Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

B , BAKI E PROUDHO Alla vigilia della Prima Internazionale i problemi della sinistra erano già tutti sul tavolo? Quello di c cui Marx, Bakunin e Proudhon passarono notti a discutere accanitamente? Ne parla Franco Mela Due secoli ci separano dal sorgere dei movimenti e delle teorie socialiste. Due secoli in cui proprio gli eredi, più o meno legittimi, di quelle idee hanno spesso fatto la storia; in cui hanno cercato, in uno sforzo titanico, di cambiare le condizioni di vita di gran parte dell'umanit~; in cui, non di rado, si sono trovati su· lati opposti di una barricata non· solo metaforica. E proprio questo vivere fino alle estreme conseguenze le idee ed il modo di essere che alle idee sottende, ha rappresentato uno dei caratteri salienti del movimento socialista: come tutte le passioni, infatti, il socialismo non ha temuto il sangue per manifestare la propria verità. E come tutte le passioni il socialismo al suo iniziale manifestarsi, quando ancora le ideologie non avevano preso il posto di un sentire che produceva idee, è stato contemporaneamente unidimensionale e poliedrico, disponibile ad ogni apporto ed esclusivo nel suo proporsi, stimolatore di pensieri e vite contrastanti e unico, irriducibile, nella sua ragione ultima. Da sempre su quel crinale che separa ed unisce il tramontare ed il risplendere il "sol dell'awenire" socialista è stato, nonostante i reiterati tentativi, irriducibile alle categorizzazioni più o meno "scientifiche". Il socialismo non si può, se non impoverendolo e snaturandolo, racchiudere in formule, magari "aperte": il socialismo si può solo narrare attraverso le vite e leparole dei socialisti. Di questa narrazione è paradigmatica la figura del militante e pensatore francese Pierre Joseph Proudhon, ispiratore e avversario di Marx. Il socialista libertario le cui idee furono fatte proprie dalla destra cattolica o naz_ionalista e dal sindacalismo rivoluzionario, dal liberalismo più conseguentemente radicale e dall'anarchismo come dal riformismo più moderato e, contemporaneamente, non furono completamente accettate da nessuno. Nell'opera di Proudhon sono già racchiuse tutte le questioni -dalla differenza sessuale al federalismo, dalla libertà individuale alle regole necessarie del vivere in società, dal bisogno di mutamento alla necessità di continuità- che fecero sorgere le idee e i movimenti socialisti, anarchici, riformisti, comunisti. Le stesse questioni in cui ancora si dibatte il nostro vivere. UNA CITTA' INTERVISTE A Toni Capuou.o: Gianni Saporetti. Alla donna bosniaca: Massimo Tesei. A Edgar Lissel: Loretta Amadori. A Alide Tassinari: RitaAgnello. A Paolo Lacchini: Roberto Poni. A don Dario Ciani: Liana Gavelli e Massimo Tesei. A Sandro Veronesi: Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri. A Igor Bararon: Carlo Poletti. FOTO: Foto di Fausto Fabbri. Foto di pag. 2, 3, 4 e 5 di Marco Ricci .. Foto di pag. 7 tratta dall'Unità. Foto di pag.14 tratta da Phototeca. COLLABORATORI: Rita Agnello, Loretta Amadori, Rosanna Ambrogetti, Giorgio Bacchio, Paolo Bertozzi. Libero Casamurata, Dolores David, Davide Fabbri. Fausto Fabbri. Daniela Filippelli, Rodolfo Galeotti. Liana Gavelli, Diano Leoni, Manio Malpezzi. Gianluca Manzi, Silvana Masselli. Orlanda Malleucci, Franco Melandri, Cristina Minghini. Morena Mordenti. Carlo Polelli. Roberto Poni, Linda Prati, Rocco Ronchi, don Sergio Sala, Gianni Saporclli, Sulamit Schneider, Gianni Sofri, Fabio Strada. Massimo Tesci. Grafica: "Casa Walden" Fotoliti DTP: SCRIBA. -~ Si parla ormai apertamente di una probabile fine del PSI, dovuta alla crisi provocata dallo scandalo di Tangentopoli, e si dice pure che la fine del PSI sarebbe anche la fine della tradizione socialista Eppure il "rinnovamento" craxiano si era presentato proprio come tentativo di rinnovare questa tradizione, sganciandola definitivamente dal marxismo ... Fu iI discusso "ritorno a Proudhon". E con Proudhon, un pensatore fino ad allora quasi dimenticato che aveva cercato di identificare le strade di un cambiamento sociale radicale senza ricorrere alla rivoluzione catartica, escatologica, si tornava ad affrontare il problema dei "modi" del cambiamento sociale che fin dall'inizio, dalla Prima Internazionale, è stato uno dei problemi di fondo del movimento socialista. I primi dibattiti dell'Internazionale furono proprio incentrati su questa problematica ed è a questo dibattito che si riallacciò Craxi con una lettura, a mio parere del tutto illegittima, di Proudhon. Una lettura che, tuttavia, sottolineava