Una città - anno III - n. 22 - maggio 1993

La possibilità di telefonare, la paura del trasferimento, l'aspettativa del permesso e l'analisi delle urine, un lavoro per passare il tempo e fare un po' di soldi. I problemi della vita quotidiana di un carcere affollato di tossicodipendenti. Intervista a Paolo Lacchini. mane aperto un'ora in più. Poi c'è un calcio balilla, un ping-pong in ogni piano, ci sono le docce che puoi fare quando vuoi, ovviamente negli orari che sei aperto, e già questo è un vantaggio rispetto ad altri carceri perché a La Spezia si può farla solo in determinati giorni ed erano docce in comune per tutti i piani, tutti in fila per le scale come una mandria. Quando uno viene rinchiuso è in cella singola? Le singole si preferiscono in genere, anche se ci sono i pro e i contro. La singola è più facile da gestire, uno è come se fosse in casa sua, di tante cose se ne frega mentre, con gli altri, bisogna che stai più in riga, che mantieni più pulito, eccetera. Ci deve essere una divisione dei compiti, non è che puoi sgarrare tanto: se tocca a te lavare i piatti e una sera non ne hai voglia è lo stesso, ma la mattina dopo li devi lavare se no sono guai. Una delle difficoltà più grosse che hanno i ragazzi giovani che entrano per la Ci spieghi cosa può cambiare col cambio di un direttore? Mentre il direttore vecchio era più elastico, non faceva molte cose forse, ma era un vivi e lascia vivere, la nuova direttrice invece fa tutto secondo regolamento. Allora perdeile sciocchezze, come ad esempio le telefonate, che sembrano una cosa minima ma per chi ha la famiglia a 500 chilometri di distanza, sono gli unici contatti reali che può avere, ti creava tutta una serie di impedimenti ed alla fine passavano dei mesi e mesi prima che tu riuscissi a telefonare. Io, ad esempio, ho dovuto aspettare due mesi per telefonare a mia madre, solamente perché il telefono risultava intestato a mio padre e siccome mio padre era morto non risultava più niente. Ecco, possono succedere cose di questo genere, mentre prima che arrivasse la nuova direttrice potevi telefonare regolarmente. Un altro esempio: ha trasformato la sala di ricreazione con la televisione per adibirla a scuola elementare e media, che è una cosa giustissima, ma per una realtà come quella di Forlì, che è una casa circondariale dove la durata media di permanenza è di alcuni mesi, un corso come lo intende lei, con professori e relativa licenza, è un po' fuori posto. Prima in questa saletta c'era la televisione con lo schermo gigante e alla sera si potevano vedere le partite, oppure al pomeriggio era usata come sala di ricreazione e gioco delle carte ... Tutta una serie di cose minime ma alla fine stringi un po' di qua e un po' di là e una situazione può diventare invivibile. Quali altri problemi possono rendere difficile la vita del carcere? Un grave problema può essere quello del sovraffollamento. Forlì è una delle realtà con meno problemi di questo genere, ma altre situazioni sono allucinanti: Bologna con una disponibilità di 350 posti ospita 950 detenuti! Modena, che ha una struttura appena inaugurata, con 150 posti ha 450 detenuti. Forlì va meglio, quando sono uscito io c'erano 150 detenuti tra uomini e donne, ma c'è stato un periodo in cui il carcere contava 250 persone ed, ovviamente, la situazione era notevolmente pesante. è sempre il detenuto locale a essere trasferito Un altro problema è quello dei trasferimenti. A Forlì c'è stato questo momento molto particolare -quei 2 suicidi, più un altro morto peroverdose- ma ogni volta che c'è un grave problema la prima cosa che fanno è quella di mandare via i detenuti del posto. La filosofia del carcere è questa, non guardano tanto a chi è responsabile e chi no, se c'è un problema trasferiscono i detenuti locali. Se ali' interno del carcere rimane una maggioranza di persone che provengono da lontano, avranno meno colloqui, meno contatti, avranno meno possibilità di conoscersi fra di loro, per cui secondo loro creeranno sempre meno problemi di un gruppo di detenuti ~ella stessa città o della stessa zona di appartenenza. Quindi c'è andata di mezzo gente che non c'entrava proprio niente, detenuti abitanti in Romagna che senza preavviso e senza motivo sono stati trasferiti in posti allucinanti, Pordenone, Ivrea, io a La Spezia, Rodolfo, un mio amico, lo hanno spedito a Melfi in Basilicata! Trasferimenti senza nessun criterio, un ragazzo di Ravenna lo hanno mandato a Pordenone in un carcere allucinante, dove ci sono 8 detenuti e 6 guardie. Insomma, il giorno prima che arrivasse Amato, direttore generale delle carceri italiane, in visita di controllo dopo i suicidi, hanno mandato via 15-20 persone e nel giro di una settimana una quarantina, quasi tutta gente del posto. il tossico non