Una città - anno II - n. 17 - novembre 1992

, v,a 1 PORTAVOCEDELLATER intervista a Tltomas Banyacya, leader spirituale della nazione ff opi Thomas Banyacya è un più che ottantenne leader spirituale della nazione Hopi. Tale nazione, più comunemente conosciuta col nome di "Pueblos", vive negli aridi stati sud-occidentali degli U.S.A. ed appartiene al ceppo linguistico nahua, o Uto-Azteco, lo stesso degli Aztechi. L'intervista è stata fatta a Rimini, nel corso del "Meeting per l'amicizia fra i popoli" organizzato ogni anno da "Comunione e Liberazione", dove Banyacya era venuto a portare il suo messaggio. Ognuno di voi conosce, deve conoscere, le proprie tradizioni, la propria cultura, la storia da cui viene. Nel popolo degli Hopi ci sono delle società religiose e i giovani, nelle loro famiglie, vengono iniziati fin da piccoli e ricevono il loro nome. lo ho ricevuto il mio nome dal clan di mio padre; Banyacya significa: "quando piove forte il mais continua a stare eretto nell'acqua". Da parte del clan di mio padre mi viene il nome, ma da parte di mia madre mi viene l' appartenenza al clan del lupo,.-della volpe e del coyote perché l' appartenenza ai clan è dt discendenza materna; mio padre era del clan dell'orso perché quello era il clan di sua madre. Per quale ragione, nel popolo Hopi, la discendenza è matrilineare? Così è stato stabilito dalle nostre tradizioni, perché la madre è molto importante. Rappresenta la madre terra, dalla quale tutto è venuto: animali, uccelli, vita, tutto. Rappresenta il fatto che noi le apparteniamo e tutti, uomini, animali, cose, abbiamo una missione molto speciale. Questa missione è di mantenere la terra viva, vitale, in perfetto equilibrio. Ogni essere, ogni cosa, ha un rapporto con il femminile; la madre terra è tutto, tutti veniamo da lì. E' dalla madre che viene la famiglia, l'uomo e la donna, il maschile e il femminile, e da lei vengono dei doni particolari a ogni essere, alle piante e agli animali ai quali noi apparteniamo tramite il nostro clan. Come ho già detto, da parte .di mia madre io apparteng9 al clan del lupo, della volpe e del coyote e il nostro compito è di adoperarci per mantenere un equilibrio delle cose, di dare avvertimenti agli altri uomini. Avrete sentito qualche volta i coyote di sera ...con il loro verso possono indicare un saluto, un avverti- .mento o un cattivo presagio, possono dire che qualcosa è successo o sta per succedere alla famiglia di qualcuno. E questa è una delle nostre missioni; noi possiamo gridare, avvisare gli altri. Questa è la ragione per cui gli anziani si sono rivolti a me. Quando, nel 1948, tutti i capi si riunirono, venendo da tutti i villaggi, io fui sorpreso perché indicarono il nostro clan. Cercavano un interprete, un portavoce, e ogni volta che veniva indicato qualcuno c'erano sempre alcuni capi contrari, dicevano che gli avrebbero affidato qualche altro incarico. E così per tre volte. Alla fine gli anziani presentarono il mio clan. Gli anziani sanno come si fanno queste cose, hanno esperienza, sanno da dove viene un clan, da quale direzione siamo venuti ... E come lo sanno? Sono cose che ti vengono dette fin da piccolo, cose che devi sapere, perché i membri del tuo clan te lo dicono. Cosicché quei capi di diversi villaggi sapevano che siamo venuti da diverse direzioni, che sulla nostra strada sono accadute certe cose, e quando considerano i clan dei diversi villaggi sanno che certe persone possono fare certe cose e non altre. raccogliere la conoscenza ovunque E così, quando mi hanno considerato, conoscevano le nostre antiche radici, sapevano che io venivo dal clan del lupo, della volpe e del coyote, sapevano da quale villaggio venivo e hanno stabilito che noi eravamo quelli adatti. Ci sono due clan del coyote: uno ha a che vedere con la società 10 SPICCHIOMUTO Niente ci è stato e ci è più distante