Una città - anno II - n. 16 - ottobre 1992

••• intervista a Germana Cimaffi, da tre anni affetta da sclerosi multipla Parliamone, non è che debba vergognarmi della malattia. Anche se alcune difficoltà, psicologiche, le ho. Sono circa tre anni che ho cominciato ad avere dei problemi, e attualmente quando sono fuori. in casa no, vado con il bastone. li mio problema più grosso è che la malattia si aggravi, che abbia dei nuovi attacchi, perché è una malattia progressiva, so molto bene che cos'è. Quindi a volte c'è quel tarlo, quel pensierocontinuo di dire "ma, cosa sarà di me domani", perché potrei trovarmi anche in una carrozzella ... Ho speranza nella ricerca, sembra sempre che qualcosa di nuovo venga fuori, però la paurac'è. Poi una grande difficoltà è stata quella di prendere coscienza del tipo di malattia e la cosa non è stata facile. Per un lungo tempo ho teso a rifiutare la cosa, nella speranza che a me avesse preso in una forma leggera, ma poi ho cercato, ho dovuto prendere coscienza di quello che stavo vivendo. Edevo dire che la mia, rispetto ad altri, è ancora una forma leggera, per me il problema è quello della fatica, una gran fatica a stare in piedi, a camminare. Abituata a fare un sacco di cose, ad andare alle manifestazioni, alle iniziative, a stare fuori quasi tutte le sere, ad avere una vita anche movimentata, trovarsi ferma. bloccata, è pesante. Il tutto poi abbinato col fatto di smettere di lavorare... Soltanto ultimamente sono arrivata a dirmi "beh, le cose stanno così". Adesso ho bisogno di un attimo di riflessione, per capire, fare un po' il punto della situazione. E poi può darsi che possa ripartire ancora. Fra l'altro penso ancora di avere delle energie... Una cosa che mi capita, conoscendo molte persone, è quel disagio a dover spiegare... Perché mi chiedono "cosa fai?", "cosa è successo?" e la cosa mi pesa un po'. Forse per non incorrere in quel senso di pietà, di "poverina ..." o forse perché un poco "poverina" mi sento veramente, non lo so. Allora in un ambiente entro piano piano, poi cerco di essere di nuovo me stessa, ma piano piano. Comunque mantengo degli impegni nel partito, sono presidente di una cooperativa, io, viste le difficoltà, non volevo, ma i compagni hanno insistito perché restassi inquel posto. E così hanno, abbiamo fatto un circolo molto bello, abbiamo un negozio che si chiama "spaccio popolare", che è nato quando la Coop. Consumo ha scelto di abbandonare tutte le zone della collina a favore della via Emilia. Insomma qualche impegno ce l'ho. Hai grosse difficoltà a muoverti? Sì, a cammjnare. Invecedi fare una riunione in più ne faccio una in meno, non ho più la possibilità di muovermi come prima, anche se posso ancora guidare, e per me è molto importante. E poi piccoli tratti li faccio con l'aiuto del bastone. Però se devo fare di qui al paese non so se ce la faccio, non ho mai provato, ma un giorno lo faccio... Certo non è la situazione migliore per fare il presidente di una cooperativa, però i compagni han voluto così... Poi a Forlì mi sono interessata alla Associazione per la Sclerosi Multipla, che stava nascendo grazie anche a un gruppo che già stava facendo qualcosa. Un gruppo cattolico di o,lhl':i,oli che, va detto, è stato il primo punto di riferimento, ci ha aiutati, è stato importante. Dove invece gli ambienti di sinistra hanno dei grossi vuoti, anche nel promuovere. E perché questo? Perché a mio avviso noi abbiamo fatto più un discorso di diritti,chedi assistenzadel tipo caritatevole e ci siamo battuti perché venissero approvate delle leggi. Ricordo però una critica che mi faceva mio figlio, mi diceva "guarda la parrocchia (qui a Cusercoli