Una città - anno V - n. 41 - maggio 1995

coppia spezza ogni possibilità di dialogo. Nella ricreazione, poi, quando il clan si ricompatta intero, all'interno del cortile c'è il campo nomadi. E questo per una loro scelta, non perché siano emarginati dagli altri bambini. La risposta dei bambini, che in quanto a tolleranza sono molto peggio degli adulti, - sono più cattivi, fanno prima a emarginare-, non è negativa, anche perché i bambini nomadi alla nostra scuola si presentano sempre molto bene, sempre molto curati, puliti, hanno le loro cose, i loro zaini. cos'è quello? il mio quaderno di studi sociali Se adesso facessimo un giro giù e ti sfidassi a dirmi quali sono i bambini nomadi, tu non li riconosceresti. E non so se questo sia un bene o un male, me lo chiedo sempre, sono domande terribili. lo mi dico che l'importante è che sia data a loro una possibilità e soprattutto che possano imparare a parlare correttamente l'italiano, perché vivono ormai tutti in Italia e se riescono anche a leggere e a scrivere, insomma ad avere un minimo di strumentazione, questo è sicuramente a loro vantaggio. Si riesce in qualche modo a fare giocare le due culture? Dove questo si fa, riesce molto bene. Ma, purtroppo, a volte ci sono resistenze: quest'anno, per esempio, avevo messo a punto un progetto incentrato sul tema della festa, con tutta una serie di attività collegate al fatto che loro portassero delle cose della loro cultura, con l'intervento di qualche operatore esterno, con visite guidate al campo nomadi, ma è stato bocciato dalle insegnanti. Perché? Perché la scuola elementare è in uno stato di grossa sofferenza per tutta una serie di motivi legati alla nuova organizzazione modulare che ha provocato, senza volerlo, un ritorno prepotente del nozionismo, la preoccupazione del programma, di restare indietro, che i genitori si lamentino, insomma il venir meno della serenità necessaria per progetti collaterali ma ambiziosi. Per dirti: una volta sono venuti dei genitori a dirmi: "nell'altra scuola in prima hanno già fatto le divisioni ...". Ho risposto: "poveracci". Invece di giocare, di manipolare il materiale, invece di studiare la matematica sul serio hanno fatto le divisioni... "Poveracci!". Non si sono più fatti vivi e i figli sono ancora qua. Fatto sta, però, che il progetto nomadi perquest' anno non si fa. Perché il modulo mette in difficoltà questi progetti? Lo dico sempre in anticipo: sono un sostenitore della riforma del '90, credo che sia una bella cosa; ma a volte le leggi italiane sono le più belle del mondo, ce le invidiano tutti, però poi non si applicano perché non ci sono i soldi, le strutture, la mentalità e così una legge si riduce ad essere un manifesto culturale, un manifesto pedagogico. Ora, quella del '90 vuole eliminare la maestra mamma, e questo è positivo: il rapporto tra un adulto fetente e 25 bambini può essere terrificante, può distruggere veramente delle persone, si sa cosa poteva significare essere in un certo gruppo della classe o in un altro, quali violenze si potevano consumare. Lo spirito della legge prevedeva allora un gruppo di lavoro al cui interno si sviluppasse un confronto che è sempre positivo. Cosa è successo? Che all'interno del gruppo le specializzazioni hanno preso il sopravvento e ognuna ha rivendicato la pari dignità: quella di matematica, quella di italiano, e anche quella di antropologia, la nuova materia. Invece del lavoro di équipe si è creato il contrario? Esatto. "La riforma grand hotel", l'ho chiamata. C'è questa porta girevole per cui dalle 8 e mezza alle IO e mezza entra l'insegnate A, quello corre subito di là e entra l'insegnante B che ha fatto matematica nel la classe precedente e ha la pretesa dalle I I, dopo quel po' di ricreazione, alle 12e mezza, cioè in un'ora e