Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

155 BIBLICU Quello che oggi è scontato, le donne ministri dell'Eucarestia, fu frutto negli anni 60 di una lunga lotta. L'aria del Concilio e l'ingresso alla facoltà di Teologia. La prima ricerca sulla suocera di Pietro. Il desiderio di un sacerdozio femminile contro cui, nei Vangeli, non c'è nulla. La sera della resurrezione tra i Dodici mancava Tommaso, ma non c'erano altri? Intervista a Maria Luisa Rigato. Maria Luisa Rigato è stata la prima donna ad essere ammessa, nel 1965, al Pontificio Istituto Biblico di Roma, un istituto post-universitario gestito dai Gesuiti. A livello 'professionale' non poter diventare prete per me ha significato dover ripiegare sull'insegnamento della religione. A livello personale, invece, ho vissuto come se avessi potuto fare questa scelta: di fatto ho vissuto e vivo nel celibato. Non parlo volentieri di questo, ma posso dire che è stata una scelta libera. Perché l'ho fatto? Quanti me l'hanno chiesto! Ma come, mi dicevano, una donna bella come te! E non è che gli uomini non mi piacciano! Sono celibataria per un motivo religioso. E' una scelta che ho fatto quando avevo ventun anni, e che mi è costata e costa ancora fatica, che sgorga dalle Scritture. A pensarci bene, anche se non ce lo siamo mai dette, un po' tutte noi, teologhe o bibliste, almeno in campo cattolico, abbiamo scelto il celibato. Sì, anche le teologhe più giovani, con le quali, d'altronde, ci sono molte differenze: loro non sono arrabbiate come lo eravamo noi. Mi accorgo che una donna di vent'anni più giovane di me non ha i miei problemi. Il mio problema era la liberazione, ottenere gli strumenti che in campo esegetico mi avrebbero permesso di dire: "Ecco, anch'io sono in grado di interpretare i testi e fare una ricerca". In qualche modo le più giovani trovano la pappa pronta, qualche volta si meravigliano ancora, ma quello che oggi è scontato, come ad esempio che le donne siano ministri dell'eucarestia, -nel senso che distribuiscono la Comunione, fanno le Letture liturgiche, possono ricevere I'Eucaristia sotto le due Specie (Pane e Vino consacrati)-, oppure che frequentino le facoltà teologiche, per me non lo è affatto, anzi è frutto di anni di lotta. Io leggo ogni domenica mattina in Chiesa e questo piccolo spazio lo tengo stretto! Per le donne oggi tutto ciò è un dato di fatto, mentre io ho dovuto lottare non soltanto per quello che oggi ancora non ci danno, ma per quel lo che è invece ovvio e accettato. Il mio interesse per la dottrina è nato fin da quando ero piccola e sin da giovane mi chiedevo: "Perché non posso diventare prete?" E la gente mi rispondeva: "Perché non ti fai suora?" Ma io capivo che non era la stessa cosa! Allora ho cercato di ottenere almeno una cosa: di poter accedere direttamente alle fonti del cristianesimo. Mi rendevo conto che avere gli strumenti in mano per poter interpretare certi testi doveva essere una cosa grandiosa. Altrimenti non avremmo mai avuto alcuna voce in capitolo. Hai voglia a dire: "Secondo me il Nuovo Testamento non può essere contro le donne", quando poi c'è sempre qualcuno pronto a ripetere la famosa frase di Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi: "Le donne nelle assemblee tacciano" ... Io capivo e sentivo che era solo un fatto di interpretazione, ma non avevo gli strumenti in mano per dimostrarlo. Ci voleva competenza per dimostrare che si tratta di affermazioni disciplinari, non teologiche! Così, appena ne ebbi la possibilità, cercai di procurarmi tali strumenti. Un po' contro tutti, perché la mia famiglia era piuttosto laica. Mio padre era un veneto emigrato a