Una città - anno VI - n. 50 - maggio 1996

B. risarcimento effettuato dalla Givaudan, proprietaria dell 'lcmesa. Anche questo ha creato un danno al clima delle relazioni umane dei sevesini? Marzio. Ci sono stati altri risarcimenti alla Regione e allo Stato e poi ai privati. Questo risarcimento è frutto di un patteggiamento legale, che ha interrotto il processo e quindi la ricerca della verità e della giustizia. Questo patteggiamento, che si è tradotto in un risarcimento monetario del danno, è stato un trauma forte, evidente ancora nei comportamenti della gente. Questo territorio, come dicevo prima, ha vissuto sempre delle cose che fa, è molto pratico. Quando qualcuno non le fa, ci sarà qualcun altro che lo sostituisce, non c'è attesa, la gente produce, lavora, il denaro è una mediazione consueta, anzi è la mediazione per eccellenza di questo scambio. Soprattutto è la mediazione che è stata premiata in tutti questi anni di sviluppo, per questo il denaro segna il grado di riconoscibilità sociale. Se uno fa un miglioramento della qualità della vita, non è tanto il grado d'istruzione dei propri figli a segnalarlo, sono i beni che mette in gioco. Il denaro è stato ilmezzo per comunicare in questa società ed è stato utilizzato nel patteggiamento. Direi che il risarcimento è stato dato senza un regolamento preciso, è stato redistribuito seguendo anche le pressioni, gli indirizzi politici del tempo, gli interessi economici dei richiedenti. Tuttora, nemmeno il sindaco di Seveso riesce ad avere l'elenco dei risarciti individualmente da parte della Givaudan. Noi non conosciamo chi di noi è stato risarcito e in quale misura, se non attraverso le voci o la visibilità di qualche famiglia che ha messo in mostra beni che non poteva altrimenti permettersi, case soprattutto. Quindi è come se molti fossero stati premiati dalla lotteria del danno e della diossina. Questo ha creato un disordine per generazioni, che è entrato anche nell'intimo dei rapporti, non solo di vicinato, ma anche delle famiglie e delle parentele. Ci sono parenti della mia famiglia che si lamentano di altri parenti che sono stati risarciti e non sanno di quanto, per cui sono invidiosi e c'è discordia. E poi le discriminazioni: per esempio, sono stati risarciti quelli che avevano degli orti, dove il risarcimento doveva andare a metratura, ma, alla fine, c'è stato chi ha avuto più denaro con meno metri, perché, casomai, rompeva di più le scatole, faceva più pressioni o conosceva qualcuno. Quindi, non utilizzando un parametro stabilito, che fosse palese e trasparente, si è procurato un danno ulteriore ai rapporti tra gli abitanti. E comunque, in generale, la popolazione ha avuto la dimostrazione che era possibile monetizzare completamente la propria vita. Tutto quello che era vita: l'orto, le galline, il figlio che aveva avuto la cloracne al piede, tutto era valutabile dal punto di vista monetario. Ecco, il risarcimento in denaro è una cosa che noi abbiamo voluto ribaltare, cercando nella pratica del circolo e poi nella più giovane associazione no-profit Nature di pensare al denaro, e quindi al profitto, in modo alternativo. Forse solo la Chiesa, nel suo ambito di solidarietà, continua a considerare diversamente il suo impegno nel territorio, e, infatti, qui la Chiesa è l'unica istituzione che dalla gente viene sentita come "pubblica". Altri spazi pubblici non esistono, esistono poche sale pubbliche, pochi luoghi pubblici che non siano quelli della Chiesa. Gemma. Cosa può significare il rovesciamento del danno lo dice il Bosco del Ronchetto o il Parco in cui si trova il centro che ci è stato dato in comodato dal Comune. Prima questo luogo sembrava un luogo reietto, perché era identificato come il luogo degli anziani e quindi era circondato da un immaginario negativo pesante. Il senso che la cura dell'ambiente passa attraverso la cura delle relazioni in questo centro è diventato visibile, perché quando siamo arrivati era vissuto per lo più da uomini anziani in stato di quasi abbandono, e il lavoro per entrare in relazione con loro è stato lv un lavoro di cura della relazione, di mediazione, di attenzione. Questo ci ha permesso di restituire non solo vivibilità a questo luogo, ma di cominci area renderequestocentro un punto di riferimento per la città di Seveso. Il di più è questa scommessa che tocca anche il mercato e quindi la questione del profitto. Io la butto lì, però a me sembra che la forza di Narure sia questo senso di un no profir radicale, il fatto che tra i soci fondatori di Nature quasi nessuno ci sta guadagnando, neppure nel senso di un ritorno economico che ripaghi il lavoro fatto. Angela. A proposito di risarcimento, volevo raccontare un episodio riguardante