mezza, con bambini che hanno già subito due ore di scuola, di fare le stesse cose che ha fatto nell'altra classe, per poter poi concludere alle 12 e mezza dicendo "con voi non si riesce mai a lavorare, non capite niente, invece nella 4/\ A sì che ho fatto ...". Questi sono i problemi reali della riforma. lo adesso sto caricando, sto facendo una caricatura del problema, ma non sono lontano dalla realtà. La riforma è stata assorbita come se fosse una scuola media, ma l'idea non è questa, perché l'idea è che ci sono due classi parallele, due prime, due seconde, due terze, quindi un gruppo di 40, 45, 50 alunni e ci siano tre insegnanti e basta, dopodiché tu puoi fare qualunque cosa ... invece puntualmente nella stragrande maggioranza dei casi c'è la 4/\ A e la 4/\ 8, cioè le classi restano divise. Ma la riforma non voleva questo. In questo modo le ore di compresenza, che erano il nodo strategico della riforma, cosa diventano? Che tu vieni nelle mie ore e mentre io faccio lezione tu correggi i compiti, oppure vado a parlare con il direttore, o a fare le fotocopie ... Pari dignità vuol dire poi anche pari numero di quademoni. Allora tu vedi, come è capitato a me, un bambino che sembra un facchino, con tutti questi quaderni, di italiano, matematica, scienze, storia, re1igione, lingua 2, l'inglese, e poi un ultimo quaderno rosso e gli chiedi "che cos'è?", "è il mio quaderno di studi sociali". Terribile. Tu pensa che nei programmi dell'85 della scuola elementare c'è un'unica materia che si chiama Storia, geografia, studi sociali, un'unica materia ... Pensa all'idea bellissima di unire finalmente la storia e la geografia e gli studi sociali, cioè lo studio della storia legata a un territorio e alle regole di vita che gli uomini su quel territorio si sono dati. Favoloso. Lettera morta. Si fa il contrario: l'altro giorno ero in una seconda elementare, i bambini hanno tirato fuori un quademone dove c'era di tutto, ma io mi sono ben guardato dal chiedere che quademone fosse, e, scritto fitto fitto, c'erano le fasi lunari. Giro pagina, immaginando che questo fosse un exploit, e c'erano "i miti dei Babilonesi sulla creazione del mondo". E i maestri sai cosa ti dicono quando tu vai a dire "ma insomma, perché non parlate più con i vostri bambini?", "Direttore, non c'è più tempo". Inquesta situazione inqual i ore si fa i1progetto per i nomadi? A chi le togli? E' tutto così, non li sto biasimando, sto dicendo che loro hanno questa ansia ... Aggiungi a tutto questo che gli insegnanti da 7 anni sono senza contratto e che nel giro degli ultimi anni alcuni privilegi di cui la classe insegnante ha sempre beneficiato sono spariti e avrai un quadro della situazione. La questione delle baby pensioni di cui tanto si è parlato è molto preoccupante non tanto perché andremo in pensione tra 30 anni, ma perché avremo nella scuola persone che resteranno in cattedra fino a 60, 65 anni, il che vuol dire bloccare la scuola per i prossimi 20 anni. La possibilità di andare in pensione dopo 20 anni nella scuola è stata il treno dei furbi, d'accordo, ma è stata anche una valvola di sfogo, perché il famoso burn-outdell 'educatore è evidente: 15, 16 anni di maestro, come ho fatto io, si sentono, c'è un logoramento fenomenale. Il problema vero in Italia è che non hai una carriera, sei maestro e basta, non c'è la possibilità di fare dei passaggi, di fare, che so, per un anno il bibliotecario per poi ritornare a insegnare oppure fare un anno sabbatico presso l'università, oppure la possibilità di alternarsi in vari ruoli, 10 anni l'insegnante, poi per altri IO il coordinatore didattico in un laboratorio. Niente, hai una carriera piatta, tu o sei insegnante oppure sei direttore, e la mia scelta fu dovuta al logoramento, non ho problemi a dirlo. ormai la scheda sembra