degli "indiani" d'America. Una distanza che non è dovuta solo al fatto che, nella cultura occidentale, i popoli tribali americani sono sempre stati presentati con stereotipi (dal "buon selvaggio" al "selvaggio" per antonomasia), quanto al fatto che essi sono sempre stati "altri" per noi. Tale loro alterità, pur riconosciuta, non la si è tuttavia pensata per ciò che significa. Ci si è invece soffermati sulle esteriorità -i loro pittoreschi modi di vivere e di vestire, le loro strane, a volte crudeli, usanze- o, nel migliore dei casi, si è cercato di andare più afondo nell'intento di comprendere il loro modo di pensare e di vedere il mondo. In virtù di questi atteggiamenti li si è visti o comefenomeni da baraccone, pittoreschi ma infantili, o come individui onesti, buoni, leali, crudeli, laboriosi, combattivi, né più né meno di noi. Sempre, insomma, l'occidente ha cercato di ridurre l'alterità dei popoli amerindiani alla sua misura. E non avrebbe potuto essere diversamente, viste le caratteristiche universalistiche chefondano e innervano la nostra civiltà. Una civiltà che, per riconoscere ad un essere umano lo statuto di "umanità", è ricorsa principalmente a due modi di vedere i popoli non europei. Da un lato si è ritenuto che la questione fondamentale fosse la morfologia fisiologica, l'appartenere alla specie "homo sapiens", per cui tutte le forme di cultura e di socialità altro non sarebbero che tappe di un cammino che, andando dalla barbarie alla civiltà tecnologica, unifica tutti gli umani. Dall'altro si èpensato che la questione principale perché un uomo potesse dirsi "umano" fosse, pur nella diversità delle culture, l'aver sviluppato alcune caratteristiche -dal senso del pudore alla scrittura, dalle istituzionipolitiche alla pietà, dalla religione all'uso di attrezzi elaborati- che, in quanto tali, denotassero lafondamentale non animalità dell'uomo. Questi modi di vedere, apparentemente divergenti, hanno comunque avuto un elemento in comune: in ognuno dei due casi l'essere umano che l'occidentale si trovava di fronte doveva in qualche modo essere il suo specchio. Uno specchio magari deformante, ma pur sempre specchio. Ed è proprio questafunzione che i popoli tribali americani non hanno potuto recitare. I loro modi di vivere, di organizzare il loro stare insieme, di combattersi e di amarsi, di intendere la "religione" e la "politica", di r(fppresentare se stessi, I""' in nulla potevano fungere da specchio dei nostri. Ed è proprio perché non potevano essere un nostro specchio che, per poter in qualche modo giustificare i nostri inevitabili rapporti con loro, li si è relegati nei miti, negativi o positivi, e negli stereotipi. E' a partire da questo che li si è potuti -tranquillamente come con gli animali o "eroicamente" comenell"'epopea del West" - uccidere, torturare, sterminare. E' a partire da questo che oggi li sipresenta come i campioni di un vivere ecologicamente ineccepibile, i "custodi della terra" da sostenere ed aiutare nella loro battaglia per conserva re le loro terre e per riappropriarsi delle loro culture, o come dei paradossali sopravvissuti che con il loro stesso esistere allietano le vacanze degli americani e ci dimostrano palmarmente quanto sia superiore il nostro modello di vita. Va detto comunque che, in questo modo di raffigurarceli, un "progresso" è stato fatto: finalmente anche gli "indiani" cominciano veramente ad essere una immagine riflessa di noi che li guardiamo. Il fatto è che, preso dal bisogno di specchiarsi, cioè di trovare ovunque la sua immagine, l'unica ritenuta "d'uomo", l'uomo occidentale ha mancato di fare una considerazione: l' "uomo" non esiste, esistono gli uomini. La diversità delle culture e dei modi di vivere non dimostra soltanto che, al di là del diverso sviluppo della tecnologia o di questo o quell'aspetto del vivere sociale, ogni