Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

B Ritrovare le origini, ripartire da lì e ritornarvi continuamente. La capacità dello "sguardo" al femminile. Madri, figlie, nonne. L'idea sbagliata di una programmazione esasperata della maternità. Intervista ad Alide Tassinari. Alide Tassinari è psicodrammatista, attualmente lavora presso il Centro di Documentazione Educativa del Comune di Cesena. Parliamo di "differenza": cosa è per le donne? Dapprima le donne hanno lottato in termini dj acquisizione di uguaglianza, ma avevano come modello una concezione maschile della parità: come se si facesse una gara e si partisse tutti con le stesse competenze, presupponendo, quindi, una parità "data", naturale, deviata poi solo sul piano culturale. Ricordo che le vecchie compagne dell'Udi -di cui tuttora faccio partequando parlavano e teorizzavano sul cosa fare, dicevano: facciamo queste lotte per le donne, organizziamo il movimento per le donne; cioè, non partivano mai dal loro essere donne, dai loro bisogni e desideri, ma da quelli, supposti, delle altre. E, invece per organizzare e riconoscere un cambiamento, bisogna viverlo, prima dentro se stessi. Se si pensa che solo gli altri o solo le istituzioni esterne debbano mutare, si vive ogni cambiamento come estraneo alla propria persona e questo porta alla delusione e al riflusso. Poi le donne hanno cormnciato a guardarsi al loro interno: erano diverse tra loro e differentj dall'uomo. Ma una differenza non pensata in termini logici maschili come un più o un meno, ma una diversità strutturale e culturale e così "iscritta" nel nostro mondo. l'attenzione alle cose più quotidiane Questa coscienza ha portato a una maggiore, e qualitativamente diversa, scolarizzazione di massa: le donne, da mere trasmettitrici di cultura, sono diventate soggetti attivi della produzione culturale. Ali' interno del movimento, si sono dedicate alla ricerca storica, sono andate a cercare i parametri femminili all'interno della storia, che in quegli anni diventava storia sociale. Penso che all'interno della società, ci sia stata una capacità di "sguardo" al femrmnile: nel senso dell'attenzione alle cose più quotidiane, meno visibili, meno eclatanti. Le donne avevano la possibilità di influire direttamente sulla produzione simbolica e culturale e di renderne esplicita la differenza, non più tra le mura di casa o nelle relazioni interpersonali, ma nel mondo più vasto. Luisa Muraro dice: "impariamo ad abitare il mondo", cioè impariamo ad usare tutte quelle competenze che abbiamo acquisito nel corso dei secoli dentro le case e nelle relazioni affettive, nel lavoro o in uno spazio più ampio. Mi ha colpito quanto diceva Lidia Menapace durante un incontro: "Provate a pensare a un uomo e a una donna che tornano a casa dal lavoro. La donna ha la borsa della spesa, mentre arriva sfila la chiave di casa, apre la buca delle lettere, magari si caccia la posta in bocca perché ha le mani impegnate, quindi entra in casa, si toglie il cappotto, accende il gas, intanto parla col figlio, risponde al telefono: cioè fa tante cose contemporaneamente, ha uno sguardo allargato sulle cose per organizzarci dentro tutto. Per l'uomo è diverso, il suo atteggiamento è più tranquillo: entra in casa, va a vedere se è pronto in cucina, legge il giornale. Non sempre, ma spesso è così". Cosa ha voluto dire, per le donne, trasferire queste competenze nel mondo del lavoro. Menapace faceva l'esempio delle donne che lavorano al computer: lo utilizzano in modo più relazionale, sanno "cucire" insieme diverse prospettive di lavoro. Ci sono delle r' ricerche che dicono che cambia il modo di utilizzo di uno strumento, se a lavorarci è una donna; e non è un dato biologico, ma l'abitudine delle donne a tenere sempre conto di qualcun altro. Infatti la maternità è questo: la capacità di accogliere, di tener conto. Per le donne è sempre stato difficile mantenere le distanze; quando si innamorano tendono a inglobare, a rimettere insieme, a tendere alla totalità. Per gli uomini è di verso: sono stati educati ad essere individui staccati, per loro e più difficile costruire reti comunicativ.e ~d emozionali su più piani. Prima parlavo del ritorno delle donne verso il "luogo" delle origini, e Winnièòt scrive "dal luogo delle origini"; su questo ho delle mie fantasie: gli uomini devono prendere l'avvio dal "luogo" per staccarsene, perché devono costruirsi una identità diversa da quella della madre, le donne devono ritornare a quel "luogo" e scoprire ciò che hanno ereditato dalla madre per utilizzarlo. Devono ritrovare dei fili e tessere dal di lì, penso che tra madre e figlia ci sia come un sistema ad "elastico". E' necessario ritrovare le origini, ripartire da lì e ritornarvi continuamente, ricordare che un uomo e una donna passano sempre attraverso una donna che è la madre. Le donne hanno capacità di relazionare tra loro e con altre donne: sono madri, figlie, nonne. Nelle famiglie ci sono tre generazioni