Una città - anno II - n. 16 - ottobre 1992

interventi lettere 1A RAGIONE E LA CORRIDA B Parlare della corrida per parlare d'altro; mi sembra infatti di essere in tal modo più fedele allo spirito dell'intervista rilasciata da Piero Rinaldi e pubblicata nel penultimo numero di "Una città". Conseguentemente a tale intervista si è sollevato un piccolo vespaio intorno alla corrida: sulle stesse pagine (ricordo in particolare I'intervista a Lilia Casali e l'intervento di Andrea Brigliadori) sono state esposte considerazioni a dir poco ragionevoli e giuste contro la barbarie di quel rito, e ha trovato spazio anche un'accorata difesa dei motivi che spingono chiunque, a mente fredda, a ritenere la corrida non degna di un "moderno occidentale". Non mi propongo, quindi, di accrescere la schiera dei contrari, né tantomeno d'interve- ·nire in difesa dei cultori del massacro. Intervengo perché mi sembra che la querelle ben si presti ad una serie di importanti -a mio parere importanti- riflessioni, in special modo se si parte da una precisazione. Leggendo e rileggendo la sua intervista, sono sempre più convinto che Piero Rinaldi non intenda affatto parlare esclusivamente della corrida, né forse principalmente di essa. A ben vedere, il nocciolo delle sue riflessioni a voce alta consiste in qualcosa d'altro, che per mio conto riassumerei così: si potrebbe largamente filosofare su un tema di tal sorta; sicuramente su di esso sarebbe opportuno tornare, magari sfruttando altri spunti "occasionali", ma qui intendo limitarmi ad indicare solo un paio di questioni. Al cospetto del non-razionale solitamente ci si comporta in due maniere: o vi si abbandona, cercando in esso la pienezza della propria vita, la specificità che ci rende individui e non massa, magari enfatizzando virilità, coraggio, eroicità e codici d'onore; oppure si tenta di liquidarlo in nome di una Ragione che non può non incutere timore per l'astrattezza dei suoi principi e per il rigore marziano che la informa. Sembra proprio che l'uomo, "animale razionale", si dimostri costantemente incapace di non scindere la propria essenza ani male dal la propria natura razionale. Di compromessi tra queste due componenti dell'uomo sarebbe assurdo parlare, mentre forse meno assurdo mi pare sia sostenere la necessità della ricerca di un loro precario equilibrio. I Ministri della Ragione ci insegnano da secoli le ideologie care alla loro Dea, e la storia si è riempita dei loro sublimi e diabolici tentativi di realizzare l'Ordine. Raskol'nikov, e con lui Dostoevskij, insegna. D'altro canto, i passati dei Vitalisti non sono meno truci ed appaiono forse più eclatanti e certo più facili da aborrire per chi come "noi" è viziato dalla ricerca della ragionevolezza. L'alternati va secca tra questi due tipi di esseri umani, lo confesso, mi metterebbe in grave imbarazzo, poiché non saprei da chi sperare meno disastri. Se da chi, per tornare al nostro spunto, inneggia alla corrida.oppure da chi nega, e basta, i diritti di tutto ciò che non è Ragione. E pensare che la posta in gioco è di estremo rilievo, poiché coinvolge anche lo spinoso problema della gestione nel quotidiano di tradizioni millenarie in cui d'improvviso non sappiamo più riconoscerci, e di cui non sappiamo se ammirare la ritualità o denunciare l'inattualità. L'intreccio si fa poi ancora più complesso se si pensa che sia l'estetismo vitalista (la compiaciuta contemplazionedelle manifestazioni "più basse" della natura umana) che il modernismo (il sentimento di appartenenza ad un'epoca superiore in cui le forme brutali del passato non hanno più diritto di cittadinanza) sono figli gemelli dello spirito colonizzatore che contrassegna la cultura occidentale, e perciò stesso sono entrambi incapaci di un rapporto non-violento con le tradizioni che stanno al di là del confine, di qualunque confine. Il diverso appare in tutti e due i casi "inferiore". Sia adottando uno sguardo da nostalgico