Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

mettere che non ce n'è nessuno che risolva sostanzialmente la patologia artrosica e la cronicizzazione dei dolori. Allora, se uno vuole provare un rimedio alternativo, non vedo perché dovrei imporgli un farmaco per bocca con rischi documentati di gastrolesività o altro. Se per 15 giorni vuole solo applicare l'argilla, -faccio un esempio perché la consiglio anch'io per certi aspetti di patologia infiammatoria- , o sevuole provare la pomata delI 'erborista, non ha nessun senso che io lo aggredisca dicendo: "Ma no, ma scherza!" Primo perché non ho nulla di assoluto da proporre, secondo, perché se lui è molto motivato, la sua soglia del dolore può darsi che reagisca in modo molto più positivo. Dobbiamo stare attenti: anche l 'ossessioneche alcuni hanno per analisi ed esami, "vorrei far questo, vorrei far quest'altro", può segnalare una esigenza insoddisfatta di essereascoltati. Il che non vuol dire non spiegare che la risonanza magnetica costa almeno un milione e che non ha nessun senso farla se una radiografia normale documenta un'artrosi classica senzaproblemi. Questo come medici di baselo possiamo fare. Anche se farci carico di una persona può esseredifficile, a volte molto pesante, credo che questo sia il principale fra i nostri compiti. Avendo a che fare con persone anziane, avrà dovuto affrontare spesso il problema del morire, di come si muore. In città, ormai, l'idea che una persona possa morire in casa crea un disagio notevolissimo. Eppure si sa che molti anziani non desiderano affatto finire in ospedale, il loro desiderio sarebbedi rimanere il più possibile a casa propria. Qui il medico di base, volendo, ha spazi d'azione giganteschi, e sono spazi che, seppure prevedono certe competenze tecnico-terapeutiche, sono prima di tutto umani. Adesso non voglio fare grandi discorsi di psico-sociologia, ma in unasocietà come la nostra della morte non si parla, della morte sarebbe meglio non sapere nulla: la morte si allontana continuamente. Può succedere che si avvicini il momento di morire per età o per patologie tumorali lentamente progressive, che non comportano un crollo improvviso, ma unamacinazione lenta; nel momento in cui uno sente che qualcosa è radicalmente cambiato, per cui forse non si tornerà mai più come prima, il panico che si crea può avere infiniti risvolti. I familiari giocano un ruolo qualche volta importantissimo, così com'è importantissima la disponibilità del medico di base a capire quali sono le esigenze, le di altri animali possibili forze delle persone che vivono con il malato grave oche sta per morire. Allora il problema non è più di mettere una fleboclisi a domicilio, che di per sénon è difficile, ma il problema è che se una persona staa casa,non può, secondo me, essere trattato come un malato in ospedale. Si rinuncerà a manovre di intubazione, acontrolli quotidiani del profLlo di certe sostanze nel sangue, a un'ossessione clinica di un certo tipo. E questa è una scelta di vita e di morte. Di questa scelta occorre parlarne, quando possibile, con l'interessato stessoe in ogni casocon i familiari. L'idea che una persona possamorire acasaperchéè arrivata a un 'età tale che la degenza in ospedale non sarebbepositiva, deveesseremacinata, meditata anche dai familiari dell'interessato, per mediare fra le loro paure, le loro disponibilità di tempo o disponibilità economiche, e il desiderio del moribondo di morire nel proprio letto. IL TERRIBILE PARADIGMA Ruminanti non competitori dell'uomo ridotti a monogastrici carnivori. Animali immobilizzati, torturati, bombardati di farmaci, ingrassati artificialmente. La zootecnia ha creato negli allevamenti delle vere bombe biologiche pronte a esplodere. La Bse sarà stata soltanto un'avvisaglia se non si interviene in tempo a ristabilire che l'animale non è una cosa. Intervista a Roberto Marchesini. E' un lavoro quotidiano di mediazione che tante volte noi dottori abbiamo dribblato, buttandoci sull'aspetto tecnico. I miei colleghi ospedalieri coprono le loro angosce, le loro ansie, con l'efficienza tecnica. Non interessaneanchepiù saperequando morirà una persona, come la pensano i figli, i parenti, si va a