l'amministrazione comunale. Nel '94 scadeva il mandato della vecchia giunta che aveva stipulato una convenzione con la Fondazione Lombardia per l'Ambiente, un fondazione di ricerca scientifica istituita nell '86 grazie ai 40 miliardi che la Givaudan aveva dato alla Regione Lombardia, che, non a caso, aveva scelto di aprire la propria sede sul territorio di Seveso. I soldi provenivano da un disastro che si era verificato qui, questo era il luogosimbolico,c'era la convenzione fatta, era tutto pronto, il prorettore del Politecnico di Milano aveva già stanziato 5 miliardi e 600 milioni, ma il progetto ha incontrato l'opposizione durissima della lista di sinistra che si stava candidando alle elezioni contro l'amministrazione in carica. Non hanno voluto che la Fondazione si insediasse nel luogo previsto, una vecchia scuola al centro di un piazzale. Lele decise di presentare una lista e fece la campagna elettorale sulla Fondazione a Seveso. Non c'è stato niente da fare, hanno vinto gli altri. Ti cito una lettera comparsa nel novembre del '94 in risposta a un mio articolo a sostegno della Fondazione a Seveso: "Svendiamo i gioielli! Ma lì facciamoci i negozi, lì facciamoci la piazza, lì buttiamo giù, non facciamo una scatola di cemento presumibilmente vuota". Risposi che capivo la loro preoccupazione spiegando l'importanza di avere la Fondazione qui, a Seveso, nella vecchia scuola malandata e abbandonata, che così sarebbe stata ristrutturata. la parola rischio non vuol dire solamente danno Vinte le elezioni, il primo atto compiuto dalla nuova amministrazione di sinistra fu la sospensione della delibera sulla convenzione. Noi ci opponemmo per vie legali, facendo ricorso al Coreco, ma alla fine l'ha spuntata il "piazzale sterrato ad uso parcheggio pubblico". E' questa una ferita che non mi si rimarginerà mai: con i soldi del risarcimento-danni della Givaudan hanno costruito un piazzale sterrato ad uso parcheggio! Immaginate cosa ha voluto dire per noi assistere alla demolizione della scuola, con le ruspe, lo sterramento ... E c'era un cartello con su scritto: "Scusate il ritardo". Potete dire ancora qualcosa di questo Bosco delle Querce che sembra essere un luogo con pochi precedenti al mondo: un'oasi naturale, quasi selvaggia, con piante e animali selvatici, sorta sopra l'enorme fossa dove sono stati scaricati i detriti del disastro. Il tutto in una zona densamente urbanizzata ... Gemma.Anch'io, come Laura, lego il problema della memoria a questo luogo "impuro", il Bosco delle Querce. Neanch'io riesco ad entrarci mentre vedo che Damiano ci va con baldanza, ci vuole portare i bambini. Ecco, penso che lì la mediazione sia proprio quella della memoria, perché quel bosco è il racconto del danno. Il Bosco delle Querce, il Fosso del Ronchetto, costituiscono un risarcimento del danno subìto dalla popolazione. Credo che l'amministrazione pubblica dovrebbe iniziare da lì, investendo su questa restituzione di senso e di memoria a chi abita qui. A cominciare dai più piccoli,che, probabilmente, non sanno neanche o cosa siano Seveso e la diossina. Damiano. Io rispetto l'idea di chi ha vissuto la lacerazione della diossina e pensa che in quel bosco non bisogna neppure metterci piede. Però, il Bosco delle Querce è comunque una zona bonificata, fruibile, a cui si può accedere in tutta sicurezza. Il Bosco delle Querce non va rimosso. Purtroppo, adesso esiste solo fisicamente, nel senso che lo si vede dall'aereo, ci si passa, c'è la sede del Cai, ma nella coscienza dei sevesini rimane il luogo dove un tempo c'era l'aria inquinata. Tra questi due antipodi: trasformare il Bosco delle Querce in una qualsiasi zona di riqualificazione ambientale restituita all'uso pubblico e volere che non ci entri più nessuno, perché si ritiene che la zona sia comunque contaminata, anche se non chimicamente, credo che il punto di mediazione consista nel considerare quel bosco come un luogo sacro, come un tempo potevano esserlo i boschi delle streghe e delle divinità silvane. Questo è il bosco del male, del lato oscuro dello sviluppo. E quindi non bisogna visitarlo come si visita un qualunque altro bosco. Non penso di portarci i bambini delle scuole elementari, perché con loro mi piace poter toccare, poter sentire l'odore della terra, poter avvicinarmi al1 'ambiente che mi circonda. Lo penso come un luogo in cui il contatto fisico con l'ambiente sarà minore, in cui non si andrà per scoprire la natura, quanto per riflettere sulla storia di questo territorio. Si potrà dire: "Qui un tempo abitavano delle persone, ancora prima c'erano delle coltivazioni, c'erano delle vigne; poi c'è stata l'edificazione, la conquista del territorio da parte della città, ma a un certo punto è successo