlino? Sono stata al Parlamento Europeo dall'89 al 94. Al rientro dopo soli cinque anni sono rimasta shoccata dal cambiamento awenuto. In città sono arrivati nuovi immigrati, polacchi, russi, ucraini, rumeni. Per loro Berlino è sempre stato un punto di passaggio nei trasferimenti verso l'Ovest. C'è, ora, una nuova comunità di circa 1Omila russi di origine ebraica. Per chi arriva a Berlino, la vita non è facile. Ha una storia di città dura; già dagli anni '20 attirava la povera gente e anche oggi il 60% del popolo berlinese è un popolo povero. Berlino ha una storia diversa dalle altre città germaniche. Il settore Ovest è stato un luogo extraterritoriale della Germania: i soldi venivano da fuori o dalle istituzioni internazionali. La Freie Universitat -l'università libera- era un'istituzione americana. Ora è difficile per la città trovare un modo di vita normale. C'è un livello culturale ed intellettuale molto ricco, ma l'economia della regione è povera, con una struttura industriale poco moderna. Ora anche quella poca industria se ne va e c'è una disoccupazione molto forte. Ci sono molti cantieri edili ma con operai inglesi, irlandesi, anche italiani, che costano meno. Così perfino tra i lavoratori edili tedeschi c'è molta disoccupazione. Bisogna riconoscere che Berlino è sull'orlo della bancarotta. Gli amministratori avevano un ruolo importante nella distribuzione dei fondi assistenziali, nei mille progetti in campo sociale e culturale. Tutto ora deve essere cambiato perché non ci sono più soldi. Ma Berlino è contemporaneamente il luogo privilegiato in cui l'unificazione può essere vissuta giorno per giorno. Se vai a Dresda o a Francoforte ognuno è ancora immerso nella propria cultura, nella propria storia. Mentre qui bisogna mettersi insieme. Ci sono ancora forti differenze culturali, ma il mondo del lavoro è già ben intrecciato con una buona cooperazione. C'è integrazione ma anche separazione. C'è bisogno sia di integrazione che di ambiti di separazione. Un processo interèssante che però richiede tempo. Se vuoi mettere tutto insieme frettolosamente non funziona. C'è bisogno di awicinarsi e anche un po' di allontanarsi. Nella vecchia Berlino Est il Pds ha raccolto più del 30% di consenso. C'era una tradizione che affidava allo Stato l'occuparsi delle cose sociali. Invece con l'unificazione hanno dovuto capire che c'è bisogno di un sistema sociale ma che è anche necessario uscire dalla passività, dalla rassegnazione e assumersi qualche responsabilità e rischio personali. Dall'insicurezza che abbiamo vissuto ad Ovest nei decenni del muro è venuta anche un'energia. Da questa insicurezza ci veniva la convinzione che dovevamo fare qualche cosa. E chi ha vissuto ad est ora ha provato per 6 anni il sistema dell'ovest ed è in grado di fare i conti. Pensi che Il saldo tra più e meno sia considerato negativo dai lavoratori dell'est? Bisogna intanto pensare che la disoccupazione all'Ovest è molto più alta che a Est (14 % contro 11 %). Lo Stato ancora fa di tutto per creare delle possibilità a chi vive nell'Est. Che non è solo Berlino. Ci sono paesi dell'Est, zone di campagna, dove la disoccupazione raggiunge il 50%, dove c'è molta insicurezza. Così lo Stato cerca di rallentare la crisi con sussidi o corsi di formazione. C'è anche una quota non piccola di lavoro nero, tra i molti che non hanno la cittadinanza ufficiale, i clandestini, quelli che vivono dei 500 marchi circa di assistenza sociale, che sono molto pochi per la Germania. Tutte queste persone vivono in stato di ansia perché i controlli sono molto più accurati che in altri paesi. Rischi l'espulsione o la perdita dell'assistenza. C'è un forte stato sociale ma anche un forte controllo dello Stato. C'è una legislazione molto reazionaria per i rifugiati che ottengono facilmente