Una città - anno II - n. 16 - ottobre 1992

I BUffARVIA DEI CUORI? Sul problema dei trapianti e della donazione d'organi intervista a Gabriele Ravaioli, responsabile dell'Associazione Italiana Donatori di Organi di Bologna. L' AIDO (Associazione Italiana Donatori Organi) è nata 21 anni fa a Bergamo. Formata da circa 2200 gruppi organizzati su base comunale, provinciale e regionale, attualmente conta circa 850.000 iscritti. L'iscrizione è un gesto lasciato a futura memoria. La normativa che attualmente regolamenta i trapianti risale al 1975. Cosa ne pensa del silenzioassenso al prelievo degli organi e cosa significa? Significa che tutti i cittadini devono ricevere un'informazione capillare da parte dello Stato, delle scuole, del servizio sanitario e chi non dà un parere contrario alla donazione di organi viene considerato implicitamente favorevole. Secondo recenti inchieste della DOXA e del Censis, oltre 1'80% degli italiani è favorevole alla donazione di organi, però molti, per scaramanzia o per pigrizia, perché non si trova il tempo -io stesso prima di iscrivermi ho atteso 2 anninon si iscrivono ali' AIDO; è anche un fatto di cultura, di superstizione. Allora ci siamo chiesti: è eticamente lecito negare il trapianto ad una persona che attende da un organo la vita, visto che la Costituzione garantisce il diritto alla salute e oltre 1'80% degli italiani è favorevole e c'è sensibilità al problema? Apriamo una parentesi: il nostro modulo di adesione è un atto olografo, cioè un testamento, ma non ha valore legale: se io che sono iscritto dovessi morire, i miei parenti di primo grado potrebbero opporsi e invalidare la mia volontà perché non è un testamento fatto di fronte ad un notaio. C'è un vizio di forma, d'altronde non possiamo dire ai nostri soci: andate dal notaio... Invece lo stato dovrebbe presupporre un assenso basato sulla solidarietà riconosciuta dalla Costituzione. La stessa Pontificia Accademia delle Scienze afferma che è un gesto di solidarietà dovuto, soprattutto in quanto non costa nulla. Per cui perché non farlo? non è • • c1n1smo,ma una baffaglia per la vita L'associazione chiede inoltre il non interpello dei familiari. Immaginate le stragi del sabato sera che costituiscono di fatto una grossa fonte di organi da trapiantare: sono candidati ideali alla donazione; ma immaginate un genitore che ha appena detto al figlio: "torna presto, stai attento", dieci mjnuti dopo: "Guardi suo figlio ha avuto un incidente", va al centro rianimazione e vede il figlio: molto spesso il morto decerebrato ha le sembianze di un vivo, viene fatto respirare artificialmente, ha il colorito roseo, è caldo, il cuore viene stimolato per mantenere funzionanti gli organi solamente in previsione di un possibile prelievo a fine di trapianto. I familiari non hanno ancora accettato questa tragedia e qualcuno va a chiedere loro: "Siete disponibili a donare gli organi?" Il medico che è costretto ad andare dai familiari si sente un avvoltoio. Molti medici non hanno il coraggio di questo gesto, io li capisco. Quindi perché interpellare i familiari se la persona, in vita, ha potuto esprimere un parere favorevole o contrario? Altra cosa: la necessità di fare informazione. I giornalisti spesso sono più interessati a fare notizia che a dare informazioni per cui raccontano un sacco di corbellerie: ·'Dichiarato morto, poi si è ripreso ..." Recentemente abbiamo costretto a rettificare anche la trasmissione Mixer per quanto avevano affermato sul caso di quel ragazzo: "Volevano il mio cuore ma non ero morto". Una grossa cialtronata, in cui si sostenevano cose completamente false solo per fare scalpore; si sono scusati, si è visto che era una montatura del famigerato "movimento contro la predazione degli organi". Un'ultima cosa: parliamo anche di valori etici. lo