Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

il punto :asa Proudhon attorno ndri. creti, con le loro contraddizioni, che Proudhon vede sempre come vivificanti. Questo modo di vedere è quello che lo fece essere ferocemente anticomunista: diceva che Marx cd i teorici comunisti, col loro prescrivere come la società avrebbe dovuto essere in virtù di una interpretazione della toria, di fatto la volevano trasformare in una immensa galera. In tutto questo non c'è quell'esaltazione per i principi che, spesso, è stata la caratteristica dei movimenti anarchici storici; in cosa consiste allora l'anarchismo di Proudhon? L·anarchismo di Prouclhon consiste proprio nel suo rifiuto di ogni assoluto. nella convinzione che, al di là di quanto possono far pensare le contingenze storiche, non esista un centro materiale o simbolico da cui irradi tutto, a parte, ovviamente, l'essere umano e la sua continua interrogazione sulla sua condizione. la circonferenza è dappertutto, il centro da nessuna parte Per Proudhon la storia ed il destino dell'uomo si giocano nella continua ed irrisolvibile antinomia fra gli esseri umani così come sono, con le loro determinazioni storiche e sociali, e la società ed il mondo che li circonda. Un mondo che, contemporaneamente, crea i singoli esseri umani ed è creato dall'azione e dai modi di pensare, quindi di agire, degli individui. Da questo modo di vedere dipende anche la sua idea del federalismo. Proudhon era ferocemente contro lo Stato, sua è la famosa frase "essere governato significa essere incarcerato, picchiato, sfrullato, offeso .." e tanti altri aggettivi negativi da riempire una pagina, però era anche consapevole della necessità, per la vita stessa della società, di elementi a cui tulli facessero riferimento. Sosteneva la necessità di fondamenti comuni (una cultura, una serie di principi condivisi da tulli, che per lui sono, contrariamente ali' idea di Rousseau, ancora tutti da chiarire e conquistare), ma sosteneva anche che questo non doveva significare la scomparsa dell'autonomia delle singole unità sociali, fossero esse il villaggio o la fabbrica. Per lui ci doveva essere una dinamica continua fra queste unità sociali, collegate fra loro (le fabbriche collegate fra loro in una federazione delle fabbriche, i villaggi in una federazione dei villaggi e così via), intersecate come una rete, e gli elementi comuni a tutti. Non a caso definiva la sua idea di società come un sistema in cui "la circonferenza è ovunque, il centro da nessuna parte". Ne "La giustizia nella rivoluzione e nella chiesa", che è uno dei suoi testi più importanti, c'è una prima parte più specificamente filosofica in cui sostiene che non si può separare nessun elemento della realtà dagli altri, e lui considerava anche le idee "realtà", perché la realtà è per sua natura un insieme che noi, che abbiamo bisogno di raffigurarcela, vediamo come contradditorio. Proudhon sostiene che è fondamentale salvaguardare questa visione contradditoria del reale, quindi anche della storia, perché senza di essa la stessa vitalità degli esseri umani verrebbe meno. Ed è per questo che si scaglia contro la logica hegeliana, che comunque non aveva molto compreso, la quale cerca una sintesi superiore, unitaria, agli elementi che la compongono. Proudhon dice che Hegel, e Marx dopo di lui, vedono nello sviluppo storico questa sintesi superiore non perché essa ci sia realmente, ma perché Hegel e Marx vogliono governare le cose, dargli una direzione prestabilita, mentre invece questa direzione non c'è, né può esserci. Per Proudhon la direzione, il senso, non è nelle cose, ma nella mente degli esseri umani e questi devono sempre fare allenzione a non attribuire al le cose in sé o al la storia quel senso che essi ricercano e senza cui non sarebbero "uomini". Non a caso Proudhon chiamò