c'è un altro ragazzo che è proprio in carrozzella), vanno, prendono questo ragazzo, lo portano in giro, lo tengono nel gruppo, cosa che voi, movimenti di sinistra, non fate". E io ribattevo: '•sì.però questo ragazzo ha una pensione, ha il riconoscimento ali' accompagnamento...". Noi abbiamo teso a far sì che tutti avessero delle garanzie di vita, necessarie e indispensabili. Però abbiamo scordato altre cose. Ci siamo preoccupati delle strutture, che sono importanti e che con i tempi checorrono nonso come andranno a finire, maè diverso essere assistiti da una struttura o da qualcuno che viene per te, proprio per te. D'altra parte ora lo si vede anche nella caduta di certi rapporti umani ... Ricordo che in un paese come Cusercoli, che era un paese di braccianti, quando c'era unoche si ammalava i compagni andavano, aiutavano, facevano compagnia. Adesso questo non c'è più. Non c'è più un senso di solidarietà. E quindi per tutto un aspetto abbiamo bisogno di recuperare... Anche perché ormai la politica deve essere intesa in un senso piùampio possibile, non può più essere quella di andare nella sede, fare le tessere, fare il manifesto, fare una manifestazione. E' una cosa più di fondo, culturale, e poi i modi, le forme del1' espressione, del!' organizzazione si reinventeranno. Così spero molto in un volontariato laico, di sinistra, però ne abbiamo molto dello spazio da recuperare, tantissimo. Un volontariato da non-credenti. Non c'è una difficoltà di fondo? Di là c'è la fede in un dio che dà senso a tutto. Ma noi abbiamo l'uomo ... D'accordo ma perché dovrei prendere su e andare ad assistere un malato. Cosa ci guadagno? Cosa acquisto? Ma il fatto della solidarietà, fra gente che ha bisogno è stata una realtà. Tu adesso stai pensando solo all'ammalato, ma il discorso si può allargare a chi ha il bisogno economico oppure a chi sente la necessità di un rapporto di amicizia. E al fondo, ognuno di noi, per la pelle, per la cultura, la religione, è un diverso. Perché anche tu che sei sano, le tuediversità leavrai e io ammalata devo accettarti. Allora cosa viene a te? Cosa viene a me? Intanto ci può essere appunto una solidarietà basata sull'egoismo, nel senso che un domani posso avere bisogno anch'io. Ma non credo sia solo questo. Alla base credo resti l'idea, la speranza di una società diversa, dove tutti possano starci. E non dico la città del sole, per carità, mi è caduta sai da quando? Ma una città ... con qualche raggio di quel sole, beh, io ci credo ancora. Poi il come io non lo so, ma il tendere a questo per me non è male. E in quella città ci staremo dentro tulli. Sarà la mia vecchia formazione, da ~letari di tulio il mondo unitevi" però... Equando qualcuno mi dice che "sono idealista", che "ho trovato una chiesa di tipo diverso", non mi interessa, ognuno puòetichellarti come vuole, io sento questo, che qualcosa di diverso si può fare. Altrimenti? Cosa facciamo? Ci chiudiamo in casa, chiudiamo anche le finestre, non vediamo più neanche i colori, tutto piatto, tutto grigio? Ma la disparità che si crea fra sano e malato, che è anche disparità di rapporti di forza, è motivo o ostacolo all'incontro? Fra un po' io mi alzo e vado via, sono ancora in forze, tu no, ne hai già perse e ne puoi perdere ancora. Non crea un problema? Non allontana in qualche modo? Il problema è quello di cui dicevamo prima. della diversità. Chi è diverso da chi? lo certamente le corse non riesco più a farle, una camminata non riesco più a farla. El' Appennino me l'ero girato tutto... Certo se oggi dovevamo fare una passeggiata e lungo il tragillo fare una lunga chiaccherata che sarebbe stato anche bello, questo io non