Una città - anno II - n. 17 - novembre 1992

SOSTAFO ATA A ISTANBUL La seconda puntata della storia di Giovanni Di Santo Eravamo arrivati alle soglie del carcere ... Il carcere è un passaggio della vita. Quando uno si lancia verso le esperienze, verso i viaggi e le avventure, deve aspettarsi appunto che siano belle e brutte; per dirla con i Greci: "un uomo che non è mai colpito dalle avversità, in fondo è un uomo sfortunato, perché non ha mai occasione di dar prova di se stesso". Le avversità arrivano per metterti alla prova e per rinforzarti. Chi parte per un viaggio sa anche di rischiare la morte, la galera, la pazzia. Uscirne abbastanza sai vi, sia fisicamente che mentalmente, significa che queste esperienze ti hanno dato qualcosa. Sempre che si sia d'accordo sul significato da dare all'essere salvi mentalmente. La tua esperienza in carcere dall'esterno sembrava allucinante ... Ho visto gente che per un filtro di canna si è fatta un anno e otto mesi. Oppure gente arrestata direttamente ali' aeroporto: importare o esportare droga, in qualsiasi quantità, ti comportava trent'anni di galera ... Però a finire dentro era solo qualche hippy sperduto, condannato ali' ergastolo per una cazzata, mentre i grossi trafficanti o la mafia locale non venivano toccati ... A pericolo scampato ci si ride sopra, ma quando ero lì non ero certo contento. Era la mia buona filosofia interiore che mi insegnava ad andare avanti. In seguito, sono arrivato al punto di dire che vi sono alcune esperienze che sono interessantissime, irripetibili; e che sono contento di averle fatte. In quale altro luogo avrei avuto l'occasione di vivere le altre culture, di imparare altre lingue, di conoscere la gente dura di tutti i paesi? Mi piace l'astrofisica e la fantascienza, e così spesso mi piaceva pensare di essere salito su un'astronave che per cinque anni viaggiava per lo spazio. L'astronauta e il carcerato devono entrambi adattarsi a lunghi viaggi, alla convivenza continua con altri e questo ti fa conoscere interiormente una persona (e anche te stesso) meglio di chiunque altro. una ciffà chiusa di quaffromila abitanti Nella galera si fanno un sacco di esperienze positive; per dirla con Buddha: "noi non siamo nella galera, ma la galera è dentro di noi". In certi momenti ti puoi sentire più libero di uno che se ne sta fuori, incarcerato nella sua routine ... Quando nel '78 ti venni a trovare nel carcere di Istanbul stavi bene e fu sorprendente. Anni dopo ti incontrai a Rimini... Quando mi hai incontrato da 81 tossico può darsi che ti abbia salutato freddamente ... E' tipico della situazione ... Sei da un'altra parte. Una peculiarità del tossico è quella di non ridere mai. Ha spento tutte le emozioni, ha di fatto esorcizzato anche la paura. Non a caso l'eroina veniva usata dai marines in Vietnam, per fregarsene della morte. Nel viaggio del tossico convivono sia positività che negatività ... Parla del carcere di Istanbul... Il carcere era una vera città. Credo che ce ne siano pochi al mondo con 4.000 detenuti. Il corridoio centrale era lungo quasi un chilometro e ogni dieci metri c'era un portale che si apriva e introduceva ad una sezione, fatta da due stanzoni enormi, uno di 30 metri per 5 al piano terra e uno al primo piano, con i letti a castello per la camerata. Ma naturalmente erano sempre sovraffollati e i letti non bastavano mai, tanto che c'erano materassi anche al piano terra. In tutto eravamo 20-30 persone per sezione. C'era anche un cortile, che restava aperto dalle sei di mattina alle sei di sera e comunicava con un'altra sezione. Il vivere tutti assieme però non rappresentava una grande sofferenza. Certo, si era privati di ogni