di donne legate tra loro che incontrano altre tre generazioni parimenti legate tra loro, e questo produce intrecci, reti, relazioni. La donna è come se avesse dentro tante persone, è difficile definirla, è una frase di comodo dire -sono una donna- cosa è il soggetto? perché noi senza gli altri siamo niente L'identità dell'io si costruisce attraverso identificazioni multiple. Infatti, quando si va in analisi, si sfoglia questa "cipolla", come dice Lacan, fino ad arrivare al vuoto che è il soggetto, che non è niente, · perché noi senza gli altri siamo niente. Senza madre non saremmo nati, poi siamo le successive identificazioni che ci creiamo e, data l'identità biologica che è il sesso, siamo tutta la somma di identificazioni maschili e femminili che abbiamo nell'arco della nostra vita. Come dice una canzone gli altri siamo noi e gli altri sono noi: quando nasciamo siamo dipendenti per immaturità neurologica, crescendo, la nostra è mera autonomia di gestione, ma di fatto dipendiamo dagli altri per l'amore, per gli affetti. Questo essere gli altri fa sì che noi siamo stranieri a noi stessi, come dice Giulia Kristeva, erranti sempre alla ricerca di un porto, e lo possiamo trovare solo a momenti, perché siamo gettati nel mondo in una continua alternanza del trovarsi e del perdersi, dell'essere a casa propria e fuori se stessi. Le donne cercano un "luogo" proprio, perché sono sempre state o iImondo di qualcun altro o ospiti del mondo di qualcun altro: ecco perché la ricerca della "stanza tutta per sé". E' importante offrire alle donne, fin da bambine, gli strumenti per trovare questa "stanza"? Credo sia importante che abbiano dei modelli, e solo le donne possono darli. Quelle donne che la loro maternità, la loro differenza l'hanno giocata in campi diversi e con una modalità propria. Questa elaborazione delle donne tesa a scavare, a ritrovare fìli e legami con un immaginario femminile e un simbolico materno è fondamentale per le donne del le generazioni che verranno, che pure dovranno ripercorrere le tap12edi un percorso che non • o è dato una volta per tutte perché il mondo cambia e noi cambiamo con lui, e poi ogni donna deve fare anche da sé: scoprire le cose sempre in gruppo è un'illusione. Ci sono gruppi che lavorano sulla pedagogia della differenza, il che vuol dire: far sì che le donne, che da sempre sono nel mondo della scuola e non si sono mai rese conto che ci sono bambini e bambine, se ne rendano conto. una desinenza appropriata per la bambina E' importante, per una bambina essere in una classe in cui l' insegnante si riferisce a lei con un linguaggio nel quale si possa riconoscere. Usare la desinenza appropriata, quando si parla con una bambina, significa farle capire che il mondo è fatto di uomini e donne. Poi, cosa è il maschile e il femminile sarà definito culturalmente, ma lei lo vede subito: ci vestiamo in modo diverso. Chi sono i maschi e le femmine rispetto a tanti modi di comportarci è difficile stabilire: è la distinzione che fanno gli Inglesi tra sesso e genere; la cosa migliore sarebbe che fossero bene integrati, ma spesso non è così: il sesso e il genere sono integrati solo nel senso della attività o passività, in un dualismo che non dà frulli. E' generativo l'incontro di persone che come sesso e come genere si riconoscono nell'essere donna e nell'essere uomo con capacità e consapevolezze che me11anoin Iuce la differenza. Ci sono professioni che mellono in gioco la componente femminile al di là del sesso: educatori, analisti, psicologi. Freud non ha fallo altro che mellere in atto una sua capacità femminile che è quella dell'ascolto. Ha fallo parlare le isteriche, le ha ascoltate, non si è messo nella parte attiva del maschio. Nel lavoro educativo ti rendi conto come la differenza conti. Non esiste il bambino se non in teoria. Nella pratica c'è quella persona, con una età diversa dalla tua, che vedi maschio o femmina. Questa prima differenza che, per così dire salta agli occhi, ti mette in gioco diversamente? E' eh iaro che, se per me questa prima differenza è più evidente, significa che mi appartiene intimamente. E così il mio lavoro educativo si trova intrecciato alla mia particolare storia di donna con le scelte e le contraddizioni che mi distinguono. Parliamo del desiderio: è differente tra uomo e donna? Gli uomini sono da sempre esseri desideranti e, infalli, hanno costruito un mondo su tutto quello che a loro mancava. Le donne invece. sono sempre state abituate ad essere l'oggetto del desiderio cli qualcun altro e mai a desiderare. Messe nella condizione di potere desiderare o di potere soddisfare il desiderio, lo negavano. Le donne sono sempre state incapaci di mettere in piazza i propri desideri: da qui il disagio femminile. La realizzazione fuori dalle mura di casa e al cli là della maternità ha creato e crea disagio, sensi di colpa alle donne. Occorre una continua capacità di separazione dei vari ambiti -lavoro, casa, figli- e, qualora non si operi