cultura è relativa, è "altra", e volerne fare una gerarchia dimostra solo la volontà di potenza che anima chi compie detta operazione. La diversità delle culture dimostra, ma in negativo, soprattutto /'universalità della condizione umana. La cultura, immagine, quintessenza, di sé che gli uomini di un dato gruppo proiettano al difuori di loro stessi nel tentativo di dare continuità al loro essere, altro non è che la maschera che gli uomini devono indossare nel tentativo di rapportarsi con la consapevolezza della mortalità e della finitezza che li determina. E' proprio questa universalità della condizione umana che fa diversi i gruppi umani, i singoli individui all'interno di questi e le epoche storiche. Partendo da questa consapevolezzaforse l'incontro con i popoli tribali d'America non si sarebbe necessariamente risolto in uno scontro di cui era scontato lo sconfitto. Con questa consapevolezza occorrerebbe ancora oggi cercare di creare comunicazioni rsignificative con i loro pochi, ed alquanto confusi, discendenti. Se così sifossefatto, e sifacesse, non solo si direbbero e scriverebbero su di loro meno amenità, ma si potrebbe forse capire che nascita, vita, morte, pur universali nella loro effettualità, non hanno lo stesso significato per tutti gli umani. Così facendo si potrebbe forse comprendere cheper i popoli amerindiani la nascita, proprio perché "evento" è anche "segno", cioè unfattoche nonpuò rientrare solo nel calcolo statistico o nella sfera privata degli affetti, ma coinvolge tutti quelli in mezzo ai quali tale evento è avvenuto; che la vita ha in se stessa, nel vivere, il suo significato e che esso non è tanto rintracciabile nella esteriorità (il "posto" sociale che ci si trova ad occupare) quanto nel modo con cui si vive; che lamorte, pur nella drammaticità che tale fatto sempre comporta, è anche l'evento che, solo, può dare senso al vivere e quindi non va allontanato ad ogni costo, ma va accettato ed affrontato con lo stesso senso che si dà al vivere. In questo percorso si comprenderebbe anche come il potere non debba necessariamente essere una funzione chesi esercita sul corpo sociale, ma un modo di essere dell'individuo in società (i "capi che non comandano" visti da tanti viaggiatori). Come la religione non sempre abbia al suo centro lapromessa di una vitamigliore dopo la morte, mentre può essere il modo per cercare di rapportarsi col mondo, un mondo che, proprio perché "non umano", in quanto tale viene avvertito come sacro. Come il singolo essere umano, stretto e determinato dal suo nascere, vivere, morire, non debba, per trovare il senso del suo esistere e della sua unicità, per forza aderire a/l'immagine prometeica che lo vuole "soggetto" contro il mondo, ma debba avere "cura" del mondo, perché è proprio dal fatto di avvertire quel che noi non siamo come "mondo", è proprio da questa separazione, che nasce la consapevolezza di essere individui. Tuttoquesto l'occidente loavrebbe potuto comprendere dai popoli tribali d'America, ma questo sarebbe potuto avvenire se solo lo avesse già saputo. E se lo avesse saputo non avrebbe avuto alcun bisogno di spingersi geograficamente oltre le colonne d'Ercole, rimanendo spi ritualmente sempre in quella piazza greca da cui è nato e da cui 11011 sa e non può uscire. Franco Melandri CO religiosa, il clan dell'acqua, e l'altro è il clan maschile. Il maschio è forte, potente, ha coraggio, sa quello che deve essere fatto e lo fa senza esitazione. Così i capi fecero domande a tutti e poi mi chiesero quattro volte, quattro è un numero sacro, di essere il portavoce. Io rifiutai, perché non parlavo molto bene l'inglese e nemmeno la lingua Hopi, non capivo la lingua di tutte le società, ma uno degli uomini disse: "abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno di raccogliere la conoscenza dovunque la possiamo trovare". Poi