Breslavia, dove nacqui nel I934. Mia madre era ebrea tedesca e si convertì al Cattolicesimo per sposarsi. Allora Breslavia era Germania e mia madre si salvò dalle persecuzioni naziste perché era sposata con un cristiano e perché questo cristiano era italiano: il matrimonio era considerato privilegiato (privilegierte Ehe). Con gli italiani c'era ancora amicizia e non toccavano questi matrimoni. Solo alla fine, dopo Badoglio, cominciarono i guai. I parenti di mia madre, suo fratello e i suoi zii, sono invece morti in campo di concentramento, solo i nonni morirono prima, per tempo, e non furono internati. L'unico mio svantaggio fu che non potei iscrivermi al ginnasio perché non avevo frequentato il Bund Deutscher Madchen, la lega delle ragazze tedesche, che mi aveva rifiutato perché mia madre era ebrea. Così dovetti rinunciare al ginnasio, ma ormai eravamo nel I944 e a Breslavia non c'erano nemmeno più scuole. Dal '44 al '47 non frequentai regolarmente nessuna scuola e, dopo aver vissuto l'assedio di Breslavia da parte dei russi, nel '47 siamo stati rimpatriati a Sacile con la Croce Rossa. In Italia feci in un anno la quarta, la quinta e l'esame d'ammissione. Pian piano imparai l'italiano, che è diventato così la mia lingua di cultura, mentre la mia lingua madre è il tedesco. Rimpatriammo poveri e quando mio padre morì, nel I950, vivemmo per un po' con il sussidio degli sfollati. Io, intanto, avevo cominciato ad andare regolarmente in Chiesa e mi ero fatta dare da un cappellano militare la Vulgata, la traduzione in latino del Nuovo Testamento. Andavo al Catechismo dell'Azione Cattolica, facevo un sacco di domande anche se le mie compagne si scocciavano perché così allungavo le leLioni. Cominciai a fare la comunione tutti i giorni e incontrai dei preti molto in gamba. Fu allora che cominciai a chiedermi: "Perché io no?". Intanto mi ricopiai il Canone in latino, i preti allora celebravano la messa parlando sottovoce, e io cercavo di seguire tutto. Così mi feci una formazione di latino ecclesiastico. Andavo in Chiesa tutte le mattine per fare la comunione prima di andare a scuola. A volte penso che se non fossi stata religiosa in quel periodo mi sarei buttata nel fiume perché la nostra situaLione economica era così precaria e senLa prospettive. Dovetti troncare gli studi dopo la prima magistrale e quella fu la cosa che mi costò di più. Nel 1954 decidemmo che mia sorella più piccola avrebbe continuato gli studi. Io, che ero più forte, pensai che me la sarei cavata in qualche modo. Ma c'era una disoccupazione nera, non c'era verso di trovare lavoro, e, visto che dovevo andarmene, decisi di andare a Roma, perché era il centro del cristianesimo e avevo sempre desiderato andarci. Andai da un sacerdote che teneva l'opera delle domestiche e gli dissi che volevo andare via, anche se non sapevo fare niente perché in casa aveva sempre fatto tutto mia madre. Andai da una famiglia dove mi dovevo occupare dei bambini, ma la cosa non funzionò: si aspettavano una ragazzotta veneta forte, di campagna, capace di fare il bucato, invece avevano davanti una "signorina" che sapeva anche parlare. Dopo un mese fui licenziata. Fui accolta da un istituto di suore, facevo tre ore e mezzo al giorno di baby sitter e stavo lì gratuitamente. Così potei fare la seconda magistrale, la terza la feci da sola in estate e poi frequentai regolarmente il quarto anno. Nel '61 la svolta: vidi un manifesto che pubblicizzava un corso per insegnanti di religione. Mi sono subito detta: "Questo è quello che voglio fare". Andai immediatamente a iscrivermi: la mattina lavoravo, il pomeriggio frequentavo. L'anno dopo passai I al Regina