capisce la galera, la vive male Un altro problema è quello della tossicodipendenza. A Forlì è quello il problema, e quando ti danno loro le stime sono sempre molto falsate, a causa di quelli che non sono dichiarati. In realtà a Forlì il problema della tossicodipendenza riguarda circa 1'80% dei detenuti, mentre loro dichiarano un 50-60%. Inoltre, dentro questo problema ce ne sono molti altri poiché il tossicodipendente non è un detenuto come gli altri. Il tossico non è ben cosciente della galera e di quello che è in realtà, o di quello che lo aspetta, non ha il senso della colpa, quindi non la vive con rassegnazione, non riesce a capire che ha commesso un errore e che deve pagare per quello, ha un sentimento molto differente e la vive male. Poi è difficile per un tossico convivere con gli altri e viceversa e dà tutta una serie di problemi che gli altri detenuti non danno. Un altro problema ancora è quello del lavoro. Il lavoro dentro il carcere è molto importante, molti detenuti infatti non hanno nessuna possibilità finanziaria e il carcere costa perché qualsiasi cosa ti serve te la devi comprare: le sigarette, lo shampoo, il caffè sono spese minime, ma per chi non ha denaro anche quelle sono problemi. Nessuno sopperisce a queste spese, esistono delle sovvenzioni che qui a Forlì erano nell'ordine delle quindicimila lire al mese ma che già da parecchio tempo hanno smesso di dare per mancanza di fondi. se non lavori non fai niente dalla mattina alla sera Inoltre hanno tagliato anche parecchi posti di lavoro che, anche per chi non ha problemi economici, è un dramma, perché lavorando sei più impegnato, ti gestisci la giornata e ti passa meglio il tempo. Comunque è già tanto se riesci a fare un turno, poi passa un periodo molto lungo prima di poterne fare un altro; io ad esempio, in due anni e mezzo, ho fatto 3 turni da un mese ciascuno in tutto. E quando non lavori? Quando non lavori non fai niente dalla mattina alla sera. Ti svegli e ti aprono la cella alle 8-8 e mezza e ti chiudono alle 11e venti, ti riaprono ali' una e mezza ti richiudono alle 3 e mezza, mezz'ora che passa la conta, poi tino alle 6 e mezza, basta, in tutto 7 ore e mezza che sei aperto. Tutto sommato, a parte adesso che con la direzione nuova è cambiato di molto, prima la realtà di Forlì era una delle più vivibili. Le carenze grosse di Forlì sono sempre state a livello di servizi, cioè per tutti quei lavori che riguardavano gli uffici e la burocrazia del carcere, per cui facevi fatica ad avere i permessi, facevi fatica ad avere le liberazioni anticipate, cioè i giorni premiali, tant'è che i detenuti che venivano da altre città preferivano altre realtà, più dure di questa. Molti cioè dicevano: io preferisco fare 2 anni di carcere in un posto dove sto male male, ma dove so che quando sono nei termini -se non ho delle aggravanti, se ho mantenuto un comportamento correttotutto quello che devo avere ce l'ho, piuttosto che avere un po' più di libertà dentro e fare fatica poi ad ottenere le altre cose. detenuti e guardie stanno meglio con la Gozzini lo personalmente non posso comunque lamentarmi troppo, perché sono stato abbastanza fortunato, il mio caso è stato seguito fin dall'inizio, cioè dal gennaio 92 sono riuscito ad avere permessi, cioè a cominciare a seguire tutta la trafila, altri fanno molta più fatica. Quelli che devono coordinare tutte queste cose sono gli educatori del carcere, in questo caso le educatrici, che in teoria Forlì ne ha sempre avute 2, ma in realtà è una sola, perché una è in maternità da un anno e mezzo, può rimanerci tino a 3 anni e il ministero non ha ancora provveduto a sostituirla. Adesso so che ne hanno mandata un'altra in conseguenza ai 3 morti. Comunque deve ancora arrivare. In queste 7 ore di apertura delle celle cosa puoi fare? Puoi andare nelle celle degli altri, però rimanendo ognuno nel suo piano, non puoi girare per gli altri piani. L'unico punto di ritrovo è il cortile, questo cortiletto piccolo di cemento, dove più che altro si va a giocare a pallone il pomeriggio ed è l'unico modo di sfogarsi un po'. So che c'è una palestra, ma per il momento è ancora chiusa. Inoltre puoi giocare a carte nelle celle, puoi, volendo, fermarti a mangiare con un altro, però rimanendo sempre in quegli orari lì, quindi non a mezzogiorno perché ti chiudono alle 11 e 20. Alla sera, se mangi prima delle 6 e mezza, puoi rimanere con un altro. Oppure se ti organizzi, cioè se siamo in 3 a mangiare insieme e siamo in 3 celle singole, uno prepara da mangiare poi lo manda agli altri attraverso il lavorante, il quale riprima volta è proprio questa, soprattutto se sono tossicodipendenti, perché hanno una concezione della pulizia un po' particolare. Anch'io quando sono entrato ho avuto grossi problemi in questo senso