Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

L'AGE VECCHIA Combattere i vecchi amici del bar. L'accanimento delle campagne contro la città cosmopolita. L'ebreo che nessuno tocca. Parla Igor Bararon. Igor Bararon, ebreo di Sarajevo. da due anni in Italia. studia a Bologna. Fa parte del gruppo musicale Vladach, che/a musica liddish. A Sarajevo non tornerò più. Purtroppo nessuno vorrà capire i tuoi motivi personali, ti considerano un traditore che li ha lasciati nei guai. Ero qui a studiare due anni fa quando ha iniziato la Slovenia e mia madre mi ha detto "non tornare". Ma quelli che sono rimasti non lo capiranno. Sei mesi fa sono stato a Belgrado per tirare fuori una famiglia che era nei guai e doveva venire in Italia. Avendo un reddito, potevo garantire per loro. Appena a Belgrado telefono a Sarajevo a un mio carissimo amico che è mussulmano. Risponde la madre, "signora sono Igor, posso parlare con Amir?". Lei: "sei tu? no, non puoi parlare con lui perché tu ci hai lasciati qui, la vera amicizia è sul campo di battaglia" ... Mi è sembrata una matta. Ho dovuto buttar giù. Ma sai chi combatte lì? Prima pensavo fossero dei mercenari, della gente che lo faceva per soldi. Adesso ho capito che sono dei poveracci come me e come te che sono rimasti lì, che non si sono salvati in tempo, qualcuno gli ha messo un fucile in mano e gli ha detto: "guarda, quello lì adesso ti spara, sparagli prima tu". Molti miei amici che non avevano nessun motivo per fare quella guerra ora la fanno, è assurdo, ma in quella situazione ora la devono fare. Un mio amico serbo fa parte dell'Armata territoriale bosniaca, combatte a fianco dei mussulmani. A Belgrado sono andato a trovare i suoi che mi hanno fatto leggere una sua lettera miracolosamente arrivata da Sarajevo. Dice "io qui devo combattere, non me ne frega da che parte sto, serbi o mussulmani è lo stesso, non c'è nessuna differenza". E poi racconta un episodio che è successo proprio nel palazzo che si vede in una foto del vostro ultimo numero. La zona attorno a quel palazzo, oggi controllata dai mussulmani era la nostra zona, io abitavo lì vicino, ci conoscevamo tutti fin da bambini, da ragazzi facevamo comitiva insieme. Quando è scoppiata la guerra una parte dei ragazzi, quelli serbi, ha attraversato il fiume e ora occupa un palazzo enorme, di questi tirati su dai comunisti. I due palazzi si guardano, in uno ci sono i ragazzi mussulmani del mio quartiere, nell'altro i serbi. Bene, si telefonano con le ricetrasmittenti per avvisarsi prima degli attacchi, si chiamano per nome. "Toglietevi di mezzo, perché stiamo cominciando l'attacco". E non è che non vogliano vincere la guerra ma non vogliono che muoia l'amico di un tempo. Succedono cose assurde in quella città. Ma la gente miracolosamente convive con questa assurdità. Mi chiedo per esempio quante persone stiano facendo questa guerra. In Bosnia vivevano 4800000 cittadini, ora ne manca la metà, sono andati via come ho fatto io. A Sarajevo mancano 300000 cittadini, erano 600000. Alla fine chi fa quella guerra saranno 120000 persone. Sono pochi che fanno del male a tutti. Ad assediare Sarajevo saranno poche migliaia di soldati, che però hanno posizioni così buone da dominare tutta la città e tenerla sotto tiro. Pochi profittatori di guerra. Per esempio: mio padre mi racconta che un mio vicino di casa che era un piccolo criminale -in ogni comitiva ce n'è uno un po' così, un po' stronzo- adesso gira con la scorta di ragazzi armati, ha combattuto contro i croati e contro i serbi, ora è un capo dell'esercito. E casomai io e un altro mio amico che ci siamo trovati ali' estero a studiare e che un domani forse potremmo tornare e contribuire con qualcosa che abbiamo imparato, siamo dei traditori ... Ma anche tanti di quelli che fanno la guerra ... Radio Sarajevo ha intervistato quattro cetnici che erano stati arrestati. E