qualcuno disse a questo anziano che io appartenevo al suo stesso clan; lui disse che era felice di saperlo, perché io potevo essere l'interprete, colui che avrebbe raccolto tutto il patrimonio di conoscenze e di tradizioni di cui si era parlato in quei quattro giorni e che le avrebbe diffuse ai nostri popoli nativi e anche ad altri popoli. Disse anche che c'erano dei pericoli che ci minacciavano, che era necessario fare qualcosa per cambiare le cose, per riportarle sulla giusta strada prima che fosse troppo tardi. L'anziano disse che io ero adatto al compito in virtù della mia appartenenza al clan del coyote, il clan il cui compito è di avvisare. Così disse che mi avrebbero tramandato tutte le loro conoscenze perché io potessi custodirle e diffonderle; mi invitò a non avere paura di parlare, perché quello che avrei detto non sarebbero state le mie parole, le mie idee, ma un patrimonio comune, tramandatomi dai capi, dagli anziani, attraverso i loro racconti. E così mi scelsero perché c'era bisògno che queste cose venissero diffuse. Come sono organizzate le società religiose, come se ne diviene membri? Quando sei nato in un determinato clan, hai la possibilità di entrare in diverse società religiose. E' il tuo padrino, e la tua famiglia, ad iniziarti e ti viene dato un nuovo nome. Ci sono delle società "alte", "nobili", come la società Katchina dove io sono entrato, e queste società hanno una loro conoscenza e autorevolezza, che vengono dai loro riti e miti particolari. I membri di queste società vedono ogni cosa e da qui vengono i leader, i capi. se non ti purifichi viene meno la voce L'iniziazione alla società Katchina richiede quasi un anno, alla fine del quale all'iniziato viene fatto uno speciale taglio di capelli, che restano comunque lunghi. Un taglio squadrato, come una finestra, il cui significato è" ti sto guardando da una finestra, sto guardando dentro di te. Devi sapere quello che stai facendo, so che cosa ti succederà". Ecco, noi dobbiamo seguire un certo cammino, un certo schema, che ci viene tramandato. Quando nasci e mentre cresci, non sai che cosa farai. Ti trovi di fronte alle cose, corri dei pericoli, e chiedi il perché delle cose. E questo è quello che fai quando entri nella società Katchina, quando sei entrato impari molte cose e alla fine sai tutto. Ci sono quelli che credono di poter fare a meno di questa iniziazione, di poter affrontare il mondo prima di terminare il loro apprendistato nelle società religiose, ma, non appena ci provano, vanno nel mondo esterno e vengono colpiti in qualche modo, soccombono. Siamo tutti soggetti alla natura, sia che abbiamo sia che non abbiamo delle credenze religiose, ma lo scopo di questi princìpi è di vivere nel modo migliore possibile e il p1u a lungo possibile. Ogni individuo ali' interno delle società deve conoscere certe cose. Per entrare nella società Katchina si fanno tre giorni di digiuno per purificare completamente il corpo, la mente e lo spirito e solo dopo, quando si è purificati, si può entrare nella società religiosa. Il corpo e lo spirito devono essere puri per celebrare la cerimonia. Se non ti purifichi prima, durante la cerimonia, la tua voce viene meno mentre canti, ti prendono i crampi, le penne ti cadono e a quel punto tutti capiscono che non hai seguito le prescrizioni del rito. Ogni individuo deve seguire un certo modello di vita, per vivere in equilibrio e preservare la terra e la vita belle e pulite, sacre. tuffo questo è dentro le cerimonie Quando compiamo la cerimonia della pioggia, facciamo cadere sul terreno una pioggia gentile, continua, che dura almeno per un giorno e una notte. Le cerimonie che celebriamo nella nostra regione hanno questo scopo, perché è una zona arida, non c'è possibilità di irrigazione. Facciamo delle cerimonie ogni mese: sono cerimonie per la pioggia d'estate, per la neve