Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

--------------lettera Ml SENTO COME UN TRONCO MARCIO B Già da alcuni mesi avevo intenzione di scriverti. Da poco abbiamo anche il telefono via satellite. Potevo anche telefonarti, però a voce non posso mai dirti quello che con la mano riesco a scrivere. Il motivo di questa mia lettera è il dolore, ira, miseria e sofferenza. Però ti scrivo anche in nome dei tempi passati. Sul futuro non ti scriverò niente, perché non so se vivrò ancora a lungo. Scrivo e la mia mano trema, non per la paura, trema per la tristezza che c'è dentro di me. Dentro di me c'è così tanta tristezza e dolore, che mi sembra di essere diventato trasparente per colpa loro. Il vento mi attraversa. A volte penso che dentro di me ci sia un tronco marcio. Marcisce dentro di me ed io lo vorrei rimuovere, però non ci riesco. Sono una nullità e tutto quello che mi sta attorno sembra che mi odi. Da loro arriva un 'eco che dice "Non ci toccare, non ci custodire, non hai bisogno di noi intanto arriveranno i Serbi a distruggerci". _ Ho perso il morale, e anche la _volontà.Sono arrivato al limite di impazzire, di far mal~ a me stesso. Forse tu mi puoi aiutare. Tutti i giorni gli ormai familiari rumori delle granate nemiche, delle raffiche, seguiti dai lamenti penetranti. I lamenti dei bambini impauriti, lamenti dei sofferenti, di donne giovani e di donne anziane. Sentendo questi lamenti la mente umana lotta contro la morte e per l'esistenza. Vorrei dimostrare a me stesso che c'è ancora qualcuno dalla mia parte e che non mi odia. Tiprego aiutami in qualche modo, dammi il coraggio, prega per noi, per quelli che ami, prega per la nostra salvezza e esistenza. Delle volte chiuderei gli occhi per non aprirli più, perché sempre più a fatica sopporto odio, morte, le torture, le distruzioni ... E non posso fuggire da qui. Rispondi a questa mia lettera come sai, la tua lettera sarà per me salvezza, perché sarà scritta là dove non c'è odio. E per un attimo potrò crearmi una bella immagine e per un attimo fuggire da questo inferno. Ho bisogno di sapere che esiste ancora amore e gente normale. Vorrei sapere che non esiste barbarie fuori dai confini di Bosnia e Herzegovina ... Spero nella tua risposta. Questa lettera per me è un modo per fuggire con i pensieri da questa grave realtà e continuare a sperare in qualcosa che renda migliore il mio domani. La tua risposta significherà molto per me, sarà il segno che qualcuno sta vicino ai miei miseri giorni e che li divide con me, e già questo per me significherà molto. lettera giunta a Midheta Bazdalic quindicinale di cultura e attualità una lettura dei punti chiave del cambiamento nella società, negli equilibri internazionali, nella Chiesa dal sommarlo n. 7 - 1 aprile 1993 Raniero La Valle Resistenza e pace Manuel Tejera de Meer/Marlna Nenna Psicologia: Bambini finti malati Maurizio Salvl Russia: Le forze in gioco Héctor Borrai Clinton e l'Europa Romolo Menlghettl Quando In carcere vanno gli illustri Giancarlo Ferrero Decreti: Confusione polttica e istituzionale Flllppo Gentllonl 18 aprile una scadenza decisiva Roberto Festorazzl Unità politica dei cattolici: Non tutti I vescovi sono d'accordo Andrea Bianchi Il movimento dei Consigli di fabbrica Maurizio Llchtner Diritti sociali: Rivendicazioneo solidarietà? Fiorella Farlnelll Le donne ricompattate in difensiva Luciano Bertozzl I nuovi schiavi Giuseppe Lumla Ragazzi del Sud Adriana Zarrl Violenza genera violenza Mario Pollo Droga: Le comunità terapeutiche Glullano Della Pergola Sociologia urbana: Ma il pedone dove lo metto? Enrico Peyrettl Diario di un'altra Pasqua Maurizio Slmoncelll Spese militari: Contro chi? Giancarlo Zlzola Bosnia: Aborto di umanità Arturo Paoll In cerca di senso Carlo Molari 'Verso il Sinodo africano Bruno Magglonl Come leggere oggi la Bibbia Rubriche: Ci scrivono i lettori - Primi Piani Attualità - Scienza, Tecnologia e Società· Cinema - Teatro - Tv - Arte - Fotografia - Letteratura - Musica - Riviste - Libri • Rocca/schede 64 pagine una copia L. 3.000 abbonamento annuale L. 55.000 Cittadella - 06081 Assisi richiedere copie saggio o COSA ANCO Da bambini, in fabbrica, di là e di qua dalla Neretva, mai un problema e tanti matrimoni misti. Non si può capire come si è arrivati a questo. Intervista a una donna bosniaca di Mostar. Alcuni mesi fa due donne bosniache mussulmane sono riuscite ad uscire dall'inferno della guerra grazie ali' intervento della CRI e del 'omologa