alla domanda "perché mai avessero ucciso tanta gente", loro hanno detto: "noi eravamo poveri contadini che abbiamo vissuto sempre fra cavalli e mucche. E' venuto uno che parlava molto bene e ci ha detto che di lì a poco i mussulmani sarebbero venuti a massacrarci. Vi dovete difendere. Voi siete serbi, avete sempre pagato per gli altri ... E noi ci siamo difesi ..." Tutto è iniziato senza pensarci più di tanto, da stupidi in un certo senso. Sempre a Radio Sa- B raho ~oasco I tata un prog~ma intito Iato"per chi la guerra è nemica e per chi è amica" e ha telefonato una signora: "pronto, signora, ci dica tutto, si sfoghi", "io abito in via tal dei tali e la guerra è vera guerra per noi, dei numeri 2, 4, 6, 8, 1O.E' amica invece per quelli dei numeri 1, 3, 5, 7, perché loro hanno amici nell'ente dell' elettricità e hanno tutto ...". Capisci? Alla fine tutte queste storie di serbi cattivi, di croati cattivi, di mujaiddyn, non esistono, uno soffre perché mancano le cose più semplici, e se ne frega del resto. Ci sono certo dei grandi traffici, dei grandi interessi sotto, ma non credo che il punto sia quello ... Credo che la cosa sia nata dalla gente, dall' ignoranza, e da interessi molto concreti ... Non ci sono ideali. I serbi cos'hanno fatto? Hanno cominciato per primi e si sono presi le terre migliori, la fetta pili dolce della torta. I mussulmani hanno tentato di riprendersi qualcosa. I croati, poi, che hanno perso la Kraina e per sempre, perché i serbi ormai la tengono fortissima, adesso stanno tentando di rifarsi da un'altra parte, in Herzegovina. Sono stati alleati dei mussulmani per un po', poi hanno cominciato a spararsi. E diventa difficile t poi chiarire le responsabilità. La mia · opinione cambia, non ho un principio fisso e non dico "questi sono cattivi e basta". Di certo c'è che hanno tutti tirato la corda troppo. Fino a un certo punto puoi tirarla, per il tuo popolo, per la tua minoranza, per i tuoi interessi. Ma quando esageri da noi si dice che "svegli l'orso", quello viene e ti mangia. La mia infanzia è stata normale, tranquillissima. Mio padre, a differenza di mia madre che se ne fregava perché comunista e atea convinta, mi aveva fatto questo discorso: "tu sei uguale a tutti gli altri, però se qualcuno ti chiede chi sei veramente, allora tu dì che sei ebreo perché tua madre è ebrea, anche se lei non lo vuol sapere... tu dì che sei ebreo così saprai almeno cosa sei ..." E basta, il discorso finì lì. E da piccolo andavo alla sinagoga per celebrare tutte le feste per i bambini, ma ci andavo con tutti i miei amici, mussulmani, ortodossi e cattolici. Venivano con me, facevamo un gran casino. E così andavamo poi alle feste cattoliche dove si mangiava benissimo, al Baraim mussulmano, una bellissima festa ... Quindi certe cose non riesco a spiegarmele assolutamente. Per il resto mi sentivo, come tutti i miei amici,jugoslavo al 100%. Vi dico una cosa che vi farà ridere. Tito per noi era tutto. Si può dire quello che si vuole, ma lui è stato uno dei grandi del secolo, sapeva fare la politica, che è un po' di tutto, un po' di bugie, un po' di verità, un po' di promesse, lui sapeva dosare e tenere in ordine il paese. E' anche vero che lui con la sua nomenklatura spesso si sedeva sopra la pentola bollente e le cose continuavano a bollire ma non si vedevano. Lo capisco adesso, ma allora no. Anche quando è iniziato tutto, nell' 82, con la rivolta nel Kossovo, noi non sapevamo bene, eravamo tranquilli, la vita continuava bene. Nessuno avrebbe immaginato ... C'era la coca cola, le mercedes, si andava al mare in Italia, gli italiani venivano da noi, si viaggiava un casino perché costava poco e, fra l'altro, col passaporto slavo si poteva andare dovunque. Per me era un paese meraviglioso. Se ti piaceva andavi in Macedonia dove ci sono 50 gradi in inverno, se no al mare in Slovenia, che ti sembrava una