giustamente come nella critica al comunismo di tipo russo non si dovesse incolpare di tutto chi aveva portato al decadimento dell'idea marxista originaria, in sé rimasta pura e valida o appellarsi ai buoni sentimenti. Craxi e gli intellettuali che lo affiancavano (Paolo Flores D' Arcais, Luciano Pellicani, Federico Cohen, una parte dei quali, viste le giravolte politiche craxiane, dopo un po' lo abbandonò) cercavano di definire una teoria politica socialista che facesse veramente i conti con la realtà del capitalismo "postmoderno" ed in questa ricerca pensarono che fosse necessario andare all'origine di questa stessa tradizione. autodidatta, tipografo, amico di Victor Augo e di Baudelaire E all'origine c'è, appunto, anche Proudhon. Questi era un personaggio fuori da ogni schema: autodidatta, per molti anni tipografo, con una cultura enciclopedica, amico di Victor Hugo e di Baudelaire, avrebbe voluto essere un filosofo, ma, anche se si poneva il problema del grande sistema teorico, era dichiaratamente asistematico ed è anche per questo che da molte sue intuizioni hanno preso spunto le correnti politiche più disparate. La teoria politica più vicina a Proudhon è certamente l'anarchismo, ma nel primo '900 anche una parte della destra francese si rifece a lui, così come a lui si rifece Georges Sorel nel percorso teorico che, partendo da una riflessione critica sulla teoria marxista della lotta di classe, lo portò poi a teorizzare la lotta delle nazioni proletarie contro quelle ricche, una teorizzazione che, in seguito, fu fatta propria dal fascismo. Da Proudhon, seppure indirettamente, trasse ispirazione anche John Stuart Mili per il suo "Saggio sulla libertà" che è quasi un Vangelo del liberalismo anglosassone. Racconta Mili nella sua autobiografia che l'idea della "sovranità dell'individuo", centrale nel saggio, egli la trovò già esposta nelle sue linee fondamentali negli scritti di un individualista anarchico americano, Josiah Warren. Questi, in parte influenzato da Proudhon, in parte giunto per strade proprie a conclusioni simili, passò la vita a fondare comunità sperimentali che mettevano in pratica sistemi mutualistici di produrre e di organizzare la vita sociale; alcune di queste comunità vissero per oltre mezzo secolo. Non solo, ma, nonostante Proudhon fosse dichiaratamente ateo, anche la destra cattolica si appropriò di un suo scritto, "La pornocrazia", usandolo contro l'emancipazione delle donne. Marx diceva di lui che "In Germania gli perdonano di essere un cattivo filosofo perché passa per un buon economista francese, in Francia gli perdonano di essere un cattivo economista perché passa per essere un buon filosofo tedesco", in realtà non era né un economista, né un sociologo, anche se poi molti lo dicono uno dei fondatori della sociologia, né un filosofo: era uno che aveva la passio8 UNA CITTA' o ne per il pensiero e per la politica, che scrisse moltissimo (i suoi scritti completi superano i 40 volumi), che visse ed agì in un momento particolare della storia d'Europa: quello delle grandi trasformazioni che portarono all'affermazione del capitalismo ed alla nascita dei movimenti socialisti ed operai. Marx, che aveva conosciuto Proudhon a Parigi nel 1844, diceva di averlo "infestato di hegelismo" e le discussioni fra Marx, Proudhon e Bakunin, che spesso duravano interi giorni, divennero quasi leggendarie. C'è un aneddoto che dà il senso del coinvolgimento di queste discussioni. Si racconta che una volta Marx, Bakunin e Proudhon si trovarono a casa di Proudhon nel pomeriggio e cominciarono a chiacchierare bevendo del tè vicino al camino. Verso sera giungono altri amici che partecipano alla discussione e che nella tarda notte se ne vanno, lasciando Marx, Proudhon e Bakunin che dicono "finiamo il tè ed andiamo a letto". Il pomeriggio del giorno dopo uno di questi torna a casa di Proudhon e per le scale incontra Marx, visibilmente stanco ed eccitato, che se ne sta andando. Sbalordito entra in casa e trova Proudhon e Bakunin vicino al camino che, ancora con la tazza in mano, continuano la discussione della notte precedente. una cultura enciclopedica, i suoi scritti in 40 volumi La frequentazione fra Marx e Proudhon, che personalmente non si erano mai "presi" molto, finì nel 1846, quando Marx, che stava costituendo una associazione di intellettuali socialisti, propose a Proudhon di entrarvi. Proudhon gli rispose che era sempre disponibile a lottare contro tutti i sistematicismi, contro tutte le idee metafisiche che pretendono di ingabbiare la realtà, ma che per far questo non occorreva