gistrati della Procura della Repubblica stanno lì da una vita e non mi ricordo che qualcuno di loro abbia mai fatto il giudice. In sostanza, la terzietà del giudice sarà anche un problema ordinamentale. ma per me è essenzialmente culturale. Mi rendo conto comunque che un problema c'è, perché la questione viene posta anche eiaquei settori dell' A vvocatura di sentimenti democratici. che non hanno il problema di difendere il tangentista. il mafioso. ma. pur aperti e consapevoli dell'indipendenza del magistrato, chiedono la separazione. Vedo che anche nella società civile, in settori certamente non avversi all'indipendenza, la questione viene posta. Ma lo ripeto: credo si debbano fare dei passi per assicurare la terzietà e credo che sia possibile farli senza ricorrere alla separazione. La cultura della giurisdizione deve appartenere anche a chi fa il mestiere del Pubblico Ministero. Questo, però, lo ottieni se hai un ·esperienza diversificata. perché non è del tutto vero quanto si sente continuamente dire, cioé che il P.M. è una parte del processo. E' vero che è una parte del processo. ma è una parte di interessepubblico col dovere di imparzialità. Il Pubblico Ministero italiano non è simile quello americano. che viene eletto e porta nelle campagne elettorali i suoi risultati. Ho conosciuto una valorosissima P.M. staIN MEMORIA DI AVDO tunitense. che abbiamo fatto venire al Consiglio Superiore per illustrare il tema dei reati sessuali, e istintivamente le veniva da dire: ·'Noi abbiamo ottenuto tante condanne·'. Il Pubblico Ministero italiano non ha questo compito. se ottiene le condanne bene, ma se vuole chiedere l'archiviazione, chiede l"archiviazione. Sarebbe rischioso dargli la qualifica di parte tout court, staccandolo da questa cultura complessiva che deve ispirare chi fa questo lavoro, anche se è Pubblico Ministero. Ha det,o che la separazione delle carriere può essere un primo passo verso il controllo politico sulla magistratura. In che modo? Se ci fosse la separazione delle carriere, i Procuratori Capi della Repubblica sarebbero assunti nel- . l'ambito della carriera. UnelemenIl nostro giornale aveva pubblicato un'intervista a Mira e Avdo nel numero 38, dedicando loro la copertina. A Michele Calafato, che ci ha portato la notizia del suicidio di Avdo, abbiamo chiesto di scriverne un ricordo. Era la fine di ottobre del 1994, camminavamo sulla Battaglione di Mostar, una strada corta, sopraffatta dalle macerie, e tesa tra il Bulevar e l"hotel Bristol quando cadde la sera e una lampadina isolata al terzo piano di un edificio sbudellato richiamò la nostra attenzione. Non c'era più nessuno in giro, la sera pesava di nebbia e di umido, e l'attesa, che al tramonto si carica di fantasie e di rabbia intorno alla capanna alpina del check point piantata sul confine tra Mostar est e Mostar ovest, si era smorzata. Richiamati dalla macchia di luce sospesa lassù in alto decidiamo di andare a vedere. Tutto intorno è buio, distruzione e deserto. Sopra i tetti i comignoli e le antenne, filiformi, ferrigne, sembrano segnare una misteriosa via nel cielo. Sotto la porta filtra un filo di chiarore. Bussiamo. Nell'appartamento to decisivo della politica nel nostro abitavano due anziani coniugi, il paeseera costituito dalla nomina di colonnello Avdo Silajic e la moglie alcuni Procuratori della Repubbli- Mira che ci invitarono a ritornare ca, in particolare quello di Roma. l'indomani. Le scale erano rotte, Uno dei meccanismi per cui certe scendiamo appoggiandoci l'uno alinchieste negli anni '70 e nei primi l'altro, misurando ogni passo e anni '80 si insabbiavano era che da quando finalmente riguadagniamo Milano, da Brescia. ecc. queste l'aperto ci voltiamo indietro come per