credo che l'unica domanda eticamente valida sia: tu cittadino, avendo bisogno domani di un organo, vorresti riceverlo; sei quindi disposto a donarlo? Credo sia giusta una reciprocità. I testimoni di Geova sono contrari alla donazione di sangue, ma sono anche coerenti, c'è gente che si è lasciata morire per non accettare le trasfusioni. In Italia invece, purtroppo, tutti pretendono il diritto al trapianto ma molti non attuano il loro dovere alla solidarietà, alla disponibilità a donare. Il discorso può sembrare cinico, ma cinico non è se pensiamo che comunque è una battaglia per la vita. Io sono disposto più a tutelare il diritto alla vita che non il diritto all'integrità del cadavere. Qui scendiamo in un discorso crudo: spesso capita che il familiare interpellato dia un parere negativo al prelievo degli organi; poi, se c'è un'assicurazione sulla vita ed è necessario fare un accertamento autoptico, ecco allora che quello stesso corpo che si è voluto tutelare, viene smembrato. Di fronte a una morte violenta, ad esempio, viene sempre fatta l'autopsia, alla quale i familiari non si possono opporre, addirittura non c'è neanche il diritto ad essere interpellati; se io muoio improvvisamente di infarto, nel supremo interesse della collettività si può intervenire sul mio cadavere per capire il motivo del decesso, in PROMOZIONE VINILE PRENDI3 PAGHI2 - MELDOLAVIACAVOUR,180 TEL.491753 CASSARURALEDARTIGIANA - FORLI' , NEL CUORE DELLA CITTA' modo che ciò possa servire a salvare vite in futuro. Quindi ci chiediamo: perché tanto scalpore? Dal momento che una persona è morta, se il suo sacrificio, se questa tragedia può diventare una speranza, perché non farlo? Ma con quali criteri si stabilisce la morte? La morte cerebrale è l'unica morte esistente. abbiamo fa certezza della morte, non della vita Però il progresso della medicina sposta sempre più avanti il limite, in questo senso: adesso noi abbiamo ancora il dubbio, non siamo in grado di vedere l'esatto istante in cui la vita cessa; siamo costretti a protrarre l'osservazione. Mentre abbiamo la certezza sulla morte non abbiamo la certezza sulla vita; sembra un gioco di parole, ma mentre adesso diciamo: è morto, il progresso della tecnica ci porterà a dire: era morto già 2 ore fa, però non eravamo in grado di definirlo in quel momento in modo assoluto e inequivocabile. Ora come ora, in un centro di rianimazione ben attrezzato è possibile, non è una provocazione, non è per scandalizzare o per fare paura, fare battere il cuore ad una persona di fatto decapitata ancora per I ora o 2. Un esempio classico: il cuore ha al suo interno degli automatismi, dei meccanismi per la contrazione per cui, quando viene prelevato, continua a battere anche per alcune decine di minuti; per l'uomo della strada, uno, finché respira e il suo cuore batte, è vivo. Ad esempio, se una persona, un'infermiera, ha un indumento di nylon, l'elettroencefalografo salta perché rileva anche quei campi elettrici. Attualmente in Italia ci sono due tipi di morte: la morte dell'uomo della strada, dell'uomo qualunque e la morte dell'iscritto ali' AIDO, del possibile donatore. Se io cado a terra adesso, improvvisamente, viene chiamato il medico, il quale può constatare l'assenza di attività dei riflessi e può produrre subito un certificato di morte. Abbiamo sentito di casi in cui il medico aveva redatto un certificato di morte, poi si era scoperto che c'era una fibrillazione al cuore, un battito che non era stato ben sentito, in rianimazione il paziente restava in coma 3-4 mesi poi si riprendeva. In un'indaginecondottasu medici generici, è risultato che oltre I' 80% non sapeva distinguere tra coma e morte cerebrale, non aveva le idee chiare. Se invece il deceduto è iscritto ali' AIDO, viene immediatamente portato al centro di rianimazione