un'organizzazione. E proseguiva dicendo più o meno: "ho però idea che a te non interessi questa battaglia e che tu voglia creare un'organizzazione di intellettuali per mettere il cappello di una ideologia sui movimenti sociali e operai. In questo caso non solo non ci sto, ma sarò un tuo deciso avversario". Questa rottura personale fra i due fu anche la fine di quell'ambiente culturale e politico che per varie strade portò poi alla nascita della Prima Internazionale e allo sviluppo del movimento socialista e operaio. era contrario all'emancipazionismo di George Sand Una rottura che era nelle cose, dovuta non solo alle personalità antitetiche di Marx, Proudhon o Bakunin, ma soprattutto ai diversissimi modi di pensare che, al di là della comune etichetta di "socialista", questi personaggi avevano. Come fu possibile che la destra cattolica si appropriasse di alcune idee di Proudhon? Proudhon esaltava la differenza fra uomo e donna e per lui questa era una cosa del tutto naturale. Veniva da una famiglia contadina ed era legatissimo all'idea della famiglia, per lui l'uomo e la donna non solo non sono uguali fisiologicamente, ma soprattutto sono due tipi di persona incommensurabili l'uno all'altra ed in questo vedeva un elemento di importanza irrinunciabile. Per questo diceva che, se uomo e donna diventano uguali, se fra loro non rimane una differenza manifesta anche nelle cose che fanno e nel come le fanno, perdono il senso del loro valore come singoli e quindi viene meno la spinta ad incontrarsi che è il perno della socialità umana. E' per questo che Proudhon era contrario all'emancipazionismo, sostenuto allora da George Sand. Questo modo di vedere era la traduzione su una questione particolare del problema fondamentale di Proudhon: il rifiuto di ogni principio assoluto. C'è un passo in cui dice che se un qualche assoluto ci fosse dovrebbe necessariamente mostrarsi in qualche modo anche nella storia, ma essendo la storia variabile, mutevole, in mille modi interpretabile, proprio questa mutevolezza di per sé nega la possibilità che un assoluto esista e quindi non è in un qualche sviluppo storico necessario che va ricercata la possibilità di una politica che porti alla emancipazione delle classi oppresse. Questo modo di vedere diventa fondamentale nella sua teorizzazione della "coscienza di classe". Per Proudhon il fatto che l'operaio sia cosciente di essere sfruttato ed abbia consapevolezza che la società può essere mutata dall'azione dei suoi membri è certo la condizione primaria perché gli operai comincino ad avere coscienza di sé, ma aggiungeva che se l'operaio non si dà "l'idea", cioè un progetto del suo essere nel mondo che non sogni una liberazione finale, demandando tutto ad essa, e che non sia solo la giustificazione del rivendicazionismo per migliorare la sua condizione di individuo dipendente, sarà sempre destinato a riprodurre la sua oppressione. Ci sono delle pagine di Proudhon ferocissime contro gli operai che non riescono ad uscire dalla psicologia del dipendente, che non cercano di vedersi come singoli, come individui dotati di uno specifico valore in quanto esseri unici. Una unicità che, per Proudhon, non è data in astratto, ma nasce dalle condizioni storiche e sociali in cui ognuno nasce e con cui sempre deve fare i conti. La stessa cosa per lui avviene con la famiglia: se la singolarità di ognuno, che è differenza e non esiste in astratto, non viene vissuta quotidianamente, se non si manifesta in un modo di essere che costantemente la sottolinei, quindi anche in un posto specifico nella società, è destinata a perdersi e tutta la società si impoverisce. La critica che gli venne fatta un po' da tutti, non solo dalle femministe, ma anche dagli anarchici, dai marxisti e perfino da molti liberali, era che lui voleva una donna relegata in casa ad occuparsi dei figli. Era sicuramente una critica valida, ed infatti Proudhon, come conferma in molte lettere, era incapace di staccarsi dall'immagine della famiglia contadina, governata dalla madre, in cui era cresciuto, però è anche vero che per lui questo non significava disconoscere o svilire il ruolo della donna. Anzi, lui pensava che proprio questa differenza desse alla donna anche una "capacità contrattuale", aumentasse il suo peso sociale. Per lui, comunque, il problema fondamentale è sempre stato l'emancipazione delle classi lavoratrici oppresse da un sistema sociale che sempre più obbediva, e obbedisce, a leggi sue proprie e non ai bisogni ed ai desideri degli individui con-

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