il modello 7 40 Lavorare con i bambini è molto pesante: nessuno immagina cosa significhi averne 25, anzi, 50 con il modulo, con le problematiche di cui ho detto, i rapporti con i genitori e i colleghi. E poi la burocrazia: adesso il lavoro è triplicato con i nuovi strhmenti di valutazione, queste schede tipo "modello 740", in duplice copia, con tante crocette, con tre registri da compilare ... Ecco perché il sistema alla fine va in corto circuito: se a tutto questo tu mi aggiungi anche due nomadi: "eh, no direttore, quest'anno i nomadi no, non me li dia, mi lasci stare". E in questa situazione con i bambini come va? I bambini, dopo gli insegnanti e i genitori, sono la terza fonte di sofferenza per la scuola. Oggi i bambini hanno dei tempi di attenzione limitatissimi e delle esperienze talmente diverse dai modelli di trasmissione che ha la scuola che il contrasto è inevitabile, per cui la scuola è una cosa e la vita è un'altra. Se li ascolti ora, senti questo vociare, sembra che siano lì fuori, in cortile, invece sono negli spogliatoi della palestra, che è una delle zone franche, perché la maestra non c'è. E quei 5-1 O minuti in cui ci si cambia le scarpe sono una miniera di informazioni su quella che è la loro vita, lì parlano, si raccontano, si dicono, fanno conversazione. Negli ultimi anni che ho fatto da maestro ho sofferto molto per non riuscire ad avere questo incontro ...Spesso ormai vedi questi ragazzi che alle 8.30 timbrano il cartellino e si mettono lì e se poi, come è capitato a me negli ultimi due anni, hai la classe solo per un anno, allora il tempo manca del tutto, allora è come se ti dicessero: io timbro il cartellino, tu che sei maestro hai diritto a farmi tirar fuori il sussidiario, a farmi scrivere, ma nel momento stesso che vorrai fare un'altra cosa, come andare a vedere in occasione del 25 aprile La noi/e di san Lorenzo non mi sta più bene, io faccio casino, non me ne frega più niente, non è un tuo diritto impossessarti di uno dei miei strumenti... - da PhilippeDe Pierponte disegnato da StefanoRicci.Unastoriacupa, tramagiae follia. in cui l'ossessivitàdel tema è resaperfettamentedal segno.un "nero su nero"da cui la lucesembrabanditae StefanoRicci,PhilippeDe Pierpont GranataPress,CollanaTrame che permettedi desumerei contornidei protagonistisoloattraver64 pagine,8/N, L. 12000,in libreria OscarCosulich,L'Espresso Nicola è un pastorela cui unicacompagnia è quelladel suo cane e delle pecoreche conduceal pascolo,Mariangelaunacantante di fama internazionale,la cui carriera si è misteriosamenteinterrottae che vivescolpendodelle inquietanti statue in unacavadi tufo. Tufo raccontal'impossibilerapporto tra Nicolae Mariangela,scritto B1ol1oteca 1no so il filtrodi unaoscurità dell'anima.capacepersinodi annientareil soledel meridione italiano,dove si svolgela vicenda. ... attorno, ignoranteironiadel paese,di genteconcretaoberata da disoccupazionee cantierichiusi. Sullosfondoappalti,clientelee autostradenon terminate.Forse, per questo,Nicolail pastoreha perso il senno. ThomasMartinelli,il manifesto 1anco intervento SUSSULl'I E GRIDA NELLA SCUOLA SUPERIORE Ancora un governo di vita breve.Non lo rimpiangeremo: ancora una volta, piuttosto,dobbiamo amaramenteconstatare la cronica incapacità di governarci con stabilità. Del resto da anni ormai, come il Paese, anche la scuola reale sembra sopravvivere soprattutto per merito delle sue energie interne, mentre la guida politica contribuisce molto più ad aggravare i problemi piuttosto che a risolverli. La svolta recente ci dà comunque l'occasione di tentare un inventario di ciò che ha lasciato sul terreno l'ultimo esecutivo nel campo dell'istruzione pubblica superiore. Il dato più vistoso è senz'altro la rinuncia alla riforma della Scuola superiore come progetto globale