verificare che sia ancora lì. venivano trasferite a Roma. dove Non era strano che non fosse stata morivano. dimenticata prima della guerra, ma i rischi di un nuovo controllo politico dei P. M. La nomina del Procuratore della Repubblica era un momento politico importante perché, attraverso la scelta di certi procuratori, ti assicuravi che la politica dell'azione penale fosse coerente con le aspettative di chi governava. Si tenga conto che questo era molto facile quando c'era il Consiglio Superiore eletto col maggioritario. Fino al 1976 abbiamo avuto un Consiglio Superiore in cui la componente di maggioranza, 14 eletti su 21, era espressa dalla parte conservatrice della magistratura e le scelte dei dirigenti. a Roma come a Milano, nelle Corti di Appello come nelle Procure generali. erano giustamente oculate. Non c'era nessun conflitto tra potere politico e magistratura, per il semplice motivo che non c'era nessuna ragione che ci fosse. Il mutamento di legge elettorale, considerato nel '76 una conquista delle forze democratiche, ha consentito l'introduzione di contraddizioni micidiali. Il Consiglio di cui ho fatto parte ha nominato alcuni dirigenti a Torino, a Palermo, a Roma, che sarebbero stati inconcepibili dieci anni fa e che fra qualche anno saranno di nuovo impossibili. Questo ha significato nei fatti una crescita dell'indipendenza politica. Forse ha anche prodotto la crescita di qualche protagonismo, mettiamolo nel conto. indicasse qualcuno che era sempre stato lì, sul fronte, sotto i bombardamenti, sotto le granate, e che ancora ci abitava? L'indomani fummo accolti in un piccolo soggiorno odoroso di vernice. Mira aveva preparato il caffé e dei dolcetti. Avdo estrasse una sigaretta da un pacchetto con la carta tutta bianca, senza nessuna indicazione di marca e senza nessun segno, la infilò nel bocchino e accese. Ci raccontarono della guerra, della paura che li aveva fatti dimagrire di 30 chili, dei soldati che si sparavano e si facevano i dispetti, che non avevano mai frequentato le moschee, proprio come veri "musulmani atei" quali si consideravano, che serbi e croati erano più legati all'Islam dei musulmani perché le loro industrie in Europa non erano più competitive e non potevano fare a meno del mercato arabo. Avdo. Il primo giorno i croati dissero alla radio che i musulmani si dovevano arrendere. C'erano molti croati in questo palazzo e se ne andarono. Se ne andarono anche i musulmani. Siamo rimasti soltanto noi e una signora slovena. Poi è venuto anche un altro uomo. lo non avevo nessuna voglia di muovermi da qui perché conoscevo gli ustascia fin dalla seconda guerra mondiale. E' un esercito senza morale, sanno solo ammazzare ma non combattono, e lo stesso vale per i cetnici. Ho fatto quattro anni di guerra mondiale, ero colonnello, e ho combattuto sia contro i cetnici che contro gli ustascia. Sapevo che sono vigliacchi e sapevo anche che i nostri non avevano nessun altro posto dove andare e quindi dovevano combattere sino alla fine. I nostri soldati erano più motivati a rischiare al vita. Non avevano alterBiblioteca - nativa. E noi lo stesso. Siamo rima- G In O Bianco sti, perché non avevamo dove andare. Bombardavano dappertutto e anche qui, naturalmente, ma qui non potevano con le armi pesanti. Ho pensato che era meglio restare qui che andare sulla riva sinistra perché di là miravano a distruggere tutto più che qui, dov'era la prima linea del fronte. Inoltre stavo bene tra i nostri soldati, e li sostenevo con consigli di ordiçe morale e militare. Mira. Soprattutto morale. Avdo. Qui almeno avevamo la cantina. Nel grande scantinato sotto il palazzo ci si poteva anche dormire. In qualunque altro posto sarebbe stato peggio per noi, anche psicologicamente. Questa