privacy ma ci permetteva anche di avere un continuo contatto con gli altri. Passavamo la notte a fare festa, a suonare la chitarra, a giocare d'azzardo, a fumare ... Il fumo in carcere girava come le caramelle. Pensa: uno casomai si doveva fare un anno e otto mesi perii filtro di uno spinello e una volta arrivato in carcere trovava quintali di fumo! Di altra droga, invece, ne girava poca. Almeno fino al 1980, quando cominciò ad entrare l'eroina. Da allora, chi come me era stato tossicodipendente, ebbe l'occasione di ricominciare, e anche pesantemente. Il carcere ti porta ancora di più a ricercare lo sballo, e non importa certo come. Io avevo rubato al dentista una siringa di vetro e con quella ci facevamo in una trentina. Per mesi usammo lo stesso ago. Ancora non si parlava di Aids o di altre malattie e noi eravamo tutti sanissimi. Quando poi un austriaco ruppe il vetro della siringa, in attesa di poter procurarcene un'altra, usammo un metodo americano, cioé il sistema del contagocce adattato ali' ago e usato come siringa. Il sistema è abbastanza semplice: avendo la pompetta, si fa entrare l'ago in vena in modo che la pressione interna del sangue, più forte di quella esterna, faccia entrare il sangue nel contagocce così da sapere di essere in vena. A questo punto schiacci la pompetta e spingi il liquido dentro la vena. Quando lasci la pompetta il sangue torna nel contagocce. L'operazione va ripetuta due o LAMELA VIATORELLI,3 TEL.30411 FORLl 1 PROMOZIONE VINILE PRENDI3 PAGHI2 - MELDOLAVIACAVOUR,180 TEL.491753 tre volte per causare i risucchi e se lo si sa usare alla fine viene meglio che con una siringa ... Questa situazione però finì col causarci diversi casini. Quando avevamo i soldi rimediavamo facilmente la roba tramite i guardiani e i turchi, e a prezzi abbastanza contenibili. Quando invece i soldi finivano, dovevamo venderci tutto, anche le mutande. Le cose italiane o europee erano facilmente commerciabili. Scambiavamo mutande, conottiere e calzini italiani perun grammo di roba; jeans e giacche di jeans per almeno cinque, dieci grammi. E spesso succedeva che avvenivano furti fra gli stessi detenuti. C'era poi, nello stesso periodo, anche una forte lotta politica esterna. Ci furono numerosi morti nelle piazze, nelle strade, in tutta la città. E quando si giunse al colpo di stato dell'80, l'esercito entrò nel carcere e, dopo averci rasato a zero, ci impose un regime militare: ci tenevano come in caserma, con un cibo migliore, ma impedendo che entrasse la droga ... fuga di mezzanoffe in camice bianco Ho anche tentato cinque evasioni. Certo, ho detto che lì stavo bene, ma sempre relativamente; ero sempre quello che sono adesso, un insofferente. Magari c'erano periodi in cui mi rilassavo e giocavo a scacchi, ma anche periodi in cui cercavo di scavalcare il muro ... Una volta con una banda di mafiosi turchi. Avevamo pensato di passare dal tetto, perché era facile arrampicarsi. Il difficile era scendere dall'altra parte, controllata com'era da 4 torrette, con una guarnigione dell'esercito pronta a spararti addosso. E infatti, quando arrivammo sul tetto ci videro e cominciarono a tirare, costringendoci così a tornare indietro. Fu il primo fallimento di fuga. Un'altra volta mi unii ad alcuni membri della sinistra rivoluzionaria turca, coi quali cominciai a scavare un buco ali' aria, in un tombino che doveva passare sotto il muro e permetterci di uscire dall'altra parte. Ma a pochi metri da quel muro ci fu una spiata. Molti di loro vennero presi; io mi salvai perché ero straniero e, venendo da un'altra sezione, non venni notato. Un altro tentativo lo feci da solo. Avevo notato una mia vaga somiglianza con un dentista