misurargli il potassio, la pressione, a vedere questo e quest'altro. Ecco, non sarei assolutamente capace di gestire a casa una situazione tecnicista, mi rifiuto di farlo, perché è un modo di prolungare la vita poco naturale. Equesto lo chiarisco ai familiari, ancheperchéniente vieta che nelle ultime 48 ore, se uno non se la sente più di fare assistenza a casa, si ricorra a un ricovero solo per il momento del decesso. Sull'eutanasia si stanno dicendo un sacco di stupidaggini. Non voglio banalizzare, ma al di là dell 'eutanasia attiva su cui tutti possono avere delle riserve più o meno moti vate, l'esasperato tecnicismo con cui si mantiene in vita una persona, biologicamente ancora attiva, ma senza alcun rispetto di quelle che erano le sue sensibilità, i suoi sentimenti, le suecapacità di relazione con gli altri, è altrettanto mostruoso. Credo che queste cose, morendo in casa, si possano evitare ed è un mio obbiettivo, anche se devo sempre tenere presente che non è detto che vada bene per tutti. Ci sono persone che attorno all'assistenza a quella persona, al parente, al paziente malato, costruiscono un loro equilibrio personale, magari di autostimaedi gratificazione dopo anni di frustrazione. Si deve valutare il singolo contesto, la singola occasione, la singola persona. Roberto Marchesini, veterinario, da sempre impegnato sul fronte animalista ed ecologista, sulla realtà degli allevamenti intensivi ha scritto Oltre il muro, per le edizioni Eco Istituto A. Peccei. C'è chi ha paragonato la catastrofe della mucca pazza a una Cernobyldella zootecnia. Datempoavevi denunciato i pericoli preannunciati dalla notizia, ormai lontana negli anni, di quelle prime mucche inglesi ammalate e, più in generale, i rischi gravissimi connessi al forsennato sviluppo dell'allevamento intensivo e artificiale. Sì, ritengo che il rischio sia molto grande, sia per questa che per altre malattie emergenti. E' un rischio che trae origine da una zootecnia che, per tenere grandi quantità di animali ammassati in allevamenti industriali senza alcun rispetto per le loro caratteristiche fisiologiche ed etologiche, li rende immunodepressi, cosa che fa dell'animale un luogo di replicazione di microrganismi. L'enorme concentrazione, poi, facilita il contagio. Inoltre, gli animali provengono ormailclaiposti più disparati della terra, per cui si sviluppa il fenomeno dell'unificazione microbica: microrganismi provenienti da varie parti del globo, ritrovandosi uniti in queste zoopoli immense, possono replicarsi in maniera indiscriminata. Oltretutto, in questi allevamenti si utilizzano molte sostanze chimiche, soprattutto di registro farmaco-genetico, che hanno effetti mutageni molto forti nei confronti dei microrganismi. Tutti questi fattori insieme fanno sì che queste immense zoopoli siano vere e proprie bombe biologiche innescate, estremamente pericolose. Il rischio, poi, viene incrementato dal fatto che non si tengono in minima considerazione fattori epidemiologici di base: pur di non rimetterci dei soldi, pecore infette per una malattia non vengono distrutte, ma trasformate in farina di carne da dare ai bovini. Il prione della Bse è passato, attraverso le farine di carne, dalle pecore infette ai bovini e, poco dopo, ai felini. Anche se non c'era la sicurezza del passaggio all'uomo, dal momento che l'agente eziologico della malattia non era speciespecifico, non era contenuto, cioè, solo negli ovini, si doveva dire: "Non abbiamo la sicurezza della trasmissibilità all'uomo, ma il rischio c'è". Invece nell'86, nonostante questo, non ci si è fermati, ed è stato non • solo un grave errore, ma anche un grave delitto. Comunque, resta il fatto che parlare di prevenzione alla fine, cioè nel momento in cui l'animale viene macellato e messo in commercio, non ha alcun senso. Se non si segue il processo di prevenzione cominciando dal momento in cui l'animale viene allevato, alla fine è difficile garantire in termini di salubrità un prodotto. E la Bse è solo una delle malattie. C'è da tempo una recrudescenza della tubercolosi molto pericolosa, così come della salmonellosi. Ogni anno ci sono tanti casi di anziani che muoiono perché hanno consumato alimenti di origine animale, come