è la nostra casa, anche se nel sistema socialista nessuno si affezionava alla casa, ciascuno era un ospite provvisorio e quando aveva paura se ne andava, mentre per la proprietà privata l'uo- . mo è pronto anche a combattere. In cantina avevamo anche la radio e centinaia di libri. Come soldato leggevo la letteratura marxista, lo dovevo fare, e la conosco, ma durante questa guerra ho letto 5-600 libri, in maggioranza novellistica. Mira. Ogni tanto mettevamo fuori la testa e quando si poteva correvamo a spegnere gli incendi. A due passi da noi c'è il Bulevar e noi eravamo di fatto compresi nelle prime file dell'esercito bosniaco, e i soldati ci aiutavano, ci portavano acqua e cibo. Era interessante la prima linea. I nostri per provocare si mettevano la kefiah come Arafat o gridavano: "Allah u· akhbar ..." e poi sghignazzavano. Si scambiavano offese e parolacce dalle due parti. Spesso si conoscevano. Magari erano stati vicini di casa. C'erano due dei nostri che ogni tanto si ubriacavano, passavano dalla parte croata, e continuavano a bere insieme, ma una volta i croati gli hanno sparato. Una volta uno dei nostri ha passato il fiume e ha raggiunto i croati. Gli uomini sono uomini, non c'è niente da fare, si mettevano d'accordo con i croati che gli compravano le cose sulla riva destra. Mi chiedevano anche di cucinare. Un giorno un soldato entrò in casa e lasciò sul tavolo un piccione, chiedendomi di cucinarlo. lo lo diedi al gatto e il ragazzo quando tornò, più tardi, si arrabbiò perché non ne avevo fatto brodo. A volte affioravano dalle macerie come fantasmi famiglie che non avevano niente. E' venuta una ragazza a chiedere del cibo per un bambino di 5 mesi. A noi due non è mai mancato da mangiare. Non c'era verdura, ma avevamo fagioli e pasta. Siamo dimagriti per paura non per mancanza di cibo. lo ho perso trenta chili. Ogni essere umano ha paura. Ibombardamenti erano terribili. Noi avevamo paura delle bombe, i musulmani di ovest delle bande. La notte venivano le bande a cacciarli via, quasi nudi, in camicia da notte, e arrivavano qui. Ma l'importante è esser rimasti vivi, star bene, amare e credere negli uomini. E' difficile essere uomini, ma ce ne sono, comunque. Avdo. Non era una guerra con i combattimenti diretti degli eserciti. Prevalevano i bombardamenti a distanza. Ci hanno bombardato da tutte le direzioni. All'inizio ci sentivamo traditi. Negli scontri contro i cetnici i soldati bosniaci avevano conquistato ingenti quantitativi d'armi e i croati le portavano via con il pretesto di doverle riparare. Contavano di sbaragliarci in due giorni, ma i nostri sono subito riusciti a organizzare la linea del fronte, nonostante avessero poche forze e nessuna tradizione di guerra. Nell'esercito jugoslavo non sopportavano i bosniaci, benché eravamo insieme tra i partigiani, avevano una specie di allergia verso di noi. A un certo punto hanno fatto una legge per cui gli ufficiali potevano andare in pensione. I primi da pensionare erano i musulmani, poi i croati, gli sloveni, gli albanesi e così sono rimasti i serbi e i montenegrini. lo avevo 42 anni, era il 1964, ero colonnello, mi hanno promosso generale e mi hanno pensionato, però con una buona pensione, di 1500 dollari a1mese. Mi conveniva e sono andato in pensione, ma così facendo ci hanno "pulito" anche allora. Così noi non avevamo tradizione e solo pochi mortai e cannoni. Di giorno i nostri soldati facevano la guardia sul fronte, di notte andavano a procurarsi le munizioni a Jablanica e a Konjic. Mira. C'è sempre della brava gente. Gli inglesi che hanno ricostruito il ponte ci hanno visto vivere da soli in questo palazzo e si sono meravigliati del nostro coraggio, del nostro ottimismo, del nostro orientamento