e stupefatto esploratore, sia impugnando la spada benedetta della crociata, Circolo "Il Cittadino", ACLI POLIS UNACITTA' ,RAnURI, coN,INI Ciclo di conferenze Salettadell'ENAIP, Via Campo di Marte, Forlì, ore 21 7 novembre 1992: ORDINE I DISORDINE relatore: Gabriele Garavini 14 novembre 1992 VERITA' / INTERPRETAZIONE relatore: Giovanni Matteucci 21 dicembre 1992 SOLIDARIETA' / INDIVIDUALISMO relatore: Carlo Andreoni 5 dicembre 1992 DESTRA I SINISTRA relatore: Giovanni Tassani 12 dicembre 1992 INTERIORIT A'/ ESTERI ORITA' relatore: Ivan Zattini 19 dicembre 1992 RELIGIOSIT A'/ SECOLARISMO relatore: Sergio Sala GRUPPO ~~©UJJ [OOCORRIERE ESPRESSO SERVIZIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 70 SEDI IN ITALIA FORLI' - P.zza del Lavoro, 30/31 Tel. 0543/31363 - FAX 34858 RIMINI - Via Coriano 58 - Box 32/C - GROS Tel. 0541/392167 - Fax 392734 NUOVA GESTIONE Libreria Cartoleria Giocattoli ''IL CENACOLO'' FORLI' via Giorgina Saffi, n. 13 - tel. 34529 Libri. Narrativa, saggistica e varia. Scolastici, dizionari, enciclopedie, atlanti. Prenotazione testi uni versi tari Libri per ragazzi. Libri games. Cartoleria scolastica e per uffici. Penne di ogni tipo. Articoli da regalo. Puzzle. Giochi di ruolo. Fotocopie. l'occidentale ha comunque imposto la propria diversità come normalità, riducendo gli altri a nonnormali, ad animali da osservare ovvero a bestioni da educare. Davvero un bel pasticcio dover scegliere. Nell'intervista di PieroRinaldi non trovo però le tracce di un puro Vitalismo. Intanto vi scorgo anche il senso di orrore, e non la mera contemplazione estetica del rito, e se da un lato vi si confessa una sorta di esaltazione, per un altro verso vi si testimonia anche una lucida consapevolezza dell' assurdità e della follia del rito. Lo spettatore cerca di farsi partecipe ''dal basso", per così dire: cerca di entrare nel di verso, cerca di farsi lui stesso diverso. La tradizione allora assume vita nuova, e parlare con Rinaldi della corrida pare quasi testare le cocciutaggine di chi difende a oltranza, e oltre ogni motivazione razionale e ragionevole, le proprie tradizioni. Questo mi pare il segno di qualcos'altro ancora che scorgo sempre nella sua intervista, e che da tempo era come svanito: la consapevolezza del fatto che la Ragione è ragione (con la minuscola), ossia eh' essa ha dei limiti dannati che impongono sofferenza e smacco all'orgoglio dell'uomo; e ancora, il proposito di non chiudersi a ciò che si trova al di là del confine, indipendentemente dal versante che si sceglie di abitare. Insomma, Rinaldi mi ha restituito il gusto del confine tra due diversità che non sono solo le due tradizioni di cui egli parla espressamente, ma anche (e più) la ragione e il sentimento, la spiegazione lucida del rito nella sua barbarie e il riconoscimento candido che lo spettacolo della morte resta comunque sconvolgente perché mescola in ciascuno il senso dell'estrema finitezza con l'esaltazione per l'ingiustificata sopravvivenza. Do quindi ragione a Piero Rinaldi quando sostiene che la corrida è di fatto, indipendentemente da ogni altro lecito giudizio, salvaguardia dall'omologazione, quindi quando manifesta un'esigenza che, se ben recepita, potrebbe condurre ad uno stile diverso della ragione. Dissento invece con lui laddove egli non propone la ricerca di altre forme e altri strumenti per incrinare la paludosa superficie sulla quale "noi" galleggiamo, perché -per assurdo- riempire oggi il mondo di corride per salvare la propria specificità mi parrebbe disegno d'un folle. Ma diverso e colorato dalla passione e dalla rabbia è iI mio dissenso -in nome di una ragione polimorfa, scettica e finitanei confronti dei Ministri della Ragione, quando ripenso a come costoro ci scippano ugualmente degli strumenti contro la massificazione in nome di un'ipertrofica Ragione, sorellastra e matrigna della pochezza della mia razionalità. E questo livore nasce dal fatto che proprio