d'inverno, per un raccolto abbondante nel periodo del raccolto, per la bellezza e la felicità. Naturalmente quando ottieni queste cose sei felice, non hai veramente bisogno di niente altro, solo di avere cibo, acqua e poche altre cose. Vedete, tutto questo è dentro le cerimonie e questa è la ragione per cui le facciamo. Quello che cerchiamo è di mantenere un equilibrio, in modo da ridurre il pericolo di alluvioni o fulmini o terremoti o altre distruzioni. Lo scopo delle cerimonie è di restare in equilibrio, di aiutare a mantenere l'equilibrio. La società Katchina ha delle bambole che rappresentano diverse forze della natura, elementi di questo mondo, uccelli, nuvole, stelle, fulmini. Sono le forze che presiedono alla preservazione della terra. Ma, secondo lei, è possibile un incontro fra il vostro modo di vivere e quello del1'uomo bianco, che ha al centro l'idea di dominio sulla natura? Beh, il popolo Hopi e gli altri popoli nativi sanno che il mondo è stato distrutto molte volte. Nel primo mondo tutti gli uomini parlavano la stessa lingua, mentre il terzo è stato distrutto dalle alluvioni. Un gruppo di persone venne fuori, erano popoli pacifici, buoni, gentili e sinceri; riuscirono ad emergere e noi siamo i discendenti di quei popoli. Siamo andati in giro per la terra: tu prendi questa lingua, tu prendi questa religione, tu prendi la capacità di sviluppare queste cose, tu ti prendi cura di questa terra. Andarono in giro per tutta la terra, finché ai popoli venne affidato tutto il mondo perché se ne prendessero cura. Formarono allora un grande circolo spirituale, un circolo al quale noi tutti siamo legati, con al centro il Grande Spirito, che noi chiamiamo "Massau'u". Lui ci ha detto: "voi vi prendete cura della terra e della vita per me" e ha dato a tutto limiti perfetti, in modo che animali, alberi, uccelli, umani si riproducano nella giusta maniera. Ma altri popoli hanno preso maschi e femmine di diverse specie e li hanno mischiati per fare qualcosa di meglio, disturbando I' equilibrio. Questo è quello che è successo e potrebbe succedere ancora oggi. Questa è la ragione per cui dobbiamo far sapere queste cose; noi teniamo ancora la nostra terra in questo modo semplice, con le cerimonie religiose. Noi coltiviamo il mais tenendolo eretto con dei bastoncini, mentre l'uomo bianco è venuto con le sue macchine e le ha usate; noi gli abbiamo detto di non farlo, ma lo hanno fatto lo stesso, e in primavera, con le tempeste di vento, il raccolto è stato distrutto. Lo spirito ci ha detto di tenere la terra in uno stato il più naturale possibile. Quanto agli animali, non dovremmo cercare di cambiare il loro sistema; dovremmo pregare per loro affinché continuino per sempre, e così la terra, i fiumi, le sorgenti. Noi prendiamo solo quello che ci serve, ma non in modo da distruggere tutto. Questo è parte del modo di vivere degli Hopi. Quando il fratello bianco capirà queste cose verrà dagli Hopi e gli Hopi gli mostreranno i loro simboli, le loro pietre sacre, e staranno fianco a fianco. Il fratello bianco dovrà memorizzare tutto, perché questa conoscenza non è scritta. E comincierà a dirla, come cantando una canzone, e saremo d'accordo. I discendenti dei fratelli che sono stati separati molto tempo torneranno a unirsi. Questo è ciò di cui si preoccupano gli Hopi, ciò a cui guardano, in modo che questo mondo, questa terra, non venga distrutta. Quando il fratello bianco verrà da noi e capirà, avrà la possibilità di usare tutto il potere che ha sviluppato per cessare il suo comportamento sbagliato, per purificarsi, in modo da trovare un buon modo di vivere. Per i bianchi, per gli Hopi, per i popoli nativi e ci sarà un cammino spirituale per tutti. Così voi parlerete la nostra lingua e forse vi faremo partecipare alle nostre cerimonie. Se terremo la terra come deve essere tenuta, faremo quello che