California. Poi c'era tanto assistenzialismo, in Jugoslavia si poteva campare benissimo anche senza lavorare ... Nei pubblici uffici si beveva caffè e ci si dava la crema sulle mani, i salari li pigliavano, la vita era tranquilla, leggera. Quando sono venuto qui in Italia, tutti a dirmi "dai, dai, devi correre", da noi non c'era quest'angoscia. Insomma, "c'era Tito e si stava bene". Se succedeva qualcosa lui appariva in televisione come per dire "non preoccupatevi, ci sono io". La gente si fidava ... Ma soprattutto coi vicini non c'era mai stato problema, anzi ... Negli ultimi tre anni poi, mi ero impegnato alla Comunità ebraica, facevamo un giornale e pensa o che il grafico era un mio amico d'infanzia mussulmano. E nessuno si lamentava ... Di fronte alla Comunità c'era la scuola femminile mussulmana dove si insegnava corano e etica mussulmana e le ragazze venivano in comunità per prendere un caffè. Era una cosa normale alla quale non si faceva neanche caso. Se io apro l'agenda che ho portato da Sarajevo e che ormai non è pili valida, solo adesso mi metto a pensare: "ma quello che cos'era, un serbo o un croato? Sapevo che sua madre aveva un cognome croato, suo padre uno mussulmano, che suo nonno era serbo, ma non ci pensavo a queste cose e odio pensarle ora perché fra noi queste differenze non c'erano: c'erano ragazzi buoni, cattivi, rompicoglioni, c'erano dei rockettari, dei punk. Il mio peggior nemico a scuola era un ebreo, andai anche a scuola di judo per potergli dare una lezione! Adesso la Comunità ebraica è diventata un punto di riferimento rispettato da tutti. In primo luogo perché "gli ebrei non si toccano", "perché hanno sofferto troppo nell'ultima guerra". Pensa che prima dell'ultima guerra a Sarajevo un abitante su quattro era ebreo. E poi perché la Comunità è rimasta neutrale e aiutano la gente a uscire da Sarajevo. E' diventata un punto di riferimento, hanno il telefono satellitare -l'altro è all'ospedale- e molta gente può comunicare col resto del mondo ... Bernard, un mio carissimo amico che ha lavorato con me per anni e che è rimasto lì, ha dipinto un'enorme stella di Davide sul tetto della sua R4 e con quella gira libero per tutta Sarajevo, passa tutti i posti che nessuno può passare, e tira fuori le famiglie che sono in guai gravi. E' una cosa strana ... Il quartiere dove sta la Comunità con la Sinagoga, nella città vecchia, è quasi completamente distrutto, ma la Comunità è intatta, neanche i vetri sono rotti. Sembra assurdo, ma nessuno tocca gli ebrei, c'è uno strano accordo ... Mio padre, un po' per scherzare e un po' perché non si fida neanche di se stesso, dice: "ci tengono per ultimi ..." Pensa che questo mio amico è sempre stato uno scansafatiche, alle elementari dove eravamo insieme, andava malissimo, al liceo artistico lo cacciarono via, all'università fece solo due esami ... insomma non ne aveva voglia, l'unica cosa che gli interessava erano le macchine. E nella lettera che mi ha scritto, una lettera serissima, dice che lui sta benissimo, che ha trovato finalmente un senso alla sua vita, perché "aiuto la gente". Non lo pagano, gli danno da mangiare, la casa non gliela toccano e anche lì ha dipinto un'enorme stella di David, e anche suo padre è cuoco e fa da mangiare per un sacco di gente ... Sarajevo era così, e anche adesso, più o meno, la gente continua a vivere insieme. Purtroppo -ed è un discorso da fare- nei paesi e nelle campagne era tutto diverso. JI progresso economico e culturale delle città è stato fortissimo mentre di quello che accadeva nei paesi nessuno si preoccupava. E i paesi erano etnicamente puri, non perché lo volessero i paesani ma perché storicamente, prima con i Turchi e poi con le guerre, era accaduto così. Per cui potevi trovare • storie un paese di tutti cattolici in mezzo alla Serbia oppure di puri serbi ortodossi in mezzo alla Croazia. E' quello