Una città - anno VI - n. 47 - gen.-feb. 1996

glia e della Chiesa costituisce l'anomalia italiana rispetto agli altri paesi... Questa domanda va oltre la questione del terzo settore e ci porta al welfare. Indubbiamente, da noi la Chiesa ha giocato un ruolo importante, ma ciò è vero anche per altri paesi, penso alla Grecia, alla Spagna, tanto è vero che oggi si parla di una quadripartizione del welfare europeo. Si parla di un'Europa "scandinava", di una "anglosassone", di una "continentale" e di una "latina". Ma, per quanto ci riguarda, sin dall'Unità d'Italia lo Stato ha dato una specie di delega sia alla Chiesa che al movimento operaio per tutto quello che concerneva i problemi di assistenza, delega rinsaldata con il Concordato tra Vaticano e regime fascista. Un rapporto continuato successivamente con lo Stato democristiano: basti pensare che i tentativi di assegnare alle Regioni le Ipab sono stati bocciati da sentenze della Corte Costituzionale. Certamente il familismo, ossia il persistere del ruolo della famiglia in un paese a capitalismo maturo, è una nostra caratteristica. Ora, dire quanto il ruolo della Chiesa e il familismo spieghino il terzo settore è un po' complicato. Forse possono spiegare la scarsa presenza dei soggetti pubblici nel campo dei servizi. Questo perché in Italia si è scelto di dare sussidi, lasciando poi alla famiglia la gestione delle risorse. Anche la sinistra ha compiuto lo stesso errore credendo che I' assistenza fosse una questione privata, religiosa, da delegare alla Chiesa e alla famiglia. Poi ci si è accorti quanto tutto questo fosse importante. Solo che la sensibilizzazione è cresciuta nel momento in cui le risorse sono venute meno. Quindi, è crescente una forte tendenza a coinvolgere soggetti esterni. Ecco allora che questa situazione favorisce un ulteriore sviluppo del terzo settore. In Italia il fenomeno può crescere ancora o sta raggiungendo il livello massimo di espansione? Secondo una recente indagine del1' Eurisko,- un istituto statistico euzioni, ma ora noi li abbiamo potenziati. Non bisogna dimenticare i servizi più tradizionali: il servizio sociale di base, l'assistenza domiciliare -che ci costa circa dieci miliardi l'anno, mica uno scherzo- e tutta una serie di altre cose, come i servizi per i disabili, perché nelle priorità per la spesa sociale i primi tra tutti non possono che essere coloro che non hanno le gambe per camminare. Riuscite a comunicare a tutti questo lavoro diretto alle fasce deboli della cittadinanza? Non come vorremmo. La fatica e lo sforzo che abbiamo fatto in questa direzione probabilmente non vengono percepiti quanto sarebbe giusto, anche se abbiamo attivato una serie di canali, tra cui un giornalino, che mandiamo a più di duemila operatori del sociale e dell 'informazione. Devo riconoscere che la stampa locale è abbastanza tempestiva nell'informare, ma, secondo me, non si ha la percezione, perché non si fa la comparazione con quanto si fa altrove. Io so, per dimestichezza quasi quotidiana con colleghi di altri comuni, che la nostra scelta di aumentare le spese sociali è stata, al massimo, imitata. Gli altri comuni hanno tentato di conservare i livelli di spesa precedenti, in pratica non hanno tagliato o hanno adeguato lo stanziamento al costo della vita o al tasso d'inflaropeo, che ogni due anni svolge rilevamenti sulla popolazioneavremmo raggiunto a metà degli anni Ottanta lo sviluppo maggiore per quanto riguarda il volontariato e quindi per questo fenomeno ci staremmo stabilizzando. Invece, per il terzo settore siamo in una fase di espansione. Questo è avvalorato anche da una forte iniziativa legislativa degli ultimi governi: legge quadro del '91, legge sulla cooperazione nello stesso anno, disegno di legge del ministro Fantozzi per