e viene assoggettato ad una osservazione protratta per 12 ore, solo al termine delle quali si possono prelevare gli organi; ciò significa che con le macchine si mantengono funzionanti gli organi di un cadavere per 12 ore. Per l'uomo della strada questo non avviene. Per sfatare ilmito che laChiesa sia contraria, anche la Pontificia Accademia delle Scienze, che è composta da scienziati, non da teologi, si è dichiarata favorevole ad un accertamento di sole 6 ore, che sono infatti ampiamente sufficienti a dichiarare una morte, soprattutto considerando il fatto che in queste 12 ore gran parte degli organi si perde, per quanto il centro di rianimazione possa essereattrezzato. lnfatti,su 100 iscritti Aido deceduti, si fanno solo 3, 5 prelievi, anche se nessuno si oppone, perchè bisognerebbe morire dalle 8 alle J 2 eca 1anco e dal le 14 alla I8, nei giorni lavorativi, possibilmente preavvisando: il cadavere candidato alla donazione di organi è molto più difficile da gestire che non il paziente che è in coma. Nei centri di rianimazione, se arriva un traumatizzato, un ragazzino che ha avuto un incidente e i letti sono occupati, si dà il Ieuo a chi ha bisogno di vedersi salvata la vita. Si ·'stacca" il cadavere e non si può più prelevare nulla, magari si era quasi arrivati alla dodicesima ora di accertamento della morte. Facciamo un'ipotesi: una clinica privata, una persona "eccellente", un politico o un grosso industriale, ha bisogno urgente di un organo per sopravvivere. C'è un incidente stradale e c'è subito l'organo disponibile: vengono osservate ugualmente tutte queste procedure? Prima di tutto il prelievo di organi può essere effettuato solamente in strutture pubbliche dove sia presente un centro di rianimazione e una chirurgia. Inoltre l'accertamento della morte fatto in queste 12 ore deve essere documentato con regole ferree e questo rende pressoché impossibile causare un decesso per prelevare gli organi. Sicuramente la negligenza esiste, però è vero che, in un accertamento protratto per 12 ore, tenere vitali gli organi di un cadavere è una cosa molto difficile che pochi centri di rianimazione in Italia sono in grado di fare. La legge è molto severa su questo: la Procura della Repubblica deve essere informata, vengono redatti dei verbali. Chiaro che il mercato teoricamente esiste in tutte le cose, tutto è monetizzabile, c'era chi vendeva l'anima, si può vendere anche un cuore. Inoltre, se col sangue c'è una probabilità di uno a sei, uno a sette di trovare quello compatibile, con gli organi, a parte la cornea, c'è un rapporto di uno a cento o più: se io ho bisogno di un organo devo trovare almeno un centinaio di persone e tra queste può darsi che ci sia quello compatibile. Il discorso è più facile per chi è in lista d'attesa e quindi potrebbe teoricamente essere avvantaggiato: potrebbe succedere, è molto raro, che ci siano due possibili riceventi; allora è chiaro che se io sono multimiliardario forse riesco a passare davanti a quell'altro. Quindi, premesso che comunque tutto si può monetizzare e commerciare, cose come il rapimento perii prelievo degli organi sono favole, inventate per far notizia. Quando si effettua un trapianto di cuore, che non è nemmeno il più complesso, sono coinvolte tra le 70 e le 11 O persone: l'equipe che accerta la morte, spesso esterna all'ospedale, è diversa dà quella che effettuerà il prelievo e diversa da quella che effettuerà il trapianto. Poi, anche qui in Italia, quando si cerca un organo, si deve sapere da dove proviene, a chi era stato prelevato, per verificare che non fosse afflitto da malattie che sconsiglino la "donazione". Non è che si arriverà al punto in cui tutti pretenderemo di cambiare i nostri organi come si cambiamo i pezzi della macchine? Con questa ipotesi il numero degli organi