il Grande Spirito vuole che facciamo. Lei crede che tutto questo possa veramente accadere? Sì, questo deve venire, io penso che accadrà. Io ascolto gli anziani, che hanno ottanta, novanta, cento anni, parlare di queste cose. Loro vedono che troveremo il fratello che capirà queste cose e userà subito il suo potere per correggere le cose sbagliate. gli anziani depositari di cose da dire Quando gli anziani mi dettero l'autorità di diffondere questo messaggio per loro, io andai in un college in Oklahoma, che era finanziato dalla Chiesa Battista e che è la prima Università indiana. Là mi diedero una borsa di studio biennale e lì è dove ho imparato molte cose. Ti fanno leggere molto la Bibbia, conoscere la Chiesa Cattolica e quella protestante. In Oklahoma ho studiato testi di religione comparata e sono rimasto davvero colpito dal fatto che quello che i capi di altre religioni dicevano era la . · .. ·'. : . . . stessa cosa che dicevano i miei anziani. I miei anziani Io sapevano. Cosl dopo due anni tornai a casa e cominciai ad ascoltare gli anziani. Molti, per un po', non volevano neppure parlarmj, Altri giovani, che avevano studiato e parlavano inglese, non volevano ascoltare gli anziani e dicevano "sono cose vecchie", ma io avevo capito che i nostri anziani erano i depositari di cose molto importanti che ci volevano dire. Così cominciarono a dirmi tutte queste cose. Io avevo capito che il loro messaggio era molto importante non solo per gli Hopi, ma per tutti i popoli nativi e anche per gli altri popoli. Loro sapevano che ci sarebbero stati problemi, che avremmo dovuto chiederci qual è la nostra religione, che cosa stiamo facendo, perché. Ho già detto che gli uomini bianchi sono venuti nelle nostre terre e non ci capivano, non volevano conoscere la nostra religione. Pensavano che noi non fossimo neppure esseri umani ma animali; ci chiamavano animali e distrussero tutto. Loro pensano di avere il potere, l'energia; pensano che la terra sia loro, si considerano degli dei. Ma gli Hopi sapevano questo: il fratello bianco, perché ha le invenzioni, perché ha i fucili e altri mezzi, ci schiaccerà, non ascolterà il messaggio di rispettare la terra e vivere in equilibrio. Ho detto alla mia gente che ho letto nei libri che c'è una cosa chiamata Sacro Graal, che contiene tutta l'energia. Dov'è, chi ce l'ha? Ho scoperto che ce l'hanno gli Hopi, nelle loro mani, perché restano attaccati alle leggi della natura. Ma questo è l'unico modo per sopravvivere, non c'è altro modo. In altri modi distruggeremo la terra. L'unico modo è con la gentilezza, con le leggi proprie della natura. Se non lo facciamo, la natura ci potrà sopraffare; come è successo in Florida, dove l'uragano ha spazzato via tutto. Il terremoto aprirà la terra e la gente sprofonderà, i maremoti porteranno via la gente; tutto questo prenderà il sopravvento. Questa è la cosa di cui gli Hopi si preoccupano. Noi vogliamo che le nazioni si uniscano e capiscano che siamo tutti esseri umani. Io non ti vedo come un italiano o un nero o un cinese: siamo tutti esseri umani, siamo solo divisi, con lingue diverse, ma ora stiamo tornando indietro e vivremo tutti insieme. Dovremmo unirci per vedere se possiamo proteggere la terra, proteggere noi stessi e i bambini che nasceranno. Qui è dove entra in gioco la madre, perché la madre quando aspetta un bambino, una nuova generazione, si domanda "che genere di vita lasceremo per loro?". I giovani sono quelli che devono fare lo sforzo per vivere in pace e armonia; spetta ai giovani interrogare i vecchi e chiedere loro con molta decisione "perché non cambi questo?", "perché non fermi questo?". ■ . . ~.,:::--:_~;~· ~- 0KJ 1~ ·W<:ilt Erboristeria - Prodotti naturali - Shiatzu FABBRI Dr. Enrico Forlì - via Albicini, 30 (ang. via S. Anna, 2) Tel. 0543/35236

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