la defiscalizzazione degli utili delle organizzazioni non lucrative di solidarietà sociale odi utilità sociale. E' la prima volta che nel nostro paese si affronta il problema con un'iniziativa atta a favorire queste strutture. Già la legge del '91 prevedeva la formazione di centri di assistenza per le organizzazioni no profit in ogni regione. Questa iniziativa dovrebbe vedere la luce entro il '96 con i soldi delle fondazioni bancarie. Si assiste alla nascita di tutta una serie di organismi, anche nel campo finanziario, di sostegno al no profit. E' nata una fondazione sponsorizzata dalla Banca di Roma -si chiama "Compagnia di investimenti sociali" - che serve a canalizzare risorse a vantaggio dell'economia sociale. Sta nascendo la Banca etica, argomento già trattato da questa rivista. Le stesse fondazioni bancarie nate con il Governo Amato dovrebbero essere destinate a sostenere attività economiche di carattere sociale. La crisi. fiscale dello Stato non potrà che favorire la crescita di queste esperienze non solo nel campo del welfare, ma anche in altri campi. Pensiamo ai progetti riguardanti i musei e altre realtà culturali. Persino gli uffici di collocamento potrebbero essere coinvolti: proprio qualche giorno fa il ministro Treu ipotizzava il passaggio di questi uffici da una gestione pubblica ad una controllata dal 110 profit. E negli altri paesi europei cosa sta accadendo? Questa tendenza è ben presente anche negli altri paesi europei. In quelli a capitalismo avanzato dell'Europa Occidentale lo Stato ha sempre più difficoltà a espandere i pubblici. Abbiamo progettato grandi piani urbanistici. Il primo riguarda il centro storico di Venezia; è un piano supercondizionato dalla necessità di tutelare la città storica rendendola però vivibile, in modo da consentire elasticità nei cambi d'uso e nei restauri che i singoli possono fare senza essere inchiodati da ogni parte come ora. Muoversi è difficilissimo: devi avviare una serie di grandi interventi per il recupero dei palazzi e del l'arsenale restituendo vitalità a tutto il tessuto abitativo. A Mestre, poi, c'è il problema di ridisegnare questa città. Ora stiamo rifacendo il centro e tra un anno e mezzo ci sarà una piazza totalmente nuova, la prima vera piazza della città, perché quella che oggi passa per piazza, in realtà è uno slargo fuori le mura del castello. Inoltre, vogliamo ridisegnare tutta la conurbazione di terraferma, creando piazze in tutti i quartieri principali. Infine, c'è il progetto di ridisegnare il litorale vicino a lesolo, che rappresenta la più grande zona attrezzata per campeggi in Europa e che vorremmo tutelare. Da ultimo, abbiamo in cantiere il primo piano regolatore nella storia di Porto Marghera. E' un lavoro di portata epocale quello che stiamo facendo in questo campo con tutte le difficoltà connesse ali' iter pazzesco che è zione, raramente hanno aumenta- previsto. to, quasi nessuno ha raddoppiato la Tu fai tutto il lavoro istruttorio, fai spesa sociale come abbiamo fatto una prima proposta, metti in mezzo noi. tutte le mediazioni e le discussioni Avete altri progetti al di là del- preventive possibili; poi la propol'intervento sociale? sta viene approvata in Giunta, va in C'è tutta la ridefinizione urbanisti- Commissione Urbanistica, va nei ca della città, sia qua a Mestre che quartieri, arriva in Consiglio, e nel a Venezia, che sta procedendo con frattempo sono passati non meno difficoltà, perché i tempi sono più di 15-16 mesi e il Consiglio spesso lunghi. Credo che se facessi I'as- dedica molte sedute ad approvare i sessore all'Urbanistica darei di grandi aui. Una volta approvati, i matto. E' una cosa incredibile, gli piani vengono esposti, i cittadini interessi sono, come puoi immagi- fanno le loro osservazioni, alle