da realizzare attraverso la via politica parlamentare. Non che mancassero in precedenza prove delI' impotentia generandi dei parlamenti di più legislature; il fatto nuovo degli anni recenti e dell'ultima gestione è la comparsa di iniziative concrete che testimoniano la scelta di strade diverse da quella della Grande Riforma.Si sono avviati su queste strade, nonnecessariamente convergenti verso gli stessi obiettivi, tre soggetti: il Governo, l'Apparato ministeriale, il Ministro della Pubblica Istruzione. Vediamo come. Il Governo Berlusconi ha adottato misure di modifica ali' assetto della scuola attraverso la Legge finanziaria per il '95. Prima di lui avevaadoperato lo stesso strumento, con più ampi propositi, anche il Governo Ciampi (finanziaria per il '94): quei propositi, anzi, sono stati adottati e riproposti dal Governo Berlusconi. Si tratta quindi di provvedimentiche nasconodall'esigenza della restrizione e del riordino della spesa pubblica e non da un intentodiretto di riforma; eppure essi implicano trasformazioni anche radicali del volto della scuola. Le normeche prevedono l'autonomia degli Istitutisuperiori (art. 4 finànziaria '94, art. 23 finanziaria '95) segnanoaddirittura I' abbattimentodei pilastri centralistici e gerarchici su cui si regge il sistema scolastico vigente; ma non sono da sottovalutare, per le potenzialità riformatrici che contengono, le deleghe offerte al governo in materia di modifica degli Organi Collegialie ledisposizioni circa la nomina dei commissari per la Maturità '95 nell'ambito del comune di residenza. Accanto alla "via amministrativa" seguita dai governi anche l'Apparato del Ministero ha fatto sentire la sua azionemodificatrice,inparticolaresul- )' assettodidattico. Essa siè sviluppata al riparo dello sguardo della stampa e del)'opinionepubblica,osservatoridel resto alquanto distratti ed incompetenti in tema di scuola. E infatti pochi sanno, per esempio, che si è di recente provvedutoa "razionalizzare" leesperienze di sperimentazione di centinaia di scuole, razionalizzazione ottenuta disciplinando le iniziative secondo il piano di sperimentazione promosso e governato dal Ministero. L'operazione è motivata dall'obiettivo di mettere ordine nella folta vegetazione delle esperienze locali di innovazione didattica, ma produce anche l'effetto di chiudere la lunga libera stagione di innovazioni provenienti dal basso. Si tratta infatti di una svolta di tipo centralistico, che contrasta con ilprogetto di concessione dell'autonomia ai singoli Istituti:neiprossimianni la"scuola militante" potrà difficilmente innovare senza l'ombrello protettivo del Ministero. La forza esercitata dal centro, del resto, la si avverte anche all'internodelle stesse sperimentazioni guidate, nelle quali le Direzioni Generali si sono mosse con molta decisione, anche quando si trattava di modificare curricoli di età venerabile e delicatissimi equilibri. E' il caso, per esempio, dell'introduzione dello scritto di Fisica nel Liceo Scientifico e di quello di Matematica nel Classico, con tanto di valutazione quadrimestrale e finale, ali' interno dei corsi con sperimentazione del PianoNazionaledi Informatica. L'operazione è stata compiuta con semplice circolare: per le scuole interessate rifiutaredi introdurre lo scritto nel curricolo avrebbe significato l'esclusione dallaSperimentazionedel Pni. Più in generale l'Apparato esercita in varie forme, dalle circolari ai corsi di aggiornamento, una forte pressione per trasformare la didattica. Si tratta, grosso modo, di distoglierla dalla pratica tradizionaleper avvicinarlaaquella della media inferiore, introducendo una pratica pedagogica di tipo tecnologico, che si rifà soprattutto alla psicologia cognitiva, alla programmazione didattica per obiettivi e alle tecniche