Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

pFoblemi di confine Sandro Veronesi, giornalista e scrittore, ha recentemente pubblicato il libro "Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie". In esso si raccontano le storie di quattro condannati a morte in Sudan, Taiwan, Russia, USA. Di fronte alla pena di morte diventa ancor più insolubile il dilemma, illustrato anche nel tuo libro, che da una parte considera come una giustizia lenta non sia giustizia, mentre, dall'altra, quella veloce finisca per essere sommaria vendetta ... "Late justice it' s no justice" è un vecchio slogan civile inglese con un significato ben preciso; adesso però questo slogan viene brandito da quegli Stati in cui avvengono processi sommari, con la violazione di qualsiasi diritto di appello e di difesa, quando si va a chieder conto dei 15 giorni che passano in tutto dalla sentenza di primo grado ali' esecuzione. In realtà il "late justice ..." è un ammonimento indirizzato a chi ha già superato il problema della giustizia sommaria e si trova davanti ad una giustizia che non arriva mai in fondo; è uno slogan che nasce da un atteggiamento abbastanza evoluto nei confronti del crimine, che non viene represso punendo un colpevole quale che sia e con qualunque processo. Questo atteggiamento sopravviene quando certi valori sono stati riconosciuti, magari anche inseriti nelle istituzioni, e sulla base di questi si verificano poi lungaggini o impasse di anni, che rendono di fatto ingiusta qualunque sentenza. Il discorso vale anche nei confronti del-colpevole stesso, il quale ha il dovere di scontare una pena, ma ne ha anche il diritto, perché una volta scontata quella può tornare pulito. Quindi più tempo si fa passare prima che la punizione entri in azione, più gli si toglie questo diritto. Questo diritto del colpevole vale nel caso della pena di morte? No, perché questo diritto parte da considerazioni che escludono la pena di morte; parte da un concetto di giustizia volto, sia pure solo teoricamente, al recupero o alla riabilitazione del criminale ed è chiaro che, da questo punto di vista, la pena di morte, anche fuori da ogni discussione morale, non è accettabil~. Per questi stessi motivi è impossibile la reintroduzione della pena di morte in Italia. E' stata abolita contemporaneamente alla creazione della Costituzione repubblicana che, ali' articolo 27, .dice chiaramente che la pena deve essere esclusivamente di carattere riabilitativo e la pena di morte è quindi esclusa, salvo i casi di crimini di guerra giudicati da corti man:iali, caso che fu inserito perché si usciva da una guerra. "l'occhio per occhio" acceca il mondo Altre Costituzioni più vecchie, come quella degli USA che ha più di 200 anni, sono state redatte quando ancora non si pensava nemmeno al problema del l'abolizione della pena di morte, la quale, quando in seguito è stata soppressa, ha provocato un "buco" in questa Costituzione e da quel buco, così come era uscita, è potuta anche rientrare. L'Italia, invece, è uno dei pochi paesi che ha abolito per Costituzione la pena di morte e ha scritto che la pena deve essere di carattere riabilitativo proprio per renderla irrecuperabile. Quindi da noi è improponibile l'"occhio per occhio, vita per vita"? Innanzitutto bisogna dire cosa significa "occhio per occhio". Non molti sanno che l'origine di questo slogan è di tipo umanitario e serviva per limitare la vendetta al riprendersi esattamente ed esclusivamente quello che era stato preso, non di più. Serviva, cioè, per dare una prima regolata a chi prendeva un colpevole e ne faceva ciò che voleva. E' una regola morale del- !' Antico Testamento, diramatasi poi in tutte le civiltà e in tutte le religioni mediorientali o che da esse hanno tratto origine. Quindi quello che oggi ci sembra sinonimo di vendetta in realtà era una prima misura per limitarla; certo che, nel momento in cui per limitare la vendetta si diceva questo, per lo meno si autorizzava a prendersi una vita per una vita. Questa logica risale ad una società veramente arcaica, nella quale vigevano certi tabù e non altri. Noi adesso viviamo in una società in cui non vigono più i tabù di allora e ne esistono altri. Per esempio l'incesto non è sempre stato un tabù e non si vedeva nulla di male nell'unirsi e nel riprodursi all'interno del proprio clan o del proprio nucleo familiare, ma da un certo momento in poi questa usanza è stata bandita. Lo stesso vale per l'abolizione della pena di morte, che testimonia per l'appunto un profondo cambiamento del le origini e dei tabù sui quali si fonda una civiltà. E' chiaro che non è del tutto insensato