lopotrò mai fare, non lo potrò più fare. Però qui. io non mi sento diversa da te. Poi da seduta posso fare tante altre cose. Ad esempio erano anni e anni che non riuscivo più a leggere il giornale come avrei voluto. Perché ci vogliono due o tre ore e solo oggi ci riesco. E quante altre cose potrei fare da seduta? Tutte cose che prima non avevo il tempo di fare. Allora questo qualcosa che posso fare, lo posso fare per me, ma anche per altri. Ti dicevo che mi sento ancora delle energie. Così qualcun altro potrebbe far qualcosa per me. Alla base penso che ci sia sempre quello che ognuno di noi è e sente. Un bisogno di incontroc'è e nello stesso tempo non ci si può incontrare con tutti. Ci si incontra sulla base di un sentire comune, di uno scambio, di un fare insieme qualcosa. Dipende dalle persone. Hai parlato dei tuoi tempi di vita che sono cambiati radicalmente. E dicevi che nella mancanza, nel venir meno di qualcosa hai acquistato qualcos'altro. Oggi io ho bisogno di programmare i tempi della giornata, so chiaramente che posso fare questo questo e questo, che non ne posso fare di più e mi organizzo per fare quelle cose, non ne posso fare di più. E quindi quella frenesia, quello stress, eccetera eccetera, che prima mi prendeva, e questo e quest'altro e quell'altro, e senza poter dire di no a niente... adesso non ce l'ho più. Oggi dico di no, e probabilmente faccio cose che sono più confacenti a quello che io sento, a quello che voglio. Certo, sempre in quel filone, che è quello della mia formazione, del mio sentire. Perché più confacenti? Vedi, intanto c'è che io sono sempre stata funzionaria. Della Fgci prima, poi del Pci, del- !'Udi, del sindacato. Mi sono fatta tutta la trafila. E io dovevo sempre, dovevo sempre, dovevosempre. Nonavevomai uno spazio mio per dire "quello lo faccio perché mi va di farlo". Certo se tornassi indietro farci lo stesso, all'inizio nasce tulio come volontariato, come impegno, poi però subentra quel dover fare, dover essere presente, dover fare la relazione, dover sempre misuCO rare le parole... Fra l'altro quando fai parte di un gruppo e sei pagato sei portato a rispettare la linea, a seguirla sempre... Oggi no. Le cose le faccio perché mi va veramente di farle e riesco a farne di più di prima. Fra l'altro, se una cosa non mi va, ho anche la scusa di dire "non ce la faccio". E' una scappatoia, ma non riesco ad aggredire ... E poi oggi lo posso fare, sono pensionata, ho imiei soldi,non devo niente a nessuno... Era un'alienazione che sentivo, e penso che non fossesolo una mia situazione, questo vestito stretto ... non solo io, già da tempo... E d'altra parte penso che fosse inevitabile. questo processoci voleva... Parli del crollo del comunismo? Tu come l'hai vissuto? Sono stata anche male, quando uno te lo butta là in faccia o quando senti il vecchio compagno dire che "non li perdonerà mai di aver dimostrato a tutto il mondo che senza padrone non si può vivere'·, nonè che sia piacevole. Però in cuor nostro già lo sapevamo che doveva andare così. E penso che ora, fra mille difficoltà che ci sono, si può guardare di nuovo avanti. Ma sono finiti i tempi delle certezze e per tutti. Non penso a un partito che ti dia / questo. Questo non c'è più e le persone non vogliono più essere inquadrate, tesserate,eccetera, però possono essere disponibilia farecon te tante cose. Certo le cose sono difficili. Adesso vedoun'apatia, un disinteresse ...Qui si sono fatte grandissime lotte, ricordo che da bambina vidi le lotte dei braccianti, le donne che negli anni 50 conquistarono il riconoscimento del lavoro a domicilio, quando a livello nazionale è venuto negli anni 70. Ricordo