europeo. Non siamo estremisti. Il nostro cognome è musulmano, ma siamo atei e non frequentavamo le moschee. Il loro comandante ha deciso di ristrutturarci la casa, ha spedito gli operai e il materiale, come regalo per il nostro coraggio. Anche gli spagnoli ci hanno aiutato. Ci hanno portato del gas, del cibo. Si sono presi cura di noi. Avevamo un sostegno. All'inizio i giornalisti non potendo andare sulla riva sinistra si fermavano a prendere informazioni da noi, e non abbiamo mai detto bugie. L'acqua l'avevamo sotto il ponte, a volte ce la portavano i soldati quando non potevamo uscire per i bombardamenti. Non c'era luce, neanche le candele, eravamo neri dal petrolio che usavamo in cantina. Quando poi è arrivata l'acqua in casa e hanno smesso di sparare era molto più facile vivere. Allora siamo usciti a chiudere i buchi sui muri e mio marito è stato ferito due volte, una volta dal cecchino alla gamba e l'altra volta alla mano mentre riparava il muro. I cecchini erano dei mercenari: inglesi, tedeschi, professionisti, che uccidevano per denaro. Alla fine Avdo infilò un'altra sigaretta nel bocchino. Il pacchetto era vuoto, il colonnello lo scartò e sull'altra faccia dell'involucro apparve la scritta di una vecchia marca di sigarette: JUGOSLAVIA. Mira si alzò appoggiandosi alla sedia. Rividi i Silajic, molti mesi dopo. Uscivano dalla Scuola Elementare n° 4, braccio sotto braccio, dopo la celebrazione dell'anniversario della liberazione dal nazi-fascismo, avevano rispolverato gli abiti buoni per l'occasione, lei si appoggiava a lui, ma nello stesso tempo lo guidava. Cercai automaticamente il loro sguardo che mi aveva colpito per la sua pulizia e distanza, la guerra che era servita ad altri per arricchirsi e per prendere, per loro era stata un'occasione per ripulirsi e per perdere, mi ero fatto quest'idea, mi ci ero affezionato e la conservavo con me, ma Avdo guardava avanti e Mira per terra, dove metteva i piedi. In ottobre mi dicono che Avdo, il colonnello in pensione che fumava sigarette da un pacchetto bianco simile a un territorio in attesa di destinazione, si è ucciso e infatti un manifestino orlato di verde con in mezzo il suo nome e sopra la mezzaluna e ladata, 14settembre 1995, è attaccato sulla porta al terzo piano dell'appartamento sul check point. Bussiamo alla porta. Mira sta chiacchierando con un soldato fa la spola tra il piccolo soggiorno che ha perso l'odore di vernice e il cucinotto, poi il giovane se ne va e Mira continua: "E' difficile, è molto difficile, e lui era molto emotivo, non malato. Non era malato, non aveva niente di male. Lo abbiamo sepolto nel cimitero vicino ai genitori. Eravamo un bel popolo, ci hanno distrutto, ma ancora oggi si sente il bene, non solo il male. Lui aveva una pistola, l'ho trovato quando sono tornata dal mercato. Quante cose sono successe durante questa guerra. C'era un nostro soldato che cantava bene come un muezzin, aveva una voce bella e alta che arrivava dall'altra parte del Bulevar e cantava come un muezzin per farli arrabbiare. C'era unadonna, una profuga, molto pulita che amava i panni pulitissimi e si fermava a lungo sulla Neretva per lavare e un cecchino l'ha uccisa. Così sua figlia è restata sola con la vecchia nonna, dentro l'hotel Bristol, poi si è sposata e sono andate via. C'era uno sloveno, in questo nostro palazzo, un suonatore di percussioni dell'Orchestra di Mostar che era andato a prendere il caffé da una vicina, al 4° piano, è scoppiata una bomba incendiaria e lui si è buttato giù ed è morto, e poi anche la vicina è stata uccisa dal cecchino mentre-tornava dalla Neretva. Epoi siamo rimasti soli. Adessoéhe sono sola alla mattina vado a fare la maglia con un gruppo di donne. Ieri si parlava