questa distinzione non si può corrispondere ai propri desideri. A volte non è la diversità di situazione oggettiva -essere senza figli, o separate- ma la quantità e la qualità del desiderio che permettono la propria realizzazione negli studi o nel compiere bene il proprio lavoro. Come ultima cosa voglio dire che, secondo me, ci vogliono dei limiti anche ai desideri. Per esempio, rispetto alla maternità a tutli i costi, credo ci voglia un limite. bisogna anche porre dei limiti al desiderio Penso a quella donna di 60 anni che ha avuto un figlio. Si è affidata a un ginecologo che. manipolando il suo corpo e soddisfacendo i propri deliri clionnipotenza. le ha ridato quella possibilità che la natura biologica ciel suo corpo non aveva più. Se ci misuriamo sulla capacità cli fare figli, a 45 anni siamo finite! Tutti si stupiscono se non hai figli. nessuno ti chiede perché li hai voluti. lo ho avuto una figlia a 18anni e mi sono chiesta varie volte il perché: avevo bisogno di questa esperienza, così precoce e anche delimitante rispetto alle possibilità di allora. Quanto ha giocato la mia paura di affrontare il mondo come una? L'essere madri è un potere nei confronti degli altri e del mondo. D'altra parte non sono neppure d'accordo con la programmazione esasperata della maternità; un figlio è anche figlio di un desiderio, e non si può pensarci più di tanto! Quando hai dato via il tuo desiderio poi te lo paghi cd è anche giusto così! E' giustoildivietodell'affitto dell'utero. Penso a quella madre che si è fatta fecondare dal genero. Quale sarà l'identità di quel bambino? E' passato come un gesto d'amore verso la figlia sterile, ma mi chiedo quali sensi di colpa covava la madre, tanto da riparare la mancanza della figlia. Cosa pensi di leggi per pari opportunità, tempi delle donne, lavoro di cura? Se sono solo rivendicazioni e non un momento di discussione e di reinterpretazionedel maschile e del femminile, possono durare al massimo una legislatura. Essere cooptata da un sistema che sembra volere le donne solo per garantirsi un elettorato, a me non va. le "quote" sono solo una provocazione Come donna posso fare politica in modo critico e non istituzionalizzato. Secondo me il mondo della sinistra è rimasto un po' indietro: il discorso sulle pari opportunità rischia di essere collegato ad un immaginario maschile: basta che una donna lo voglia, ha le stesse occasioni di un uomo. lo non so fino a che punto sia giusto generalizzare delle leggi. Stabilito un piano istituzionale che garantisca la risposta a esigenze e a bisogni comuni a tutte le donne, occorre dare alle destinatarie la massima libertà d'uso. In caso contrario, diventa una costrizione anche quella legge che, magari, è stata varata con le migliori intenzioni verso le donne. Metti ci fosse una legge che stabilisce che, fino al compimento del terzo anno del figlio, una madre può starsene a casa: non a tutte può andare bene. Non si possono massificare esigenze e bisogni che derivano da percorsi individuali diversi, da concezioni di vita diverse e da aspettative che cambiano da donna a donna. Rispetto alle "quote" e alla cosiddetta discriminazione posi tiva, vanno bene se sono una provocazione. Ricordo quando andavamo in piazza con gli zoccoli a urlare "le streghe son tornate", quella era una provocazione: nessuna di noi si identificava del tutto con la strega perché sarebbe stato assumere un'altra faccia, stravolgere il proprio vissuto. Infatti, smesso di urlare, andavamo a casa a preparare il minestrone! Ma volevamo mantenere un'ambiguità: essere riconosciute come donne, avere la possibilità di decidere di noi stesse, e nello stesso tempo mantenere la capacità di donne di rendere servizio, di avere una famiglia, dei figli. Per Elena Belotti non è provato che l'assenza del padre provochi grossi danni. Cosa ne pensi? La figura patema non è importante nel senso del padre reale, in caso contrario, le vedove dovrebbero risposarsi subito, per garantire ai figli un padre. E' necessario che nella testa della donna ci sia un riferimento al maschile. Lacan dice che la madre è un altro dei nomi del padre, nel senso che il padre, nell'universo simbolico, rappresenta la legge, il limite. Ma non è detto che la regola debba essere incarnata da un uomo, anche la madre può far valere quel principio di realtà che si contrappone al piacere vissuto dai figli, senza prescrizione alcuna. Ci sono madri che. da sole. tirano su i figli, in modo encomiabile, perché con loro hanno un rapporto che riesce a dare la misura del maschile e del femminile. Invece, ci sono famiglie in cui, pur essendo presente. il padre non conta nulla. Nelle vecchie famiglie contadine, la donna reggeva la casa, gestiva le relazioni interpersonali. aveva talmente interiorizzato il ruolo maschile che, anche se il marito non c'era, ne faceva benissimo le veci. Se, invece, una madre non ha nessun rapporto. né reale né immagi-

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