Mundi, che, come istituto di scienze religiose, era più qualificato e lì conobbi il Redentorista P. Bernhard Haring che, tra l'altro, mi diede da copiare a macchina su matrici cerate le sue dispense in latino. In quegli anni i laici, e quindi le donne, non potevano frequentare nessuna università pontificia. ma intanto era iniziato il Concilio e l'aria nuova cominciò a filtrare dappertutto, un 'aria di libertà, piena di idee nuove. Anche se nel Concilio non si parlò specificamente di donne, mi rendevo conto che c'erano delle novità in corso. Io avevo cominciato a frequentare la biblioteca del Pontificio Istituto Biblico sempre per lo stesso motivo, aver accesso diretto alle fonti, che potevo anche leggere in tedesco, considerato ancora oggi come la quinta lingua biblica dopo ebraico, aramaico, greco e latino. Nel giugno '65 sentii che i tempi erano maturi per farmi avanti e chiesi al segretario del rettore del Biblicum di essere iscritta alla Facoltà Biblica. Il segretario mi disse che non era possibile (due anni prima a due suore era stato opposto un netto rifiuto), ma che ne avrebbe comunque parlato con il rettore, che nel frattempo era cambiato. Una settimana dopo seppi che aveva detto di sì, e il 12 ottobre 1965 venni immatricolata -la prima iscrizione di una donna!- come alunna extraordinaria, ovvero come alunna che non aveva una laurea in teologia. Per forza: noi donne non potevamo frequentare le facoltà di teologia e avevamo quindi solo diplomi di insegnanti di religione. Le facoltà le frequentavano solo i maschi: anche eretici, purché maschi! Il Biblico non era riservato solo ai preti o futuri tali, anche un luterano, ad esempio, poteva frequentarlo, ma noi donne no. Poi ho scoperto che non c'era nessun divieto ufficiale, era semplicemente una prassi, ecco perché il rettore ha potuto ammettermi: non andava contro nessun divieto positivo! Dato che la donna non era sacerdotabile, era considerata "fuori uso", poteva solo insegnare religione. Noi donne siamo sempre state sussidiarie dei preti per insegnare religione. Tranne a Roma, dove i preti ali 'insegnamento hanno sempre preferito la carriera ecclesiastica nelle famose congregazioni romane. Ai laici e a noi donne non poteva andare meglio! Il 15ottobre al Cara vita ci fu la messa di inaugurazione del Biblico, fu una bellissima messa, con tutti i docenti. Gli studenti erano quasi tutti preti, io mi ero messa in fondo a un banco, con il mio tailleur nero. Al momento del segno della pace, che loro si scambiarono con un 20 UNA ClffA' , o abbraccio stilizzato, io al mio vicino diedi la mano, mica potevo abbracciarlo! E' stato un momento un po' buffo, che anni dopo il celebrante si ricordava ancora. Poi andammo tutti alla lectio brevis, e ali 'uscita dal- ! 'aula il primo e l'unico che mi rivolse la parola sai chi fu? Un africano. Giusto un nero, no? Intanto però avevo rotto un tabù e due settimane dopo un 'altra donna cominciò a frequentare il Biblico. Gli anni al Biblico sono stati anni molto felici, gli insegnanti sono sempre stati all'avanguardia. E' stata la prima istituzione che ha aperto le porte alle donne, e si vedeva che avevano piacere che ci fosse un 'essere diverso' in mezzo a loro. E mi aiutarono anche: un professore mi regalava i libri perché sapeva che ero sempre senza soldi e sono sempre stata esonerata dal pagamento delle tasse. Io cercavo soprattutto di stare al mio posto e non ebbi mai particolari problemi. C'erano dei bellissimi ragazzi, ma non sono mai nati equivoci, non volevo mettere nei guai nessuno e men che meno me stessa! Un prete -che ora si è sposato- ha provato a portarmi una sera in pizzeria, ma io