le sue proposte di riforma sociale "mutualismo"; lo chiamò così proprio per sottolineare come tutto ciò che esiste sia in rapporto con tutto e non sia giusto, sia anzi pericolosissimo, pensare una cosa separandola dalle altre. In questo rifiuto di elevare un qualcosa ad ente sovrano e nel continuo richiamo alla necessità che gli uomini pensino a quel che sono e alle loro azioni, sta la dimensione propriamente anarchica di Proudhon. Ci furono dei rapporti fra Proudhon e il movimento anarchico storico? Col movimento anarchico propriamente dello, no. Tutti gli storici fanno risalire la nascita del movimento anarchico al congresso della tendenza libertaria della Prima Internazionale tenutosi a Sanl Imier nel settembre 1872,mentre Proudhon era morto nel gennaio 1865. Ma è altrettanto vero che alcuni fra i principali promotori della Prima Internazionale, fondata ufficialmente nel settembre 1864, erano proudhoniani. la sostanziale differenza fra possesso e proprietà Proudhon, già molto malato, non aderì direttamente all'Internazionale, ma !'"Indirizzo inaugurale", il "Preambolo" e gli "Statuti", per quanto materialmente elaborati da Marx, sono tutti basati su una serie di appunti di Proudhon e di Tolain, un operaio parigino che di Proudhon fu amico e continuatore. In seno all'Internazionale, comunque, l'influenza di Proudhon fu fortissima, soprattutto nei primi anni. Per fare un esempio, ci furono alcune infervoratissime conferenze dell'Internazionale dedicate al problema del diritto ereditario, una questione che veniva posta proprio dai proudhoniani. Proudhon nel 1848 aveva scritto "Che cos'è la proprietà", un saggio lodatissimo anche da Marx, e la sua tesi, divenuta proverbiale, era che "la proprietà è il furto" e quindi essa andava combattuta. Ma Proudhon era anche l'autore di una successiva memoria, "La proprietà", scritta nel 1862, in cui sosteneva che "la proprietà è la garanzia della libertà individuale". Egli vedeva chiaramente come il grande capitale, la grande proprietà terriera e la rendita finanziaria fossero causa di ingiustizie, tuttavia sosteneva anche che fra proprietà e possesso c'è una sostanziale differenza. La proprietà è un bene di cui tu ti appropri e usi anche se ad esso non hai direttamente contribuito, mentre il possesso è un bene che tu hai contribuito a creare o a mantenere, quindi è direttamente parte di te e tu hai diritto al suo uso esclusivo e lo puoi trasmettere ai tuoi discendenti o a chi più ti aggrada. In questa continuità fra l'uomo e la sua opera Proudhon vedeva la possibilità per ognuno di manifestare la sua individualità ed in questo senso diceva che la proprietà era l'unica garanzia per la libertà individuale. Conseguentemente con queste idee i proudhoniani erano per comballere la grande proprietà, per la sua suddivisione in piccole unità a possesso individuale o per la gestione da parte di cooperati ve, ma erano anche favorevoli alla possibilità che questo possesso fosse trasmissibile agli eredi. Dall'altra parte invece c'erano i comunisti che, conseguentemente con l'idea del la proprietà statale di tutto, negavano ogni forma di ereditarietà ed in mezzo c'erano Bakunin e qualche altro che erano favorevoli al possesso personale, ma erano contrari alla possibilità di trasmetterlo ereditariamente e pensavano che alla BibliotecaGino Bianco morte di uno lutti i suoi beni, esclusi ovviamente gli effelli personali, dovesse andare alla collellività che li avrebbe redistribuiti. Bene, in queste conferenze -in cui la gran parte dei partecipanti era costituita da operai o piccoli artigiani che arrivavano in Svizzera o in Olanda da sperduti paesini cieli' Italia, della Francia, della Spagna o della Germania- la decisione presa fu favorevole alla comunanza dei beni, ma furono molti, e non solo anarchici, quelli che videro come l'idea