ai tempi di Scelba quando incarcerarono i segretari della Camera del Lavoro, con le donne che riuscirono a impedirlo, ricordo i cortei venir giù da Voltre, tutti, uomini e donne con le fiaccole... Adesso facciamofaticaaritrovarci. Mi consolo pensando che forse siamo al fondo e poi si potrà solo risalire ... Ma tenendo conto di tutti i cambiamenti radicali ... A volte ci penso, faccio dei confronti e mi sembra incredibile il cambiamento. A casa dei miei c'era il problema di trovare il pezzo di pane. Incasa mia, lacarne c'era solo per mc che ero figlia unica e che, "purina", dovevo studiare, ma per i miei genitori c'era solo insalata e uovo sodo. Mi trovo a fare dei confronti con la realtà dei miei figlicc'è una distanza incredibile. Dei tre figli una sola è stata iscritta, e segue, ragiona di poiitica, ma non so fino a che punto sarebbe in grado di rinunciare a posizioni che sono, oggettivamente, di privilegio. Che so, prender su, andare in Messico tre sellimane e spendere 4 milioni fa parte delle sue necessità. Ed è giusto, e se avevo le gambe per camminare l'avrei fatto anch'io, però dimmi: fra l'uovo e l'insalata dei miei genitorie ilMessicocenecorre. Allora unmovimentodeve fare i conti con questa situazione diversa. Che non vuol dire che erameglioallora...ocheadesso si sta troppo bene, no assolutamente. Però dei valori diversi ci vogliono. E poi anche il tempo degli steccati, nei confronti degli altri partiti, non c'è più nessuno con la ricetta in tasca. Io non sono più disposta a dire che quello che viene da un'altra parte sia tutto negativo. Una volta il bianco era bianco il neronero. Adesso nessuno può salire sul pulpito ... Quindi rimbocchiamoci le maniche ... Resti tutto sommato molto ottimista. Malgrado la malattia. Ascoltandoti non sembra una malattia possessiva ... Dipende dagli individui. Anch'io ho dei momenti in cui mi faccio la fissa, "che fine farò'', "ho lacasa a due piani" ... eccetera eccetera. Intanto però mi sono fatta fare un altro passamano che non c'era, piano piano ci vado. Allora: ho capito che invece di macerarmi ogni giorno per i problemi che potrò avere, devo affrontarli man mano che si presenteranno. Detto così sembra molto facile. Eci sono giorni incui lamia testa è lì, perché la mia è una malattia progressiva. Tutto dipende dai nuovi attacchi, potrei non averne più o averne uno domani mattina e finire in carrozzella. Tra l'altro è una malallia stranissima, nessuno sa dirti il perché, l'evoluzione e in tutto il mondo non c'è niente che ti possa aiutare. Per cui ... Questo ragazzo di Cusercoli, invece, in un anno si è trovato in carrozzella. Stava giocando al pallone quando è caduto la prima volta... Ci sono delle evoluzioni di tipo diverso. C'è chi ha dolori, io per fortuna non ne ho, solo una grande stanchezza. Quando mi metto in piedi sento subito una grande stanchezza. Se uno si fa prendere dalla malattia credo dipenda anche dalla persona e non solo dal tipo di malattia. Uno può avere una malattia più banale, ma se si fa prendere... La possibilità di finire in carrozzella ti spaventa molto ... Molto, moltissimo. Anche perché dovrei condizionare la vita di qualcuno, dei miei figli che hanno la loro vita. Perché io sono sola in casa. Una persona in carrozzella come fa a stare da sola in un ambiente? Allora dovrei o condizionare la vita di un figlio o ritiram1i dove? Lasciare casa mia? Qui ho tutte le mie cose, quello che vedi, un libro, un sasso, tutta una storia, se dovessi andar via di qui sarebbe per me una cosa ... un disastro. Forse anche per questo ho questa voglia di reagire. Ho una donna che viene, ma ogni 15 giorni. Tutto il resto lo faccio da