avevo capito che cercava moglie, che era già in bilico. Solo una volta il mio professore di greco mi mise in guardia perché uno studente del corso -un prete- mi invitava sempre a prendere il cappuccino e io che ero sempre senza una lira ci andavo volentieri. Il professore mi disse: "Senta, forse è meglio non accettare tutti questi cappuccini, perché, se qui qualcuno ci rimette, questa è lei." Così trovai una scusa e misi fine alle pause con cappuccino. Non che mi avesse fatto delle avances, per carità. Solo l'africano, quello che mi aveva parlato il primo giorno, lui era chiaro che ci provava, lo prendevano anche in giro, ma io facevo finta di niente. Insomma, posso dire in coscienza di non aver mai corrotto nessun prete. Non ho mai subìto nessun tipo di commento antipatico o negativo. Mi vestivo normalmente, non portavo mai i pantaloni, semplicemente perché allora non si usavano. Fatti veramente gravi non sono mai accaduti. Anni dopo ho saputo che qualcuno, nelle file dietro, ridacchiava quando a lezione di latino o di greco dicevo di non aver capito. Un giorno l'insegnante mi diede un bel "dieci" in un compito scritto di greco. E dopo seppi che l'aveva fatto per far sapere agli altri che ero la migliore, e così finirono le risatine. Dopo un anno (allora era rettore Carlo Maria Martini) riuscii anche a far cambiare l'orario dell'intervallo pomeridiano, che divenne più lungo, e ancora oggi il Biblico segue il "mio" orario. Ho avuto sempre la stima dei miei professori, da parte dei miei compagni forse c'era molta curiosità, ma poi in realtà molti non avevano neanche il coraggio di rivolgermi la parola. Una vera avversione la ebbi soltanto da parte di un laico, un vero misogino, che una volta arrivò per primo a una lezione e si mise nel primo banco, non sapendo che io mi sedevo sempre in prima fila. Beh, quando mi sono seduta vicino a lui, si è alzato ed ha cambiato posto! Non è stata la prima né l'unica volta in cui mi sono trovata di fronte a laici molto più clericali dei preti. Ho dei bellissimi ricordi. Come quando, al secondo anno, mi chiamarono apposta per posare insieme a tutti gli altri nella foto di gruppo. Arrivai sulla terrazza dove tutti erano già in fila e fui accolta da un grande applauso. Ho ancora quella foto, in seconda linea a fianco dei professori, unica donna in mezzo a tutti quei preti ... O come quando andai in Terra Santa in "gita scolastica". Ogni anno un padre conduceva le cosiddette carovane del Biblico in Egitto e Terra Santa. L'anno che ci volli andare io era malato e il direttore provvisorio della carovana era felicissimo di avermi come unica donna nel gruppo. Qualche anno dopo incontrai ali 'uscita della messa dal Biblico una studentessa americana che mi disse che le era stata vietata la partecipazione alla carovana. In quel momento passò Martini. "Proprio lei!", gli dissi. "Guardi che il tal padre non vuole questa studentessa nella Carovana!" Con l'intervento di Martini il padre fu costretto ad accettare quella studentessa, ma l'anno successivo rinunciò a formare la carovana ... Nel frattempo cominciai a venir chiamata Miss Biblicum: molti gesuiti mi conoscono ancora così. Finii nel 68: il primo lavoro scientifico scritto da una donna pubblicato sulla Rivista Biblica fu il mio, il soggetto era l'episodio della guarigione della suocera di Pietro. Ma per poter ottenere formalmente la licenza in scienze bibliche dovetti frequentare un anno dai domenicani per avere la licenza in teologia e così dovetti aspettare fino al 1974 per diventare il Reverendus Dominus Maria Luisa Rigato. Tra il 1966 e il 1992 ho insegnato religione. Non ho mai lasciato l'ambiente