della proprietà collettiva di luno, senza alcun contrappeso, pur essendo animata dalle migliori intenzioni fosse destinata a portare non alla libertà ed ali' uguaglianza, ma alla costruzione di una società omologante ed alla edificazione di un apparato politico poliziesco. Fra l'altro, non solo l'ex Unione Sovietica è stata proprio questo, ma quando Gorbaciov cercò di cambiarla senza abbandonare I' ispirazione socialista si ritrovò proprio a dover scegliere fra proprietà e possesso ed a decidere quale diritto ereditario ammellere. Ma Proudhon, che come dicevi sottolineava l'importanza del radicamento dell'essere umano nel suo ambiente, che combatteva l'idea di un uomo astrattamente inteso, non fu anche un nazionalista? No, non fu un nazionalista. Il motivo per cui i nazionalisti francesi si appropriarono di lui sta nel fatto che Prodhon sosteneva che ogni nazione ha la sua storia e le sue tradizioni ed in queste si manifesta un modo di essere confacente a quel popolo, ma questo non significa che ci siano popoli superiori e altri inferiori; Proudhon sosteneva che è necessario mantenere queste differenze, che in quanto tali sono vivificanti, sono una base necessaria per la dinamicità sociale. Anche in questo Proudhon polemizzava con Marx ed i socialisti tedeschi che, sostenitori della necessità cieli' allargamento del modo capitalistico di produzione che avrebbe portato alla creazione dell' "esercito industriale" che doveva portare al comunismo, non si proccupavano minimamente che questo significasse anche che ogni differenza sarebbe sparita. l'Italia unita per lui sarebbe stata una tragedia Negli scritti sulla questione italiana Proudhon scriveva che l'Italia unita sarebbe stata una tragedia ed in base a questo alcuni lo accusarono di essere un nazionalista, di non volere l'unità d'Italia perché un'Italia unita avrebbe potuto far ombra alla Francia. Mentre invece quel che Proudhon sosteneva era che l'Italia era composta di zone così diverse per storia, per tradizioni, per situazioni sociali, che poteva essere unificata soltanto da un potere centrale forte, che non poteva far altro che schiacciare la parte più debole del paese, che lui identificava nel meridione. Per questo diceva che era bene che l'Italia si liberasse dagli austriaci, dei Borboni o dello Stato della Chiesa, ma, di fronte alla prospettiva di una centralizzazione, era meglio rimanesse divisa. Quanto sia assurda l'accusa di nazionalismo falla a Proudhon lo dimostra anche il fatto che combattenti dell'indipendenza italiana come Cattaneo, Ferrari, Montanelli -o lo spagnolo Pi Y Margall, che fu anche presidente della repubblica spagnola del 1873- erano in contallo con Proudhon ed anche a lui si ispiravano. Tutto questo fermento ideale come si solidifica nella tradizione socialista che è giunta fino a noi? Innanzitutto va sottolineato che in questo clima ribollente, pieno di idee, di polemiche, di contraddizioni, e anche di asti ed odi personali, ci sono molti teorici e intellenuali, ma mancano, a parte Marx e in misura infinatemente inferiore Proudhon, dei pensatori che affrontino le questioni nella loro radicalità e complessità. Bakunin ebbe certo delle intuizioni geniali, ma ad esse corrisposero delle teorizzazioni che, nel lungo periodo, si sono non di rado dimostrate discutibili o inconsistenti. "indispensabile il primo giorno, da fucilare il secondo" Per Bakunin il problema fondamentale era fare la rivoluzione, cioè avviare un processo che, abbattendo l'aristocrazia e soprattutto la borghesia ormai saldamente al potere, restituisse alla società quella dinamica, quella spontaneità, quella apertura mentale che, per lui, erano la caratteristica delle classi popolari. Come capopopolo era I' asso di briscola: un gigante alto due metri, sempre tutto scapigliato, oratore e polemista formidabile (tant'è che Isaiah Berlin lo definisce uno dei più grandi pubblicisti della storia), ma non riuscì mai, anche se qualche volta ci provò, a scrivere un l\bro per intero. Era incapace, preso come era dalla necessità di agire, di sistematicizzare le sue intuizioni, nonostante la sua profonda cultura e la sua formazione filosofica; non a caso Engels, commemorandolo, dopo aver detto che Bakunin "era insostituibile il primo giorno della rivoluzione, ma da fucilare il secondo", concludeva "Tuttavia bisogna rispettarlo, aveva capito Hegel". In questa situazione è chiaro che, passati i momenti insurrezionali del 1848 e degli anni attorno al 1870, si imponesse piano piano l'unico pensiero articolato emerso da quei dibattiti e da quegli scontri, cioè il pensiero di Marx ed Engels. Ed è questo il dramma: la potenza di quel pensiero, unitamente all'abito mentale dogmatico di Marx e di Engels, impedirà nel movimento socia I ista una apertura mentale ed una dia- . lettica ideale in grado di adattare questo movimento alle contingenze politiche senza tuttavia perdere la radicalità delle idee fondanti. Da una parte questo ha portato i partiti socialisti ed i sindacati di massa all'adattamento alle regole ed ai modelli di pensiero delle società che volevano cambiare, mentre, dall'altra parte, i movimenti di ispirazione libertaria sono rimasti, salvo qualche momento e qualche realtà, minoritari, strenui difensori della purezza del1 'ideale, ma incapaci di cogliere la particolarità di ogni momento storico e di rendere realmente operanti in esso quelle idee di cui si ritengono portatori. Per esempio, Marx e Bakunin avevano chiara la centralità dell'ambito politico, ma videro in esso o solo la sovrastruttura di un processo economico fondante o un ambito in cui solo l'autoritarismo è possibile, ed è su queste diverse impostazioni che avvenne la rottura teorica fra le due ali della Prima internazionale. Le idee di Proudhon -che erano più contradditorie, ma anche più articolate, di quelle di Marx e Bakunin- erano ormai state accantonate perché ritenute inadatte a guidare l'azione sociale che allora era incalzante. Sulla questione della politica la polemica fu durissima in tutta Europa; in Italia fu avviata da Andrea' Costa che, dapprima anarchico, progressivamente divenne disponibile alla logica della democrazia liberale e non a caso finì la sua vita presidente della Camera. Per un certo periodo nel movimento socialista italiano le due anime convissero ed alcuni gruppi, detti "possibilisti", cercarono di trovare un punto di equilibrio, o una terza soluzione, al dilemma fra rifiuto della politica e visione solo politica cieli' azione socialista, ma, alla fine cieli' 800, le idee si radicalizzarono e la spaccatura fu chiara e definita. Divenne del tutto irrecuperabile con la Rivoluzione Russa che suscitò enormi speranze e portò alla diffusione delle idee ultra-autoritarie di Lenin e alla nascita dei partiti comunisti. Ma era una diffusione già nelle cose, preparata dalle idee di Marx e dei marxisti che continuarono la sua opera. In Italia la rottura formale fra ala libertaria e ala marxista avvenne nel Congresso Socialista di Genova del 1892 quando, il 15Agosto, i delegati marxisti abbandonarono il congresso per dare vita al Partito Socialista Italiano arrivato fino a noi. La costituzione formale avvenne, paradossalmente, nella sala dei Carabinieri. - Foto da "Storia I/lustrata". Pag.8: comizio socialista di Labriola a Roma nei primi del secolo. Pag.9: lezioni all'aperto nella Colonia Cecilia.fo11data in Brasile da anarchici italiani. nel prossimo numero: Lo storico Vidal Naquet ci parla di memoria e Shoah lo storico Vito Fumagalli ci parla di antiche comunità il punto di vista di due giovani israeliani "di destra" UNA CITTA' 9

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