del carcere, così in tre mesi mi sono costruito un camice bianco, una valigia 24 ore, un paio d'occhialini d'oro e mi impomatai i capelli. Una mattina feci finta di andare dal dentista e, tutto impomatato, mi incamminai lungo il corridoio. Sapevo che alla porta centrale stazionava una sola guardia. Poteva andarmi bene, poteva non riconoscermi. Gli avrei detto (ormai il turco lo parlavo abbastanza bene) che avevo dimenticato della roba in macchina ... Ma quel corridoio era davvero lungo ... Quando ero già arrivato a duecento metri dal portone scoppiò improvvisamente una rivolta, con tanto di spari e un guardiano malmenato. Scattato l'allarme, la porta centrale viene chi usa dal di fuori ... Ho rischiato di essere impiccato, come già avevo visto fare in una rivolta precedente, quando furono sequestrati 12 guardiani. Fu nel dicembre del 1980. I 1no 1anco detenuti politici si erano fatti dare pezzo dopo pezzo da un guardiano alcune armi. Una volta saliti sul tetto, cominciarono a sparare sulle torrette, sulla guarnigione dell' esercito, proprio per tentare un'evasione di massa. Se riuscivano a sfondare, potevamo scappare tutti. Ma la porta centrale, martellata da candelotti di dinamite, non andò giù. Quindi ci fu l'allarme generale dell'esercito, che circondò il carcere. Noi allora ci chiudemmo dentro e saldammo con la fiamma ossidrica la porta centrale. Poi, sfasciata la macelleria per procurarci da mangiare, incendiammo la falegnameria. In queste occasioni ci sono un sacco di cose che non puoi controllare. I "politici" tentavano di dare una direzione alla rivolta, ma ti trovavi di fronte a tutte le sezioni: ai ladri, agli assassini, ai rapinatori, addirittura a bambini di 8 anni ... I 12 guardiani vennero sottoposti da parte della sinistra rivoluzionaria a un processo politico e sei di loro, riconosciuti colpevoli, vennero immediatamente impiccati nelle toilettes ... Il tutto durò 8-9 ore, durante le quali venne anche registrato un nastro in cui si sentivano solo i mitra, le pistole e le bombe ... Loro tiravano da fuori, noi da dentro ... insomma: un casino pazzesco! un'occasione per incontrare altre culture Poi c'erano gli scontri con i fascisti. Una volta mi ritrovai chiuso tra due cancelli con 3 "lupi grigi", i fascisti turchi. Mi conoscevano come amico della sinistra rivoluzionaria e volevano ammazzarmi. lo avevo con me un coltello, ma anche loro. Quando uno mi saltò addosso, per salvarmi la vita gli diedi una coltellata. Tiratone giù uno, gli altri si ritirarono indietro e io potei scappare. Poi ho saputo che quello colpito era morto dissanguato in mezz'ora. Tutto questo non ha portato a conseguenze? Per alcuni ce ne furono, ma io me la cavai. Forse perché ero straniero. Quando entrò l'esercito noi stranieri ci rinchiudemmo nella nostra sezione e la cosa, almeno per noi, finì lì. Molti politici, invece, furono fucilati. Durante il colpo di stato del 1981, l'esercito entrò dentro il carcere e fucilò quasi tutti quelli della sinistra rivoluzionaria. Avevo molli amici fra di loro. Fu l'ultimo periodo che passai in carcere. Me ne andai nel maggio del 1981. Qualche volta ho anche tentato di scrivere, ma si fa molto presto a perdere i contatti, soprattutto quando si era come me in una sezione straniera, dove una volta uscito ognuno ritorna al proprio paese. Ho conosciuto gente che abita a Boston, altra in Africa, in Asia oppure che è sparita chissà dove.L'unico che ho rivisto è un napoletano, col quale ho In via io sulle vie della dro a /2 trascorso circa tre anni di carcere e con cui mi incontro ogni tanto. Però, è tutto stampato nella memoria. Ho un sacco di ricordi, di situazioni, di pezzi di vita