l'asilo politico e un sussidio umanitario, ma non possono avere cittadinanza e lavoro legale. A Berlino Est hanno creato negli ultimi cinque anni 300 mila nuovi posti di lavoro perché lì ci sono molti che hanno una qualificazione professionale più alta della popolazione tradizionale dell'Ovest e perché i giovani sono disponibili anche ad accettare condizioni di lavoro peggiori. Chi ha più difficoltà sono gli operai dell'industria tradizionale dell'Ovest che subiscono un processo di forte esclusione sociale. Ho fatto una ricerca in Neu-Ki:iln, un grande quartiere tradizionalmente operaio ad Ovest, che negli anni 80 e all'inizio degli anni 90 ha avuto la più forte presenza della destra estrema. Una classe operaia forte diventa molto dura se subisce processi di esclusione. D'altra parte, bisognerebbe evitare un tipo di sviluppo già provato in grandi metropoli come Londra, Parigi, dove la popolazione della città viene espulsa perché non riesce più a pagare l'affitto di casa. Fino ad oggi Berlino non ha una struttura così. I quartieri sono molti diversi tra di loro ma in ciascuno dei 23 distretti c'è in genere una buona mescolanza di lavoratori, piccola borghesia, benestanti. Non c'è quel tipo di borghesia, dominante sul piano economico e culturale, che vediamo a Roma o Francoforte perché all'Est non c'è mai stata e dall'Ovest se ne è andata negli anni 50 e 60. I nuovi investimenti si rivolgono piuttosto verso la Repubblica Ceca o la Polonia, che sono molto vicine. Da una parte, vedi in questa tendenza una possibilità per altri paesi dell'Est di beneficiare in qualche modo dei vantaggi dell'industrializzazione; dall'altra, temi per l'aumento della disoccupazione in Europa. Nella crisi poi la questione ecologica tende a diventare sempre meno importante. C'è bisogno di mettere insieme questione sociale e qualità ecologica dell'economia. In passato la politica del governo regionale era molto sensibile alle problematiche sociali. Ha così stimolato la presenza di una miriade di piccoli progetti: per la formazione professionale dei giovani, per gli handicappati, per la cultura, residenze comuni per giovani o donne. Ora sorgono altri tentativi. Il Tauschring per esempio, che promuove lo scambio di beni e di servizi senza l'uso di soldi. Ma come trovare un livello di presenza politica realmente indipendente dallo Stato e dai meccanismi di mercato? Come evitare il rischio per l'economia alternativa di rimanere marginale, di non avere forza politica o visione· generale sufficiente? Anche la cosiddetta "scena alternativa" dovrà trovare nuove risposte. Sono successe così tante cose e così rapidamente in questi ultimi anni che c'è proprio bisogno di un periodo di riflessione, ricerca, riscoperta della realtà. Anche di lasciar crescere lentamente le esperienze che nascono nella società. Le risposte ideologiche sono finite. Questo sembra il tempo della destra che convive ancora bene con l'ideologia. I liberali tedeschi univano un tempo il liberalismo di mercato ad un impegno per le libertà dei cittadini. Oggi è rimasto solo il mercato. Ogni città ha una sua storia particolare che non si può ignorare. Abbiamo bisogno di trovare con pazienza una strada originale all'interno della storia della città, che non dimentichi le reti di solidarietà che sono state costruite, della capacità di lotta che c'è stata in questa città. Gli Stati non sono più in grado di dare una risposta unica, nazionale, alla domanda di politica sociale. E' una questione che deve essere affrontata contemporaneamente a livello europeo e a livello delle singole regioni e città. Come è cambiata la situazione per le donne? E per i giovani? All'Est quasi il 90% delle donne lavoravano. Statisticamente era molto di più che all'Ovest. C'era un sistema di sicurezza sociale molto