la Ragione, sposata volta a volta con fede, ideologia, pragmatismo, misticismo, e da ultimo pentitismo nei confronti d'ogni ideale e utopia, ha provocato il Vitalismo come sua reazione uguale e contraria, perché ha preteso di ostruire ogni sbocco alternativo a chi vedeva in lei solo l'immagine grottescamente ingrandita della razionalità umana. Sarà un caso che coloro che sostengono di "conoscere ilmondo" -mai peccato più grave potrei pensare- sono o i Teorici dell'Ordine (di cui loro stessi possiedono la chiave) o, specularmente, gli Uomini Vissuti? La corrida continua a svolgersi, come un meccanismo perfettamente oliato, come un'industria dagli alti profitti in cui l'orgoglio romantico dell'anziano capomastro si accompagna all'insofferenza ribellistica del nuovo apprendista, indipendentemente da tutte le parole e da tutte le nostre più o meno brillanti osservazioni. Se vogliamo per l'ennesima volta trasformare la ragione in violenza del razionale, se non vogliamo provocare cento rigurgiti di risentito Vitalismo, cerchiamo, in questo caso almeno, di evitare la fagocitazione del nonrazionale e di tenere saldamente di fronte alla ragione il suo altro, senza esportare ovunque i nostri Modelli (compiaciuti o critici che siano); proviamo una volta tanto ad armonizzare la terra con iIcielo, senza pretendere che l'una debba assoggettarsi ali' altro o viceversa; sforziamoci di imparare oltre che di insegnare la "civiltà" e la "cultura". E credo che ciò significhi tentare di comprendere prima di ogni giudizio, e di valoriu.are con coraggio gli aspetti di positività posseduti da ciò che mai si conformerà ai nostri Modelli di Razionalità, come certi contenuti della macabra rappresentazione tragica che accade in ogni arena. Solo una Ragione stupida può negare che il corpo vibri in un sentimento forte e acre, gioioso e sadico, di fronte alla spettacolarizzazione della morte; una Ragione stupida che, pur di negare questi dati di fatto, pur di sublimare il sentimento del corpo e della morte, si è sempre dimostrata pronta ad uccidere e a castrare, ad annullare e a mutilare il corpo. Il non-razionale, i I corporeo, l'emotività libera, il limite, fanno paura alla Ragione, che nel migliore dei casi li trasforma in dati patologici osservabili, e si fanno invece problema per la ragione (con la minuscola), che riconoscendoli si pone in questione nel tentativo di trarne un senso. D'altro canto, mi piace pensare qui a Piero Rinaldi come a un novello Don Chisciotte, insofferente dei nuovi disordini di codici, apparentemente reazionario più che conservatore ma capace di evidenziare meglio di molti "rivoluzionari" i guasti del presente, con lo stupore del fanciullo sino all'attimo prima di finire, ma con quel cipiglio severo e quel sorriso pietoso per iI futuro che sono comunque da salvaguardare, da imparare, da insegnare, perché raccontano una storia di utopie mai svanite. Giovanni Matteucci Lorenzo Gazzoni & C. s.n.c. 47100 Forlì - Via Mariani, 6 Tel. e Fax 0543/53661 "' Digitalizzazionereti,mappe e cartegeografiche "' Topografia "' Fotogrammetriaereae terrestre ilatto .---CRLZRrud Tutta kt scelm chevuoi Vialede/l'Appennino,163 - Forlì DIBArrlrO MACCHINE-ANIMALI: LA ,oLLIA DEGLI ALLIVAMINTI INDUSTRIALI Relatore: dottor Roberto Machesini, veterinario, Presidente del Comitato Difesa Animali di Allevamento. Interverrà:don Sergio Sala. giovedi 29 oHobre ore 2 I Sala Albertini P.zza Saffi, Forli Promosso da UNA CITI A' in collaborazione con: - Lega Ambiente, Forlì - Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Sezione di Forlì - Animai Libaration, Forlì ELOGIODEL vuoro L'utilizzazione del vuoto è un presupposto di molte, grandi e modeste, scoperte scientifiche e applicazioni tecnologiche, tuttavia nella nostra vita quotidiana tendiamo ancora a contrapporre pieno e vuoto come sinonimi di ricchezza e di abbondanza il primo e di deserta sterilità il secondo: che subito viene a evocare