vissuta. Forse mi sentivo meglio in un carcere lontano da casa, tutto pieno di stranieri, che in un carcere italiano... Laggiù avevo occasione di conoscere diverse culture, di imparare lingue straniere. Eppoi, il fatto di vivere in I 00120 sempre insieme ti permetteva di avere molti contatti con la gente. Io per esempio studiavo molto, mi piaceva imparare le lingue extraeuropee, le lingue orientali, e anche conoscere dal di dentro i loro modi di stare insieme, di cucinare. Era come se mi fosse stata data l'occasione di entrare in case lontanissime dal mio paese, e in un modo che non provi nemmeno quando vivi all'estero ... In pratica, ho cercato di fare di necessità virtù ribaltando quel periodo sfortunato in un periodo in fondo positivo ... Per quanto invece riguarda la Turchia, quello che mi interessava era conoscere un po' più profondamente il suo popolo, un popolo che è stato il centro dell'impero ottomano e musulmano e che ha avuto vertici di cultura persino più alti della nostra. La Turchia è una nazione molto vicina ali' occidente, a cui l'occidente deve molto dal punto di vista culturale. Il solo conoscere la lingua turca ... Un lingua costruita di sana pianta 100 anni fa, quando Mustatà Kemal Ataturk, che è appunto considerato il padre della Turchia moderna e il cui ritratto è immancabile in ogni casa o edificio pubblico, dopo aver tolto il velo alle donne e resa più laica tutta la società turca, unificò tutti i diversi dialetti locali in una sola lingua, adattandola anche alla scrittura latina, per una lettura come la nostra, cioè da sinistra verso destra. Si dice che Ataturk andasse di villaggio in villaggio con una lavagna in mano a insegnare al popolo la nuova lingua. Anche per questo, benché fosse una figura non solo eroica ma anche molto autoritaria, oggi è molto popolare laggiù ... Quando sei uscito di là, dove sei andato? A Regina Coeli. lo non me lo aspettavo. Sapevo di un mandato di cattura di 5 anni prima, ma sapevo anche che era scaduto, che non valeva niente. Invece, appena arrivato a Fiumicino scoprii che erano venuti ad arrestarmi. Ma chi se ne frega, mi dissi. Tornavo in Italia, anche se a Regina Coeli. Ero felice come una pasqua. Lì incontrai Richetto di Trastevere che cantava "Casetta de Trastevere" e "Il barcarole" ... Potevo vedere il Gianicolo; ero lì! Poi mi trasferirono a Forlì. Feci il viaggio in treno tutto rasato a zero con una specie di basco in testa; tanto incapucciatoche la gente mi guardava come se fossi stato il bandito Giuliano o Graziano Mesina. Arrivato a Forlì, passati 15 giorni, finalmente il giudice si accorse della scadenza dei termini e fui rilasciato. Dunque, sono entrato a Istanbul e sono uscito a Forlì ... Ma non è finita lì. Dopo la Turchia, mi sentivo come se qualcuno mi avesse rubato del tempo e mi avesse impedito di fare ciò che volevo; come se, per esempio, il giudice mi avesse impedito di farmi le pere. Allora ho ricominciato, anche perché non riuscivo a combattere bene la solitudine. Devi considerare che quando esci di galera dopo 5 anni, la prima settimana stai malissimo. Come quando sei entrato, e forse anche di più. Ti sembra di essere un extraterrestre. Guardi gli altri e ti sembrano strani, non sai attraversare la strada, non sei abituato alle macchine, cominci a guardare tutte le donne che incontri ... Devi riallacciare i rapporti col mondo e con la gente normale ... i Ire scalini per ritornare italiano Così ho ricominciato a farmi brevi incarcerazioni in tutta Italia. Ho conosciuto la Rocca, i Casetti di Rimini, S. Giovanni in Monte, Rebibbia, Regina Coeli ... A proposito: a Roma c'è un detto che dice che chi non fa quei tre scalini non è romano ... Così, io mi sono romanizzato subito ... Una volta dicevi ,che per il futuro non avevi problemi, perché conoscevi Bombay meglio di Forn. Come mai allora la scelta di tornare a vivere da queste parti? Non è ancora una scelta definitiva, ma negli ultimi_a_nnimi è interessato spesso abitare al mio paese. Ci sono cose come la nostalgia di casa, del paese in cui sei nato, del dialetto che hai parlato da bambino che pensi che non esistano fino a quando non le provi. Ma naturalmente non è soltanto la nostalgia a spingermi a stare fermo per un po' di tempo. lo mi considero sempre in viaggio, da quando ho cominciato a viaggiare. Il mio ritorno a Forlì ha diversi aspetti. Uno, dolcissimo e tenerissimo, è rappresentato dal ritorno fra le mura della mia infanzia, dove ho giocato da bambino e poi fra la gente, perché una città non è costituita solo da mura, ma anche da persone. Qui ritrovo emozioni diverse. Di gran felicità o di profonda tristezza, come quando scopro che qualcuno è completamente cambiato o che qualcuno non c'è più, perché è morto. Forlì mi piace. Qui ho fatto il '68. Un momento della mia vita che non posso né dimenticare né accantonare perché forse per me è stato il più importante. Avevo 21 anni e mi sono trovato a cambiare completamente, e con me tanta altra gente. Quel mio momento è stato anche un momento storico importantissimo, un momento che ha tagliato in due il nostro secolo. Io poi ne ho un ricordo dolcissimo. Innanzitutto la nostra emozionalità. Io credo che ci ritrovassimo insieme soprattutto perché ci piaceva stare insieme ... In più eravamo anche convinti di fare la rivoluzione, di cambiare tutto, ma siamo stati degli utopisti, degli illusi ... Secondo me il discorso sul- !' individualismo va posto in questi termini: ognuno di noi deve essere capace di fare tutto e di conoscere tutto (o, almeno, deve tentare di farlo), ed essere in grado di andare, da solo (dopo, quando si sente pieno) in mezzo agli altri, fra chi non è d'accordo con lui. Stare sempre in gruppo ti fa sentire forte ma in effetti ti indebolisce, quando poi ti ritrovi da solo ti senti sperduto. Quindi, rafforzarsi individualmente, viaggiare fra la gente, nel mondo, e poi magari ritrovarsi e confrontarsi con gli altri. Se non facciamo esperienze, se non ci proviamo, non potremo mai conoscere noi stessi. Come facciamo poi a dire qualcosa a un altro? Ad aiutarlo? Quando ero in carcere ho studiato molto: Ma poi mi è tornata la voglia di approfondire certe cose. Ho studiato un po' di fisica e di astrofisica, ho letto testi di biologia, di archeologia. Accrescere le proprie conoscenze ti dà una visione più vasta delle cose. Oggi esiste una barriera fra chi sa e chi non sa, a un livello quasi medievale, quando alle classi inferiori era vietato imparare e c'era la pena di morte per chi sapeva leggere un libro, perché il sapere doveva essere riservato ai potenti, ai nobili, ai preti. Chi non sa è sempre più debole ... A scuola andavo malissimo, ma la conoscenza è sempre stato un mio amore personale. A scuola ci andavo solo per divertirmi. Quando poi ho sentito odio per i professori, non mi andò più nemmeno di divertirmi. All'esame di ragioneria ci andai proprio per fare uno show, ben sapendo di essere bocciato. E il sano senso dell'ironia, per fortuna, mi è sempre rimasto. Dopo -cinque anni di carcere turco, arrivando a Roma, al brigadiere che mi arresta e mi dice sfogliando il mio voluminoso dossier: "Di Santo, ma lei è un delinquente con la A maiuscola!", risposi: "con la D maiuscola, vorrà dire". continua sul prossimo numerol'ultima puntala: ANNI BOE COMUNffA' UNA CITTA' . 1 1

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