decimologiche, il tutto mediato o temperato da elementi riconducibili alla pedagogia cattolica e a quella marxista. Chi opera nella scuola, anche se è disponibile a rinnovarsi, avverte i pericoli connessi con l'operazione, non solo perché avanza perplessità sul miscuglio teorico su cui si basa, ma perché teme di riprodurre nella Scuola superiore le contraddizioni e i fallimenti della Scuola dell'obbligo. Co~ sicchè, divisi tra tradizione e trasformazione, i docenti presentano un quadro confuso, caratterizzato da collocazioni enormemente dilatate in latitudine e in longitudine. Occupano le zone glaciali i licei, nei quali l'attività didattica è gestita secondo i modi dell'artigianato individuale dei docenti molto più che della pluralitàdinamica dei consigli di classe e dei collegi. Il passaggio alle nuove pratiche didattiche è avvenuto invece nei Tecnici e nei Professionali, dove i presidi le hanno adottate in genere con fervore, imponendole ai docenti con i metodi del manager, che è l'ultimo look con cui sembra si debba vestire il capo d'istituto. Non ci risulta, purtroppo, che ci siano scuole dove si sia creata un'atmosfera temperata, dove i docenti pratichino per accordo comune metodologie capaci di contenere sia i valori artigiani delle individualità, sia gli elementi di una progettazione forte, nonsospettosanei riguardidelle tecniche e del confronto collegiale, che sostituisca quella debole coincidente in sostanza con il programma che ogni anno il docente consegna come atto dovuto alla presidenza. Il Ministro, invece, si è mosso allo scoperto: una visibilità,purtroppo, derivata più che dall'obbligo della lealtà, o, come si dice oggi, della trasparenza, da una evidentissima dipendenza dai media, come dimostrano otto mesi di drogata esternazione quo- · tidiana, senza esclusione, appunto, di mezzi, dai giornali ai talk-show, ai confronti diretti (in diretta) con gli studenti. Con l'evaporazione di questo mare di parole, un solo fatto rimane, in sostanza, a segnalare.il pf1ssaggio di D'Onofrio sulla scéna della Scuola Superiore: l'abolizione degli esami di settembre e la conseguente istituzione degli Interventi integrativi per il recupero. Il provvedimento è passato, unico tra gli atti del ministro, con il consenso pressoché generale, anche del mondo della scuola: gli studenti e le famiglie sono stati liberati di colpo dalle sofferenze, anche economiche,dell'estate; idocentida un' operazione da tempo dimostratasi povera di significato pedagogico e didattico. Delrestoogni adeguamentodellascuola gentiliana alla scuola di massa è storicamene passato attraverso la demolizione dei suoi strumenti di controllo e di selezione, e quindi attraverUNA CITTA' so l'abolizione degli esami (di seconda elementare, di ammissione alla media, di V ginnasio) o la loro riforma/indebolimento (III media, Maturità). Senonché, ancora una volta, come per la maturità nel 1969, si è cominciato dal fondo, e soprattutto con una imperdonabileimprudenzaquantoai tempi (due giorni prima dell'inizio dell'anno 1994/95)e ai modi: con decreto legge, senza consultazioni, preavvisi, esperienze econ ilsolo rimpiazzo della istituzione degli Interventi integrativi per il recupero. Si è così premuto il grilletto di un'arma senza calcolarne il rinculo; non solo perchè la vexatissima quaestio della valutazione si è ulteriormente complicata con il venir meno della rete protettiva dell'esame di riparazione (ma i docenti sapranno, come sempre, trovare un puntodi equilibrio tra severità e larghezza), quanto piuttosto per lo sforzo di ripensare in toto la didattica, di trovare in essa uno spazio, stabile e ragionato, per il sostegno ai più deboli e, in più, di mettere in piedi in tempi ristrettissimi una seconda scuola, quella dei corsi di recupero, per circa un terzo dei