qual i nare, più acuminati e quindi c'è il Comune oppone le sue controdeuna difficoltà maggiore ad interve- duzioni, il tutto, approvato dal ConB 15-rotenceé?r iGri nO' PB fa nicoe si propri servizi e si è preso atto della necessità di coinvolgere le organizzazioni del terzo settore. Questo anche in Francia dove, come è noto, più forte è la tradizione di una presenza della pubblica amministrazione nella società. Ma la stessa cosa sta avvenendo in Gern1ania e persino nei paesi scandinavi, in particolare in Norvegia. Poi, c'è la realtà dei paesi postcomunisti, nei quali il terzo settore era diventato il luogo cli formazione della nuova classe dirigente. Sappiamo che ora in quelle realtà sta avvenendo un rimescolamento cli carte, ma il fenomeno rimane ben presente. Il terzo settore può essere una risposta credibile alla disoccupazione crescente e strutturale? Accornero si è dimostrato alquanto scettico, parlando di un tetto massimo del 10% per quanto riguarda le chances occupazionali dell'economia sociale. Quel lo che si va dicendo in Europa dal piano Delors in poi è che se vogliamo risolvere il problema dell'occupazione e comunque ridurre la disoccupazione, una delle soluzioni, ovviamente non l'unica, è espandere i servizi. In questo ambito sicuramente l'economia sociale può svolgere un ruolo importante. riduzionedegli orari e incentivi al settore no prolit Se quindi riuscissimo ad avere po1 it iche che crçino un mercato sociale, come lo chiama Ruffolo, cioè canalizzare risorse, affinché si sviluppino certi tipi di consumo anziché altri. favorire la domanda di certi servizi, mettendo in moto un circolo virtuoso che favorisca la creazione di strutture di domanda, promuovendo un mercato sociale, allora non c'è dubbio che il terzo settore può far crescere posti di lavoro. Proprio un anno fa è uscito negli Stati Uniti, ed ora anche in Italia, un libro di un economista americano Jeremy Rifkin, intitolato T/Je end of the work, Lafine del lavoro, che fornisce due indicazioni fonprende il tempo che vuole per esaminarlo, fa le sue osservazioni. te lo rimanda e tu finalmente puoi riapprovarlo. Insomma, passano anni. Ovviamente il tutto è sottoposto ai controlli del CoReCo, agli eventuali ricorsi al Tare, a Venezia, alla Commissione di Salvaguardia, un organismo ulteriore che noi abbiamo. Quattro anni sono pochi per realizzare questi progetti. Non c'è il rischio che un periodo così breve spinga a lavorare solo per essere rieletti, facendo pochi investimenti per il futuro? Ali' inizio avevo pensato che fosse positiva la riduzione di un anno del mandato, in realtà ora mi rendo conto che non lo è. Quattro anni possono bastare se si dà per scontato che si otterrà un secondo mandato e che si potrà lavorare per otto anni. Questo non è scontato per cui c'è il rischio che, sapendo di non avere tanto tempo, si preferisca I' intervento a breve, più visibile, spendibile nella campagna elettorale. Tutto ciò crea un meccanismo perverso, impone uno sguardo miope sulle cose. Invece noi abbiamo due progetti ambiziosi che si realizzeranno nell ·arco di 15 anni. Uno è il grande parco di San Giuliano, la punta di terraferma che va dentro la Laguna, chiudendone una parte, dove vorremmo creare il più grande parco urbano d'Europa. Il secondo è il "bosco di Mestre", ossia un progetto di rimboschimento che affonderà gran parte della città in un bosco totalmente reinventato, seguendo però le sopravvivenze di un bosco che c'era anticamente. Ne nascerà un bosco enorme che stiamo costruendo pezzo dopo pezzo, rimboschendo parti della prima cintura urbana. . Ti sei occupato spesso, e non solo come assessore, di disagio giovanile ... Nel disagio giovanile distinguerei due dimensioni che qui nel Nord convivono. La prima è data dal disagio giovanile