che ci ha fregati. Io non ho niente contro i contadini ma penso che un contadino non può fare la politica come un politico non può fare il contadino. Sono due cose diverse. Se tu metti un politico con due mucche quelle morirebbero dopo due giorni, ma se metti un contadino a fare politica vedi cosa succede. Negli anni '50 l'agricoltura andava malissimo, così nel 1956 c'è stata una legge che ha dato un sacco di soldi ai contadini e molte facilitazioni per chi rimaneva nei paesi e la gente si è arricchita. Così hanno mandato i loro figli nelle città ma lì è successo qualcosa che io non ho ancora capito, perché loro hanno continuato a odiare la città. Non lo so, forse perché erano pieni di complessi, forse perché non riuscivano a trovare amici. Karadzich che è nato in un paesino sperduto, ha studiato, s'è fatto strada in città come psichiatra, cionondimeno è uno che pensa che la città sia il cancro della civiltà. Io spiego così questo accanimento nel distruggere le città, hanno raso al suolo la biblioteca centrale della Bosnia Herzegovina coi suoi 700000 libri e che non dava fastidio a nessuno perché lì non c'erano cecchini. E non credo nell'incidente perché poi episodi come questo ne sono accaduti altri. C'è un desiderio di colpire la città che ha dato loro solo frustrazioni. Questi giovani hanno risucchiato la parte peggiore della città: l'invidia, l'individualismo, il carrierismo, erano veramente ostinati in tutte le cose come ci fosse una continua volontà di riscatto. Come dicessero "adesso vi facciamo vedere noi!". E quando decidevano una cosa la facevano. Ho studiato con due di questi, ed era impressionante: io adire "ma ragazzi, che fretta avete? Finiremo la facoltà". Ricordo uno che mi disse: "tu che ti vanti tanto della tua città, non hai fatto l'esame di storia dell'arte". Dico "va bè, lo faccio nella prossima sessione" ... Una cosa assurda. Devi sapere che prima della seconda guerra mondiale i contadini, per la legge dell'impero austroungarico, non potevano entrare a Sarajevo, se non il mercoledì e la domenica per vendere la loro merce. Finita la guerra queste regole sono cadute, ma il ricordo è rimasto. C'è rimasto qualche racconto di un nonno, su quello che avevano fatto quelli lì, eccetera eccetera. Un serbo che lavora da anni a Bologna, a 6 milioni al mese, sai cosa mi ha detto? "Mia zia è mussulmana, era serba e loro l'hanno islamizzata ..." "Ma tu sei matto. Loro chi? Parli di 400 anni fa! Sarebbe come se io me la prendessi con gli egiziani che 4000 anni fa hanno cacciato i miei antenati. .." E' pazzesco! Sembrano racconti di fiabe, racconti fantastici a cui però credono e che si trarha.ndano come fossero principii immodificabili. Se voi capiste il serbocroato, capireste anche il modo in cui parla la nostra gente di campagna. Se togli le congiunzioni ti ritrovi sempre le stesse 100 frasi, che sono quasi dei vecchi codici nazionali. Il mio futuro? Non lo vedo lì. Se io tornassi lì, qualcuno, qualche mio amico sopravvissuto a tutto questo, potrebbe chiedermi, e anche giustamente, "ma tu dov'eri?" E poi non sarà più come prima perché è stato troppo brutto. Più brutto dell'ultima guerra. Questo me l'ha detto mio nonno, che è stato partigiano dal '41 al '45 e anche mia nonna che è stata a Mathausen. E' più brutto perché comunque allora c'era un colpevole, qualcuno da combattere. Anche oggi qualcuno parla di interessi tedeschi, dei russi, degli americani, in realtà nessuno ci ha detto "fate quello". l fatti orrendi li facciamo proprio noi. Forse i tedeschi hanno promesso qualcosa alla Croazia, forse i russi e gli americani parlavano sottovoce con la Serbia, forse qualcuno considerava che dietro i mussulmani ci fosse il mondo arabo, ma tutto questo è un grande forse. li fatto sicuro è che quello che è successo lì lo abbiamo fatto noi. -

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