suoi alunni. E' un'operazione, quest'ultima, che ha richiesto un impegno enorme, sia sul piano organizzativo (problema dei docenti, dei turni del personale, delle aule, della vigilanza, degli orari, ecc.), sia su quello, sostanziale, della creazione delle condizioni di riuscita delle iniziative: diagnosi ripetute sull'andamento degli alunni e delle ragioni dello svantaggio, coordinamento tra lezione normale e lezione aggiuntiva con le connesse questioni metodologiche, verifiche periodiche sull'efficacia del recupero, ecc. La scuola è in grado di far fronte con la consueta dignitosa e paziente capacità di adeguamento, maè anche strematada una sorte che lacondanna ora ali' immobilismodi decenni ora ad un riformismo improvvisato e imprudente. Il ministro D'Onofrio ha del resto significativamente inverato le due posizioni, perchéda chi ha soppresso per le spicce un sistema di valutazione finale vecchiodi decenni, ci si sarebbe aspettati una capacità di decisione di pari sbrigativitàdove lastrada dell' innovazione era già bell'e pronta: la concessione dell'autonomr§ agli Istituti Superiori con conseguente modifica della loro identità e organizzazione. Qui il ministro aveva a portata di mano il potere di delega, concesso dalla Finanziaria Ciampi, di emanare decreti inmateria. Ebbene, incredibilmente egli ha scelto di rinunciare alla delega. In sostituzione ha diffuso una "Iniziativa legislativa circa l'elevamentodell'obbligo scolastico e il riordino degli Organi Collegiali" con risultati disastrosi: quella che poteva e doveva essere una proposta su cui aprire il dibattito (e concluderlo! Per quanto ancora questa sarà la Penisola dei dibattiti aperti?) si è rivelata una zuffa dove le grida hanno prevalso sulla ragione, con risultati devastanti per la scuola (agitazioni, cogestioni, occupazione, ecc.); una devastazione estesa al Paese come spettacolo grazie ai media... La scuola, sbattuta giornalmente in prima pagina, ha finito per dare di sé un'immagine mostruosa, nella quale chi vive ed opera inessa non si riconosce minimamente. Ma in tempi nei quali losport nazionale sembra il giuoco al massacro, anche la scuola italiana deve essere allo sfascio, e non ci consola il fatto che a questa convinzione generale hanno contribuito in gran parte, con le loro pubbliche esibizioni, i peggiori politici, i peggiori uomini di scuola, i peggiori giornalisti, i peggiori studenti. Elzeario Capecchi, preside. La testata UNA CITTA' è di proprietàdella cooperativaUNAGITTA'. Presidente: MassimoTesei. Consiglieri: Rosanna Ambrogetti,PaoloBertozzi, RodolfoGaleotti,FrancoMelandri,GianniSaporetti,SulamitSchneider. Redazione: Rosanna Ambrogetti,Marco Bellini,Fausto Fabbri, Silvana Massetti, FrancoMelandri,MorenaMordenti,MassimoTesei, GianniSaporetti(coordinatore). Co/laboratori: Edoardo Albinati,Loretta Amadori,AntonellaAnedda, GiorgioBacchin,PaoloBertozzi,PatriziaBetti,AldoBonomi,BarbaraBovelacci, VincenzoBugliani,Dolores David, Liana Gavelli,Alexander Langer, Marzio Malpezzi,GianlucaManzi,Carla Melazzini,Linda Prati, Carlo Poletti, Rocco Ronchi,don Sergio Sala, SulamitSchneider. Interviste: A Jovan Diviak e Ozren Kebo: MassimoTesai. A Fiorella Farinelli: MarcoBellini.A Stefano Zamagni: Paolo Bertozzi.A Claudia M. Tresso: Gianni Saporetti.A Anna Bravo: GianniSaporetti.A Massimo Canevacci:Marco Bellini. A Benedetto Vecchi: Marco Bellini.A Maurizio Lazzarini: Gianni Saporetti. A Maurizio Maggiani: FrancoMelandrie GianniSaporetti. A Simonetta Cicognani: MassimoTesai. Disegni: di Stefano Ricci. Foto: di Fausto Fabbri.Incopertina e a pag. 7: di MagdaTaroni.Apag.15 tratta da A-Rivista anarchica. Grafica: "Casa Walden". Fotoliti: Scriba. Questo numero è stato chiuso il 7 maggio '95. UNA CITTA' 1 3

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