sola. Piano piano, dò una spazzata, faccio la lavatrice, faccio da mangiare, ci metto molto più tempo, mi siedo spesso, ma cerco di essere autosufficiente. E finché le cose vanno così ... E spero sempre nella ricerca scientifica, che nel frattempo trovino qualcosa ... Mi sono detta: adesso ho 50 anni, se in questi IO anni trovano qualcosa, a 60 anni potrei ancora vivere pienamente la mia vita. E la casa, in un certo senso, te la godi molto più adesso di prima ... Sì. Prima venivo solo per dormirci e poi basta, via di corsa. Adesso è diverso. lo non ho la mentalità della casalinga per cui tutto deve essere perfetto, pulito, star lì delle ore dietro a una cosa, no, lacasa deve essere funzionale a me, con i miei libri, i miei giornali, le mie cose a portata di mano. Per dirti, dietro lì, c'è un melo bellissimo, e tutta quest'estate sono stata là dietro con un tavolino e due sedie... invece di andare in alta montagna sono stata là fuori, "in collina". Fra l'altro c'è il fiume, è una zona bellissima, a leggere, stavo lì delle ore. Poi mi fermo a guardare quelle cose che prima guardavo di sfuggita, un uccello che vola, un ramo che si muove per il vento, cose che fanno parte di te, e che anche prima facevano parte di te, ma non ci facevi caso. Ma con questo non voglio dire che mi accontento. lo non sono contenta, proprio per niente. Lo sforzo di oggi è quello di accettarmj, sono così e basta. E forse ancora fino in fondo non ci sono riuscita, ma mi devo accettare... Non è facile, non è facile... Capisco che per chi crede nell'aldilà è più facile, la sofferenze, eccetera, tutto è finalizzato, ma per me non c'è nessuna finalità. Per uno che crede "va be..." ma per me la sofferenza è sofferenza punto e basta. Però sono così. E allora cosa faccio? Mi devo accettare per quella che sono. Però non è facile. Quante volte mi sono detta "beh la vita è vita finché tu riesci a viverla, a viverla fino in fondo", ma oggi la vivo già diversamente e me lo sono chiesto: "è vita?". E ancora non mi sono data una risposta definitiva ... Io devo moltissimo al movimento, al mio partito, senza i quali non sarei quella che sono, ma ora che devo affrontare una realtà diversa quanto mi può aiutare quel bagaglio di esperienza? Non lo so, è difficile. So solo che mi devo accettare. A cose estreme io non ci arrivo, non mi interessano, però la domanda che cos'è la vita, me la faccio. La domanda che cos'è la sofferenza me lo faccio. Fra l'altro sono sempre stata una persona che aveva bisogno dei suoi "voli". Quante volte ho pensato che avrei fatto questo, avrei fatto quest'altro. Eche poi i I sogno non si realizzasse, per esempio i viaggi, non era quello, mi piaceva p~nsarci, ma anche in questo devo dare un taglio perché non potrei proprio più farlo. Anche nei sogni sono stata tagliata. Sono discorsi che faccio fatica a fare anche con le amiche, forse oggi è per via dell'intervista... non so. Molti interrogativi che ho dentro forse è la prima volta che li tiro fuori. Ed esprimerli, poterne discutere è importante, anche perché il discorso potrebbe allargarsi, per me è legato a questo, per te a un'altra cosa, ma la domanda "che cos'è la vita, che cos'è la sofferenza" potrebbe diventare un discorso più collettivo. Però parlare di queste cose sembra oggi una perdita di tempo. Non c'è più tempo per soffermarsi su certe cose. Ecco una cosa positiva. Lo stress sono in condizione di combatterlo, ho una vita molto più tranquilla. Ho delle giornate intere, qui da sola, faccio un mucchio di cose, faccio quello che voglio, certamente non ho una vita stressante, questo è sicuro sicuro. -

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