perché sono sempre stato abituato, fin da piccolo, essendo figlio unico, a non curarmi dei lavori di casa, invece in carcere il discorso cambia, se non sai fare a lavare i panni impari, se non hai mai lavato i piatti cominci subito. E poi adesso le carceri sono cambiate abbastanza, sono diventate più vivibili da questo punto di vista, una volta erano molto molto peggio. Questo per merito della legge Gozzini, che ha trasformato il clima delle carceri rendendo più equilibrata la vita per tutti, dai detenuti alle guardie stesse. I disagi sono venuti meno perché dopo tutti aveIL PARCO IN TESTA Imola - seconda edizione C'E' QUALCOSA DI NUOVO NELL'ARIA 20, 21, 22, 23 maggio 1993 giovedì 20, ore 21,30: TEATRO IN PIAZZA, spettacolo de "Il gruppo degli elefanti" PASTICCERIA del Gruppo La Cicoria venerdì 21, ore 18,00: LA CHIUSURA DEL MANICOMIO DI IMOLA- Dibattito pubblico - in Piazza Matteotti sabato 22, ore 21,30: PAESAGGI DOPO LA BATTAGLIA - recital di DAVID RIONDINO - alla rotonda del Parco (prevendita biglietti da TATUM, Corso della Repubblica 182,Forlì) domenica 23, ore 17,30: GARA DI TORTE prodotte e offerte dai Centri Sociali Cittadini e dal Gruppo La Cicoria - alla rotonda del Parco Pomeriggio e sera: PASTICCERIA e OSTERIA E' da più di un anno che siamo sottoposti a pressanti fatti politici, così imponenti che obbligano la nostra società a cambiare o perire. Sarebbe stato ingenuo, del resto, pensare che, con ilmutamento macroscopico degli equilibri internazionali, qui da noi in Italia ci si sarebbe limitati ad una qualche forma di transizione, con semplici correzioni di facciata. Ora sperimentiamo quanto era vero uno degli slogan del '68: "tutto si tiene"; il sistema globale dettava e giustificava le scelte di settore. E la sicurezza che non si poteva cambiare consentiva tutto; chi governava poteva procedere tranquillo perché tutto passava: Il ricatto, la paura del Nemico, ha fondato la politica. Come la guerra. Ma proprio questa degenerazione della politica, la si diceva "seNizio", si è rivoltata contro i suoi stessi autori; non ha retto al tempo. Forse solo in Giappone la corruzione ha come qui da noi un carattere di sistema e non solo l'inevitabile fatto individuale che conoscono tutte le società. E appena il sistema non ha più consentito, la corruzione è venuta allo scoperto. La trasparenza è diventata una virtù: le associazioni segrete si spezzano, e la vergogna ha indotto anche al suicidio i più fragili; dramma di persone incapaci di simbolizzare individualmente il significato dell'esistenza. Come nelle antiche società della vergogna, è mancato l'orrore naturale ed etico della morte. Se l'etica è fondata sul sociale anche la vita diventa una variabile dipendente. Se poi il sospettato è un lottatore, allora è capace di tutto; anche di accusare sfacciatamente giudici con la pressione del proprio potere; anche di sfasciare il partito; anche di coinvolgere l'intera classe dirigente: "Muoia Sansone!". Psicologia pericolosa di chi esercita ilpotere. C'è stato chi ha confessato, chi si è ritirato, chi ha sopportato con fortezza le proprie responsabilità, persino chi si è tolto la vita. Uno solo ha reagito attaccando con la forza del potere. Ma era il simbolo di tanti altri che, coprendolo con l'immunità, difendevano se stessi: ciechi; hanno precipitato la chiarificazione perché la gente non si rassegna più: reagisce, partecipa, minaccia. E' venuta fuori la qualità dell'impegno: referendum e reazione al voto. Nel parlamento, sull'immunità hanno verificato che la gente non delega più. La TV stessa ha rilevato gli indici di ascolto alle trasmissioni "impegnate", rivelandosi così come uno dei luoghi principali della coscienza politica. L'evasione è complicità. Come il silenzio di ieri. Ilsilenzio di chi sapeva e ha taciuto anche se avrebbe dovuto parlare alto con libertà profetica nel nome della propria missione religiosa. Se ieri è mancato ilcoraggio dello Spirito, non dovrebbe oggi venir meno l'onestà di riconoscersi compromessi. Non per vergogna, ma con memoria penitenziale. Non ci si può chiamar fuori e pretendere addirittura di giudicare: non così. Tanto più che di questa libertà autocritica danno proprio testimonianza gli stessi cittadini, la gente, ora capaci di giudizio spassionato e severo anche verso ilproprio gruppo di appartenenza. La libertà non è più solo difesa di sé, ma anche giudizio su di sé e così condizione di creatività politica. Chi sarà incapace di uscire dai propri schemi dovrà accontentarsi di ritirarsi nel "particulare" o di rimpiangere con i nostalgici. Trasparenza, partecipazione, libertà anche autocritica, rigore sociale: forse sta nascendo una nuova etica sociale e un nuovo cittadino italiano. Sergio Sala

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