le uova, o bambini colpiti da tossinfezioni alimentari negli asili: il rischio è legato proprio alla mentalità zootecnica, al tipo di allevamento, che è totalmente innaturale. Se non si cambia questa mentalità, non avremo mai un prodotto alimentare salubre. Ma si sa, gli interessi economici in gioco sono veramente molto rilevanti. Secondo te, quindi, va completamente rivisto il nostro paradigma zootecnico ... Laddove si forzano i ritmi naturali, laddove si stravolge completamente la fisiologia di un animale, certi ~ rischi sono inevitabili. Un ruminante è un animale erbivoro, con una struttura anatomica fatta da tre prestomaci e uno stomaco, che permettono l'alimentazione con foraggi ricchi di cellulosa. Il processo della ruminazione è altamente complesso: nei pre-stomaci avviene la digestione della cellulosa ad opera di microrganismi: batteri, funghi e protozoi, ed è una grande trasformazione che l'uomo non è in grado di fare: noi, infatti, non digeriamo la cellulosa. Quindi, fra l'altro, il ruminante non è un competitore alimentare dell'uomo, perché trasforma del materiale non commestibile, la cellulosa contenuta nei foraggi, in materiale commestibile, ad esempio in latte. Questa è la funzione complementare del ruminante nella storia dell'umanità. Oggi, invece, il ruminante viene trasformato in animale monogastrico. Quando nei grandi allevamenti zootecnici gli animalivengono alimentaticon semi di graminacee o di soia, alimenti commestibili per monogastrici, altamente energetici e poveri di fibra e di cellulosa, l'animale non rumina più e comincia ad accumulare problemi epatici e renali, perché l'alimento passa direttamente dall'esofago nell'abomaso, bypassando i pre-stomaci. Non solo, ma almeno fino a poco tempo fa il ruminante veniva alimentato pur sempre con alimenti di origine vegetale, ora, al contrario, grazie all'introduzione delle farine di carne, di pesce, di ossa, stiamo trasformando il ruminante non solo in un animale monogastrico, ma da erbivoro in carnivoro. Siamo, cioè, allo stravolgimento totale. Fra l'altro, in questo modo, l'animale diventa un competitore alimentare dell'uomo, perché mangia quello che può mangiare l'uomo. Questo è il paradigma zootecnico che bisogna rivedere: l'uomo deve tornare a considerare la fisiologia di un animale come il punto fondamentale di raffronto verso questo animale. Deve smettere, cioè, di pensare che l'animale sia una macchina. La filogenesi, il processo evolutivo che ha condotto a quell'animale, si è svolto in milioni e milioni di anni e l'uomo non può pensare di stravolgerlo in poco tempo senza pagarne le conseguenze. Questo non significa che l'uomo non debba mettere in moto alcun processo tecnologico! E'vero, però, che fino a poco tempo fa il bovino era rispettato. Nei vecchi allevamenti di complemento all'attività agricola c'erano tanti elementi negativi: le stalle buie, gli animali tenuti alla catena, però, sicuramente, i bovini venivano alimentati in maniera corretta. E' necessario ritornare ad un allevamento in linea con le caratteristiche dell'animale e riprendere a trattarlo in modo tale che gli siano assicurati parametri di benessere ecologico, etologico, comportamentale e fisiologico. Fra l'altro un animale non competitore con l'uomo potrebbe utilizzare tante aree marginali, dando così un notevole contributo all'uomo. Il problema dell'allevamento intensivo non consiste solo nell'alimentazione fornita agli animali, ma nelle più generali condizioni di vita in cui questi sono costretti. .. Per questi animali la macellazione è in realtà una liberazione. Molti pensano: "Poveri animali, chissà cosa provano quando vengono macellati". E invece vengono proprio liberati da un inferno metodico di tortura applicata in ogni momento della loro vita. Ci sono animali che non possono nemmeno voltarsi a causa del sovraffollamento, costretti a stare su superfici inadatte, a vivere sul loro letame, ci sono polli ormai incapaci di aprire le ali! Alla stabulazione, poi, si devono aggiungere le metodiche di stalla: operazioni come il taglio del becco, la decornazione, la castrazione, il taglio della coda vengono eseguite senza anestesia, come se gli animali fossero cose, non