organizzazione bosniaca e si sono rifugiare in Romagna. Hanno portato con sé un figlio ciascuna, perchè entrambi molto bisognosi di cure e di assistenza. Dopo un ricovero in ospedale per le prime necessità, sono state "adottate" dall'Associazione per la pace di Forlì che le ospita in un appartamento e fornisce loro i mezzi di sostentamento. Pur nella consapevolezza del grande privilegio toccato loro rispetto alla sorte di migliaia e migliaia di connazionali non sonofelici e le giornate vengono trascorse con unfondodi angoscia incancellabile. Le abbiamo incontrate in uno dei giorni peggfori, perchè da Mostar arrivavano le prime notizie di una ripresa di violenti scontri fra truppe mussulmane e croate, fino a poco prima alleate contro i serbi. E'. un momento difficile, non potrebbe essere più difficile di così. Vorrei tornare a Mostar domani stesso. Là ci sono mio marito e un altro figlio, di cinque anni. Ascolto le notizie fino a mezzanotte, la situazione sta peggiorando. Non si resiste ... prenderei su questo fagotto di figlio e tornerei subito a casa. Vorrei tornare e poi morire. Ogni mattina mi alzo e vedo che qui sto bene, non mi manca niente, ma non posso fare a meno di pensare a quel figlio così piccolo, là da solo, a casa di amici. Chi ha figli credo che mi capirà. Non c'è più posto per la speranza: anche i croati hanno cominciato a combattere contro i mussulmani. Eppure, mi dico, la speranza deve esistere. Devo credere che tutto questo finirà. Non so quando, non so come, ma alla fine si dovrà mettere un punto. Qualcuno ascolterà la voce del popolo che chiede solo di vivere in pace. li popolo non ha colpe, è stato ingannato dai capi nazionalisti, da Tudjman, lzerbegovich, Karadzich. Dicono una cosa e ne fanno un'altra. Hanno cominciato dicendo che volevano salvare la Jugoslavia e invece l'hanno distrutta. I politici e l'esercito ci hanno portato a questa situazione. Lo sappiamo noi quanto ci è costato mantenere l'esercì to, quante tasse pagavamo perché fosse potente e armato perché ci avrebbe dovuto difendere e adesso ci stanno massacrando con i nostri soldi. Tudjman vuole che le cose vadano come dice lui, Izerbegovich pensa altrettanto, e così la pensano Milosevich e Karadzich. Nessuno cede, però credo che le loro famiglie intanto siano al sicuro. Solo la povera gente, solo chi non sa dove andare è rimasto a soffrire la fame, a vivere sotto le granate. La situazione è brutta. A Mostar era in ebollizione da tempo, perché dopo la cacciata dei combattenti serbi c'era la paura che i croati volessero prendersi una parte della Bosnia. Alla radio ho sentito un giornalista croato che ha detto a Tudjman: quello che accade è il frutto di un accordo fra te e Karadzich, loro attaccano Srebrenica e tu auacchi Mostar. Ha detto proprio così, apertamente. I gruppi armati serbi e croati si combauono fra loro e, contemporaneamente, si meuono d'accordo per la spartizione della Bosnia a danno dei mussulmani. E allora l'estremismo non c'entra più niente, tutto è progettato, studiato. Però qualcuno deve fare qualcosa, si deve salvare il popolo che soffre. Adesso fanno fatica ad arrivare anche gli aiuti umanitari, i nostri profughi in Croazia stanno male, hanno paura, si sentono ostaggi. Mio marito mi ha detto: resta lì, non c'è più dove tornare, io sono sempre in giro con la milizia e il bambino ce l'hanno i nostri amici. lo credo che impazzirò. Come può una madre vivere sapendo che il proprio figlio di 5 anni è là e vive come un orfano? Non mi hanno permesso di portarlo via, non posso ritornare, non ho notizie ... posso solo impazzire. Posso solo chiedere a tutto il mondo di salvare il popolo, di salvare i nostri figli che stanno soffrendo terribilmente. Abitavo in un piccolo paese a pochi chilometri da Mostar. Quando è scoppiata la guerra ero proprio a Mostar perché il figlio più piccolo era in ospedale. Aveva meno di un anno e soffriva per un principio di asfissia patito durante il pano. L'ho lasciato all'ospedale e sono partita per Jablanica per portare il figlio grande dai miei genitori. Purtroppo sono stati distrutti tutti i ponti e non sono più riuscita a tornare. Sono stata accolta come profuga e per due mesi ho vissuto in un centro per profughi a Spalato. Quando i serbi si sono ritirati da Mostar sono potuta tornare, ma non sono più potuta andare dove abitavo prima perché la zona era stata devastata dai combattimenti ed era ancora pericolosa. Ho lavorato in fabbrica per più di dodici anni. Si