del riscaldamento e un bambino ha detto: 'Ci va Mira per il riscaldamento dagli italiani ...' Lo sanno che sono conosciuta e mi do da fare. Ma tutto il bene che ho fatto nella mia vita l'ho ricevuto moltiplicato da una sola persona, Murray, un inglese che lavora con l'Amministrazione Europea. Ieri è passato un tizio che vendeva del formaggio buono e a buon prezzo, 3 marchi tedeschi al chilo, ho preparato la pita, e voi gliene porterete un po' per piacere. Non ho più compagnia per il pranzo ... Mangiate con me, poi vi lascio andare. Bisogna stare molto attenti con il cibo, attenti ai topi. Come sono intelligenti! Dalla vicina sono saliti sulla mensola e hanno spinto in terra i barattoli di vetro per romperli e mangiare i biscotti. Mangiano anche il colletto delle pellicce, voglio farvi vedere ... Quando Avdo è morto sono venuti tanti dei nostri ragazzi per aiutarmi. Anche tra noi ci sono degli estremisti, ma ci sono state cose belle, i nostri soldati erano ragazzini, adesso vengono con le fidanzate. lo cucinavo per loro, preparavo il caffé e il pane, le frittelle nel lardo di maiale, e loro andavano a prendere l'acqua. La Nato buttava dall'aereo le razioni, loro le mangiavano così, e io mi offrivo di scaldargliele, avevano proprio fame. Arrivando da noi dicevano ad Avdo: 'Generale, mi arrendo ...' Abbiamo una casa a Brac, adesso ci abita una nostra cugina croata, sfollata da Sarajevo, ci siamo andati per 36 anni ogni estate, anche adesso mi hanno invitata ... Eper 17 anni ogni inverno, dal 20 dicembre fino a marzo, andavamo al Grand Hotel per militari di Kupari. Lì ho conosciuto Milosevic. Un'amica allora mi disse: 'Ma non sai che è il segretario del partito comunista serbo?' Come tacevo a saperlo, con tutte le repubbliche ... Non potevo immaginare che era uno stronzo così. La moglie vestiva da gitana. Marco, il figlio, faceva il bagno con noi in piscina. Mah, tutto passa e va... Al mercato di Mala Tepa c'era un negoziante e gli chiedevano: 'Ehi oggi che novità ci sono?' E lui rispondeva ogni giorno e sempre nello stesso modo:' Nista!', niente, ed è diventato tutto niente davvero. Ma ci siamo anche divertiti. Mio padre era un maestro di scuola elementare ed insegnava a Dresnica, ma era schierato con i croati, con Stijepan Radic e allora i serbi per punizione lo hanno trasferito a Losnica e così siamo andati ad abitare in una villa bellissima, e non è stata una punizione. E adesso sono tutti diventati eroi della lotta contro il fascismo croato, ma a combattere veramente erano in pochi, e allora io gli dico: 'Costruite una bella ringhiera intorno al vostro eroismo così siccome zoppico mi ci posso appoggiare ..."' Murray prese la pita e domandò: "Piangeva quando eravate lì? lo :,on l'ho vista mai piangere, non lo capisco, è qualcosa che accetto ma non posso capire, forse è l'abitudine balcanica alle guerre, alle disgrazie, non so..." Disse che Mira era ubriaca il giorno del suicidio di Avdo e anche il giorno del funerale. Quando mi diedero la notizia, che Avdo si era ucciso, mi ritornò davanti un altro suo sguardo, che avevo dimenticato, lo sguardo basso e smarrito con cui ci aveva accolto in casa quella mattina, e le sue parole: "Tornate al pomeriggio, adesso mia moglie non c'è, è andata al mercato", e con quello sguardo anche il verso di Coleridge premesso da Primo Levi a I sommersi e i salvati: "Da allora a un'ora incerta quell'agonia ritorna". Michele Colafato Federico Starnone Più leggero non basta Educazione alla diversità di un obiettore di coscienza Il limpido racconto di un'esperienza nel mondo dell'handicap. La pacata conquista di una certezza: che credersi uguali è la scelta più comoda. UNA CITTA' 3
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