soffrissero. Abbiamo visto come un'alimentazione innaturale provochi in loro grossi disturbi. Accanto a questa, ci sono quelle che io chiamerei "torture farmacologiche": animali, come i vitelli a carne bianca, vengono letteralmente bombardati di cortisone, perché, altrimenti, a causa dell'alimentazione, non starebbero nemmeno in piedi. Poi, il cortisone fa sì che la carne trattenga acqua, che così viene venduta al prezzo della carne ... Chi entra in uno di questi veri e propri lager per animali si vergogna di essere uomo. Non è possibile trattare in quel modo animali altamente evoluti come i mammiferi e gli uccelli. Tanto più che la storia dell'evoluzione dell'uomo è indissolubilmente legata agli animali domestici. L'uomo si è sostituito alla selezione naturale, ha reso gli animali in un certo senso a sua immagine e somiglianza, non può essere questa la riconoscenza che l'uomo riserva al partner principale della sua storiai Tanto più che oggi l'uomo possiede molte più conoscenze sugli animali, sa che soffrono, che provano paura, angosce, gioia. Non può, pertanto, continuare a trattarli come oggetti sia da un punto di vista etico che scientifico, se non altro perché, in entrambi i casi, la metabolizzazione di una insensibilità totale verso la sofferenza procurata al primo amico dell'uomo, e l'ignoranza voluta, colpevole, sui risultati di mutazione indotti con i metodi dell'allevamento intensivo, non potranno, prima o poi, non ricadere sull'uomo stesso. E dal punto di vista salutistico? Prima del 1940 si consumavano 8 chilogrammi di carne pro-capite all'anno, adesso se ne consumano 90. Gli allevamenti intensivi quindi sono nati in risposta alle esigenze del consumatore, che vedeva nella carne un sinonimo di benessere. Oggi stiamo pagando il prezzo di tutto ciò. Ogni anno 30 mila persone muoiono per cause cardiocircolatorie. Neoplasie come il carcinoma mammario, il carcinoma del colon e altre sono legate all'alimentazione sbagliata, povera di fibre e troppo ricca di grassi che, cotti, si sa, rilasciano sostanze che hanno un effetto nefando sulla parete intestinale. Non si può pretendere di allevare gli animali in questo modo, sperando di ottenere prodotti salubri, perché la sofferenza non può che originare tossine, malattie, microrganismi tossici. Non si può pretendere che dal bombardamento farmacologico degli animali, effettuato con iniezioni quotidiane di sulfamidici, antibiotici, cortisonici, ormoni e anabolizzanti, non rimangano puntualmente residui di tali sostanze negli alimenti. Mangiandoli, anche l'uomo entra in questo vortice perverso e ne soffrirà. Tra l'altro losi è già visto: l'uso di antibiotici, di mangimi ad azione abusimica ha creato dei ceppi di microrganismi antibiotico-resistenti che sono poi diventati pericolosi per la salute umana. Addirittura si pensa che ormai quasi tutte lemalattie enteriche da virus o da batteri non siano più legate ai ceppi tradizionalmente patogeni per l'uomo, ma siano zonose, dovute, cioè, a ceppi animali che provocano malattie trasmissibili. La Bse è solo la punta di un iceberg, è un grave pericolo generalizzato. Se fermiamo tutto questo, se arriveremo in breve tempo a una situazione più equilibrata, l'uomo stesso sarà il primo a beneficiarne. Cl sono segnali perché da questa catastrofe si produca una riflessione nuova? Sono pessimista. Si accusa questa o quell'altra cosa, ma non si prende in considerazione il fatto che il problema sta nell'alterazione zootecnica e nel rapporto con l'alimento, un tempo primario. Oggi si sta molto più attenti quando si acquista un'automobile o un televisore che non quando si acquista del cibo, eppure dall'alimentazione deriva la propria salute, quindi la propria vita, la propria capacità di svolgere determinate funzioni fisiologiche. Se un corpo è minato da alimenti tossici, tutti gli apparati, i muscoli, la stessa sessualità, ne risentono pesantemente. Eppure tutto questo viene considerato secondario: non si bada se un alimento è integrale, cioè se mantiene inalterate tutte le sue caratteristiche né se è biologico, prodotto, cioè, senza subire alterazioni nel suo sviluppo tramite trattamenti farmacologici e chimici. Non solo: oggi gli alimenti