universitario, anche se non cercavo di fare carriera universitaria perché sapevo che non mi avrebbe dato nessuno sbocco. Ma la ricerca, anche nel piccolo, mi ha sempre attratto e così cominciai a pubblicare alcuni trattati di esegesi e dal 1984 cominciai a tenere dei seminari alla Pontificia Università Gregoriana, con incarichi annuali. E' importante avere un piede nelle istituzioni, perché quando ti invitano a convegni o conferenze puoi dimostrare di essere una persona accreditata presso un istituto. Finché dura dura, cerco di fare del mio meglio e ogni due anni cambio contenuto del seminario. I miei pallini sono Giovanni (un vangelo particolarmente ricco anche dal punto di vista femminile), le donne e l'ebraismo. Di donne parlo a convegni o conferenze (o meglio ne parlavo prima che la questione del sacerdozio femminile venisse liquidata nel novembre scorso dal Papa e da Ratzinger), ma in Gregoriana non ho mai tenuto un seminario sulle donne, perché sarebbe controproducente e perché voglio che la mia esegesi si rivolga a tutti. Ho un collega che ogni tanto lo fa, ma lui è un uomo e può permettersi di parlare solo di donne ... Mi occupo, e molto, di esegesi al femminile. Rivisitare, rileggere, reinterpretare le pagine della rivelazione cristiana con occhio e competenza femminili non è una moda e neppure un lusso, ma è un frutto saporoso del Concilio Vaticano II. Fino a quel momento l'interpretazione scientifica delle Scritture era, in linea di massima, mono-tono, ossia ad una sola voce, quella maschile. Dalla fine degli anni '60 questo lavoro profetico si esprime anche con la voce femminile e le due voci si integrano meravigliosamente. Ci sono tanti sintomi della presenza femminile nel Nuovo Testamento, basta leggere fra le righe. In un ambiente in cui la donna non poteva rendere testimonianza era difficile basare il Vangelo su testimonianze di donne. Ma da qui a dire che non c'erano donne nei gangli dirigenti è una falsità. Dagli Atti degli Apostoli, ad esempio, viene fuori che da Gerusalemme furono cacciati i credenti, tranne gli apostoli. Dice Luca che tutti i discepoli furono dispersi e che andarono a evangelizzare in giro per la Giudea e la Samaria. Ma chi sono questi credenti? Almeno una volta ci vogliamo includere le donne? Di questi, alcuni andarono dai Greci, ad Antiochia, dove troviamo che evangelizzano Paolo, Barnaba e molti altri. Non ci vuoi mettere neanche qui le donne? Beh, questa allora è cattiveria! Voglio dire che in tutti i Vangeli si trovano testimonianze femminili. Le anglicane dicono che, siccome non c'è niente contro il sacerdozio femminile, vuol dire che è possibile ottenerlo. Io invece dico che ci sono degli argomenti a favore, bisogna trovarli, come pietruzze preziose in mezzo a tante altre cose. Giovanni, ad esempio, racconta che la sera della resurrezione (e scommetto l'osso del collo che c'era anche Maria Maddalena: se leggi il Vangelo in maniera ideologica la metti fuori, ma se leggi in maniera liscia la metti dentro), Gesù appare ai discepoli trasmettendo loro il potere personale di perdonare i peccati. Questo è diventato un testo dogmatico per la confessione. Se uno va per il sottile, mancava solo Tommaso, ma non c'è scritto che fossero soltanto i Dodici meno uno. Il fatto che uno dei Dodici non fosse presente, non significa che i presenti fossero solo i Dodici! Questo lo dice solo l'ideologia. Io sono cattolica apostolica ro mana, e da novembre prego e piango in silenzio. - S0110R: oma, 1967.Studenti e docenti del Po111ificiolstit1110Biblico. In ter:afi/a, q11i11d1a sinistra, Maria Luisa Rigato.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==