prendere una vita per una vita, ma bisogna fare i conti con una serie di nuove considerazioni, che magari al tempo in cui questa cosa è stata sancita non avevano senso. Una di queste è ovviamente il discorso del diritto individuale, che è cosa recentissima: il singolo individuo ha visti riconosciuti i propri diritti molto di recente, più o meno dagli anni '50, da quando c'è la Carta dei diritti dell'uomo. Già prima c'erano state però ragioni di ordine socio-economico che avevano cominciato a mettere in di- '/fono ~CRLZRTURci Tutta la scelut chevuoi Vialedell'Appennino1, 63 - Forlì Il senso, nella modernità, di volere una vita per una vita. Il sentimento di fierezza nel rinunciare alla vendetta. La pratica della pena di morte, così diversa dalle ragioni di chi la vuole. Intervista a Sandro Veronesi. scussione la validità della regola dell '"occhio perocchio" e lo dimostra proprio l'Islam. Sia nel Corano che nelle opere di molti dei vari teologi che si sono esercitati sul testo originario si nota come si cominci a pensare che sia in fondo vero quello che oggi è uno slogan abolizionista, sbandierato fuori dalle prigioni d'America, cioè che "l'occhio perocchio acceca il mondo". Infatti, se il membro di una tribù uccideva il membro di un'altra è evidente che la tribù della vittima soffriva, oltre che di un danno morale, anche di un danno economico che poteva portarla alla rovina, trattandosi di tribù primitive dal punto di vista economico che avevano bisogno dell'apporto di tutti per sopravvivere. Se poi veniva preso il colpevole e lo si uccideva in osservanza della legge, anche l'altra tribù sarebbe andata in rovina. Tutto questo non conveniva e si è pensato che, se dal punto di vista morale la condanna era quella, una volta sancita la condanna a morte le due tribù avevano il diritto di mettersi daccordo e quella lesa poteva farsi risarcire in denaro la perdita non della vita umana, ma delle braccia, così da eliminare almeno il danno materiale. Inquesto modo, però, non si metteva in discussione la liceità del prendersi una vita per una vita, come fanno gli abolizionisti, si metteva solo in discussione l'opportunità di farlo... Innanzitutto I'abol izionc della pena di morte non è dipendente da una scrittura o da una religione, anzi, è in contrasto con tutte. Poi, quel che voglio cercare di mostrare è come un discorso etico moderno e laico si accordi con una serie di segnali che provengono dal passato in cui, quando non c'erano neppure i segni di una opposizione etica alla regola del "vita per vita", viceversa c'erano segnali della non convenienza sociale di questa regola. "non uccidere il giusto e l'innocente" Così, finché non si sono presentate le condizioni sociali per cui anche ,,/ #' ~y) .f, sa non sarà mai contro la pena di morte: perché il mandato che le è stato trasmesso non la esclude affatto. Un argomento usato da chi sostiene l'abolizione della pena di morte è la recuperabilità del criminale, a cui accennavi prima, ma, paradossalmente, l'idea di volerlo "recuperare" non vuole anche dire togliergli, o modificare a forza, la sua identità? Questo è quello che diceva Kant, ma dal punto di vista filosofico la pena di morte è un problema aperto e non lo si potrà mai chiudere: si specula su un'idea e per quanto si possa combatterla con altre idee ce ne saranno sempre altre, altrettanto logiche e condivisibili, per sostenerla. Il problema vero è che nella civiltà attuale quasi nulla è rimasto di astratto e di ideale, se non dei principi di fondo in alcuni casi modificati profondamente rispetto ~.,.,.,"?~ a quelli arcaici. j Nelle civiltà antiche, ad esempio, ~ c'era l'idea che fosse un dovere e un diritto portare un certo peso per tutta la vita, perché quel peso dava l'identità.L'identità del contadino, il criminale ha cominciato ad essere considerato un essere umano integro da un punto di vista etico, per cui valgono gli stessi diritti della più angelica del le persone, non c ·era nessuna necessità di andare a scoprire la contraddizione del vietare l'omicidio e poi commetterlo in esecuzione della condanna per avere ucciso. In questo le religioni non hanno aiutato, perché erano sommarie e arcaiche, basate su dei testi che risalgono a società completamente diverse. Voglio sottolineare a questo proposito una cosa che mi è stata insegnata dal nuovo Catechismo Universale. Il Catechismo ci rammenta che il testo originale del V0 comandamento non è "non uccidere", ma "non uccidere il giusto e l'innocente" ed ecco perché la chicche era quasi un nulla nella cosmogonia di quella civiltà, era data dal peso, anche materiale, che portava tutti i