frutto di situazio- <lamentali per rispondere alla crescente disoccupazione: la revisione degli orari di lavoro con una loro drastica diminuzione e l'incentivazione del settore no profit. Certamente, questo non vuol dire che abbiamo trovato la formula magica per combattere la disoccupazione, in questo senso fa bene Accornero a smorzare facili trionfalismi, anche perché per espandere l'economia sociale ci vorrà una forte politica pubblica. Non è che lo Stato si ritira e magicamente nascono associazioni e organizzazioni sociali. C'è bisogno di un'interazione tra soggetti. Quindi, come per un federa! ismo cooperativo ci vuole uno Stato che abbia un suo ruolo, così per un mercato sociale forte ci vuole uno Stato che incentivi una politica sociale nella direzione giusta, in mancanza della quale queste strutture difficilmente potranno crescere. Fino ad ora abbiamo parlato del terzo settore come risposta alla crisi dello Stato e del mercato. Si può affermare che è una risposta etica all'ondata individualistica degli anni Ottanta? lo credo che per molti ci sia anche questa componente. In questo sensocitosemprequestoesempio: anni fa ero stato invitato ali' inaugurazione di una nuova sede della Croce Gialla a Falconara, vicino ad Ancona. Sono intervenuto e dopo di me hanno preso la parola molti giovani. Nel modo con cui parlavano, il coinvolgimento che esprimevano, mi ha riportato alle assemblee studentesche di vent'anni fa. Una grinta, un' autoidentificazione che mi hanno colpito. Questo perdi re che nel vuoto attuale della politica. queste organizzazioni che offrono compiti precisi, affrontano problemi concreti, che portano un benessere alla comunità dove operano, possiedono un fascino straordinario. E' chiaro che l'impegno pubblico si preferisce focalizzarlo in questo tipo di esperienze. Sicuramente l'esplosione del fenomeno del volontariato e del terzo settore ha a che fare con la crisi dei valori e della politica. - ni di esclusione ed emarginazione, che si manifesta in evasione scolastica, nei percorsi distruttivi o autodistruttivi che sono causa di microcriminalità, naufragio sociale e di tossicodipendenza classica, quella da eroina per intenderci. La seconda, in fase crescente nel Nordest, non è generata dall 'esclusione dal benessere, ma dati' inclusione viziata nel benessere, da un uso immaturo del benessere. Essa porta i ragazzi ad abbandonare la scuola, non perché non abbiano i soldi per pagarsi gli studi, ma per il motivo opposto, perché di soldi ne possono guadagnare presto e tanti, inserendosi precocemente nel mercato del lavoro e guadagnando un milione e mezzo, un milione e ottocento mila lire al mese. E' difficile resistere ali' opportunità di guadagnare a 15-16 anni cifre simili. Se non c'è una comunità educante in grado di mostrare che lo studio è un investimento, valutando i percorsi formativi non solo dallo sbocco lavorativo che offrono, il benessere materiale diventa facilmente profondo malessere interiore. Insomma tanti soldi per la macchina, tanti per il motorino, tanti per la discoteca, ossia per consumi elevati, effimeri, consumi di 'status', la fuga precoce dai percorsi educativi, per cui l'esito di tutto ciò è rappresentato da forme di malessere e di disagio non consapevoli. Si pensa, infatti, che nascano da altro, le famiglie sono poco consapevoli, non capiscono che il divario tra un 'accresciuta capacità produttiva e di reddito e ciò che si è parimenti accresciuto sul piano emotivo, psicologico e culturale produce contraddizioni specifiche. Tanti disastri del Nordest nascono da questo. Prendi quel gruppetto che aggrediva e violentava ragazze: tutti ragazzi norn1ali, col lavoro. con la morosa, alcuni sposali con figli ... Apparentemente gente senza problemi. Quando pari iamo di