non vengono più considerati nella loro individualità. Ci abituiamo sempre a quel sapore, sempre lo stesso, di una merendina o di una bibita. Un consumatore abituato a certe caratteristiche organolettiche, le vorrà ritrovare ogni volta nel prodotto. L'omologazione, la standardizzazione degli alimenti, di origine vegetale e animale, che serve alle ditte produttrici, ha nella fidelizzazione del consumatore il suo punto di forza. Ma questo è del tutto innaturale. La naturalezza significa anche diversità e la diversità è vita, è forza. Se mangiamo una mela ci accorgiamo che ogni volta ha un sapore diverso. Le mele non possono avere tutte lo stesso colore o lastessa forma, come succede oggi. Questo approccio anche visivo con l'alimento è quanto di più nefasto ci possa essere. Quando andiamo dal macellaio a comperare la fettina di carne e vogliamo un pezzo di muscolo completamente senza grasso, chiediamo un prodotto del tutto innaturale, perché in natura non esiste muscolo che non sia infiltrato da tessuto adiposo, a meno che non si operi con sostanze anabolizzanti per bruciare completamente il grasso. Ormai stiamo perdendo il senso del retrogusto, che è il modo in cui il nostro organismo ci avvisa se abbiamo mangiato una porcheria: se mangiamo un alimento sano, dopo sentiamo la bocca pulita, fresca; se mangiamo una porcheria, poi sentiamo un sapore amarognolo. Oggi, però, prendiamo una caramella per mandare via quel sapore! Ma il nostro organismo, attraverso il retrogusto, i foruncoli, le irritazioni, ci parla. Dovremmo ricominciare ad ascoltarlo. La cosa più importante che ci insegna il pensiero ecologista è che ogni cosa è unita all'altra, attraverso una rete di rapporti che lega le varie scelte. Se si ha una visione parcellizzata delle cose, non si risolveranno i problemi: oggi si parla di Bse, domani si parlerà di salmonellosi o di tubercolosi e poi di chissà quale altra patologia, ma questi sono semplicemente epifenomeni. Il sostrato di base è l'innaturalezza dell'allevamento intensivo e del nostro rapporto col cibo. Se non cambiamo questo, faremo, come al solito, solo terapie sintomatiche, senza affrontare la causa del problema. Parlando di animalismo, spesso si è avuta l'impressione di un discorso radicale, troppo Intransigente. Si può parlare anche in termini riformistici, se cosi si può dire, di un maggior rispetto dell'animale, o no? Ritengo che il movimento animalista non sia stato capito perché ha dato un'immagine troppo arroccata in una serie di "non si fa" a scapito dell'aspetto propositivo. Spesso chi faceva un'opera di mediazione veniva sconfessato all'interno del movimento perché sembrava fare délle concessioni ai "nemici" degli animali. Le grandi scelte ideali sono importanti, perché ciascuno attraverso le proprie scelte dà un esempio importante, un esempio che altri possono seguire, ma non si possono imporre determinate scelte etiche a tutti. Con la mia scelta vegetariana posso dare un esempio, e ben venga se tante persone saranno d'accordo con me, ma gli animali negli allevamenti intensivi non possono aspettare che tutti diventino vegetariani. lo voglio lottare prima di tutto per loro, non solo per l'affermazione delle mie idee. Mi sentirei molto egoista se pensassi che l'unica via è quella di trasformare tutte le persone in vegetariani, perché mentre io continuo a vivere la mia vita in tutta serenità, gli animali negli allevamenti continuano ad essere torturati. Devo mettermi nei panni degli animali, è il miglior modo per essere veramente dalla loro parte, altrimenti sarei semplicemente a favore dei miei ideali e ancora una volta non sarei uscito dalla trappola antropocentrica. E' necessario operare subito dei cambiamenti, riformare l'intero settore zootecnico per fare in modo che queste aberrazioni non ci siano più. Da una parte, quindi, le proprie idee; dall'altra la ricerca di soluzioni per migliorare la situazione. Non vorrei più vedere una contraddizione insuperabile fra queste due cose. Un cammino è sempre fatto di conquiste sofferte verso una direzione. L'ideale è la direzione, il cammino quotidiano è fatto di mediazioni. • UNA CITTA' 1 7

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