disponibili sarà sempre inferiore alle richieste perché non solo l'organo deve essere compatibile, ma chi deve donarlo deve anche morire in una certa maniera, non può morire ad esempio di cancro o di diabete, deve morire di un trauma cranico, a causa di un incidente stradale. I politraumatizzati morti in rianimazione, che sono i candidati ideali, ci saranno sempre, non illudiamoci. Le statistiche parlano chiaro, le stragi del sabato sera non sono un 'invenzione. La gente morirà comunque, per questo abbiamo una speranza: teniamo presente che dobbiamo salvar delle vite. Mi dispiace, perché detto così sembra quasi voler creare un mercato, mi vengono i brividi eppure ormai conosco il problema. Purtroppo non abbiamo il timore che finiscano le mortj violente. i candidati ideali • c, saranno sempre Sicuramente, se guardiamo quanti muoiono nelle strutture che potrebbero effettuare i prelievi, ci sarebbe già adesso il volume sufficiente a coprire il fabbisogno. E' questo il tragico. Non è un delirio di onnipotenza voler sconfiggere la morte? Non dovremmo tornare ad accettarla di più? E' nell'insegnamento divino conquistare il mondo, ogni volta che si tutela la vita si è nell'insegnamento divino. Si resta turbati quando sento (faccio sempre il mio esempio): Gabriele Ravaioli, morto ecc.ecc., il rene è finito a Parma, l'altro rene a Bologna, il cuore l'abbiamo mandato a Roma, il fegato ... è terrificante, un minimo di rispetto, il rispetto della dignità del cadavere! Ci sono addirittura pazienti che non sono trapiantabili perché psicologicamente non resisterebbero; ci sono anche casi di suicidio. Immaginate: io muoio, i miei familiari vengono a sapere dov'è finito il mio cuore -perché il dono dovrebbe essere segreto, non si deve sapere l'identità neppur del ricevente, ma a volte riescono a scoprirlo. Vanno dal trapiantato (come coi trapiantati di cornea, vogliono vedere gli occhi): "come stai, mi raccomando, copriti bene, abbi riguardo"; ci sono stati casi in cui il trapiantato si è sentito responsabile della morte di qualcuno. Immaginate: sperare che qualcuno abbia un cuore per me. E' mostruoso da un certo punto di vista, ma se questo problema fosse stato affrontato già da anni, favorendo la donazione, non saremmo arrivati a ciò. Noi parliamo di risparmio energetico ma allora che senso ha buttar via un cuore? E' giusto che per un singolo si spendano 150 milioni di denaro pubblico, mentre altri, magari, fanno fatica a pagare il tiket sui medicinali? Noi abbiamo in Italia 20 mj]a dializzati. Ogni anno vengono spesi miliardi per tenere in dialisi anche quei 7-8 mila che potrebbero essere trapiantati. Un trapianto di rene costa meno di un anno di dialisi. Risparmieremmo per ognuno 40-50 milioni l'anno. Mancano 3 volte al giorno dal lavoro: che costi ha socialmente tutto questo? Si dice: far funzionare le strutture anche al sud, oppure: quelli che vengono dal sud "portano via" (detto tra virgolette) gli organi a quelli del nord: dobbiamo creare anche nel sud i centri di rianimazione e farli funzionare. I centri di rianimazione salvano le vite, teniamolo ben in mente; il prelievo degli organi è la sconfitta di una rianimazione e converte una tragedia, una sconfitta, in una speranza. Le vite non vengono salvate, perché non ci sono posti letto in rianimazione. Voi ricorderetè quando il figlio del cancelliere tedesco Kohl ebbe l'incidente in Italia. Lo caricarono in elicottero e lo portarono a 200 chilometri perché il centro di rianimazione che dava più sicurezza era là. Se fosse stato Mario Rossi cosa sarebbe successo? Il rianimatore è uno che fa 12 ore di osservazione, magari, il sabato notte, e la mattina dopo deve riprendere servizio. I rianimatori e il personale medico di Ravenna e Forlì hanno fatto spesso dei gesti eroici. Purtroppo il medico potrebbe