giorni; se tu glielo toglievi gli toglievi la sua ragion d'essere: il lavoro è sempre stato identità del- !' umile e suo diritto. E' il problema che la seconda rivoluzione industriale, quella delle macchine, ha posto: la forza lavoro non serve più a niente perché le macchine fanno il lavoro meglio dell'uomo, quindi c'è una quantità di persone che non ha più ragion d'essere. Per questo l'indirizzo attuale, della "modernità" in termini molto generici, è quello di riconoscere il singolo individuo in sé, anche senza il peso, il che è un progresso rispetto a chi era se stesso solo se portava quei chili. Implicita nel riconoscere il valore dell'individuo in sé, nella sua integrità, è la considerazione che non lo si può brutalmente cancellare, così come non si possono canee! lare i monumenti del passato, o torturare gli animali: tutte considerazioni che si sono fatte stada nella modernità. Non è un caso che in Europa queste istanze siano spesso state portate avanti dalle stesse persone: Yictor Hugo, ad esempio, è stato un grande cavaliere del restauro dei monumenti e il più grande oppositore della pena di morte dopo Beccaria. pretendere un'etica della modernità Lasciatemi dire anche che io pretendo un'etica della modernità, perché non se ne può più di considerare la modernità soprattutto un puro avanzamento tecnologico che. però, deve trascinarsi dietro come un macigno un'etica legata a tutto ciò che è stato superato. E quindi Li ritrovi che i giornali, quando c'è un'esecuzione capitale, la fanno commentare in prima pagina ai preti o ai cattolici, ai "portatori dell'etica'·. lo sono convinto che si debba pretendere un'etica della modernità, proprio come risarcimento per tutto ciò che è costo della modernità. Un'etica con le sue utopie, coi suoi principi inviolabili. Senza questa nuova etica tanto varrebbe rispettare alla lettera l'etica dell 'antico Testamento, l'unica che abbiamo: non mangiare carne il venerdì, non muoversi la domenica. Questi sono valori che non ha senso edulcorare o modificare, mantenendoli però come unico pozzo dal quale attingere. Questa è un'etica che ha senso se la rispetti profondamente: se si sta dentro di essa si debbono accettare una serie di principi inviolabili e dogmatici. lo pretendo un'etica moderna; è un'esigenza irrinunciabile, altrimenti il costo diventa troppo alto, e deve essere per forza un'etica laica, senza Dio; un'etica di cui tutte le cose cui ho accennato prima sono dei segnali ben precisi. non si può alterare l'identità originaria Tu non puoi fare degli esperimenti su un maiale per fare un cosmetico; viene fatto, ma contro la legge. Una legge che non nasce certo dall 'antico Testamento, perché dove sta scritto che quel maiale è giusto e innocente? Io voglio un punto da cui parta tutto questo, un punto che non può non contenere anche l'osservazione elementare che è contraddittorio negare il diritto di uccidere uccidendo. Mi si potrà dire che in questo modo i peggiori se ne approfittano, ma, intanto, metterli in galera non è certo trattarli bene; ce ne sono tanti che stanno dentro e che vorrebbero morire per farla finita. I criminali prima di tutto devono essere presi -e questo non succede né in Italia, dove non c'è la pena di morte, né in America, dove c'è- e poi condannati, riconoscendo per primi il principio fondamentale che non si può uccidere, non perché sia un privilegio che spetta soltanto al potere, ma perché non si può uccidere gratuitamente nemmeno un gatto. Non vedo quindi perché non si possa giungere ad un principio di fondo: non si può alterare l'identità originaria di nessun individuo, essere o cosa, che gli è data dal semplice fatto di esserci. Certo lo Stato deve dare alla parte lesa, ai parenti delle vittime, un risarcimento, ma il vero risarcimento, secondo 1·etica moderna, dovrebbe essere iIsapere che Lusei libero e l'altro no; è lì che va consumata, civilmente, la propria vendetta. La consapevolezza di sapersi libero mentre gli assassini stanno in galera dovrebbe essere vendetta sufficiente, la privazione della libertà è già forte come punizione. Bisogna educare le persone a considerare la morte come un ignoto. Se condanni uno a morte. sei soddisfatto di avere condannato una persona a che? Magari lui gode, magari è diventato un angelo perché ha pagato con la vita ed è pulito. NelI' lslam chi viene giustiziato secondo le leggi coraniche va in Paradiso! Come, quello ammazza mio Cucina tradizionale e regionale italiana Scelta di piatti vegetariani e integrali Coop. Cento Fiori Dolci fatti in casa Cortiletto interno •••••••••••• LAB. 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