lavorava su tre turni ma non si stava male. La giornata era di otto ore, naturalmente avevamo le ferie e ogni volta che ho avuto bisogno di un giorno libero me lo concedevano. Tutti avevamo gli stessi diritti, non c'era qualcuno trattato in modo diverso. Per i guadagni ... bè, quelli non erano alti, bisognava accontentarsi. Vorrei rivivere la vita che abbiamo vissuto! Stavo bene, lavoravo, non si pensava mai: quello è serbo, quello è mussulmano ... lo non sapevo se uno era serbo o croato, non si dava importanza. Vivevamo insieme con reciproche attenzioni. Ho molti amici con matrimoni misti e non so di qualcuno che abbia subito discriminazioni o avuto degli svantaggi per essere di un'etnia o di una religione diversa. Non ho mai pensato neanche per un attimo che sarebbe potuto succedere quel lo che sta succedendo. Mostar è attraversata dal fiume Neretva, ma i vari quartieri di qua e di là dal fiume non erano a base etnica. Sulla riva sinistra c'erano principalmente serbi e mussulmani e un po' di croati, sulla destra mussulmani, croati e un po' di serbi, insomma eravamo molto mescolati e non avrei mai detto che anche questa città sarebbe stata toccata dalla guerra. Quando la situazione è andata peggiorando io non ci volevo credere e a chi voleva andarsene per paura io dicevo che sbagliava, non potevo credere che iI nostro esercito, il nostro popolo sarebbero arrivati a questo punto. Ricordo che litigavo con chi parlava di pericolo di guerra civile. Avevamo festeggiato Bajram, Natale, tutti insieme anche l'ultima volta, come tutti gli anni precedenti. C'erano i dolci, gli arrosti, le bevande, noi mussulmani preparavamo secondo la nostra tradizione la baklava. Si faceva festa anche in fabbrica. Ci sono sempre state attenzioni reciproche. Anche da bambini eravamo molto misti, si giocava insieme, non c'era nazionalismo, nessuno si accorgeva di essere serbo o croato o mussulmano, nessuno ha dovuto soffrire per questo. Noi ragazzi crescevamo insieme, facevamo le stesse cose. I miei genitori e i miei zii, ad esempio, rispettavano ogni anno il ramadan ma io non sono mai stata obbligata, sono stata libera di non essere molto religiosa, così come lo erano i miei amici serbi o croati. I miei genitori volevano che sposassi un mussulmano, tuttavia non ho mai dato un grande peso a questo. Ho avuto ragazzi che non erano mussulmani, storie da ragazzini che sono finite così, come finiscono quelle storie. Poi mi sono sposata effettivamente con un mussulmano, ma prima mi sono innamorata, poi ho saputo che era mussulmano. La vita era così, è sempre stata così, c'era come un clima di contentezza spirituale, non e' erano divisioni e la vita non poteva scorrere diversamente e non si può immaginare diversamente. Non credo sia possibile trovare una sola persona che sia più contenta adesso di prima, trovare qualcuno che dica che sono stati risolti dei problemi. E adesso non so come finirà, perché che si voglia o no si dovrà vivere insieme. Per quanto sarà difficile non si potrà fare diversamente: troppe famiglie miste, troppi legami. Però non so dire cosa succederà. Non so come guarderò gli altri e come gli altri guarderanno me, se si placheranno gli odi i o se ci saranno ancora vendette. Io vorrei che si tornasse a vivere insieme, ma non so se lo vorrà mia zia: le hanno ucciso un figlio di diciassette anni e un altro, insieme al marito, gliel'hanno deportato. Poi hanno fatto sapere che avevano rilasciato il marito, ma lui non è mai tornato a casa. Non so se mia zia potrà mai perdonare i serbi. Intanto però non è ancora finita. L'Europa e il mondo sono diventati ciechi. Per noi c'è stato tanto aiuto sul piano umanitario. Cibo, vestiti, medicine, accoglienza, tutto vien fatto per noi, tranne far finire la guerra. Credo che molti siano interessati alla distruzione della Jugoslavia, alla vendita delle armi, alla guerra civile, alla divisione della Bosnia. Città bel Iissime sono state distrutte, vengono uccisi i bambini, nascono campi di concentramento dove si muore di fame, c'è la tortura degli uomini e la violenza contro le donne, città e villaggi rimangono accerchiati per mesi e mesi e nessuno interviene. Non riesco a capire. L'ONU tutti i giorni s'incontra con questo e con quello e intanto i combattimenti continuano, piovono le bombe, la gente muore. Non lo vedono? Cos'altro deve succedere? Quando ci penso la mia testa scoppia, davvero non riesco a capire. -

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