disagio giovafl ,l'l! lfti <.I J? I J / ( ::: I ' f nile, non dobbiamo omologarne tutte le forme, ma distinguere almeno due grandi aree: una che nasce dalla permanenza di sacche di esclusione dal benessere e un 'altra che nasce, invece, dall'inclusione viziata, immatura, nel benessere, da un cattivo uso del benessere, per cui si va a lavorare presto, pur potendo studiare tranquillamente fino a 25 anni. Mi sembra che intervenire su questa seconda dimensione sia molto più difficile. Infatti, non viene percepita come contraddizione, mentre l'altra sr, è più riconosciuta. Ma questa nuova forma di disagio come fai a riconoscerlo nei cinque che frequentano il bar, che sono come te, che hanno la morosa, lavorano, hanno il conto in banca perché si devono costruire la casa e a mezzanotte fanno finta di tornare a casa e invece vanno a violentare ragazze incappucciati? O un Pietro Maso e i suoi quattro amici? Come fai a riconoscere potenziali massacratori dei genitori in ragazzi considerati da tutti "normali"? Eppure anche loro sonoragazzi che hanno abbandonato la scuola presto, pur avendo famiglie che avrebbero potuto mantenerli per anni, e hanno investito subito in che cosa? Macchinoni, moto, apparenza ecc. Questo è il vero malessere del Nord, del Nordest ed è difficile misurarsi. Per esempio, il lavoro dei centri per l'età evolutiva va in questa direzione: far capire l'importanza delle scelte educative sia ai genitori che agli insegnanti, inserendo tra loro una struttura che rafforza questo messaggio. Oppure il lavoro svolto nei quartieri popolari dai nostri operatori nel tentativo di costruire tessuti di relazione o dagli educatori di strada che intervengono creando attorno al soggetto in difficoltà reti di sostegno non solo istituzionali, ma anche informali: gli amici, la famiglia, se c'è, la ragazza o il ragazzo, motivando anche loro, in modo da rendere intelligente la comunità. Spesso ci sono figure fondamentali, che non sanno che pesci pigliare. Metti un barista nel cui bar si ritrovano ragazzi di ogni tipo: lavorare con quel barista, aiutarlo a capire e a decodificare la situazione e dargli degli strumenti è fondamentale, perché si rende intelligente la sensibilità di uno, che, se si muove a vanvera o non fa abbastanza per quanto potrebbe o per quanto vorrebbe, provoca grandi danni. Oppure pensa ai leader dei gruppi di strada, lavorare con loro significa impostare microprogetti che possono dare grandi risultati. Ti racconto un caso: in alcuni palazzoni orrendi costruiti qualche anno fa, dove vivono ammassate più di duecento famiglie, c'è stato per un periodo un conflitto fra un gruppo di ragazzi e gli adulti sull'uso delle panchine: stereo a tutto volume, piedi sul sedile, ecc. L'intervento dei nostri operatori è consistito, intanto, nel far discutere, adulti e ragazzi, intorno al riuso di quello spazio in comune, affinché ci fosse posto per tutti. Hanno messo giù un progetto che è stato realizzato e la buona esperienza, tutto sommato facile, ha consentito di produrre altri progetti e di costruire un comitato di partecipazione dell'intero rione che, pochi mesi fa, ha addirittura eletto a suffragio universale i propri rappresentanti che hanno proposto una serie di miglioramenti della zona. La stessa cosa è avvenuta anche in altri punti difficili dove questi nostri operatori agiscono. Questo per dire che nelle esperienze di disagio si può intervenire o meno, ma la cosa fondamentale è decifrare se si ha di fronte un disagio classico, individuabile oppure queste ombre del profondo Nord, che nascono da altre cose. Anche lì, ovviamente, puoi intervenire, ma è più pericoloso, perché sfuggente, meno individuabile come situazione di disagio. - UNA CITTA' 5

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