un ventre scavato, la perdita dei punti di riferimento oppure iIgrigio susseguirsi di giorni desolati e piatti. Si dice "ha fatto iI vuoto" di qualcuno che ha vinto sbaragliando o seminando i suoi avversari ma si dimentica che il Kutuzov di "Guerra e Pace" creando il vuoto davanti a Napoleone lo fa cadere. Il fatto che gli schemi mentali si ripetano e si impongano nel linguaggio è solo prova della loro resistenza accanita. Prendiamo il mio tavolo da lavoro: è talmente ingombro di carte, penne, cartoline, buste, banconote, libri, che non rimane più spazio per nient'altro. Allora io non faccio altro che spostare oltre l'orlo del tavolo un fascicolo per un terzo della sua lunghezza e guadagno spazio per la macchina descrivere. Ma io stesso, l'insieme di corpo e di mente, vivo nella condizione del tavolo. Certi giorni mi sento talmente pieno di schemi, di abitudini e di passato da non aver altro da fare che rimuginarci sopra e appesantito per sempredallagrossaereditàamministrarla regolarmente verso il futuro. Però lasciando via libera al mio pieno il futuro è assolutamente ipotecato, fino all'ultima goccia, e non rimane spazio per nient'altro. Allora divento chiaro a me stesso: sono un uomo finito, mi dico, non rimane che accontentarsi. Ma un'altra parte di me si ribella e vorrebbe che il futuro fosse davvero, e non solo a chiacchiere, diverso dal passato, e la vita veramente un'avventura: e subito si scontra con la necessità di fare spazio e pulizia nell'io prima di ogni altra mossa. Scopro così che il pieno sono io stesso e che c'è sempre, dico sempre, in me un me stesso tenace e resistente a ogni logica e argomento: un me stesso che vuole solo continuare a vivere, un'entità che si accontenta di durare e di riempire il ventre, e in cambio acconsente anche ai miei sogni, naturalmente sogni di leggerezza e di volo. Ma intanto è lì, e non ha nessuna intenzione di sloggiare. Forse l'umanità è arrivata a uno stadio tale di pienezza che un po' di vuoto è indispensabile per solo continuare a ragionare. Intanto che ci si accanisce a edificare, ad afferrare l'ultimo pezzo e fazzoletto in attesa di applicazione e consolidamento, a spostare volumi di qua e di là senza senso, potrebbe ben essere che sia suonata l'ora della verità per ogni modo cumulativo di pensare, e che le palate di terra che spostiamo e aggiungiamo possano solo allontanarci da quella vera liberazione che sta nel donare a se stessi una parte di sé, nel sacrifico di una parte di sé a sé. Fare un po' di vuoto dentro di sé è un'impresa difficile. Anche se il vuoto è desiderato allontanarsi dal pieno è quasi rischioso, e quasi d'istinto scartato. Si può vivere bene sacrificando il proprio bene, la propria bene o male acquisita pienezza? Sembrerebbe di sì se ci si ricorda che iI vuoto può essere usato per creare nuova vita, ma naturalmente occorre cambiare la vita per rimodellarla dentro nuove abitudini e nuovi equilibri. Il sacrificio implica l'idea dell'autorepressione. E la prima seria obiezione alla sensatezza del mio elogio del vuoto sta in questa domanda: come può reprimersi di fronte ai beni, ali' abbondanza, alla rivincita un uomo che per tutta la sua vita ha avuto sempre e solo poco? Un uomo che, in altre parole, già si sente vuoto di tutto o di moltissimo? È probabile che da questo tipo di persona non ci si debba attendere nessun importante sacrificio, perché egli è come un ventre che deve essere saziato da secoli, e che non può più aspettare. Ma c'è in giro per il mondo una quantità crescente di persone in cui la ventralità è più addomesticata, e il cui occhio reagisce con vivacità agli stimoli di una vita nuova. In queste persone, cioè Mozart, è compressa dall'accumulazione e saturazione provocata da Salieri, cioè da leggi, procedure, esperienze ben congegnate, e sottosistemi infiniti di commi e regolamenti da cui non c'è più scampo né uscita. Salieri è il pieno, Mozart è il vuoto che si riempie