qualcosa che ha segnato la nostra storia". Insomma, lo voglio visitare perché non voglio che sia dimenticato. Un posto chiuso, inaccessibile, è un posto che non esiste per la coscienza collettiva. Gemma. Anche se io non entrerei, e non entro di fatto, nel Bosco delle Querce per quanto ne dica Damiano, so che è importante ricordarlo, perché in caso contrario su quel luogo lì fra dieci anni, passata questa generazione, costruiranno delle case. E' questa la cosa che, secondo me, non deve succedere. Marzio. L'idea che hanno molti amministratori è di trasformare il Bosco delle Querce in un luogo festante di ricreazione, questa è una cosa che mi fa riflettere. Ho riscontrato in molte persone, che allora vissero anche in maniera molto responsabile l'evento della diossina, il bisogno di dimenticare, di andare avanti, di voltare pagina. Come a dire: "Ne abbiamo parlato per troppo tempo, adesso basta, bisogna far vedere cosa di buono c'è a Seveso. Ci sono molti produttori, ci sono i supermercati, gli appartamenti valgono più di due milioni a metro quadro, quindi ...". Questa misura del bene non mi trova d'accordo, anche perché non appartiene a quel senso del radicamento che avverto e che implica riconoscere anche nel proprio territorio elementi di ambiguità, di limite, di difficoltà a rapportarsi. Noi abbiamo fatto un bellissimo ponte di legno sul torrente Seveso, ma il torrente Seveso continua ad essere una fogna e nessuno può nasconderlo. Laura. Se il progresso è misurato a milioni al metro quadro, fagociterà il Bosco delle Querce, facendolo diventare una zona fruibile tout court. Sarà proprio la cancellazione della memoria. Io sono affezionata al fatto che il Bosco delle Querce sia il limite di questo territorio. Non invalicabilità, ma limite. Per concludere. Colpisce che tutto sia iniziato dalla richiesta di prendersi cura, in prima persona, di un posto. L'idea che abbiamo di politica è spesso volta alla buona amministrazione, non alla pratica e all'iniziativa, anche privata, dal basso. lele. Questa è una zona "bianca", dove l'iniziativa e l'imprenditoria privata fanno parte di una cultura e di un'etica del vivere e del produrre radicate. Quindi, l'idea di gestire un luogo non fa tanto scalpore. Noi come associazione Nature non ci siamo inventati le cose da zero, non siamo i primi né i migliori. Abbiamo fatto riferimento, per esempio, alla Mag servizi di Verona che è una società di mutuo soccorso che da vent'anni si occupa di servizi nell'ambito dell'autogestione. Il nostro obbiettivo era di assumerci delle responsabilità. Troppo spesso le responsabilità ti vengono messe davanti, ti vengono presentate come freno all'azione. Se ti proponi di gestire questo circolo, magari subito ci sono persone che dicono: "E se poi succede quello, quell'altro, le assicurazioni ...". Insomma, fanno difficoltà. Invece le responsabilità, i rischi, vanno assunti con coraggio e determinazione. Ed'altraparte,qui da noi,almeno, il funzionario pubblico che faccia funzionare un posto come questo non esiste, sarebbe la paralisi garantita. Quando Damiano dice al Comune: "Dammi la possibilità di fare questo", si assume una responsabilità e quindi si pone di fronte a un giudizio. Se dici: "Voglio gestire questo luogo" e poi non lo fai, sarai fortemente criticato da tutte le parti. Rivendicare che lo stesso posto lo gestisca il Comune è tutt'altra cosa. Quella che cerchiamo di mettere in moto è una dinamica dell'azione che vada al di là degli schieramenti ideologici, che metta in campo una politica del fare, per la quale ci vogliono contributi, relazioni, persone. Ricchezza, insomma. Laura. Questo non vuol dire sostituirsi all'istituzione. La pubblica amministrazione agisce a vantaggio della collettività e quindi fa un'azione politica che, però, non esaurisce da sola tutto l'agire politico. L'istituzione ha suoi compiti, ma è solo una parte della politica, dei gesti, degli atti, delle decisioni fruibili da una collettività. Senza di essi, la stessa politica amministrativa e istituzionale si svuota. Angela. Questa impresa restituisce intero il senso della parola rischio. Di questa parola la politica si è appropriata solo per la sua connotazione negativa: il rischio significa un danno possibile. Questa parola nasce, invece, quando si fa una scommessa: al rischio è connessa, certo, una possibile perdita, ma anche un possibile guadagno. Partecipare a questa impresa per me è correre dei rischi, anche personali, in termini di energia, di soldi, di lavoro, tempo, ecc. E' certo che posso perdere molto, ma il guadagno possibile è visibile eposso mostrarlo ad altri. - S0110:Seveso, "Bosco delle Querce". UNA CITTA' 1 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==