chiedersi: chi me lo fa fare? Poi molto spesso chi fa il prelievo lavora nell'ombra, non riceve alcun merito, se il trapianto va bene il merito sarà di chi ha trapiantato. Capite bene anche gli aspetti umani. Recentemente ho visto in televisione una signora di più di 50 anni che aveva comperato un rene da un ragazzo indiano di circa 25 anni per 25 milioni. Mi sono scandalizzata ... Perché ci scandalizziamo? Abbiamo commercializzato tutto. Perché scandalizzarci quando sentiamo di una persona che vende il suo rene per I00 milioni? Comunque donare un rene comporta problemi molto inferiori a quanto si crede. Si sa benissimo che con un rene solo si può vivere tranquillamente, senza problemi di nessun tipo; è dimostrato che quando i reni si ammalano, solitamente si ammalano entrambi. • e po, con venticinque milioni sono felici in due Se noi ammettiamo che ci sia chi si prostituisce per poche migliaia di lire rischiando ogni volta la vita ( malattie veneree, Aids, aggressioni), perché ci scandalizziamo per chi vende un rene per 100-200 mj]ioni, a fronte di un intervento che normalmente non produce una mutilazione vera, funzionale? E' molto più reale il rischio di AIDS che quello connesso alla donazione di un rene. E poi, non tutti hanno ragionato così: con 25 milioni l'indiano è diventato "ricco". Sono felici in due. Ecco, allora bisogna vedere un attimo quali parametri applichiamo, è qui il discorso dell'etica della vita. Dà fastidio piuttosto vedere, per me è moralmente inaccettabile, che i reni si buttino via in Italia e si vadano a comperare in India, e che quindi ci siano anche casi di sieropositività: lo si è comperato a poco prezzo e si è preso anche una malattia. C'è una doppia condanna nel senso che, non volendo fare le cose bene, buttando via dei reru, dei cuori - e ne avremmo per coprire tutto il fabbisogno nazionale- favoriamo il mercato nero. Io non sono d'accordo con lei quando dice che uno di 60 anni già ha vissuto: ho visto mio padre, che era convinto di morire a 50 anni; ora ne ha 77, va ancora in bicicletta e dice che sarebbe disposto a vivere altrettanto. Cinque anni fa ho seguito l'agonia di mia madre, che aveva un tumore. Mi sono trovato per la prima volta a pensare che venisse qualcuno a dirmj: "Di bambinj di fame ne muoiono milioni ogni anno, non scandalizza nessuno. Tua madre si salva con un trapianto, è in lista d'attesa perché in Italia non ci sono organi, però abbiamo trovato un bambino che sta morendo di fame e che ha il cuore che salva la vita a tua madre. Il bambino deve morire, morirà di fame tra una settimana, tu tiri fuori 50 milioni e con quelli fai vivere tutta la sua famiglia fino alla fine dei loro giorni. Tu salvi tua madre e fai anche una buona azione, lo faresti?" Di fronte a questo pensiero ho avuto grosse difficoltà. Il dramma è che noi parliamo di riciclo, delle campane gialle per il vetro, azzurre per la carta, e i cuori e i reni li buttiamo via. Ho visto recentemente una famiglia che ha negato il consenso al prelievo, il donatore era un giovane, grazie a lui due persone avrebbero riacquistato la salute, due la vista e tre la vita. I familiari terrorizzati: era "ancora vivo" ecc. Hanno negato il consenso al prelievo e di fatto hanno ucciso tre persone. Anch'io mi sono trovato in questa situazione durante gli ultimi giorni di vita di mia madre: ho chiesto al medico di verificare se le cornee fossero ancora prelevabili, ma non l'ho voluto sapere. Immaginate avere un familiare che è da mesi in ospedale e stare attenti nel toccarlo per paura di fargli male, ha le ossa fragili ... arriva qualcuno col bisturi per tagliare e togliere ... è veramente difficile restare sereni e comprendere che è l'unico modo di ridare speranza. • UNA CITTA' 1 5

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