trabocca e si svuota, e corre in soccorso della vita dovunque le ridondanze, gli intasamenti e le pressioni ne riducono il respiro. C'è un po· di Mozart e di Salieri in ciascuno di noi, e dipende daciascuno di noi, dal suo coraggio e dalle sue scelte, la vittoria del1'unoodell'altro. Vi ricorderete la Baby Cross SSOJJfiqDB DIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIAL«EILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori 47100ForlìTel.0543/721023Fax0543/724797 BABYCROSS , RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 GAIA ~.1ne-n/a-'½,tc»te ~t'-'tatf ~a-!#7ua&~? musica ornata, abile, e piattamente scontata di Salieri: essa fluisce come forma prevedibile e spenta dal seno degli strumenti e crea la noia dal seno della vita. Laddove in Mozart c'è allegria, improvvisazione, scatto repentino e nuova forma, in Salieri c'è uniforme senso di resa alla realtà e al peso. Tranne poche eccezioni la famiglia e la scuola ci educano adiventaredei Salieri. Ma, tranne pochissime eccezioni, quasi a tutti coloro che si sono incamminati a ritroso lungo il piano inclinato di una vita da Salieri capita in un modo o nell'altro di incontrare un giardino, una musica, una persona che non si riconosce negli uggiosi spartiti e che mette addosso una voglia di vita alla Mozart. Nasce un piccolo Mozart che con i suoi scherzi raggira il più forte Salieri parodiandone la vocazione da seri vano e mantenuto di corte. Ma Salieri non molla e spesso riesce ad averla vinta. Salieri si ricava uno spazio riparato ali' interno delle nuova armonia e si organizza per amministrarlo con scrupolo contabile. Lo seguiamo, ci sediamo al tavolo di ferro del caffè e ci consoliamo delle perdite subite con tanti dolci. Un giorno però siamo raggiunti da una vibrazione più profonda. Mozart è tornato. Si mantiene a distanza, oltre iI recinto riservato ali' orchestra in programma, ma di tanto in tanto come una nuvola irrompe nello spartito stagnante. Sono frecciatine lanciate a Salieri. Questo dirige l'orchestra tutto pomposo e permaloso, annusa il nuovo, si affaccia alla finestra, rabbia e invidia lo spingono a sporgersi, è la fine. Macinìo, scricchiolìo, cigolìo: crollo. Con pochi tocchi Mozart ne ha spazzato via il regno. L'unico serio problema del futuro è: come ridurre il numero dei Salieri nascosti nel- ! 'uomo e aumentare i Mozart? L'idea di scuole da "Mozart" non è così stupida, e da Salieri, come potrebbe in un primo istante sembrare. Insegnare strumenti, tecniche, possibilità può essere utile a tutti e salvare molte naturali inclinazioni. Sarei, invece, completamente ostile ali' idea di una fabbrica di Mozart perché la versatilità senza quell'amore della vita che nasce dal piacere dell'armonia e della propria presenza nel mondo, è degna del curriculum di un Salieri. Michele Co/afato UNA ClffA' HANNO COLLABORATO: Rosanna Ambrogetti, Giorgio Bacchin, Ilaria Baldini. Roberto Balzani. Patrizia Betti, Roberto Borroni, Andrea Brigliadori. Andrea Canevaro. Libero Casamurata, Fausto Fabbri. Daniela Filippelli. Rodolfo Galeotti, Liana Gavelli. Stefano Guidi. Diano Leoni, Marzio Malpezzi. Silvana Masselli, Orlanda Mattcucci, Alice Melandri. Franco Melandri, Carlo Poletti, Linda Prati. Rocco Ronchi, Sergio Sala. Gianni Saporetti, Elisabetta Saviotti, Fabio Strada, Massimo Tesei. Progetto grafico: "Casa Walden". Fotoliti DTP: SCRIBA INTERVISTE: A Carlo Ginzburg: Liana Gavelli e Massimo Tesei. A Alberto Salvato. Franco Melandri e Fabio Strada. Alle donne bosniache: Rosanna Ambrogetti e Fausto Fabbri. A Adriano Sofri: Massimo Tesei e Gianni Saporetti. A Ivan Zattini:Libero Casamurata e Franco Melandri. A Giovanni Di Santo: Fausto Fabbri A Gabriele Ravaiuli: Patrizia Betti. A Germana Cimotti: Gianni Saporetti. Foto di Fausto Fabbri. Foto di pag.S: da "Oggi" di pag. 11: da "Historia". n.400 di pag.9: da Tuttolibri di pag.15: da "La Stampa"

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