forte. Ora molte donne sono disoccupate. Ci sono ancora molti asili nei quartieri, ma stanno diventando inutili perché le donne dell'Est, dal 1990, hanno quasi smesso di fare bambini. Non so se è per paura del futuro. La loro identità era molto collegata al lavoro, quindi la disoccupazione provoca un disagio, non solo economico, molto più forte che agli uomini. Non sono molte le donne attive in campo politico o nelle organizzazioni sociali. Non ho mai capito quando le donne decidono di fare bambini. Ricordo che mio nonno era furioso con mia madre quando mi ha messo al mondo in piena guerra, nel 1944. Per i giovani la situazione è più difficile. C'è stato un accordo tra governo e sindacati che prevede un aumento delle.forme di lavoro a tempo parziale o con forte mobilità, ma vale per le regioni dove c'è del lavoro da suddividere. Non è il caso di Berlino. C'è invece un dibattito forte sul tema della riduzione generalizzata dell'orario di lavoro nei servizi sociali. A Berlino ci lavorano più di 100 mila persone: la più grande impresa della città e si trova di fronte alla minaccia di una drastica diminuzione di posti di lavoro per mancanza di fondi. Anche il sistema di formazione professionale che prevede uno stretto legame tra studio e lavoro trova difficoltà nella crisi delle piccole imprese, soprattutto artigiane, che lo sostenevano. I giovani hanno un forte livello di emancipazione., ma fuori dall'interesse per la politica. Anche in Germania il mondo politico è cambiato. Tutto sembra ridotto al simbolico, alla presenza sui media. C'è una minoranza attiva nell'università e nella città. Se a Berlino gli episodi di razzismo sono relativamente limitati lo si deve, credo, soprattutto all'impegno di molti giovani attivi, sensibili e ben informati, che hanno una funzione forte, non sul livello simbolico della politica, ma molto pratico, nell'aiuto e nella presenza concreta nei quartieri. • La testata UNA CITTA' è di proprietàdellacooperativaUNAGITTA'. Presidente: MassimoTesei. Consiglieri: RosannaAmbrogetti,Paolo Bertozzi, RodolfoGaleotti, FrancoMelandri, Gianni Saporetti,Sulamit Schneider. Redazione: RosannaAmbrogetti,MarcoBellini, PatriziaBetti, Fausto Fabbri, SilvanaMassetti,MassimoTesei,GianniSaporetti(coordinatore). Collaboratori: LorettaAmadori,AntonellaAnedda, GiovannaAnceschi,Giorgio Bacchin, Paolo Bertozzi,Aldo Bonomi, BarbaraBovelacci,MassimoCasadei,Michele Colafato,DoloresDavid,Camiliode Piaz,MirellaFanti,LisaFoa, KanitaFociak,HubertGassar,LianaGavelli,Marzio Malpezzi,FrancaMarchetto,FrancoMelandri,Carla Melazzini,MariaAssunta Mini, MorenaMordenti,Lejla Music, SimonettaNardin,AlessandraPapa,LindaPrati,CarloPoletti,EdiRabini,StefanoRicci,FlavioRonchi,donSergioSala, SergioSinigaglia,SulamitSchneider,SenkaTrolic. Interviste: A Adriano Sofri: GianniSaporettieMassimoTesei. A Ilvo Diamanti: MarcoBellinieGianniSaporetti.A BirgitCramonDaiber. EdiRabinieMassimoTesei. A AdeleGrisendi: Sergio Sinigaglia.Alle donne di Santarcangelo: SergioSinigaglia.A Francesco: Nino Roccae UmbertoSantino.A Renato Novelli: SergioSinigaglia.A AndreaCanevaro: DoloresDavideGianniSaporetti.Agli esponentidella LegaAmbiente di Seveso: GianniSaporetti. A Gianni Pettenella: PatriziaBetti.A RobertoMarchesini: GianniSaporetti. A Pierre-André Taguieft. MarcoBellini. A Maria Luisa Rigato: Simonettanardin. Disegno: di StefanoRicci. Foto di FaustoFabbri. In copertina: di Controluce/Gianni Fiorito. Pag. 6: a cura di Kanita Fociak. Pag. 11: di Antonino Giordano. Pag. 13: dall'archiviodi AndreaCanevaro.Pag. 20: dall'archiviodi MariaLuisa Rigato, Fotografia Pontificia Francesco Reale. Grafica: "CasaWalden". Fotoliti: Scriba. Piegatura: LegatoriaEditoriale. Questonumeroè statochiuso il 7 maggio '96. UNA CITTA' 7

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